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Nelo Risi

Articolo di Gianmario Lucini

Nelo Risi é stato indicato, fin dagli anni '50 da Luciano Anceschi, uno dei sei autori della "Linea Lombarda" (assieme a Roberto Rebora, il ticinese Orelli, Modesti, Erba e il "maggiore" del gruppo: Vittorio Sereni). Nella loro poetica l'Anceschi vedeva la continuazione e insieme il superamento dell'esperienza ermetica e realista. Pasolini vedeva in essi l'ideale continuazione della poetica di Ungaretti, per una sorta di ermetismo ricondotto alla sua natura più profonda ed espressionista, e di Montale, per quel suo reagire alle degenerazioni antiletterarie del realismo. Lo stesso Montale scrive di lui, nel 1957, sul "Corriere della Sera": «Risi deve aver imparato, più che dalla poesia, da certa recente pittura francese: talvolta leggendo penso a un Dufy assai diverso, che fosse anche gravato da una tetraggine da Ecclesiaste. Ma il polso del Risi è "teso" da un buon sangue giovanile e in lui l'accidia è vinta dalla gioia di cantare o meglio di inquadrare in espressivi "montaggi" i ricordi, i residui delle sue molte esperienze di vita. Nel quadro della poesia giovanile, tutta protesa a un quintessenziale lirismo oppure distesa nei toni di un prosastico discorso parlato che fa davvero rimpiangere la prosa, Risi ha una capacità espressiva sua che ancora non tenta grandi imprese, ma si fa conoscere e amare fra tante altre».
Risi nasce a Milano nel 1920. Si laurea in medicina e sposa la scrittrice ungherese Edith Bruck. I suoi interessi sono rivolti anche al cinema (il fratello, Dino, è il noto regista di tante importanti opere del nostro cinema) firmando alcune pellicole di alto livello: "Andremo in città", "La colonna infame", "La città del mondo" e soprattutto il capolavoro "Il diario di una schizofrenica", di rara penetrazione psicologica, che può essere considerato un riferimento di alto livello per accostarsi allo studio della schizofrenia (la psicoanalisi è un altro dei suoi interessi).
Soldato sul fronte russo, viene internato in Svizzera, e soggiorna per lunghi periodi a Parigi e in Africa. Nel 1955 si trasferisce a Roma. Dopo l'esordio con le prose poetiche "Le opere e i giorni" (1941), pubblica presso Mondadori: "Polso teso", 1956, (comprende la raccolta di esordio "L'esperienza", del 1948), "Pensieri elementari" (1961), "Dentro la sostanza"(1965), "Di certe cose" (1970), "Amica mia nemica" (1976), "I fabbricanti del bello" (1983),"Le risonanze" (1987), "Mutazioni", (1991). Nel 1994 raccoglie in una antologia, sempre edita da Mondadori, ciò che egli considera i testi più significativi della sua produzione ne "Il mondo in una mano", volume che viene preso a riferimento come guida a questa presentazione della sua opera. Si dedica inoltre a tradizioni (Kavàfis, Queneau, Supervielle, Laforgue, Jouve, ecc.).
La poesia di Risi si caratterizza (e si distingue per certi versi) dalla "linea lombarda" per il suo alto impegno etico e civile (è uno dei pochi, con Pasolini, che possiamo definire "poeta civile") e che espressamente nei suoi programmi di poetica dice di voler 'parlare di quello che ci offende, scrivere di quello che ci indigna'. I suoi temi sono pertanto caratterizzati per una tensione alla verità, per una denuncia e un tentativo di smascheramento degli inganni della politica e della cultura a danno della persona. Su questo tema Risi innesta le suggestioni dei surrealisti, che gli vengono dal suo interesse per la letteratura francese, e quello degli avanguardisti russi. Rifiuto quindi di una ispirazione orfica o onirica, e scelta di campo per un approccio illuministico alla materia della sua poesia (il Parini o il Manzoni della "Colonna infame"), 'che aspira alla tensione, alla semplificazione del mezzo espressivo e alla nuda sostanza di un sentimento che non è mai distaccato dalla riflessione' (Montale). Scelta di campo che, a causa della evoluzione della vita politica e civile del dopoguerra, gli procurò cocenti delusioni. Si rifugiò quindi in una poetica di tono minore, apparentemente disimpegnata, anche se caratterizzata sempre da una ironia (e autoironia) un poco moralistica ma anche graffiante e aggressiva. La sua ideologia di sinistra lo porta ad esprimere talvolta posizioni rivoluzionarie e anarchiche, da intellettuale, natura che egli certo non rinnega. I contenuti sono dunque il principale interessi del suo messaggio, ciò che caratterizza l'impegno della sua poesia. Ma non per questo può essere definito, come dice Montate, un poeta 'engagè', fedele a una bandiera ìa priori". La sua tristezza è profondamente umana, è la ribellione alla massificazione, al tutto detto, alla condizione dell'uomo schiacciato dalle felici sorti e progressive e dal rimosso della cultura borghese. Egli stesso scrive nella presentazione della sua antologia ìIl mondo in una mano", sopra citata: 'Più spesso la creatività mi nasceva dall'insoddisfazione, dalla constatazione di una ingiustizia di fondo insita nel tessuto sociale; allora la ragione prendeva il sopravvento, e il civile si traduceva in una poesia colloquiale del dissenso, con una forte componente ironica, nel tentativo di superare l'antitesi tra la ragione e la storia, senza tuttavia ignorare che a furia di coltivare la ragione si finisce con líesaurirla; pretendere che la poesia sia tutta un linguaggio razionale è un nonsenso. Per fortuna altri temi mi venivano in soccorso aprendomi le vie del cuore, dove il tema dellíamore è facile che sconfini nella nonragioneª. Quanto al linguaggio, Risi sembra di volta in volta aderire o accettare le soluzioni e le sperimentazioni coeve alle sue raccolte, senza peraltro che líobiettivo e il nocciolo dei contenuti della sua poesia si evolvano verso soluzioni diverse da quelle originariamente intravedute. La sua scrittura quindi è poco incline alla metafora ma piuttosto (fortemente) allusiva, chiara nelle intenzioni: non lascia quindi molto spazio a interpretazioni e si mostra diretta ed esplicita. Ma non per questo è una scrittura denotativa, dove la ragione della poesia passi in secondo piano rispetto alla forza del messaggio. Risi infatti sa adattare una personale metrica, dove troviamo assonanze e consonanze più che rime, o dove la rima viene usata raramente, con particolare effetto che enfatizza e chiude un particolare momento espressivo. Egli cerca così di piegare la lingua alle sue esigenze illuministiche ma nello stesso tempo salvarla come "lingua della poesia", con una operazione di grande equillibrio. Scrive ancora: 'In questa fine di millennio, nel caos dei linguaggi telematici e dei manierismi tardosperimentali, nella vacuità delle pratiche individuali e dei progetti neoavanguardistici, dove sta la poesia? La poesia sta dove la lingua vive', perchè la poesia è lingua che vive dentro la lingua, che ha una funzione antropologica collegabile al benessere integrale dell'uomo, che si esprime in forma autonoma a prescindere dal suo contenuto. Infatti, scrive ancora, "Ö sempre la memoria mi ha soccorso riportando dei versi, anche solo un frammento scolastico ripetuto sino allíinfinito, che mi hanno permesso di superare paura e stanchezza come al bimbo che fischietta nel buio del bosco per darsi coraggio". Ma non è questa, per analogia, la stessa ragione per cui l'uomo prega, o recita dei mantra, o pronuncia uno scongiuro? E, non è la prima poesia dell'uomo (mi riferisco al poema del Gilgamesh, ai grandi poemi egizi e del Medio Oriente) una poesia a suo modo civile e insieme religiosa (in senso lato), scritta per superare la paura della morte, dell'al di là, ma anche dei pericoli che ci vengono dai nostri mostri e dai nostri fantasmi più reali, dell' al di qua"?. E non è, questa affermazione del Risi rispetto al suo rapporto con la poesia, una sorta di misticismo della poesia, al di là dei contenuti, di questa esigenza di realismo esasperato, di chiarezza, di "ragionamento" illuminato?
Vorremmo aggiungere che vi è una certa vena mistica nella poesia civile, non solo di Risi, ma anche di Pasolini, o a loro modo di Fortini, di Giudici. Ma certamente in Risi questo affiora con forza, proprio per la passione con la quale egli cerca di insieme dire (anche colloquiando nel privato del "Tu" e dei sentimenti) uno specifico messaggio 'numerico' e nello stesso tempo di trascendere il suo dire in una dimensione estetica e lirica.
 
Opere di Nelo Risi
 
Le opere e i giorni, (1941)
L'esperienza, (1948)
Polso teso, (1956)
Pensieri elementari, (1961)
Dentro la sostanza, (1965)
Di certe cose, (1970)
Amica mia nemica, (1976)
I fabbricanti del bello, (1983)
Le risonanze, (1987)
Mutazioni, (1991)
Il mondo in una mano, (1994)
Per leggere alcune poesie segnalate da Gianmario Lucini

 


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Agg. 30 marzo 1999