| MARCO MAZZOLI 6° Classificato     L'albero della
            miseria 
                In un giorno di pioggia nonno Silla venne a
               prenderla a scuola e la portò a casa in
               macchina, come faceva sempre quando il tempo era
               brutto. Fu così che, girato l'angolo dietro la
               scuola, lo vide salutare con la mano qualcosa che non
               riuscì a vedere.Valentina era timida, specialmente col nonno,
               che la intimoriva con quei suoi baffoni grigiastri e
               il suo corpo massiccio e il panciotto sempre segnato
               dalla catena d'oro dell'orologio da taschino.
               Così non gli chiese chi avesse salutato, e per
               quel giorno non ci pensò più. Ma le capitò ancora, quando il nonno nei
               giorni di pioggia o di freddo la riportava a casa da
               scuola, di notare quel gesto, si accorse più
               volte che non c'era nessuno e divenne curiosa, ogni
               volta di più. Così, quando il tempo era
               bello e rientrava a piedi; si fermava a guardare in
               quel posto per scoprire chi o cosa ci fosse da
               salutare.Dietro la scuola, dove il nonno salutava, c'era
               un pezzo di viale tra una palestra e l'ingresso di un
               parco, con un grande cancello di ferro. Dall'altra
               parte un cinema e davanti, prima della strada, una
               pista ciclabile con un bordo di siepe. Pochi alberi
               trascurati riempivano il piccolo spazio tra il
               cancello e l'ingresso del cinema. Niente case abitate,
               nessuna persona dietro le finestre enormi della
               palestra. Valentina guardava curiosa ogni volta, e non
               capiva. Furba e piena di idee, come sono i bambini
               quando sono costretti a capire qualcosa, Valentina
               aspettò che piovesse e che il nonno passasse di
               lì con la macchina. Poi veloce, appena girato
               l'angolo, si girò e salutò con la
               mano."Chi saluti?" chiese il nonno stupito,
               corrugando la fronte. "Non lo so, ho visto che lo fai
               tu".Sorrise sotto i baffi, nonno Silla, con quello
               sguardo perso nel vuoto, che tirava fuori ogni tanto e
               che lei non capiva, anche se si accorgeva che lui
               stava pensando a qualcosa di serio. "Mi vergognavo di
               chiederti chi saluti", disse abbassando gli occhi e la
               testa, perché sapeva che facendo così il
               nonno si inteneriva e dubito diventava dolce."Saluto l'albero, l'albero della
               miseria. Fermò l'auto davanti al garage, si
               girò e le accarezzò i capelli. "Quando
               ero un ragazzo, sai, era tutto difficile, c'era la
               fame, c'era la povertà. E chi aveva la terra se
               la cavava bene, ma gli altri
 E non servivano
               solo le patate, la farina o le castagne, per mangiare;
               era freddo d'inverno, e ci voleva il fuoco.
               Così chi non aveva la legna la doveva trovare,
               o rubare".Si fermò, lo faceva ogni tanto, e lo
               sguardo spariva di nuovo nel vuoto. Valentina
               aspettava, sapendo che sarebbe tornato a
               parlare."C'è un albero povero che cresce sui
               bordi delle strade e nei fossi, non so quale sia il
               nome vero, lo chiamiamo nocione. È una legna
               cattiva, che brucia di corsa e non scalda; ma il
               nocione ricresce veloce, se lo tagli in due anni
               è già di nuovo un tronco per fare un
               attrezzo, o da bruciare. E siccome è una legna
               di scarto e la pianta non serve, se qualcuno a quei
               tempi la rubava era roba da poco, e i padroni
               lasciavano perdere. Fu mio padre, sai, ad insegnarmi
               il saluto che hai visto. Mi diceva: saluta l'albero
               della miseria, è brutto e debole, ma ha salvato
               tanti poveracci come noi". Scese svelto dall'auto, nonostante la sua
               grossa mole, ed entrò nel giardino. Valentina
               un po' triste lo seguì, e guardò i
               rododendri, le rose, la magnolia, e i cespugli fioriti
               di fianco ai vialetti d'ingresso. Nonno Silla si
               girò, e le sorrise. |