- Per
Anna
-
-
- So bene che non si
può fumare qui dentro. Ma per questa volta
credo proprio che non rispetterò la
regola.
- Non ho intenzione
di uscire. Non più.
- È la prima
volta che mi accorgo di quanto sia bella la pioggia
quando si è al riparo. Persino il tempo grigio
oggi mi piace, mi rasserena.
-
- Quando ero piccolo
detestavo la pioggia perché infangava i campi e
perché era sempre gelida. Che senso aveva
guardarla da casa quando era solo una nemica dei
giochi, delle corse...
-
- Ma oggi no. Va bene
anche così. Una fitta pioggerellina che bagna
tutto. Deve piovere, ovunque, su tutto il mondo,
perché lei stamattina è
morta.
-
- Piove su queste
aiuole curate dal portiere, piove sulla rampa dei
garage, piove sulla strada. Fa anche freddo ma non ho
intenzione di salire a casa.
- Voglio fumare
ancora qualche sigaretta qui nell'androne.
-
- Forse dopo
chiamerò Alfonso e chi di dovere...
- Non voglio che me
la portino via, non subito almeno. Voglio riassaporare
per l'ultima volta la sensazione di rientrare a casa e
crederla viva.
-
- Sono vedovo, da
un'ora. La malattia è stata implacabile. Che tu
sia maledetta, l'hai ammazzata in tre mesi.
Cinquantaquattro anni di matrimonio contro tre
mesi.
-
- Povera Anna. Povera
la mia Anna.
-
- Non mi importa
niente di quello che succederà ora. Forse
Alfonso saprà capirmi, del resto anche lui
è un vedovo. Sono passati dodici anni da quando
è morta sua moglie. Lui ha sempre reagito come
una persona forte. Ha continuato a fare la stessa
vita. Ma è mio fratello e quindi ora la sua
comprensione me la deve!
-
- Cosa vogliono gli
altri? Credono di sapere sempre tutto? Io certe cose
non le so, non le capisco, ma sento che sono
sbagliate. Macchine e macchinari... diavolerie. Solo
sofferenze.
- E Anna non deve
soffrire inutilmente. Non doveva soffrire
mai.
-
- Chi ha cuore
capisce queste cose.
-
- Nelly ha cuore e
l'ha capito da subito. Da quando Anna è a
letto, Nelly non è più voluta uscire. Ho
dovuto sempre pregarla per portarla fuori e dopo
cinque minuti mi guardava con gli occhi che sembravano
dire "non perdiamo tempo! Non perdiamo tempo qui, per
strada! Torniamo subito da lei! Ce n'è poco, ce
n'è poco!" appena rientrati si accucciava sul
tappeto della camera da letto, immobile, tutto il
giorno, con il muso tra le zampe, a fissare la
padrona. Solo io e lei sappiamo che vuol
dire.
-
- Ecco i bambini del
terzo piano, i figli della signora Grandi. Che casino
che fanno! Lei è più carina del
fratellino, assomiglia più al padre. Spero che
non mi leggano in faccia quello che provo, loro hanno
tutta una vita davanti. Spero che non facciano
domande.
- Ad Anna piacevano.
Diceva che erano svegli, soprattutto la
piccola.
- "Andate, andate
pure. Io salgo dopo".
- Molto dopo.
È ancora presto.
- Ancora una
sigaretta.
-
- Ha quasi smesso di
piovere. Potrei uscire all'aria fredda ma mi sento i
piedi bloccati, le gambe ferme.
- Voglio starle
vicino, ecco perché non esco.
- Sto bene
qui.
- Nelly è
incredibile. Sembra che sappia tutto. Oggi non ha
fretta, per niente. È rimasta sotto la pioggia,
ferma in mezzo all'erba.
- Lo sa che se ne
è andata e sta pensando. Prenditi tutto il
tempo che vuoi, piccola.
-
- Ho sempre pensato
che sarei stato io il primo ad andarmene.
- Ho sempre pensato
che lei mi sarebbe stata vicina fino all'ultimo
giorno, che forse avrei sofferto un po' ma che me ne
sarei andato con un sorriso, stringendole la mano. Il
pensiero che potesse succedere il contrario lo
scacciavo subito, come se fosse un enorme buco buio
davanti a me.
- Non voglio entrarci
neanche adesso, ora che dopo tre mesi è
diventato sempre più largo fino a prendere
tutto, la casa, il giorno, la notte.
-
- Quest'anno i
termosifoni sembrano riscaldare anche meno degli altri
inverni. Colpa delle tubature o della
vecchiaia.
- Non sono riuscito a
scaldarle la mano neanche tenendola tra le
mie.
-
- Sono vedovo. Mia
moglie è morta stamattina. L'ho uccisa
io.
- Sono un...
com'è che si dice... un uxoricida.
-
- Non avrei mai
creduto che potesse finire tutto così. L'altro
ieri ho tirato fuori gli album delle fotografie da
sopra l'armadio.
-
- "Da vecchi si
diventa malinconici". Non è vero, non è
vero per niente. Né io né Anna abbiamo
mai sfogliato quei libri per anni. Si vede che era
destino che non li guardassimo più
insieme.
- Chissà se ha
capito tutto quello che le ho detto... chissà
se era cosciente. Le ho raccontato tutte le foto, una
per una SignoreDioSanto, e ho sentito che quando
piangevo mi stringeva la mano, l'ho
sentito.
- "Qui era quando eri
vestita con il vestito bianco su in montagna e c'erano
Pietro, Teresa e Alfonso davanti casa... Qui invece
era quel giorno in cui siamo andati alla fiera e tu
eri felice perché...".
- Dentro quattro
libri c'era quasi tutto di noi.
- Ma forse è
servito solo a me, per vederla diversa da come la
vedevo nel letto. A lei serviva altro, maledetto
male.
- Tu sei tutta la mia
vita, Anna e l'ho capito mentre te ne
andavi.
-
- Da quando Anna si
è ammalata, la signora Paola mi fa tutti i
giorni la stessa domanda.
- "No, signora.
Nessuna novità".
- Il marito di Paola
era un ferroviere, Gino. È morto nell'88, mi
pare. Lei ha portato il lutto per due anni, poi si
è lasciata convincere dalla figlia a rimettersi
quei grossi maglioni di altri colori. È giusto
così.
- Io il lutto me lo
sento nelle mani e nella bocca.
- "No, vada. Grazie.
Arrivederci".
- Che forza che ha
ancora. Se non fosse per la schiena, Paola porterebbe
su la spesa senza l'ascensore. Gino era più
grande di lei ma si vedeva che era più debole.
Paola è del '28, come Alfonso. Classe di ferro,
lui dice. Può darsi.
-
- Non mi sento in
colpa per quello che ho fatto. Mi sento felice. A
mente fredda non saprei spiegarlo. Ma il cuore mi
batte forte, come un ragazzo, innamorato per
l'eternità. L'ho fatto per Anna, solo per
Anna.
- È stato
tutto così naturale, così...
giusto.
- Sono entrato nella
camera e ho aperto le tende, per far entrare un po' di
luce.
- Ho posato la tisana
sul comodino e ho chiuso l'ultimo album di fotografie.
Sulla pagina aperta c'era una mia foto con Nelly, sei
o sette anni fa. L'aveva fatta Anna. Ho preso l'album
e l'ho lasciato sulla poltrona.
- L'ho guardata, come
tutte le mattine.
- Quella sul letto
era ancora lei, ma dopo, cosa sarebbe diventata?
Lontano da me, senza di me. Anna me lo diceva con i
suoi tremiti, i suoi gemiti silenziosi.
- Restami
vicino.
- Io l'ho
fatto.
-
- La sua mano fredda
e la fronte calda per la febbre mi hanno sciolto tutto
il pianto che avevo trattenuto.
- Un pianto forte, un
pianto di anni vissuti insieme e troncati di
netto.
- Volevo accarezzarla
e volevo che quel momento fosse eterno, per sempre,
immutabile.
- Mi sono buttato su
di lei e l'ho abbracciata, singhiozzando.
- L'ho
baciata.
- Ho premuto la mia
bocca sulla sua e le ho accarezzato i
capelli.
- Poi, come se
obbedissi ad un comando, ho messo la mia mano sul suo
petto.
- Sentivo il cuore
battere, piano, lentamente.
-
- Ho passato l'altra
mano dai suoi capelli alla fronte e con le dita ho
stretto le narici.
- Ho aspettato, tra
le lacrime, senza staccare le labbra dalle
sue.
-
- Sotto la mia mano
il suo cuore ha smesso di battere.
-
- Ho sollevato la
testa e sono rimasto a guardarla a lungo, a pochi
centimetri dal viso.
- Le ho asciugato le
guance e ho sorriso.
- "Anna, la mia
Anna", ripetevo.
-
- Anna se n'era
andata, per sempre.
-
- Io l'ho solo
aiutata ad aprire la porta.
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