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                  Il
                  telegramma
 
                Maria aveva
               faticato molto ad addormentarsi la sera prima ed ora,
               appena sveglia, ricordò il motivo della sua
               agitazione e dell'ansia che la pervadeva: era il
               giorno del suo compleanno.Non era una
               ricorrenza gradita perché troppi ne aveva
               celebrato di quegli anniversari, per desiderarne un
               altro.Il motivo del suo
               nervosismo era ben diverso, aspettava con ansia un
               rito che si ripeteva, ormai, da oltre cinquant'anni:
               l'arrivo del telegramma!Era un'emozione,
               un'eccitazione per lei. Ad ogni anniversario del suo
               compleanno, il portalettere le consegnava sempre un
               telegramma! Lei l'apriva con trepidazione da tanti
               decenni sperando di trovare la firma del mittente: ma
               c'era scritta sempre e solo quell'unica parola:
               «Auguri!».Chi era l'ignoto
               che con tanta costanza si ricordava di lei in quel
               giorno particolare?... Non era mai riuscita a svelare
               il mistero perché quel piacevole foglietto
               augurale proveniva sempre da località
               diverse. Si vestì in
               fretta e incominciò ad aspettare.Era ancora presto,
               di solito l'augurio le perveniva verso
               mezzogiorno.La mattinata
               passò abbastanza velocemente: aveva sempre
               tante cose da fare in casa, come conseguenza della sua
               innata pignoleria! Verso le undici incominciò a
               trepidare: in ogni momento poteva sentire la
               scampanellata del portalettere.Maria viveva da
               sola in quella casa da quando il marito l'aveva
               abbandonata, e la figlia si era sposata andando ad
               abitare in un'altra città. Unica sua compagnia
               un piccolo bastardino che aveva trovato, semi
               assiderato, da qualche anno. Guardando spesso
               l'orologio, velocemente, rammentò il
               cerimoniale che stava per rivivere, iniziato mezzo
               secolo prima, quando lei era ancora una giovane
               studentessa.La mattina del 9
               novembre, di tanti anni prima, oltre agli auguri dei
               genitori, parenti e amici, ricevette un telegramma in
               cui lesse quella parola di augurio che poi doveva
               ripetersi per quasi tutta la vita.Per oltre mezzo
               secolo si era chiesta chi fosse il devoto sconosciuto
               autori di quella gentilezza.Era rimasto un
               mistero che, per lei, era una dolce attrazione, un
               allettante e seducente omaggio alla sua
               femminilità, un augurio gradito come una
               affettuosa carezza. Mezzogiorno!Stava con
               l'orecchio attento ad ogni minimo rumore.Il portalettere era
               in ritardo?... Oppure era già passato oltre
               senza doverle consegnare qualcosa?Ebbe un tonfo al
               cuore: possibile che dovesse proprio interrompersi
               quello che lei desiderava sopra ogni altra cosa nel
               suo giorno di festa?All'improvviso
               provò una strana sensazione: psicologicamente
               prese coscienza di qualcosa che si modificava in lei
               in seguito ad uno stimolo emotivo esterno.Ma in quell'attimo
               percepì, come per un fenomeno telepatico, che
               il campanello della porta stava per
               squillare.Fu questione di
               secondi e sentì nitidamente il suono acuto e
               chiaro che ella, coi sensi, aveva
               anticipato.Andò ad
               aprire: era, come previsto, il portalettere che le
               porse una busta.Una
               lettera!La sua sorpresa fu
               tanto evidente che il ragazzo, notando questo suo
               turbamento, le disse:«Signora...
               prenda... questa lettera è per
               lei...».«Non
               c'è altro?...» chiese Maria con
               stupore.«No...
               signora... questa è la posta per lei,
               oggi...». E il
               telegramma?Prese la busta,
               guardò l'indirizzo: era veramente il suo,
               cercò nel retro il mittente: nulla!Una viva emozione
               si impossessò di lei prima di riuscire ad
               aprirla: turbamento e inquietudine l'avevano invasa
               perché pensò che, forse, sigillata nella
               busta, c'era la spiegazione di quel
               mistero!Poi riprovò
               quella inspiegabile, enigmatica sensazione di pochi
               minuti prima e qualcuno, nel profondo del suo intimo,
               le sussurrava dolcemente, con tenerezza: «Aprila
               Maria!». Dentro c'era un
               foglio scritto fittamente, con bella calligrafia
               lineare, chiara e semplice.Allora Maria si
               sedette intuendo che la situazione era estremamente
               delicata e che, quel foglio, era per lei, la chiave di
               una vita! «Cara
               Maria,penso che andrai
               subito a cercare, in fondo alla lettera, il nome del
               mittente.Io non l'ho messo,
               non credo sia necessario perché quando l'avrai
               terminata saprai bene chi sono!...Non ho neppure
               datata la lettera: non è necessario: io ora
               sono ormai fuori dal tempo terreno; quando leggerai
               questo mio scritto io non ci sarò
               più.Spero solo che
               l'ignoto della morte, quell'oscuro e sconcertante
               mistero, mi conceda di essere spiritualmente al tuo
               fianco, nel momento in cui stai leggendo.Io ti ho conosciuta
               sui banchi di scuola, al liceo, mezzo secolo
               fa.Eri una stupenda
               ragazza, la più bella della classe e tu lo
               sapevi!Tutti ti
               corteggiavano apertamente nel tentativo di ottenere la
               tua simpatia...Io no!... Io non ti
               ho mai corteggiata!... Io incominciavo ad amarti
               già allora, ma senza manifestarlo.Era timidezza la
               mia?... Anche! Ma c'era un motivo ben più
               terribile per me: avevo la coscienza della mia
               bruttezza, della mia goffaggine, ero, insomma, il
               più brutto del corso!A questo punto
               avrai già capito chi ti scrive!Io ricordo un
               particolare (forse per te cancellato dal tempo): un
               giorno noi due parlavamo insieme di Leopardi, il mio
               autore preferito (e tu puoi immaginare il
               perché).Ti dissi: "Io lo
               capisco quel poeta... parlava più col cuore che
               col cervello... la sua deformità aveva permeato
               la sua vita di tristezza, di elevatezza spirituale, di
               perfezione immateriale che lo rendeva gigante del
               pensiero e dello spirito e io lo sento tanto vicino a
               me ... &endash; ti dissi &endash; lo sento tanto
               vicino per nobiltà di sentimento e per la
               nostra comune sfortuna...".Tu, Maria, capisti
               subito il concetto e mi rispondesti, prendendomi
               dolcemente una mano: "Tu sei il migliore di tutti i
               nostri compagni... loro sono tutta vanità, poca
               intelligenza e poco cuore; ... io ti ammiro,
               Emilio!".Credo fosse la
               prima volta che mi chiamavi per nome!Si... forse mi
               ammiravi, può darsi... ma io capivo che il tuo
               sentimento non avrebbe potuto andare oltre ad una vaga
               ammirazione!...Quando seppi la tua
               data di nascita decisi di ricordare ogni anno il tuo
               compleanno con qualcosa che scaturiva dal mi cuore...
               Una parola sola: Auguri!Senza firma!...
               Perché avrei dovuto firmarmi?Un tuo grazie, di
               circostanza, avrebbe troncato in me tutti i sogni
               fantastici dei quali ti circondavo, ogni slancio, ogni
               impulso, ogni entusiasmo.Così,
               invece, con quella parola quasi infantile, ho
               continuato ad alimentare la mia dedizione per te e ad
               illuminare la mia vita. Avrei potuto parlarti,
               manifestarti i miei sentimenti, ma ho sempre temuto
               che ciò avrebbe frantumato ogni mia
               illusione.Io, per te, ero un
               ragazzo da ammirare non da amare, carissima
               Maria.E col passare degli
               anni il mio sentimento non si è mai affievolito
               o indebolito. No!...L'amore ideale e
               spirituale che provavo per te era un sentimento troppo
               nobile, elevato, puro, perché potesse essere
               scalfito dagli eventi della vita.Io ti ho sempre
               seguito, con molta discrezione, con molto riserbo, in
               tutti i fatti della tua esistenza: dalla giovinezza,
               ad oggi che sei una meravigliosa signora dai capelli
               bianchi!Il tuo fidanzamento
               con Piero: il più bello del corso, il tuo
               successivo matrimonio e la tua maternità. Ho
               vissuto questi eventi dal mio isolato piedistallo
               anche se sconvolgevano, comunque, i miei
               sentimenti.Ho invidiato Piero,
               lo confesso, come ho provato un patetico compianto in
               cuor mio, per te e per la tua decisione di sposarlo.
               Lo conoscevo bene: vacuo, futile, frivolo,
               superficiale, incapace di sentimenti seri e, infatti,
               poi si è dimostrato quello che era in
               realtà.Non credo di
               offenderti dicendoti queste cose, tu le hai potute
               sperimentare.Avrei voluto
               metterti in guardia a suo tempo, non solo per gelosia,
               ma per aiutarti in nome dell'affetto, del bene,
               dell'amore che ti portavo.Ma come potevo
               intervenire, io, praticamente uno sconosciuto per te,
               dopo la parentesi scolastica.Ricordi, Maria, che
               qualche volta ci siamo incontrati quasi per... caso? A
               distanza di anni, sono entrato talvolta in qualche
               negozio dopo essermi accertato che c'eri anche
               tu.Quegli incontri
               erano improntati alla massima... sorpresa.Tu ti mostravi
               cordiale nei miei confronti, io, per l'emozione, ero
               più contenuto.Una volta parlammo
               dei fatti della nostra vita e, ricordo bene, che tu mi
               chiedesti: "Sei ancora così pessimista?... Sei
               ancora un Leopardi?...".Io, per timidezza e
               per mostrarmi cinico, risposi: "A vivere senza amore,
               si diventa cattivi!...".Una frase senza
               senso, in quel contesto, ma non riuscii a trovare
               nulla di meglio."Su... Emilio...
               non scherzare..." rispondesti tu.No, Maria, non
               scherzavo affatto: se tu avessi letto nel mio cuore
               avresti capito il sentimento di dolore che mi ha
               accompagnato per tutta la vita, ma avresti anche
               capito che la mia sofferenza, la disperazione, la
               tristezza erano nobilitate dall'amore delicato,
               tenero, che provavo per te, in netto contrasto fra
               un'anima sensibile e un corpo meschino che la
               imprigionava e la nascondeva.Sì...
               anch'io ero il passero solitario, il malinconico
               uccelletto così ben descritto dal Leopardi,
               pieno di solitudine e di infelicità per una
               esistenza sterile, priva di amore e di ogni
               conforto!Solo con il tuo
               pensiero, provavo la gioia per alimentare il mio
               eterno ed effimero sogno che si riassumeva in quella
               parola che ti inviavo ogni anno: Auguri!Sai... quante volte
               ho pensato a quella leggenda scandinava che racconta
               del buon Dio che divise in due le mele: una
               metà era la donna, l'altra l'uomo e le
               distribuì, a caso, sulla terra?...Diverse volte le
               due parti tagliate, si incontrano e l'amore è
               perfetto, ma volte volte non riescono a trovarsi,
               nell'esistenza terrena, allora Iddio provvede a
               ricongiungerle lassù...Ecco, cara, io ho
               sempre capito che tu eri la mia mezza mela... ma non
               ho mai osato dirtelo! Ora è troppo
               tardi e son qua che ti aspetto!... Sì... Maria,
               è giunto il momento di concludere questa mia
               lettera.Avrei voluto
               mandarti, anche quest'anno, il telegramma ma non mi
               è stato possibile; il destino non mi ha
               concesso di aspettare quella data: la mia esistenza
               terrena si è conclusa in anticipo.Ho incaricato un
               mio caro amico di farti pervenire questa lettera nel
               giorno del nostro... appuntamento annuale.Egoisticamente ho
               voluto che tu sapessi quanto ti sono stato vicino e
               quanta gioia hai dato alla mia vita.Solo ora ho potuto
               dichiararti il mio bene senza il timore di un tuo
               rifiuto ed offrirti in dono: cinquant'anni
               ininterrotti di amore!Maria!Vorrei che il
               mistero della morte, nella sua inesplicabilità,
               portasse in sé anche questo privilegio: poterti
               vedere sempre, esserti vicino con un soffio vitale che
               sopravvive al corpo, per proteggerti ogni
               giorno.Io ho creduto nei
               valori spirituali e ho creduto anche che l'uomo si
               trasformi, dopo la morte materiale, in una forza
               invisibile, eterea, evanescente, alimentata dall'amore
               che il corpo ha sprigionato in vita, per poterti
               essere ancora e, per sempre
               vicino...». Per alcuni anni,
               sulla tomba di Emilio, venne posata una rosa rossa,
               poi anche questo segno sparì: la mezza mela si
               era congiunta con l'altra metà...
               lassù! |