- Fluorescenza
-
- Aveva trovato
rifugio in quel piccolo appartamento e si era sentito
a proprio agio nella confusione che vi regnava: mobili
stipati nei piccoli spazi, riviste e libri
dappertutto, abiti abbandonati sopra le sedie. Le
piante sui balconi attendevano pazientemente una
salutare potatura che le rinvigorisse, ma si
accontentavano delle saltuarie innaffiature e
prosperavano ugualmente. Qualcosa di impalpabile
sembrava nutrirle, qualcosa che donava anche alla
polvere che si accumulava sugli oggetti l'aspetto
luminoso dell'oro: la presenza di Dio, che riempiva
tutto l'ambiente.
- Forse in quel luogo
avrebbe ricevuto una sua identità, lui che non
era né uomo, né angelo, né
demone. Non sapeva chi l'avesse generato, ignorava lo
scopo della sua inesistente esistenza, non ricordava
il passato e non prevedeva il futuro. Fluttuava,
sospeso nella dimensione terrena, senza alcuna
coscienza della propria condizione, ma perfettamente
consapevole dei meccanismi che regolavano la vita
umana.
- Non avrebbe saputo
definire se stesso se non come una luminescenza
pallida e priva di contorni netti, che si ampliava e
si restringeva, indifferente agli stimoli materiali,
ma sensibile alla forza del pensiero e del
sentimento.
- Viveva
nell'appartamento una piccola famiglia: una coppia di
coniugi e un figlio poco più che ventenne.
Rientravano soltanto per i pasti e per dormire, mentre
il ragazzo rimaneva assente anche per diversi giorni
di seguito, e poi tornava carico di valigie e di
gioventù.
- Nessuno si era
accorto di lui, nessuno tranne il gatto, un animale
dal pelo corvino e lucido, che lo aveva individuato in
una piega del cuscino del divano. Di fronte allo
sguardo felino che lo esaminava con curiosità,
lui aveva provato paura e si era rincantucciato ancor
di più nel nascondiglio. Aveva avvertito il
tonfo della bestiola che gli si era accucciata accanto
e, poi, il quieto ronfare delle fusa che diveniva
sempre più affettuosamente sonoro. Allora, si
era appoggiato sul tepore della sua pelliccia ed erano
rimasti insieme a lungo, il gatto sonnecchiando e lui
assaporando per la prima volta il diretto contatto con
un essere vivente.
- Si rafforzò
la decisione di rimanere in quel luogo, in cui forse
avrebbe scoperto chi fosse o cosa fosse, quale destino
lo attendesse, quale compito avrebbe dovuto svolgere.
Sentiva che l'attesa sarebbe stata più lieve
fra quelle mura.
- Cominciò a
riconoscere tutti i rumori e le abitudini della casa.
La prima a destarsi era lei, che preparava la
colazione e riempiva di cibo la ciotola del
gatto.
- Lui si distendeva
sulla schiena dell'animale e lo osservava divorare
famelicamente il pasto. Poi, si sentiva lo scrosciare
dell'acqua, l'echeggiare delle notizie trasmesse dalla
radio, un continuo andirivieni per le stanze, infine,
la porta che si richiudeva e il rapido ticchettio
delle scarpe giù per le scale.
- Seguiva il
risveglio di lui, che consumava caffelatte e biscotti
ascoltando il telegiornale del mattino, in uno stato
di stanco torpore. Poi, anche i suoi passi si
disperdevano verso l'esterno e tutto piombava nel
silenzio.
- Se il ragazzo era
in casa, si doveva attendere molto prima che la porta
della sua camera si aprisse, perché andava a
dormire molto tardi. Non appena sentivano il rumore
della maniglia, lui e il micio lo seguivano
dappertutto nel suo pigro bighellonare e, quando,
finalmente, si decideva ad aprire i libri per
studiare, gli si accoccolavano in grembo. La propria
fluorescenza s'intensificava allorché, spesso,
curiosava le strane formule del testo, ma si arrendeva
subito di fronte alla loro
incomprensibilità.
- Una volta
trovò il coraggio di insinuarsi in uno dei
riccioli biondi, che ricadevano morbidamente sul collo
del giovane, e scoprì che riusciva a captare il
fruscio dei suoi pensieri. Non tutto gli appariva
chiaro, ma spesso la percezione delle inquietudini e
delle dolorose incertezze di quella giovane mente lo
sprofondavano in una condizione di solidale
tristezza.
- Se solo avesse
avuto gli occhi avrebbe pianto, se solo avesse
posseduto la voce l'avrebbe consolato, ma non era
altro che un inutile e impercettibile bagliore
informe, un insignificante fuoco fatuo, un grumo
larvale privo di potere.
- <Ragazzo>,
avrebbe voluto dirgli <sono crisi momentanee. Tutto
passerà! Io non so come lo so, eppure ne
avverto la certezza>.
- Questo ed altro
avrebbe voluto preferire, ma non riusciva a far altro
che dilatarsi e restringersi e dilatarsi.
- La famiglia si
animava soltanto la sera, durante la cena. E allora
s'intercalavano i discorsi, spesso sovrapponendosi
l'uno all'altro e provocando le vivaci reazioni o i
bronci infantili di chi avrebbe voluto più
spazio per sé. E gli alterchi familiari,
leggeri e fugaci come nuvole vaporose, ravvivavano
l'atmosfera. E tutto era pieno di Dio.
- Era il momento del
rilassamento, in cui ciascuno poteva esporre le
proprie difficoltà, le aspirazioni, i sogni.
Costretti, nella breve pausa del pranzo, a cibi
semplici e consumati frettolosamente, la sera,
beffandosi del più elementari principi della
dietologia, si concedevano il piacere di un pasto
accurato e abbondante.
- Non mancava il
vino, i cui riflessi, ora paglierini ora rosseggianti,
erano esaltati dalla luce di una candela. Lui si
appoggiava sulla spalla dell'uno o dell'altro,
seguendo discussioni inerenti non soltanto la loro
sfera privata, ma anche temi elevati quali la
filosofia, la letteratura, la politica, la
religione.
- Apprese tantissimo
e, se ne avesse avuto i mezzi, volentieri avrebbe
partecipato alla conversazione.
- Gli piaceva anche
accompagnare il ragazzo nella sua stanza e captare i
suoni della musica che ascoltava, oppure volteggiare
fra gli strani oggetti che rallegravano le mensole, o
sistemarsi in una grinza del suo pigiama e tentare di
decifrare le molteplici immagini che un piccolo
schermo proiettava. Non aveva, invece, il coraggio di
seguirlo quando usciva da casa e la stessa insicurezza
timorosa gli impediva di unirsi al gatto nelle sue
sortite notturne. Rimaneva, allora, a fluttuare
nell'aria, senza comprendere cosa fosse il
sonno.
- I giorni
trascorsero, inseguendosi instancabilmente nel
girotondo temporale, ma i rumori e i movimenti della
casa cominciarono ad attutirsi, dapprima
impercettibilmente, poi in modo più
netto.
- Molte piante
seccarono e il loro avvizzimento impregnò i
balconi di una desolata aria di abbandono. I passi nel
corridoio e nelle stanze erano strascicati e non
più scattanti: una profonda stanchezza ne
rallentava il movimento e la vivacità. Le
serate morivano nel silenzio o in poche, aride
battute. Il candeliere vuoto conservava antiche tracce
solidificate di cera di colori diversi. Il pelo del
gatto aveva perso la sua serica
lucentezza.
- E, soprattutto, era
scomparsa la smagliante brillantezza che arricchiva
anche il più umile particolare. A lungo
meditò e la sua fluorescenza si restrinse fino
a diventare un piccolissimo punto, che emanava un
barlume sempre più fievole. E infine
capì: Dio se n'era andato, Dio aveva
abbandonato quel luogo.
- Rimase in una
condizione d'inerte stupore per giorni e giorni,
nascosto nel bordo di una tendina impolverata. Non
fluttuò, non si ampliò, non
ravvivò mai la sua piccola luce. Se non fosse
stato un indefinito e indefinibile fenomeno, banale
nella sua inutile indeterminatezza, si sarebbe potuto
configurare il suo stato come una forma di
agonia.
- Ma lui
possibilmente era un non nato e mai il conforto della
morte l'avrebbe sottratto al tormento do un'eterna
inconsistenza larvale.
- Avrebbe dovuto
trovare il coraggio di raccogliere le energie residue
e andarsene in un altro luogo, ma una spossatezza
insormontabile lo costringeva lì, immobile ed
isolato.
- Non sarebbe stato
in grado di quantificare il tempo trascorso in quella
posizione, ma era notte sicuramente quando
avvertì un brusio di pensiero talmente
ossessivo, nella sua persistenza, da estrarlo dal
bozzolo dell'indifferenza che lo avvolgeva.
Oscillò stentatamente e, ondeggiando con fatica
nell'aria, inseguì la scia di quel mormorio
continuo e monotono, che lo condusse verso l'unica
stanza illuminata della casa, immersa nel
sonno.
- Era seduto alla
scrivania, i capelli arruffati, lo sguardo perso nel
vuoto, le spalle curve sotto il peso di una pensa
insostenibile. Il mormorio dei suoi pensieri divenne
suono, poi rumore, poi frastuono. Tutto questo lo
avvertì perfettamente, così come
distintamente vide e riconobbe la rivoltella che
l'uomo stringeva spasmodicamente nella
mano.
- E altrettanto
chiaramente percepì che la propria
indeterminatezza si espandeva, con uno strano
formicolio, assumendo contorni diversi e sempre
più delineati.
- Sembrava che una
matita invisibile, guidata da una mano esperta,
tracciasse nel vuoto un disegno, si sentì
scuotere all'interno da un'esplosione violenta e
convulsa, che cedette poi il passo ad una calma e
consapevole chiarezza interiore, in cui i ricordi
emersero, nitidi e dolorosi.
- L'uomo si riscosse
dallo stato di allucinata follia e osservò
l'immagine che gli si era materializzata davanti: un
signore ancora giovane, con indosso un elegante abito
di foggia antica, capelli biondi e ribelli che gli
ricoprivano la fronte.
- Un fluorescente
alone luminoso lo circondava e, quando scostò
con un rapido gesto il ciuffo che gli ricadeva sugli
occhi, rese visibile un profondo foro insanguinato
sulla tempia destra.
- La scena si
cristallizzò in una frazione immobile di
eternità. Poi, il giovane parlò e la sua
voce dolce e pacata sembrava provenire da una
dimensione lontana, dove non esistevano spazio e
tempo. E mentre rievocava la debolezza di un istante
lontano, in cui l'oppressione dei debiti di gioco lo
aveva spinto a puntarsi alla testa una pistola,
piangeva sommessamente. E le lacrime lavavano la sua
anima, finalmente ritrovata. E il tumulto della
memoria lo riscattava dall'incompletezza di esistenza
alla quale era stato condannato, fino a quel momento.
E il pentimento lo liberava.
- L'uomo, continuando
a fissarlo e ad ascoltarlo, ripose la rivoltella nel
cassetto della scrivania e lo chiuse a chiave.
Sentì che la mente si liberava della nebbia
densa dell'angoscia e provò un'infinita gioia e
serenità.
- Entrambi si
guardarono e si accorsero contemporaneamente che
qualcosa era mutato nell'aria, nei mobili, negli
oggetti: tutto era nuovamente pieno di
Dio.
- Il giovane si
voltò, avviandosi verso l'uscita. L'uomo
spalancò la finestra e guardò in fondo
alla strada: vide la figura fluorescente muoversi con
passo agile e poi incamminarsi su un'invisibile scala,
che lo conduceva sempre più in alto, nella
profonda oscurità dello spazio celeste. Mentre
saliva, fischiettava allegramente un vecchio motivo,
che interrompeva il silenzio della notte, provocando
un festoso abbaiare di cani.
- Ad un certo punto
si fermò per voltarsi e agitò il braccio
in segno di saluto, quindi si allontanò sino a
divenire un punto luminoso nell'infinita volta
costellata di luci.
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