- Raffaele Carrieri nacque a Taranto nel 1905. La
sua adolescenza si caratterizzò subito come
problematica: fuggì di casa a 14 anni,
raggiunse l'Albania e di lì, dopo pochi mesi,
raggiunse Gabriele D'Annunzio a Fiume (1920).
Lì venne ferito gravemente alla mano sinistra
nei combattimenti delle cinque giornate. Tornò
a Taranto ma dopo pochi mesi si imbarcò di
nuovo e girovagò per i porti del Mediterraneo e
la costa del Nord Africa. Tornato in Italia fu per due
anni gabelliere a Taranto. Iniziò qui a
scrivere la sua prima raccolta, Il lamento del
gabelliere, pubblicata nel 1945. Lo stesso anno si
stabilì a Parigi ed entrò in contatto
con la vivacità della grande capitale culturale
dell'Europa in quel decennio, stringendo relazioni e
amicizie con i maggiori artisti (soprattutto pittori)
del tempo. Dal 1930 si stabilì a Milano,
dedicandosi soprattutto alla critica d'arte e alla
poesia. Significativi i suoi contributi
all'Ambrosiano, l'Illustrazione italiana, XX
siècle, Pan, Tempo, Corriere della Sera, Epoca,
Milano-sera. Fondò egli stesso nel 1945 un
mensile di arte e letteratura, Le tre arti.
- Ha scritto oltre 40 volumi di saggi e
narrativa, di rilievo quelli riguardanti le
avanguardie e i Futuristi. Conobbe e fu in
corrispondenza con personalità di rilievo come
Lautrec, Modigliani, Cendrars, Picasso, Marini,
Campigli, Fiume, Cagli, Apollinaire, Cantatore, ecc.
Collaborò anche a numerose riviste, fra le
quali spicca Esperienza poetica di Vittorio Bodini,
dal 1954 al 1956 (sulla quale scrissero importanti
nomi impegnati nel rinnovamento poetico e nel
superamento della contrapposizione neorealismo /
marxismo per una nuova forma poetica; ricordiamo fra
gli altri Erba, Romanò, Scotellaro, Caproni,
Tentori, Volponi, Zanzotto, Bellintani, Bona,
Cataffi).
- La sua opera di poesia più significativa
e matura dal punto di vista artistico, è la
raccolta delle d'amore Canzoniere amoroso, 1959. Ebbe
importanti riconoscimenti per la sua opera poetica
(Viareggio, Chianciano, Tarquinia-Cardarelli,
Taormina).
-
- Di questo singolare poeta molto è stato
detto e scritto. Egli è infatti un personaggio
moto attivo nella cultura italiana degli anni '50 e
'60, scrive su riviste e quotidiani di ampia tiratura
e diffusione ed è molto conosciuto, anche se
molto schivo. È da condividere l'acuta
osservazione di Giuliano Gramigna, per il quale l'arte
di Carrieri, "contro ogni definizione vulgata, non
è una poesia di grazia ma di durezza; pertiene
non al sensibile ma alla mente". È infatti una
tentazione ingenua quella di attribuire a questa
visione del mondo uno sguardo sereno e positivo, che
appare certe volte addirittura scanzonato, e sempre
azzurro, aereo ed etereo, quasi fanciullesco. In
realtà dietro a questa facciata (che è
frutto di un esasperato lavoro di lima) si nasconde un
uomo profondamente inquieto, disincantato e non certo
allucinato). Superficialmente quindi potremmo leggere
la sua poesia come l'espressione di una pur dotta
ricerca stilistica, prosodica, musicale (da questo
punto di vista addirittura rivale alla poesia di
D'Annunzio, pur ovviamente con le debite differenze di
contesto). Potremmo prendere un abbaglio dalla
seduzione della sua scrittura e la potremmo leggere,
dal punto di vista dei contenuti, come una specie di
tranquillo canzoniere di un'anima borghese e chiusa al
mondo (questo suo esasperato parlare di sé, che
non è però il narcisismo dannunziano o
l'intimismo dei crepuscolari, anche se con questi
movimenti a mio avviso la poesia di Carrieri ha molto
a che vedere, ma per reazione però, per precisa
scelta di campo avverso a queste poetiche). Su questo
Gramigna ha ragione, ed ha ragione quando ci mette
sull'avviso rispetto alla natura della sua arte,
ricordando che gli anni importanti e gli incontri
determinanti per Carrieri "sono stati quelli di Parigi
a contatto con la nuova letteratura del primo
trentennio del secolo, Apollinaire in testa".
- In effetti, ad un esame più approfondito
che prenda in considerazione i doppi sensi
caratteristici della sua scrittura, la sua ci appare
una poesia tormentata, estremamente mobile, sempre in
movimento, come la sua vita, come egli stesso sembra
suggerire nei versi di una sua lirica che ho anche
trascritto in appendice:
- Si addice al mio verso
- l'andamento leggiero
- e l'odore bruciato
- del fuggiasco.
- E in Le strade (anch'essa trascritta qui di
seguito), ribadisce quasi con fastidio questo anelito
di libertà e di spazio che egli cerca nella
forma e nei contenuti dei suoi versi, e la durezza che
li caratterizzano, come giustamente ha scritto il
Gramigna.. Il grande tema che egli tratta, in ogni sua
lirica, anche le più vicine all'onirico o al
fantastico, è sempre l'esperienza concreta.
Carrieri è un vento che si muove nelle durezze
del quotidiano, un vento di conoscenza e di
interiorizzazione che porta con sé e trasforma
in materia poetica tutto ciò che i suoi occhi
possono vedere, compresi i rottami, le foglie morte,
il vuoto, l'insignificanza, lo spaesamento. Il
contenuto del suo messaggio dunque è una
continua provocazione, una sapiente provocazione che
vuole pungere e infastidire. Potremmo dire che questa
poesia, in un certo senso, trasforma e trasfigura
l'esperienza dell'inquieto e della nevrosi dell'uomo
del novecento, che aborre il caldo nido pascoliano e
trova senso soltanto nel forsennato viaggio mentale
attraverso sempre nuove e imprevedibili esperienze di
senso; l'uomo che aborre la retorica dell'età
positivista e le mielose estetiche decadentiste e
ricerca l'essenza di sé in una dimensione
esistenziale, interrogativa e simbolica; l'uomo senza
più fede nell'uomo ma insieme disperatamente
fedele alla sua essenza. Da questo punto di vista,
cioè nella scelta di tono e di stile, è
una poesia di rottura non soltanto con il
decadentismo, ma anche con le retoriche delle
avanguardie e gli sperimentalismi poggianti su
estetiche talvolta di comodo o che comunque poco
avevano a che fare con l'essenza della poesia. La sua
scelta di campo, anche sui contenuti, è quindi
quella di non badare al chiasso e con grande senso
pratico ed equilibrio, proseguire la sua ricerca con
calma e solidità di fondamento, senza mai
condividere teorie movimentiste (anche se sono
rintracciabili lungo il suo percorso artistico, gli
influssi &endash; però solo superficiali e
formali &endash; dell'ermetismo, del neorealismo, del
simbolismo della poesia spagnola). La sua visione
della vita comunque, resta sempre quella del
viandante, dell'occupante provvisorio di questo mondo,
quasi da lui staccato, un mondo che egli fende e
attraversa vorticosamente e sempre in fretta,
sprizzando energia fisica e mentale, con immaginazione
vulcanica, capacità di legare i segni e i
significanti di questo mondo alla parola e nello
stesso tempo all'immagine pittorica, creando una
scrittura iconica di grande potenza. La sua poesia
è una casa, che a volte viene ridipinta,
risistemata, meglio ridefinita nei suoi spazi,
impreziosita con addobbi o altro, ma sempre la stessa.
Vi sono molti milgioramenti nel suo stile, dalla prima
raccolta fino al Canziniere, ma non vi sono mai
oscillazioni, ripensamenti, anche nella materia
esperienziale tematizzata.
- Mi sembra dunque, ad una attenta lettura, di
poter individuare in primo luogo questi elementi,
mimetizzati da una scrittura apparentemente semplice,
elegante ma quasi popolare, talvolta quasi nenia,
filastrocca. E dovremmo qui avere lo spazio necessario
per poter svolgere una analisi almeno sommaria di
questi testi, di questi lampi a ciel sereno. Potremmo
allora renderci conto del ciclopico lavoro di lima (La
vita ho consumato / su carta e inchiostro. / Mio Dio
quanto ho limato / notte e giorno.) a cui egli
sottopose i suoi testi, potremmo renderci conto della
sorprendente abbondanza di figure retoriche,
sintattiche, semantiche e logiche che sono nascoste in
queste brevi liriche insonni che comincerebbero allora
come ad esplodere sotto i nostri occhi. Ma non ho qui
il tempo di eseguire una simile operazione, che mi
invece pare egregiamente svolta dalla presentazione a
Poesie scelte, da Giuliano Gramigna. Se volessimo
intestardirci nel proseguire o nell'approfondire
questo tipo di analisi, probabilmente non ne usciremmo
tanto facilmente perché, non solo dal punto di
vista strutturale e dello stile la poesia di Carrieri
è un pozzo senza fine, ma anche e soprattutto
per i riferimenti extratestuali, le allusioni, le
citazioni nascoste, i riferimenti ad altri testi, alla
pittura e alla musica e addirittura alle Sacre
Scritture, che sono mimetizzati ma abbondano in ogni
lirica e ce la fanno rileggere in maniera sempre
diversa. Da questo punto di vista Carrieri è un
artigiano davvero abilissimo, soprattutto
perché questo lavoro di cesello non si
esaurisce nella cura della forma, dello stile, ma
aggiunge senso al contenuto comunicativo delle
liriche, le fa essere qualcosa di maggiore di quello
che appaiono.
- È dunque una poesia che va letta molto
attentamente, cercando nel testo così esile e
quasi etereo, i grandi tesori che esso racchiude.
Quello che dice è soltanto la punta di un
iceberg, come accade in ogni grande arte poetica.
- Questa scrittura quasi aerea, leggera, dai
caratteri di perenne giovinezza, in realtà
nasconde, dicevamo, un messaggio denso di
problematiche esistenziali. Carrieri sembra rifuggire
i grandi temi che appassionano gli intellettuali del
dopoguerra e parlare soltanto della sua esperienza. In
realtà, e questo appare soprattutto analizzando
i testi uno ad uno, questo "io" singolare presente
nella quasi totalità delle liriche in effetti
è quasi sempre un "io" universale, una proposta
fatta al lettore, un parlare della sua vita. I valori
del messaggio, i contenuti nascosti, sono sempre
contenuti di una esperienza collettiva, perché
tendono a un coinvolgimento (e coinvolgono). Quella di
Carrieri è la proposta di uno stile di vita, di
un modo di vedere la vita, partecipante e assieme
distaccato, presente e assente e potenzialmente sempre
in fuga. Anche quando egli si sofferma in temi che
richiedono staticità, pensosità, su temi
drammatici e struggenti come il Compianto per Gercia
Lorca, o l'accorato Pietà cuori duri, egli lo
fa con questa doppio registro, da una parte la
partecipazione intensa che scaturisce dal messaggio,
dal modo di trattarlo, di caricarlo di senso,
dall'altra con una forma musicale ricercata,
sfuggente, aerea, leggera, unita ad una una prosodia
ricercata e preziosa, ricca di elementi iterattivi,
rime interne, allitterazioni, assonanze, paranomasie.
Anche quando il suo verso sembra cercare la cantilena,
l'andamento rapsodico, il tono minimale del canto
popolare, l'anàfora, egli non abbandona mai il
rigore della ricerca e la fatica della lima, in modo
quasi esasperato.
- Un esempio dunque di grande mestiere, oltre che
di indubbia ispirazione.
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- Opere poetiche più importanti di
Raffaele Carrieri:
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- Lamento del gabelliere, (1945)
- Souvenir caporal (1946)
- La civetta (1949)
- Il trovatore (1953)
- Calepino di Parigi (1954)
- Canzoniere amoroso (1958)
- La giornata è finita (1963)
- Io che sono cicala (1967)
- La formica Maria (1967)
- Stellacuore (1970)
- Le ombre dispettose (1974)
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- Nel preparare questa presentazione
dell'autore, mi sono servito dell'edizione
antologica Poesie scelte, Mondadori, 1976, a cura
di Giuliano Gramigna. Il testo contiene ampi
riferimenti bibliografici e una breve antologia
critica.
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