Massimiliano Paci
1° classificato
Il lago di
Annie
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- Ecco se la bruma individua un varco
- che l'affiora, si rifà il tempo
- che frantuma una gemma per dirne mille
-
- questa, che un cielo di fiamma
- al viso restringe, è la tua
corsa.
- Guardati i piedi nella carne simili
nell'arte
- della falcata non muovono che lenti
- nel fantasma di un occhio oscuro da far quasi
paura
- al chiaro taglio della luminaria. È una
grazia un poco
- remota sui ventagli a soffiarti con disappunto
- effetto, e non causa - qui in silenzio
- sopra una foglia secca da me
condivisa.
- Né dà rumore il nome uscito a
forza da una bocca
- rocciosa, rovente lava - finché un
tuffo
- nel veloce inganno rovescia con astuzia il
nulla.
- A memoria dove il tempo posa
- è un morto che passa...
-
- dove siamo? Non ridere, a lungo
- ho sfiorato le mani al tempo
- dai moli di una dolce e fedele noia;
- come in un liquido invischiante
- questo mio volto trattenuto da unghie
- d'incantata urla e vertigine...
-
- dove siamo? Lascia stare i guasti
terreni
- d'ogni urto miope che sfila per fretta
- regolato dalla memoria come da lancette
antiorarie
- di un camposanto che t'afferra alle sporgenze
del cuore;
- ti porgo, mia notte e mia stella, la magra
pietà
- funeraria di quello che la terra
riposa,
- o forse solo il formicolio di un limite
preciso
- dove il cerchio stempra dolcemente
-
- il nostro tempo bruciato - tutto di
noi.
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