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                  Il racconto Quella che era entrata nel mio ufficio in un
                  pomeriggio di primavera simile a tanti altri non
                  era certo la prima aspirante scrittrice con cui
                  avevo a che fare: ne ricevevo anzi a decine ogni
                  settimana. Era il prezzo che avevo accettato di
                  pagare per la mia disponibilità. Il fatto
                  è che non me la sono mai sentita di
                  rifiutare un minimo di attenzione a qualcuno che si
                  impegna al punto di ideare una storia, batterla a
                  macchina, rivederla, fotocopiarla e venirmela a
                  consegnare personalmente e da quando dirigo questa
                  rivista mi sono visto sfilare davanti gente di
                  tutti i tipi. Quella ragazza, tuttavia, era
                  diversa, proprio perché a prima vista non
                  aveva niente di insolito.Negli ultimi anni ho avuto a che fare con
                  individui con i capelli di tutti i colori
                  dell'arcobaleno, con tatuaggi di dimensioni anche
                  spropositate, con anelli infilati in varie parti
                  del corpo più o meno appropriate, con
                  vestiti che neanche uno stilista malato di mente
                  potrebbe inventare e questo solo per limitarsi al
                  loro aspetto esteriore. La ragazza che avevo di
                  fronte avrà avuto intorno ai venticinque
                  anni ed era un tipo assolutamente incolore:
                  né bella né brutta, portava i capelli
                  legati in un'ordinata coda di cavallo, gli occhiali
                  rotondi, un pullover celeste, jeans e scarpe da
                  tennis.Mi ritrovai a domandarmi dove diavolo
                  andasse a prendere delle idee originali una persona
                  tanto comune... subito dopo mi sentii superficiale
                  e anche un po' ingiusto nei suoi confronti, ma
                  abituato com'ero a trattare con giovani donne se
                  non più belle quantomeno sicuramente
                  più appariscenti di lei, non potevo proprio
                  fare a meno di ridicolizzare segretamente il
                  topolino di biblioteca che ora sedeva dall'altra
                  parte della mia scrivania.La ragazza mi sbirciava da dietro le lenti
                  spesse degli occhiali, e pareva decisamente
                  emozionata. Con voce bassa e incerta mi
                  confessò che quello era il primo racconto
                  che avesse mai scritto, che si rendeva conto che
                  rivelandomi una cosa del genere non ne guadagnava
                  certo in credibilità, ma che comunque (e qui
                  colsi una punta di orgoglio) credeva nelle
                  potenzialità del suo lavoro e mi sarebbe
                  stata estremamente grata se le avessi voluto
                  concedere una possibilità.La rassicurai meglio che potevo e attesi
                  pazientemente che si decidesse a mostrarmi il
                  racconto; finalmente prese il suo zainetto a righe
                  dall'aria banale come lei e ne tirò fuori
                  una busta gialla, grande ma poco voluminosa... un
                  particolare che non ho mai mancato di apprezzare
                  ogni volta che mi sono trovato a esaminare uno
                  scritto. Mentre prendevo la busta dalle sue mani mi
                  disse che sarebbe stata onorata di vedere il suo
                  racconto pubblicato sulle pagine della mia rivista,
                  ma mi chiese se per favore potevo aspettare che se
                  ne fosse andata prima di leggerlo. Fu inevitabile:
                  provai un moto di tenerezza per quella ragazza
                  così timida, e mi vergognai di averla presa
                  mentalmente in giro fino a pochi minuti prima. Le
                  sorrisi incoraggiante e le promisi che le avrei
                  fatto sapere qualcosa al più presto. Lei si
                  alzò, mi tese la mano per salutarmi, e fu
                  allora che incrociai il suo sguardo dietro gli
                  occhiali; per un attimo mi parve di cogliervi
                  qualcosa di bizzarro, qualcosa che stonava con la
                  sua immagine complessiva. Se fosse stato reale,
                  quello sguardo avrebbe potuto gettare luce su un
                  mondo interiore accuratamente occultato e assai
                  diverso da quello che traspariva dal suo modesto
                  aspetto fisico... solo che doveva per forza essersi
                  trattato di una mia impressione, perché
                  niente del genere poteva nascondersi dentro a una
                  ragazza così semplice.La guardai uscire dal mio ufficio; aprii la
                  busta, estrassi il racconto e cominciai a leggere.
                  Non c'era nessun titolo, soltanto poche
                  frasi:«Mi guardi uscire dal tuo ufficio; apri
                  la busta,estrai il racconto e cominci a
                  leggere.Non c'è nessun titolo, soltanto poche
                  frasi.È tutto ciò che
                  serve.Questi fogli ti donano il potere di
                  otteneretutto ciò che desideri.Sii prudente: qualsiasi cosa tu chieda,
                  sarà tua».Il resto della pagina, così come i
                  quattro fogli successivi, era ricoperto di lettere
                  senza senso. Non mi concessi il tempo di pensare e
                  neanche di chiedermi chi era quella ragazza; meno
                  che mai di essere prudente.Chiusi gli occhi, strinsi i fogli tra le
                  mani, formulai il primo desiderio.E divenni Dio. 
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