LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
I grandi poeti contemporanei
Maurizio Cucchi
Da "IL DISPERSO"
- La casa, gli estranei, i parenti prossimi
- 1
- Nei pressi di.. trovata la Lambretta. Impolverata,
- a pezzi. Nessuno di noi ha mai pensato
- seriamente a ritirarla. Forse la paura. Rovistando
- nel cassetto, al solito, il furbo di cui al seguito
- ha ripescato una fascia elastica, una foto o due,
- un dente di latte e un ricciolo rimasti nel portafogli,
- dieci lire (che non c'entravano per niente..)
- In aggiunta a tutto ricordo che quando venivo su dalle scale io
- era di giovedì, finita la scuola, verso mezzogiorno; ma era
- anche un ritorno diverso dal solito Ci sarà
- un aggancio.
- Adesso comunque, eccomi e:
- - Credimi, fai caso
- a quel tale andare tirandosi dietro le gambe e tutto, con gli occhietti
- ancora appiccicati, nel pigiama, goffo da cane,
- rigido inamidato. Ma il bello è
- che me ne accorgo. E allora con che faccia
- fingere un'altra volta il tono giusto, le parole,
- cioè un po' stiracchiate; il vestire in qualche modo?
- (Che i morti siano due? Ma quello giusto?
- Indifferente? E il primo,
- come una specie di confidenza notturna, non è un parente stretto?
- Strettissimo?)
- (Dimmi tu se è possibile. Pochi giorni fa
- era lì che faceva i suoi lavori. Pareva pacifico.)
- È morto per un infarto (o per un incidente stradale, per un malore, per via di un sasso): sì, va bene, ma ci sarà
- pure un colpevole, un responsabile
- diretto, qualcuno che l'ha fatto fuori.
- 2
- Non ci voleva quel bicchiere rotto.
- Poco meno di un simbolo. Poco più
- di una fissazione. O viceversa. E poi
- la ferita, lo zampillo, l'incerottamento. Mi spiace confessarlo,
- ma per fortuna che non c'ero.
- Diamo un'occhiata alla TOPOGRAFIA DELLA CASA:
- - Tutte le cose, a loro modo,
- erano in ordine, al posto giusto. Un senso,
- capisci, non mancava. Ma quel tale
- entrato poco dopo (forse, mi hai detto
- dietro la tenda, uno della polizia) cos'ha capito?
- Intendo del pestacarne abbandonato
- sopra il frigorifero, o della mela
- mezza sbucciata, tagliata, diventata nera; della bottiglia
- del vermuth rimasta senza tappo, in un angolo sul tavolo,
- col bicchiere lì
- Di fuori c'erano i fiaschi, le bottiglie vuote. Tutti gli ombrelli
- appesi alla sbarra di ferro della porta interna.
- (C'entra qualcosa il vicino
- del piano di sotto, che esce sempre dopo le undici di sera
- con la faccia da vampiro?)
- (Non avevo mai nascosto certe mie debolezze
- - Dal dentista
- andarci all'ora del tramonto può essere invitante.
- E in più, dopo, uscire, fare il giro della casa,
- tenerti la bocca, dire al primo che incontri e ti saluta: "Sai
- devi scusarmi se parlo male, o mostro un riso macabro. Ma vedi,
- mi mancano i denti, proprio qui davanti "
- Così, dopo l'accaduto, la vicina del dentista: "Se la gente caro lei
- ci pensasse un po' più spesso
- ci sarebbe meno cattiveria". E io
- rosso di colpa, mezzo scemo, coi capelli
- già quasi tagliati a zero
- a giustificarmi come segue: "Ma io non c'entro,
- io non ho fatto niente l'infarto lo sa bene.."
- E mi toccavo i bottoni della giacca.)
- 3
- I primi segni a ben vedere
- non erano mancati. È la ricomparsa
- che nessuno si poteva attendere. Dato che poi,
- sulla poltrona, magari in lacrime, se ne era parlato
- della sparizione. Ma in concreto, quanto ne sapevamo?
- Ricordati, però, senza cercare colpe, dell'acqua
- entrata di notte sotto i vetri in nostra assenza, della crepa
- che taglia tutto il soffitto, addirittura del solaio,
- sopra la stanza in fondo e che neppure ci siamo curati di visitare,
- del lampadario che dondola, degli infissi mezzi marci.
- Oggi, poi, come non bastasse, guarda qui! Avvicinati,
- guarda un po' qui, ti dico, qui sotto. Mi cresce la muffa,
- la muffa sulla suola!
- È che mio padre sì
- sapeva di lettere, cultura: London
- Steinbeck, Coppi e Bartali, Oscar
- Carboni e la Gazzetta
- dello Sport. L'officina. E quelle camicie d'allora,
- larghe, i pantaloni alti in vita, paletò palandrane..
- Mi sono domandato il perché
- di questo continuo andarsene
- di inquilini, qui dell'interno. E di operai
- che vanno e vengono e sporcano le scale. (Chissà adesso
- come sarebbe tutta consumata la targhetta della porta.)
- 4
- Avevo cercato di chiedere spiegazioni
- a chi poteva saperne di più. E le domande,
- come al solito, si facevano insistenti. Poi ho visto
- un certo imbarazzo, un certo disagio. "Se non ti va"
- ho detto "scusami,
- non se ne parli più." "Ma non è per questo"
- mi ha fatto lei. "È che così, a bruciapelo
- Preparami, voglio dire,
- lasciami tempo di abituarmi."
- - Ma non ci sarà, lo sai bene,
- conclusione migliore alla vicenda,
- soluzione diversa dal previsto. Solo tutt'al più
- prima o poi un tizio che verrà, uno dei soliti,
- a portare certi suoi risultati di qualcosa: per esempio pezzi di carte,
- foto, testimonianze
- 5
- IL CORPO (il primo, s'intende).
- .
- Ma poi era venuto su dalle scale
- nel buio.
- Avrà fatto di certo i cinque piani a piedi.
- Nascosto nel portaombrelli. Identificato.
- Finalmente. Recuperato nel sonno.
- 6
- Un fischio ha fatto tutto il corridoio (lungo,
- credo, una quindicina di metri) crescendo fino in fondo,
- sulla porta. Lì, poi, c'è stato qualcos'altro.
- Non so.
- Un rumore forte
- (un vetro rotto?
- un vaso caduto?)
- ______________________________________
- Corte dei miracoli
- Non è credibile a sentirlo con le proprie orecchie.
- Viverlo &endash; ti capisco &endash; un inferno, una vergogna,
- un'ansia di scappare (ma restiamo
- nei dettagli più essenziali e meno compiaciuti:
- la pianta della sacrestia, le malefatte
- arcinote del prevosto, l'untuosità dei coadiutori &endash;
- il gobbo e il sordo &endash; e delle suore. Il furto
- alle cassette, la pistola
- avvolta nel giornale, il colpo in canna..)
- _____________________________________
- La mappa del tesoro
- 1
- Tutto è cominciato pochi giorni fa.
- Mi ha proprio riferito la portiera di averlo visto uscire
- quieto nel primo pomeriggio. (La giacca dall'attaccapanni, "torno tra poco". Sparisce.) E dico io
- i più cattivi giurano che se ne frega
- della madre, del fratellino; chi garantisce che "telefona
- di tanto in tanto si fa vivo, soave, sorridente";
- chi assicura di averlo visto
- peregrinare per i Giardini Pubblici
- tra un albero, una macchina
- a pedali, una biciclettina,
- ricordando, parlottando, riposandosi
- su una panchina di granito. Bevendo un caffè, qualcosa.
- (Spunti vagabondi, tratti di peso da impressioni, fossi io lui
- in persona.)
- (Un rumore di passi, nel corridoio vederla passare; la tentazione a fior di labbra, o muto. Giaculatorie, insulti
- vergognosi. Una pena, nelle ore di svago del bravo
- bambino educato.
- Irresistibilmente
- poi ogni cosa detta al prete in confessione. A lei,
- persino.)
- (Di sera tardi. Solo in un angolo, per terra, le ginocchia nere.
- Spariti a letto chissà come
- "Ma cosa faccio qui?
- cos'è successo?" Di corsa sotto le coperte. Ma poi la luce
- ancora accesa, in camera, di là; la caramella
- che non si scioglie in bocca. Alzarsi, bussare, "permesso", posarla
- sul comodino. Solo così dormire.)
- Più tardi a fissare le vetrine; a farsi sballottolare
- dai passanti; fermo in un prato.
- 2
- Lo rivedi tornare col Corriere, rilassato;
- dire cose come "quanto meno circolando
- in filovia o con il metrò
- puoi ascoltare i discorsi della gente. Leggere
- le pagine dei libri altrui, partecipare
- dei problemi loro. Contemplare
- non visto i particolari dei visi, dei vestiti".
- Sorridente
- in cerca della sveglia: "Il mattino non ho necessità
- di alzarmi presto &endash; o tardi. Tutte le sere, però,
- carico la suoneria. La punto sulle 8
- (o sulle 9). Sento la squilla e resto lì. Dormo,
- poltrisco. Forse mi fa bene".
- Tra le voci raccolte una frase,
- detta, ripetuta, sentita un po' da tutti quanti:
- dice che se ne va, in cerca di qualcosa
- di straordinario, chissà che. Affari;
- sarà che è diventato matto".
- (Ma è che la portiera mi ha spiegato, gli occhi al cielo,
- "lui, lui! Altro che quello là ")
- 3
- Certo si tratterà, per buona parte, di sciocche fantasie.
- È che una pista, dentro o fuori,
- una traccia
- un segno vago lo seguiva. Coi suoi indizi,
- ancora adesso le sue buone informazioni.
- .
- .
- Ricordo, prima di finire, tra le sue frasi preferite,
- questa:
- "Quando sarò vecchio avrò più pazienza.
- Darò da mangiare ai piccioni".
- _______________________________________
- Da "POESIA DELLA FONTE"
- Da Trasbordo
- Sullo scoglio il suo corpo pulito
- faceva un gesto senza storia,
- di pane.
- Sorrideva appena: "Dite di me?"
- Ma il suo sentimento era
- così poroso
- Leggere l'economia è obbedire
- senza sfida né affermazione:
- potrà disegnarsi nell'acqua e nel sole,
- rifarsi, e io lo aspetto, per sempre,
- per questa giacca, e questo cibo semplice.
- ______________________
- Secondo alcuni che soffrono talvolta
- di un cieco risveglio e cercano coi piedi
- nudi tremando il pavimento che affonda
- il trasbordo è all'estraneo
- inerzia strana,
- quieta che sfuma
- e ne diviene complice
- chi tradisce il bambino
- col suo gozzo e il suo torso ricurvo.
- _______________________
- per Antonio Riccardi
- Nel sacro di questa assenza
- recisi
- tra due lame di luce e acqua
- l'orizzonte è il paese.
- Il capo lo appoggia,
- orfana in un abbraccio,
- l'Ave Maria a trasbordo.
- _______________________
- Da Il sonno del mattino
- L'ospite bilanciato
- Prima persona o terza ben confuse
- e le due teste sovrapposte ai vetri verdi:
- le due figure sono forse una.
- Disteso lunghissimo di legno
- il capo nell'erba, il cappello caduto
- nel verde spalmato, bagnato,
- il pino, il cielo lilla e il tetto dell'infanzia,
- le braccia al cuore a croce,
- lo steccato:
- ma forse è un pretesto di narciso.
- Di casa eppure estraneo,
- provvisorio e centrale aspirato
- in un risucchio di luce
- dietro la piccola folla delle damigelle,
- i sovrani, il cane, i nani,
- l'artefice, l'ospite bilanciato.
- Eccomi, sono lui,
- i piedi sui gradini
- della porta a un passo
- dalla luce bianca del mondo
- che c'è fuori.
- __________________________
- Il sogno di Oblomov
- Sul divano
- c'era un asciugamano dimenticato
- e la pipa abbandonata.
- Dove siamo?
- È una mattinata bellissima La casa,
- gli alberi, la colombaia. Tutto
- viene a gettare un'ombra lunga.
- Il bambino diventa pensieroso
- mentre si guarda attorno
- e abbraccia ogni cosa, gli adulti
- che si danno da fare nel cortile.
- Ecco, si sentono dei passi,
- uno si copre il viso con il fazzoletto,
- poi si getta a terra e va a sdraiarsi
- sotto un cespuglio.
- Anche lui parla,
- con una voce che non sembra sua.
- __________________________
- Balcone
- Seduto come un vecchio sul balcone
- guardavo con invidia le volate
- e poi le ricopiavo sul pavimento rosso.
- Lei, forse offesa per la mia luna, mi diceva:
- "Non c'è la mamma, ma è per poco.
- Sembra che qui sei sulle spine,
- ma perché?"
- Perché c'è un arco chiaro, un'ala enorme
- che ci tocca dentro, e io divento
- quest'abulia sospesa e questo guscio
- pieno di fessure.
- ___________________________
- Da La luce del distacco
- L'angelo aveva un volto di ragazzo
- e i capelli biondi delle immagini
- gli scendevano sulla veste azzurra.
- Gli occhi, però, sotto la fronte bassa,
- erano infossati
- e aveva qualcosa di duro, di inflessibile.
- La bocca socchiusa e ferma e la sua voce
- sgorgava
- dalla corteccia.
- Sedeva su un tronco tagliato e attorno
- c'erano rami tutti attorcigliati.
- __________________________
- Tutte le sue vittorie
- furono irregolari,
- lei non sapeva niente,
- si dilatava
- È così piccolo il luogo della mente,
- che pure spazia
- miracolosamente estesa
- ________________________
- "Ho peccato per paura, sgomento, solitudine.
- E poi, quelle parole: io non le capivo.
- Ho fatto una grande cattiveria!
- Sì, sono una bambina non ha valore quella firma,
- io sono ancora in tempo!"
- _________________________
- Ecco, il distacco
- costringe Dio ad amare me.
- È molto più nobile che lo costringa
- a venire da me,
- che non costringermi ad andare,
- io, a lui.
- Già, eppure l'angelo più alto,
- l'anima e la mosca
- hanno in Dio un archetipo uguale.
- Dio non può creare senza di me
- Un solo verme
- Donna è il nome più nobile
- Che si possa dare all'anima.
- Molto più nobile che vergine.
- ______________________________
- Il corpo era lassù,
- era come planasse sulla folla.
- Osservava le cime degli alberi, i campanili, il cielo,
- sentiva il poco vento della primavera.
- Attorcigliata gli occhi rovesciati
- la fiamma mangiava spalle e mani, le gambe
- Cercava di chiudere sul petto
- le braccia a croce,
- ma le cadevano.
- Si inabissava
- tutto il suo corpo formidabile
- ______________________________
- È totale
- la luce del distacco.
- "Gesù "
- ___________________________
- Da Poesia della fonte
- Salire e infossare lo sguardo:
- nel cupo ci dev'essere un punto geometrico,
- fra questi blocchi di pietra
- e questa spaccatura e ogni volta
- appare, sgorga, va e allora è
- come se fosse incessantemente
- nel chiuso della valle.
- ____________________________
- Sul tetto di roccia strapiombano
- le rovine dell'ospite.
- Io mi incammino tra i passeggeri e i vigili
- in nulla differente da visibile.
- Però cerco una fonte che sia solo mia.
- _____________________________
- Qui parlo per me
- senza schermo o figura
- e mi basto com'ero:
- questa sola radice ricoperta di terra.
- ______________________________
- Forse la fonte è una frase,
- una domanda spaccata, una figura
- che copre un'altra figura
- e un'altra ancora.
- Ma non all'infinito.
- _______________________________
- Infine venga al sole sgominando
- tra due attimi altissimi.
- I miei volti abolisca,
- luce nella luce.
- _______________________________
- Ho bussato per la seconda volta
- all piccola casa del poeta.
- Alle spalle un verde senza roccia,
- acque rimaste dolci
- e quasi una pianura.
- Mi respinge, pensavo,
- per non averlo abbastanza amato.
- Nell'imbrunire tornavo a crogiolarmi
- e la mia luna era l'elogio dell'oblìo.
- ______________________________
- DA "L'ULTIMO VIAGGIO DI GLENN"
- Da Rutebeuf
- Rutebeuf passeggiava come un santo,
- guardava la facciata delle case
- come ripida roccia friabile.
- ________________________________
- Era impeccabile
- nel suo vestito chiarissimo di lino,
- quel poco appena liso e un boccolo brillante
- gli ornava la fronte corrugata.
- _________________________________
- Povera testa e povera memoria
- mi ha dato dio re della gloria
- eppure non ho fiele né veleno.
- __________________________________
- Il pensiero come lampo d'istante
- che comunica con l'infinito
- e degenera nella parola.
- La prosa è infida: nasconde
- confini traboccanti d'insignificanza.
- _____________________________
- Tutto l'avvenire è già avvenuto.
- E dove sono quelli che ho amato,
- che accanto a me mi ero tenuto?
- Gli amici sono sparito o sparsi:
- il vento li ha portati via,
- amici che il vento se li porta
- e che soffiava davanti alla mia porta.
- _________________________________
- Vedevo nella stanza buia
- tutte le luci del firmamento.
- Il tuono mi faceva galleggiare
- in squarci di vertigine e terrore
- davanti all'orizzonte del mio vuoto.
- da Bosco d'isola
- Non sono più nella mia casa,
- ma in questa sede ariosa che mi concede tutto.
- La sua tranquilla geometria
- dà ingresso al chiaro per i corpi
- umidi e leggeri sul terrazzo
- nelle facce feriali di una pigra incuria.
- Ascolto di qui le voci della piazza,
- osservo come un lago il mare che si apre
- nel bosco e se c'è vento
- una domestica campagna di cicale
- che a mezzogiorno protegge i nostri passi
- quando il tempo non ha più direzione:
- nella pianura totale, deserta,
- e nel confine a taglio che si annebbia.
- Da L'ultimo viaggio di Glenn
- La prima immagine è il lago di Garda,
- scavata in bianco e nero fino all'Ortles.
- Sarò solo un bambino,
- ma mio padre vive in eterno.
- Dopo la Jugoslavia, nel luglio del '41,
- con la firma fiorita
- salutava la Magda.
- __________________________
- I ragazzi in divisa sono stati gentili,
- ma negli archivi non c'era neanche il nome
- di un uomo che quarant'anni prima, in primavera,
- aveva fatto la sua gita in moto
- nei verdi colli demarcati.
- ___________________________
- Nell'accecante paesaggio,
- con gli occhi vitrei cercavamo la pista
- e l'orizzonte a bucare la bufera.
- Eravamo assaliti da visioni fantastiche
- e dall'angoscia dell'ignoto.
- I morti erano incollati a terra dal gelo.
- _____________________________
- Girava per Lecco chiamandola,
- le parlava orgoglioso degli eroici piumati.
- Ma era lieve, e così remissivo,
- nell'evidenza del suo amore.
- _______________________________
- Lui se ne andò gettandoci
- Nell'improvviso smarrimento.
- In un sacchetto della polizia,
- ecco gli assegni, il pettine,
- la benda per il polso
- Ciao, dico adesso senza più tremare.
- Io ti ho salvato, ascoltami.
- Ti lascio il meglio del mio cuore
- e con il bacio della gratitudine,
- questa serenità commossa.
- ICONE
- Guardando le forbici e il cestino
- e digitando inquieto mi svegliavo:
- "Così amabile e soffice, incruenta,
- è umana macchina
- meccanica che non sferraglia.
- Elegge, eleva a icona,
- lei stessa, ciò che uccide,
- odia, dolcissima, l'attrito".
- La mediazione
- è a un tasso formidabile.
- Le mani sfiorano oggetti
- vissuti in sola immagine,
- senza freccia in profondo.
- Ma per me è magia.
- Un'altra rêverie nel dormiveglia
- svogliato di un ritorno, dalla costa:
- "La terra ormai è una crosta,
- o una rossa crostata, spalmata e forata,
- e i monti sono tubi cespugliosi,
- incongrui, come le facce a pollici
- che azzerano la mente..."
- E qualche residuale astuto,
- pedante elogia la sua carcassa a rullo,
- o squittisce bambino
- al trillo di un telefonino...
- (in Teléma, rivista telematica a cura di V. Magrelli, consultabile su Internet)
©1999 Il club degli autori, Maurizio Cucchi- Per comunicare con il Club degli autori: info@club.it
- Prima di scrivere, please, consulta le FAQ, è possibile che trovi la risposta
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Agg 28 Maggio 1999