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                  Nella polvere che
                  diradava "È stato anche detto, ma se
                  l'uomodovesse arrivare oltre quello che
                  afferra,quale sarebbe lo scopo del
                  cielo?"M. Antonini - L'orizzonte degli
                  eventi.  L'uomo stava appoggiato allo schienale della
               panca, sul tavolo aveva lasciato mezza bottiglia di
               vino, un poco di formaggio nel piatto e qualche pezzo
               di pane. Nel locale c'erano pochi clienti e l'oste era
               scomparso dietro una tenda, forse in cucina. Una
               finestra era aperta e il vento caldo entrava carico di
               polvere e sabbia. Dall'altra parte della strada le
               facciate delle case brillavano al sole: sotto un
               portico alcuni bambini giocavano diversi giochi tutti
               insieme, andavano in bici, calciavano un pallone,
               accudivano bambole, si rincorrevano. Una bambina
               giocava a stendere il suo immaginario bucato. Sua
               madre, tre piani sopra, stava invece stendendo nella
               canicola il bucato vero. Gonne, lenzuola e camicette
               leggere per andare incontro all'estate; da diversi
               anni non stendeva più un abito da uomo. Con un
               gesto lento asciugò il sudore dalla fronte e
               guardò verso la figlia, poi tirò su un
               nuovo lenzuolo che il vento caldo quasi le
               strappò dalle mani e l'adagiò sul filo.
               Dalla spiaggia assieme al vento venivano chiari i
               sussurri e i tonfi del mare.La donna avvertì un rumore diverso e
               girò lo sguardo verso la strada principale, dal
               crocicchio vide avanzare una figura in bici: era
               l'uomo della posta, indossava una divisa sgualcita e
               sudata, lei ne seguì il passaggio finché
               non fu sotto la terrazza.Lui, da basso, senza fermarsi gridò
               secco:"Niente per lei, signora Maurizia..."La donna fece un cenno col capo e tornò
               ai suoi panni.L'uomo fermò la bici vicino l'ingresso
               del locale, scese togliendo il berretto ed
               entrò; sottobraccio portava la sacca di cuoio
               con le lettere."Luce e acqua Raffaele, nient'altro"."Lascia al ragazzo". disse l'oste senza uscire
               dalla sua tenda."Fra poco arriva la banda, da Adori..."
               continuò il postino, a voce alta, col desiderio
               che a rispondere fosse ancora l'oste."Sai che polvere che alza". Gli disse invece
               rapido il ragazzo, da dietro il bancone."Non più di quella che alza il vento"
               replicò secco il postino. C'era una chiara
               antipatia fra i due. Il ragazzo si avvicinò e
               guardò l'uomo con i suoi occhi chiari, in
               silenzio prese le due lettere."Il solito". Ordinò il postino."Cosa?" chiese il ragazzo."Una limonata" disse il postino
               contrariato.L'uomo dal fondo del locale, fermo di fronte
               alla bottiglia di vino, guardò la scena senza
               vero interesse.Il ragazzo sparì nel retro bottega e un
               lungo momento di silenzio attraversò il locale.
               S'udiva chiaro solo il rumore delle pale del
               ventilatore che ruotando lente agitavano l'aria calda
               e con il loro regolare ticchettio scandivano lo
               scorrere del tempo; un tempo che parve rallentare,
               forse per via di quell'improvviso silenzio o per via
               dell'attesa che destava l'arrivo della banda o per
               tutte e due le cose insieme. Un tempo mosso solo dal
               vento.Quanti giri avevano fatto quelle pale senza che
               lui fosse lì? Pensò l'uomo fra
               sé: cinque, sei, sette anni... quanti
               giri?Il ragazzo posò il bicchiere di limonata
               sul bancone; un gesto secco, sgraziato. Il postino
               sollevò il bicchiere e l'osservò in
               controluce, prima di bere fece tintinnare i cubetti di
               ghiaccio sul vetro. Bevve un primo sorso e lo
               lasciò diguazzare in bocca, con
               piacere."Dovresti fare in fretta o venire qui solo dopo
               aver finito le consegne..." disse il ragazzo. Il
               postino non rispose e diede un nuovo sorso alla
               limonata. "...potresti avere un telegramma urgente..."
               continuò il ragazzo, e non era chiaro se
               scherzasse o muovesse davvero un rimprovero "o magari
               una lettera che qualcuno aspetta da anni, o che so
               io... l'annuncio d'una vincita o d'una
               eredità..."Il postino si passò il dorso della mano
               sulle labbra, poi l'interruppe brusco:"Pensa al tuo lavoro: c'è troppa acqua
               nella limonata."Il ragazzo però continuò in modo
               aspro:"Tu dovresti capire che ogni cosa ha il suo
               momento...""Bravo! Questo è il momento della
               limonata". Rise il postino sgraziato."No, questo è il momento in cui sei
               pagato per fare le consegne! E dovresti farlo! Una
               notizia, qualsiasi notizia, qualsiasi fatto ha valore
               in un certo momento, in un certo istante, e magari
               niente, niente di niente in un altro!" Lo disse con
               rabbia, come se quella sosta fosse un'ingiustizia
               fatta a lui."Smettila ragazzino". replicò il postino
               scocciato: "Non pisciare contro vento. Prima di
               parlare cresci. Cresci e capisci...". Cresci e capisci
               era un'espressione che il postino usava spesso quando
               parlava a un ragazzo e gli piaceva usarla
               perché a suo giudizio era sufficiente da sola a
               ridare i giusti ruoli a un dialogo.Per l'uomo seduto sul fondo del locale quelle
               poche brusche parole furono come una calamita gettata
               nei pensieri, che erano polvere di ferro: si
               concentrarono tutti lì.Il ragazzo sollevò il bicchiere e
               passò lo straccio umido sul bancone, nella
               speranza che qualche goccia potesse arrivare a
               macchiare la divisa del postino, che fece il gesto di
               reagire con una manata. L'uomo dal fondo del locale
               non seguiva più la scena, quelle parole
               l'avevano portato in un punto lontano del mondo e da
               lì aveva iniziato a ricordare il paese: le case
               bianche e basse, i tetti piatti e quadrati, le vie
               strette, i balconi con le ringhiere rovinate su cui
               stavano vasi ornati di begonia e azalea o riempiti di
               gerani. I tralicci dell'alta tensione a fare da
               cornice lungo tutta la via principale e su un lato, a
               mezza via, la gradinata e alla fine la piazza e la
               chiesa; nel centro della piazza la fontana con le
               tredici cannelle allineate e le ultime due infilate
               nello scudo di marmo spaccato. Era ancora tutto
               così, l'unica novità era data da qualche
               bianca parabola che, orientata, spiccava fra i colori
               vivaci dei fiori nei vasi sulle terrazze. Il resto era
               rimasto identico, immutato: anche le cannelle infilate
               in quel marmo spaccato. In fondo l'uomo non si
               aspettava il contrario; sapeva che il tempo non cambia
               le cose... ma la gente? Le storie, in quelle strade,
               che intrecci avevano preso? Questo temeva... Anche il
               postino aveva un volto nuovo.Forse ha ragione il ragazzo? pensò
               l'uomo fra sé, davvero esiste un attimo preciso
               per fare qualcosa e non ha senso sperare di poter
               rifare le stesse cose, cinque, sei... sette anni
               dopo.Erano diversi anni che l'uomo si chiedeva cosa
               era giusto fare e ora, ora che aveva attraversato un
               continente per arrivare fin là, ora non era
               più certo d'aver fatto la cosa giusta. Ora di
               nuovo si domandava: cosa è giusto fare?
               Alzarsi, pagare e riportare il bagaglio fino al porto,
               senza lasciare traccia di sé? O portarlo in un
               luogo assai più vicino?Chiuse gli occhi. Voleva che a salire in quel
               punto così lontano del mondo fosse una
               risposta, ma gli toccò a lui di tornare
               giù.Continuò a bere, senza riuscire a
               scacciare dalla bocca la sensazione d'asciutto.
               Osservò nello specchio di fianco a lui le rughe
               che segnavano il viso: era cambiato. Molto cambiato.
               Pensò alla faccia che avrebbe dovuto usare nel
               dire: "Eccomi qui". E alle facce che avrebbero fatto
               sua moglie e sua figli.E anche avesse usato la migliore delle facce,
               sarebbe bastato?Aveva ancora senso cercare di recuperare il
               momento sfuggito cinque, sei... sette anni fa? Non era
               più facile uscire da quel locale e riprendere
               la strada per la stazione e dalla stazione il treno
               fino al porto e poi la nave per tornare nel continente
               dal quale veniva?E non era forse più giusto?Come aveva fatto a essere tanto ingenuo e
               idiota da non capire che è vero: c'è
               sempre un preciso tempo per dire le cose o godersele
               ed è folle pensare che altri si prendano a
               cuore d'aspettare le nostre stupide soste.Dal crocicchio giunsero i primi suoni: la banda
               s'avvicinava.La donna guardò verso il campo di grano
               appena mietuto. Numerosi passeri si alzarono in volo
               spaventati dall'improvviso rumore.La banda arrivò sul principio della
               via.I bambini interruppero di colpo i loro giochi.
               Dalle case bianche s'aprirono uno dopo l'altro le
               imposte. La donna con l'avambraccio asciugò
               nuovamente il sudore della fronte e la bambina
               continuò a stendere i suoi immaginari panni con
               una dedizione che nessun adulto avrebbe mai potuto
               eguagliare.Il postino si voltò verso
               l'esterno."Eccoli! Sono qui!" Disse eccitato. Anche gli
               altri avventori si voltarono verso l'uscita. Solo
               l'oste restò rintanato dietro la tenda. L'uomo
               meccanicamente ammucchiò un pò di soldi,
               li lasciò sul tavolo e si alzò. Rimase
               ancora fermo, in piedi, incerto. Cercò di
               capire se qualcosa saliva dal cuore, magari il
               principio d'una risposta, ma niente. Aggiunse ancora
               una banconota a quel conto e pensò che fosse
               ormai chiaro cosa doveva fare.Un attimo prima di uscire si chiese
               perché l'oste fosse rimasto tutto quel tempo
               chiuso nel retro, forse l'aveva riconosciuto e aveva
               timore di dovergli dire qualcosa e non sapeva cosa
               dire e si chiese ancora cosa mai avrebbe detto sua
               moglie se un giorno avesse saputo che lui era stato
               lì?Poi dopo un lungo respiro si convinse che in
               fondo la cosa non aveva più alcuna
               importanza.S'affacciò all'uscita mentre la banda
               sfilava sulla via principale: tromboni, grancassa e il
               gonfalone diritto, puntato verso il cielo. Tutti ben
               vestiti, tutti sudati. Per un momento pensò che
               doveva essere un inferno, davvero un inferno, suonare
               con tutta quella polvere indosso, con la sabbia che il
               vento portava dalla spiaggia e con quel caldo. Poi si
               disse che era quello il momento di andare. Mentre la
               banda lenta sfilava lungo la strada polverosa lui
               silenzioso sarebbe scivolato via nella direzione
               opposta.Nessuno l'avrebbe notato.Strinse il bagaglio, inghiottì un
               pò di saliva e di polvere e s'avviò. Un
               momento prima di scendere le scalette guardò
               verso l'altro lato della strada: là dove sua
               figlia giocava.Fu solo un attimo, poi allungò il
               passo.La banda proseguì verso la spiaggia;
               nell'azzurro tenue del cielo i gabbiani stridevano
               sopra la spuma del mare increspato. La macchia
               colorata della banda si fece sempre più
               indefinita e la musica s'affievolì, i bambini
               accaldati ripresero i loro giochi e i pochi curiosi
               rientrarono nelle loro case di pietra, altri
               richiusero le imposte.Tutto tornò alla
               normalità.L'unica che continuò a guardare dritto
               davanti a sé, nella polvere che diradava, fu la
               bambina.Qualcosa dopo il passaggio della banda in
               strada era rimasto.Era la figura d'un uomo.Erano passati sei anni, eppure la bambina
               riconobbe quell'uomo e dal filo immaginario, gli
               immaginari panni caddero tutti assieme.
               "Papà..." mormorò con le labbra quasi
               serrate, restando immobile.La donna dalla terrazza avvertì il
               sussurro della figlia, scostò una delle grandi
               lenzuola e guardò verso il basso: fissò
               l'uomo. Per un momento alzò lo sguardo al cielo
               e il suo viso fu illuminato dal sole, poi cadde in
               ginocchio e spinse le mani contro l'addome:
               cominciò a piangere, ma era felice.Era giugno. Nel cielo limpido splendeva la luce
               di un sole che si sarebbe potuto dire perfetto. Se
               c'era qualcosa che poteva rendere più grande la
               gioia della donna era sentire la voce di quell'uomo
               chiamarla per nome. E poco dopo, da basso, suo marito
               lo fece.  |