Opere di 
Nico Moranelli

LACUNA DEL TEMPO (incipit)
1. Un viaggio lontano dal mondo
 
Era la notte dell'8 marzo e Antonio Berghini, supino sul letto e con gli occhi sbarrati nel buio, si chiedeva ancora angosciosamente se correva un pericolo reale, o se era il timore della solitudine ad alterare vivacemente la sua fantasia. Da molto tempo aveva la netta sensazione di essere seguito e spiato ovunque andasse, e da tempo il suo sonno era agitato e discontinuo.
Minacce reali o mania di persecuzione?
Pensieri ossessivi rimbalzavano nella sua mente come biglie d'avorio su un pavimento di marmo e per quello snervante lavorio il suo equilibrio mentale sarebbe saltato, se un sonno pietoso non fosse sceso a calmarlo.
Il mattino seguente, molto presto, si svegliò in un bagno di sudore: aveva ancora paura. Mai aveva conosciuto la paura con tale intensità. Si guardava intorno: i profili degli oggetti più noti nella penombra sembravano incerti e alla sua mente, in un primo istante, arrivavano strani e orrendi tanto da suscitare terrificanti immagini da incubi ancestrali. Il sudore si ghiacciava sul corpo e brividi gli serpeggiavano lungo la schiena e le gambe, molli, lo reggevano appena.

LACUNA DEL TEMPO è un romanzo di fantascienza nel quale un gruppo di scienziati, negli anni settanta, convinti della prossima disgregazione della società umana, compie un viaggio nel futuro coinvolgendo, dopo averli rapiti, una ventina di ragazzi ignari di essere destinati ad iniziare un nuovo ciclo della storia umana. Fin qui, un banale racconto di fantascienza, ma questo gruppo, scienziati e ragazzi, si ritrova su un'isola del Pacifico al cospetto di una umanità molto cambiata; non riesce ad adattarsi al nuovo modo di essere e uno di loro commette un delitto per il quale tutti vengono puniti: devono rimanere sull'isola fino alla morte e quindi fino all'estinzione della "vecchia razza umana". Il romanzo, pur se disseminato di riflessioni scientifiche, filosofiche e sociali, è scritto con un taglio avventuroso e scorrevole, e procede per colpi di scena fino all'epilogo, alla logica inevitabile conclusione della storia.

Da Fievoli luci
 
1. SUL FAR DELLA SERA
 
Dalla finestra, immobile
cammino sul viale dei miei sogni
dove
rosse le foglie vagano per l'aria
mosse
dai sospiri degli uomini, tramonto
di un antico avvenire
nato stanco.

2. PADRE
 
Coi venti contro e senza alcun conforto
per l'erta china tra le dure gole
sempre più solo affaticato e triste
trascino a stento l'umile fardello.
Sempre a fatica e sempre più provato
verso la cima chiusa nella nebbia
che nera colma il baratro finale:
bello potere abbandonare tutto
cedendo al precipizio delle valli,
ma salgo sempre senza riposare
spinto da un'ansia nata non so dove
mentre mi punge quel dover lasciare
altri a penare su per il futuro
coi venti contro e senza alcun conforto.

3. SERA VIRTUALE
All'imbrunire il sibilo del vento
tra le siepi ed i campi delicato,
il canto degli uccelli e le cicale,
e all'orizzonte nuvole dorate:
il giorno cade e calde trasparenze
perdono il senso nella notte buia,
sempre più nero un mondo trascurato
in mille onde evolve, incontrollato.
E arrivano le lucciole nei campi
di luce i fiori bagnano ed i cardi
illuminando un mondo di illusione
quando il rumor di un grosso calabrone
le lucciole distrugge senza scampo.

4. TENTATIVO D'AMORE
 
Ho provato a baciare
le tue labbra corallo
ho provato a sentire
il battito del cuore
ho provato a toccare
la rosa dell'amore...
 
Tu guardavi lontano
le nubi all'orizzonte
e le onde del mare...
 
Ora ho solo il ricordo
dei tuoi occhi spauriti
ed il triste sorriso
del saluto d'addio...

5. NOSTALGIA
 
Case ammucchiate sotto il cielo rosa
percorse da stradine colorate
di crepuscolo ed ombre...
 
in lontananza il monte, ricoperto
di alberi dai rami rilucenti
di cristalli di neve, tremolanti
nel sospiro del sogno.

DISTICI
I
Io ti amo, ti adoro e ti idolatro:
ti chiedo amore e poi ti vengo dietro.
II
Il nido nudo apparve in mezzo al tronco
tosto l'uccello vi trovò rifugio.
III
La corte era durata tanto a lungo
che giunto al dunque si ritrasse stanco.
IV
Ci pensò tutta la notte, poi si avvide
dei pensieri a forma di pera.
V
E per non fare una figura magra
s'imbottì fino agli occhi di viagra.

LA NUBE DEL VILLAGGIO
 
 
Incipit
Là dove i venti corrono d'inverno, a mezza strada tra la valle e i monti, c'è un villaggio aggrappato a una collina. Gli abitanti lo chiamano il paese, ma un nome certo l'aveva, perché, al limitare delle prime case, c'è un'insegna di plastica corrosa, consumate le lettere dal tempo...
Le case, di pietra calcarea con fatica rubata alla montagna, incombono sui vicoli angusti lastricati di selce; e i tetti color mattone sono costruiti con tegole portate su dalla valle a schiena d'asino o su cigolanti carretti tirati dai buoi. a volte accadeva che il carretto si bloccava tra i sassi del sentiero e a volte si inclinava tanto che, per non vedere la propria fatica in cocci, gli uomini si affrettavano a scaricarlo, dannandosi nei meriggi assolati tra i bimbi vocianti accorsi a guardare.
Ai lati della collina del villaggio, in profondi burroni scoscesi, scorrono, in alvei tortuosi, due ruscelli chiacchierini che a primavera, al tempo in cui si sciolgono le nevi, diventano brontoloni e formano numeroso stagni, quasi laghetti, dove argentee brillano le trote.
Le stagioni cambiano lente e si fissano nel ricordo degli uomini per questo o quell'evento; e i giorni scorrono piano come se il tempo, curvo di pene millenarie, fosse troppo stanco per risalire il sentiero, dove a ben guardare, si possono trovare tracce di antichi materiali, bitume o cemento, una volta usati dall'uomo.

Il romanzo:
Un tranquillo villaggio avvolto nell'obliqua luce autunnale, immerso in un passato idilliaco, è in realtà un villaggio dove i simboli del progresso resistono solo nel ricordo dei vecchi, e tramandati a voce.
Pagine soffuse di poesia e sconvolte dalle passioni descrivono esseri umani che si portano dentro, quale frutto di un'antica maledizione, un pesante senso di morte.

ORRIDE PROTEINE (incipit)
 
 
I rintocchi nostalgici ed inquieti della campana piccola del parco argentini indugiavano nel buio. Mancava poco alle quattro, proprio l'ora più scura della notte, quando Luca, percorso il viale tra le ombre dei lampioni notturni, aprì la porta di casa. Le luci erano accese e sua moglie usciva in quel momento dalla sala da bagno: sul corpo gocciolante, ghirigori di schiuma sfiorivano vezzosi. In altri tempi Luca l'avrebbe travolta e con lei si sarebbe rotolato incurante dell'acqua, ma ora si limitò ad ammirarne, stanco, il corpo nudo.
«E' stata una nottataccia, vero? -disse Milena senza sorridere.- Sai, è saltato l'impianto di refrigerazione e fa un caldo d'inferno.»
Lui non rispose e le indicò la borsa di elegante plasticoide che aveva posato sul divano. La biologa si asciugò le mani e prese dalla borsa un giornale e alcune foto. Queste ultime mostravano una donna giacente in una posa di morte. Milena interrogò Luca con gli occhi. Poi, scorrendo l'articolo del marito (teneva premuto il pollice sull'angolo in basso a sinistra del foglio elettronico, e le righe scorrevano bianche nel riquadro azzurro), sentì sul collo il fastidioso battere del cuore. Leggeva di ospedali stracolmi dove la gente stremata cedeva alla morte come mosche impigliate in una tela di ragno; e leggeva di singoli drammi...
 

Il racconto Orride proteine è ambientato in una Milano del futuro e fa parte della raccolta Il futuro virtuale.

Da PASSAGGIO DI STATO
 
I comunisti sono tutti uguali?
(il presidente pur se dice il vero mente)
La mia città dai palazzi mai visti
ha linee e forme belle da guardare
purtroppo un Presidente e i neo-fascisti
votati per potere amministrare.
Ma questo capo adesso ha gli occhi tristi
di chi è costretto sempre a proclamare
che chi ha o avuto pensieri comunisti
non può salire certo a governare,
e poi costretto sempre a scongiurare
l'operato dei giudici golpisti
che rossi e truci lo vogliono incastrare!
E allor vorrebbe fare un repulisti
Bossi lasciando e Bondi e pur Ferrara
con Maroni pentiti comunisti...
(Lasciando i comunisti a governare?
Troppo bugiardo questo Presidente:
per questo forse nol vorrà la gente,
ché questo non si fa più tollerare
troppo borïoso e troppo invadente
non pensa agli altri: è sol per sé vincente.)

30 maggio 03



 
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Agg. 07-09-2003