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                  Volare L'uomo entra veloce, rassegnato nel
                  residence, mantiene gli occhi bassi mentre percorre
                  i lunghi corridoi. Entra di scatto nella stanza
                  della madre. Si lascia cadere su una poltrona
                  scomodissima di rattan e si appoggia la mano sul
                  viso per affrontare il lungo silenzio che segue...
                  Il silenzio, come fanno spesso i silenzi di questo
                  genere, comincia a pesare e lui inizia
                  improvvisamente a monologare sui diversi problemi
                  amministrativi del residence e su come certe
                  cose...  «Tu dici sempre quello che
                  penso...» (tono accusatorio) - interrompe
                  lei...«Se tu non lo dici mai qualcuno deve
                  pur farlo»«Ma l'avrei detto...
                  sai?»«Certe cose non possono
                  aspettare». L'uomo andava di fretta e quindi, con un
                  gesto indisposto gli tolse lo sguardo. Senza
                  sguardo l'attimo morì e lui si alzò e
                  uscì fuori, dove la vita si reggeva da sola,
                  dove non c'era bisogno di sostenere uno sguardo
                  zattera che cercava disperatamente un punto fisso.
                  Sentiva il buco forato in qualche angolo della sua
                  anima ma si rifiutava di affacciarsi su se stesso
                  per paura di vedere quanto era diventato
                  trasparente a causa di quel buco. Ma adesso che era
                  fuori più camminava più i suoi passi
                  si alleggerivano, più si alleggerivano e
                  più camminava veloce, veloce, veloce
                  così tanto veloce che si mise a
                  volare. La donna, rimasta sola, sfiora con la mano i
                  propri capelli. La mano trema, sembra si stia
                  accarezzando, si stia confortando. Le parole
                  vengono da sole, rotolano, parole gonfie, pesanti
                  che si spaccano come meloni maturi fermentati al
                  sole. Parole cariche di ricordi:«Signora, che bel bambino, signora, ma
                  quanti ricciolini... ma tu aiuti la mammina?... che
                  bel bambino... quanti dentini... fa vedere... ma
                  taaaanti...»La vecchia d'impulso si toglie la dentiera e
                  si mette a contare: «... 2, 4, tanti dentini
                  fa vedere alla signora ma taaaaanti
                  dentini... «Vedi... guarda là... lontano...
                  sopra gli edifici! È un'aquila... sai, non
                  ce ne sono quasi più ma tu diventerai grande
                  e forte come loro»«Potrò anche volare come
                  loro?»«Volare no... ma sai, non sono sicura,
                  se sei molto bravo credo potrai volare anche e chi
                  lo sa?»«Ma io non voglio andare via, io voglio
                  restare sempre con te»«Un giorno diventerai grande grande e
                  avrai tante di quelle cose da fare che non potrai
                  più stare sempre con me. Quando io
                  diventerò vecchia tu verrai a vedermi e mi
                  porterai dei fiori e io ti racconterò come
                  eri bello e bravo quando eri
                  bambino».«Io starò sempre con te, non
                  diventerò mai grande, io odio le
                  anguille...»«... le aquile...»«Io odio le aquile... pum, pum... io
                  ammazzo le aquile».La donna ride e le mille finestre degli
                  edifici luccicano al sole; l'aria è leggera
                  e l'aquila colpita dal fucile immaginario del
                  bambino bello cade ferita mortalmente dietro i
                  grattacieli senza che nessuno se ne
                  accorga. Le parole si susseguono, le sue labbra
                  flaccide ondeggiano attorno alle sue gengive tale
                  un contorno, movente a un abisso buio dal quale
                  sgorgano parole sue, parole di altri, parole
                  lasciate per dopo, parole senza fine che si
                  precipitano dalla sua bocca, si intrecciano sulla
                  sua lingua, si aggrappano ai suoi capelli bianchi
                  per restarle vicine più a lungo ma che poi
                  irrimediabilmente si staccano e volano via anche
                  loro. Le parole ormai libere e lontane l'hanno
                  sollevata dal loro peso... «Sono pronta...» disse la vecchia
                  all'infermiere.«È sicura?»«Non lo saprà nessuno, vero?...
                  non lo saprà nessuno che è successo
                  così?»«Ma no, già gliel'ho detto, lei
                  non è la prima... ne ho aiutati tanti come
                  lei...»«È tempo, è
                  tempo...»Un attimo ancora, un'ultima voglia... ma
                  no... Con un sospiro di sollievo si lascia andare,
                  il vuoto la chiama, insistente... e lei
                  risponde. 
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