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                  Liberté
                  egalitè fraternité 
               
               
                  26
                  Giugno 1828, giovedì  Azzurro.Il canonico
               Antonio Maria De Luca a cavallo tra l'aprile e il
               maggio appena passati era tornato a Celle quando
               finalmente il governo gli aveva dato l'autorizzazione
               a tornare nel suo paese natale. Un azzurro forte
               com'è quello di un sereno cielo primaverile
               dopo una giornata di pioggia aveva accompagnato il
               viaggio fino a Salerno. Qui, dopo essersi incontrato
               con il colonnello Blanco, si era imbarcato per
               Palinuro.Azzurro fu il
               viaggio in barca.Azzurro come
               un mare lontano dalla costa.Lui lo lesse
               come un felice augurio per il movimento che presto si
               sarebbe dovuto innescare.Ma purtroppo
               gli eventi non avevano consentito di iniziare la
               rivolta, come previsto, tra il 25 di  maggio ed il 25
               di giugno ed oggi era necessario vedersi con i settari
               più vicini proprio per una verifica definitiva
               sulla possibilità di attuare una rivoluzione
               delle cose ovvero se fosse già troppo
               tardi.Finora la
               buona sorte non si era vista molto spesso. Il 7 maggio
               il Galotti a Nocera aveva citato i nomi di molti
               filadelfi ad una spia senza rendersene conto. In
               verità l'azione vessatoria del Governo era
               ripresa già dall'inizio del '28 quando, il 29
               gennaio il Moccia riferiva delle indicazioni sulla
               setta dei filadelfi. Successivamente il 28 aprile al
               Ministro di polizia Intonti erano oramai
               sufficientemente chiare le trame settarie dei
               carbonari e probabilmente nella testa dell'Intonti vi
               era proprio l'idea di voler scoprire qualcosa di
               più quando decise di consentire al canonico di
               recarsi a Celle. Di questo il canonico era chiaramente
               consapevole, ma si trattava di accettare una sfida.
               Lui che aveva combattuto oramai da trent'anni si
               trovò pronto a continuare.Ma subito dopo
               la dichiarazione del Galotti vi era stata una fitta
               serie di arresti: in galera il Riolo ed il colonnello
               Blanco, successivamente il Carola, Carfora e
               Diotaiuti.Non avrebbero
               più visto l'azzurro della libertà,
               l'azzurro dell'aria aperta.Il governo
               borbonico aveva capito di aver dato troppo corda ai
               settari i quali avrebbero potuto iniziare a muoversi
               troppo liberamente. Incominciò a dubitare della
               validità dell'idea di inviare il canonico nel
               Cilento ed il 22 maggio emise un ordine di arresto
               anche nei confronti di questi.La mossa era
               stata prevista molto anzitempo dal canonico che aveva
               già preso le giuste contromisure, e pertanto
               riuscì a sfuggire all'arresto da parte
               dell'ispettore Scatozza e del capitano Miccichelli
               nascondendosi prima nella casa di Benvenuto De Luca, e
               poi in quella di Pancrazio
               Pisciottano.Qui era
               piuttosto lontano da Celle, sotto i piedi della
               montagna, e affacciandosi a guardare verso nord vedeva
               il susseguirsi delle montagne: prima l'Antilia sopra
               Montano, un po' a destra il Centaurino, dietro il
               Faiatella e finalmente il Cervati. Inizialmente si
               vedeva il colore dell'erba, poi si sfumava, tendendo
               piano piano verso l'azzurro. Tanto azzurro da
               confondersi col cielo.Gli arresti
               continuavano.Arrestati
               Costa, Cristaino, Migliorati, i De
               Mattia.Relegati in
               carcere sporche, uno sull'altro, senza la
               possibilità di godere della fresca acqua di
               fonte. Azzurra.Ormai non si
               poteva temporeggiare oltre. I borbonici dovevano
               arrestare anche il canonico, perciò il 20
               giugno era partito da Vallo il tenente Caruso. Ancora
               una volta inutilmente. Fu allora che decisero di
               fargli terra bruciata intorno.L'azzurro
               della solitudine.Arrestarono
               Pasquale Galiante e uno dei De Luca colpevoli solo di
               voler portare del vitto al canonico. Questi aveva
               capito il gioco del Governo. Riteneva che non fosse un
               momento favorevole alla causa costituzionalista.
               Avrebbe voluto attendere tempi
               migliori.Ma i borbonici
               non consentivano ulteriori attese. Era necessario
               agire sperando che non fosse già troppo tardi.
               Fece in modo di convocare i più stretti
               filadelfi, i pochi rimasti, per il
               giorno.L'incarico di
               condurre Antonio Galotti in questa segreta casa di
               proprietà del calzolaio Antonio Gambardella, lo
               aveva assegnato a Carlo, padre dei cappuccini di
               Maratea, che vi si recò con venti uomini. Lo
               condusse presso il luogo impossibile per la Polizia.
               La riunione fu accesa. Tanto che il canonico per un
               attimo ritornò nel mare in cui si trovava
               qualche giorno prima. Si riempì di
               azzurro.Riflettette
               sulle difficoltà di spiegare a tutti la
               verità sulla situazione. Non poteva dire a
               tutti quanti filadelfi giacevano nelle carceri
               borboniche. Non disse il falso, si limitò ad
               omettere qualche verità per dare il giusto
               stimolo agli animi, e siccome il problema si era
               verificato per il ritardo che c'era stato per l'inizio
               dei moti immaginò di cancellare completamente
               l'ultimo mese.Erano presenti
               il Galotti, il Mainenti, padre Carlo, Domenicantonio
               De Luca, il parroco Giovanni De Luca e molti altri. La
               discussione ferveva: c'erano i sostenitori della tesi
               di occupare il forte di Palinuro ove erano conservati
               migliaia di fucili e 12 cannoni ed altri quali il
               Galotti che sostenevano di iniziare la rivolta da
               Vallo. Quando votarono però furono tutti
               d'accordo di iniziare la rivolta da Palinuro. Il
               canonico era riuscito nel suo intento di colorare di
               azzurro anche le menti di suoi amici galantuomini, era
               riuscito ad esaltarli ed a farli credere nel successo
               della loro operazione. Rimaneva da convincere solo una
               persona, la più difficile, lui
               stesso.L'azzurro
               della rivoluzione francese era nei cuori di tutti i
               presenti.La guerra era
               iniziata. Fra due giorni si sarebbe passati ad
               occupare Palinuro.Finalmente
               avremmo visto il colore della
               libertà.Azzurro.  3 Luglio 1828,
               giovedì Bianco.Di notte
               l'unica cosa visibile nel bosco di San Basilio nel
               territorio di Centola era il bianco degli occhi dei
               rivoluzionari.Al segnale
               convenuto di tre colpi di pietra battute fra di loro
               uscirono e si incontrarono con i fratelli Capozzoli.
               Era fondamentale per proseguire la guerra contro i
               borbonici avere l'appoggio di forze atte alla
               guerriglia.Più che
               di proposta si trattò di un ordine ed il
               capitano Gammarano di Montano dovette aderire pur non
               condividendolo.Bianche le
               candele che furono accese per rendere sacra la notte
               successiva, in Montano, pronti a partire per il forte.
               Il capitano, però, non si fece trovare.
               Partirono tutti gli altri, attraversarono Centola per
               giungere a Palinuro alle prime luci
               dell'alba.L'umidità
               dell'aria era già forte di prima mattina. La
               vallata del Mingardo appariva come il latte. Bianca.
               Non era la classica nebbia che d'inverno invade
               l'alveo fluviale. Piuttosto una sorta di lattiginosa
               cappa simile alla gelatina. Era troppo presto e per
               non dare nell'occhio si fermarono ad una
               taverna.Intanto i
               pastori procedevano alla mungitura del
               latte.Bianco.Poco prima
               delle sette, il capo del forte dei doganieri, Scarola
               venne svegliato dalle urla di alcune persone che
               chiedevano di lui. Si stropicciò gli occhi.
               Imprecò contro chi lo svegliava convinto che si
               trattasse della quotidiana lite tra avventori della
               taverna. Si affacciò e due guardie con le
               coccarde rosse da borbonici chiesero di entrare
               perché dovevano comunicare notizie in merito
               all'arresto di alcuni rivoluzionari. Scarola tra il
               sonno e l'incazzatura non prestò la giusta
               attenzione ai fastidiosi viandanti e mentre si
               accingeva ad aprire la porta del forte fu
               immediatamente travolto da un'azione militare degna
               della guerra di Troia. Da un nascondiglio sbucarono
               fuori tutti i soldati rivoluzionari e occuparono il
               forte sequestrando i doganieri che vi dimoravano in
               nome del Re, di Dio e della Rivoluzione
               Francese.La coccarda
               rossa fu strappata e sostituita con
               un'altra.Bianca.Lo spirito che
               animava i rivoluzionari era più forte della
               organizzazione militare e il conflitto ideale che
               interveniva tra Antonio Galotti e Domenico Capezzoli
               si evidenziava quando mentre l'uno dettava l'ordine di
               legare i doganieri l'altro si animava per indicare
               agli stessi militi la necessità di distruggere
               il telegrafo e quindi isolare il forte da Salerno,
               confondendo le azioni dei combattenti.L'odissea fu
               breve. Senza colpo ferire. Un attacco all'arma bianca.
               Non sarebbe potuto essere diversamente considerato che
               dei millantati millecinquecento fucili e dodici
               cannoni e polvere da sparo, nulla fu trovato nel
               forte.Una bandiera
               bianca troneggiava sulla torretta conquistata
               provocando tanta paura nei pescatori di Palinuro che
               ben presto la notizia della conquista del forte
               raggiunse il telegrafo di Ascea che alla 11 segnalava
               il fatto a Salerno.Nonostante il
               forte fosse vacante delle armi, i rivoluzionari
               raggiunsero un esaltante entusiasmo e ripartirono per
               completare la giornata prevista. Raggiunsero in breve
               Foria dove raccolsero l'adesione di Tommaso Imbraco ed
               Angelo Lerro di Omignano, poi ridiscesero in Marina di
               Camerota ove ebbero la resistenza dei gendarmi
               Castellucci e Stanchi, ma la vinsero facilmente
               traendoli in arresto. Proseguirono poi per Camerota.
               Qui si incontrarono per Padre Carlo da Celle che, nel
               frattempo, alla testa di un altro gruppo di
               rivoluzionari aveva già conquistato il
               villaggio.La bandiera
               bianca della Rivoluzione si stava innalzando su tutte
               le torri.Frattanto il
               nero della notte era penetrato in tutte le pieghe, ma
               non riusciva ad infiltrarsi nelle onde del mare bianco
               di bandiere che stava allagando il
               Cilento.Nessuno
               dormì con entrambi gli occhi quella notte. Tra
               la stanchezza e l'entusiasmo la ebbe vinta
               questo.La mattina
               presto del giorno successivo, il 29 giugno, il gruppo
               si divise in due parti: una, sotto la guida di Angelo
               Lerro, prima passò ad occupare Lentiscosa e
               successivamente si ricongiunse al resto del gruppo che
               nel frattempo si era recato ad occupare
               Licusati.La notizia
               partita da Ascea era giunta al Ministro della Polizia
               Intonti e al Del Carretto. Questi si recarono con
               urgenza dal Re, prospettandogli i loro dubbi in merito
               all'innesco di questi moti che presto sarebbero potuti
               diventare un incendio.Frattanto il
               Sottintendente di Vallo comunicava che Camerota era
               stata occupata da ottanta costituzionalisti. Fu
               l'elemento decisivo per far decidere il Re per la
               nomina ad alter ego di Del Carretto.Il giorno
               successivo partirono per San Giovanni A
               Piro.Qui era
               già giunta la notizia della nomina dell'alter
               ego, e che questi avrebbe deciso immediatamente la
               partenza delle truppe per approdare nei porti del
               Cilento. Perciò opposero dura resistenza
               all'arrivo dei rivoluzionari. La battaglia
               servì per provare effettivamente le forze a
               confronto e finì con una vittoria dei
               rivoluzionari. L'incontro fu più lungo, ma nel
               pomeriggio i rivoluzionari erano già partiti
               per Bosco.Frattanto
               giungeva la notizia dell'approdo del generale De
               Liguoro sulle spiagge tra Marina di Camerota e
               Palinuro, e che questi si recava a Massicelle ove
               pensava che avrebbe potuto scontrarsi con i
               ribelli.I bianchi
               costituzionalisti nel frattempo erano aumentati molto
               di numero e si dividevano in vari gruppi per poter
               controllare più parti del territorio: alcuni si
               recarono a Montano e da qui si divisero per
               Massicelle, Foria, San Mauro e San
               Nazario.Appreso della
               settorializzazione delle forze, i sottintendenti di
               Polizia incominciarono a preoccuparsi. Da Sala
               giungeva al Del Carretto comunicazione che i
               rivoluzionari era prossimi ad entrare nel paese.
               L'alter ego alle 22 era già lungo la strada per
               Sala. Giuntovi si rese immediatamente conto che si
               trattava di un falso allarme.Come su una
               scacchiera il Del Carretto muoveva le sue pedine, ma
               di fronte aveva un giocatore dilettante e questo
               rendeva la partita più interessante.
               L'imprevedibilità dei rivoluzionari era tale da
               non consentire operazioni militari
               rigide.L'unico
               giocatore della squadra che conosceva bene le regole
               era ancora a letto con la podagra: il canonico De
               Luca.Quando il
               gruppo guidato dal Galotti giunse ad Acquavena, ivi
               venne raggiunto da Leonardo De Luca e Michele Bortone
               con le coccarde bianche, emissari del canonico, che
               consigliavano ai costituzionalisti di non passare da
               Celle perché qui la bandiera della rivoluzione
               era già sventolante.Bianca.La
               verità è che il canonico aveva
               già chiara la situazione da molto tempo e
               questa partita era già persa, prima di iniziare
               a giocare. I pezzi bianchi sulla scacchiera erano
               rimasti pochi.I
               rivoluzionari continuavano la loro avanzata ed
               incominciavano a prendere la coscienza della
               situazione. Il bianco reggeva ancora su tutto il
               territorio, chissà per quanto.Volevano
               recarsi a San Biase, ma ritennero di fermarsi a
               Cuccaro. Le notizie dell'avanzata dei borbonici
               incominciavano a filtrare anche tra di
               loro.Nei loro cuori
               la battaglia era già vinta per il solo fatto di
               averla iniziata. La partita era bianca. Fra qualche
               momento sarebbe giunto Cristaino con le sue truppe in
               appoggio ed il colore bianco avrebbe invaso tutta le
               vallate del Cilento.Mentre si
               attendono notizie sulla rivoluzione bianca delle altre
               province a Rocca Cilento cittadini che avevano
               inneggiato alla costituzione da circa trent'anni
               decidevano senza tema di innalzare una bandiera che
               esprimesse il loro sentimento.Bandiera di un
               colore unico.Bianco.  16 Luglio
               1828, mercoledì Rosso.Il sole
               tramontava dietro alle montagne e lasciava sulla base
               della tela azzurra del cielo delle pennellate
               rosse.I profughi
               rivoluzionari avevano corso per tutta la giornata
               riuscendo a sfuggire alla ricerca dei cani delle
               guardie di Montesano che li stavano inseguendo sui
               monti di San Lorenzo di Padula. Da due giorni erano
               nascosti qui, spostandosi continuamente per evitare di
               diventare facile preda delle guardie oramai scatenate
               alla loro ricerca in tutto il Vallo di Diano.
               Fortunatamente il 13 scorso avevano incontrato, nei
               boschi di Piaggine, un vaccaio di Centola che vi si
               era trasferito.Questi li
               aveva riconosciuti come paesani e gli aveva portato da
               mangiare. Li aveva aiutati a pulire le ferite coperte
               di sangue.Rosso.Il Del
               Carretto aveva mosso bene le sue pedine ed aveva
               dichiarato scatto al Re.Di colpo le
               bandiere bianche che avevano coperto tutto il basso
               Cilento si erano tinte di un altro
               colore.Rosso.Quello delle
               coccarde borboniche.Dopo il falso
               allarme di Sala, Del Carretto era giunto il 4 luglio
               tra Prignano e Rutino, e due giorni dopo a Vallo aveva
               creato in casa Tipoldi una commissione di
               consultazione che potesse dargli immediatamente la
               visione della situazione.Ed aveva
               mangiato alcuni pedoni sulla
               scacchiera.Il sette
               luglio a Vallo vi fu la resa della maggior parte dei
               rivoluzionari. Praticamente i pedoni bianchi non
               esistevano più.Un buon
               giocatore non dà la possibilità
               all'avversario di riprendersi e quando si accorge che
               questo è a terra non deve avere pietà,
               né tanto meno ricredersi.Bisognava
               affondare il nemico. Emise un manifesto e diede ordine
               di radere al suolo il paese di Bosco.Fuoco.Rosso.Sangue.Rosso.Sole.Rosso.Pianto di
               madri. Pianto di figli.Lacrime che
               solcano le guance.Rosse.Occhi
               borbonici solcati di sangue.Rossi.I cittadini
               del piccolo villaggio fuggirono, si nascosero nei
               paesi vicini. Le loro case vennero distrutte. I loro
               animali vennero uccisi.Soldati in
               grande uniforme, armati di fucili e torce davano fuoco
               al paese attraversandolo senza scendere da cavallo.
               Erano educati a non sentire neppure il dramma di chi
               muore. A non ascoltare i pianti. A non sentire le
               urla. Impassibili pedine in una scacchiera si
               muovevano con regolarità passando da una
               casella all'altra.Sulla
               scacchiera erano venute meno anche le torri
               bianche.Rimanevano
               pochissimi pezzi. Erano i pezzi
               più importanti.Bisognava
               azzeccare le ultime mosse. Rimaneva solo il
               Re.A Celle
               rimaneva nascosto il canonico.L'alter ego
               non voleva aspettare oltre e i suoi diretti sottoposti
               non erano da meno. Avrebbero incendiato anche Celle e
               Rocca se il canonico non si fosse arreso al suo
               sottoposto. La notte tra
               il 9 e il 10 luglio il Vescovo Laudisio non aveva
               chiuso occhio. Il canonico era, oltre che un illustre
               rappresentante della Chiesa, anche suo amico
               personale. Ma immaginare solamente che potesse
               ripetersi quello che era successo a Bosco anche per
               gli abitanti di Celle e di Rocca era una fatica
               sovrumana che lui non riusciva a sopportare. Eppure il
               sottoposto dell'alter ego era stato chiaro. Nessuna
               condizione. O la resa del
               canonico o l'incendio dei
               villaggi.1Senza aver
               chiuso occhio il giorno successivo mandò un
               emissario al canonico facendogli capire che se si
               fosse arreso avrebbe potuto comunque contare sulla sua
               amicizia. Sperava di poter fare qualcosa, ma aveva
               capito che si trattava di scegliere: o il canonico o
               quattromila senzatetto e numerosissimi
               morti.Infatti il
               canonico di rese senza condizioni. La mattina del
               dieci luglio presso il Bivacco di Bosco al tenente
               Trigoma dipendente diretto del colonnello De
               Martinez.2E i rossi
               borbonici non si erano fermati lì: avevano
               arrestato anche i fratelli Bellomo ed il 13 luglio
               anche il De Dominicis.Scacco
               Matto.I pochi pezzi
               bianchi rimasti sulla scacchiera si erano rifugiati
               nelle montagne intorno a Piaggine.Negli occhi il
               colore dell'ira.Negli occhi il
               colore dell'odio.Nel cuore il
               desiderio della vendetta.Tutto aveva un
               coloro solo.Rosso.  1
               Presso l'Archivio Storico Salernitano, Gran Corte
               Criminale, P.P., busta 55, foglio 21, troviamo una
               comunicazione dal Comando del Secondo Battaglione di
               stanza presso il Bivacco di Bosco, datata 10 luglio
               1828, dalla quale si evince la sospensione, da parte
               del Tenente Colonnello dello squadrone di Gendarmeria
               Reale, dell'ordine di dare fuoco agli abitanti di
               Celle e Roccagloriosa, in seguito alla spontanea
               consegna del canonico De Luca. 2
               Presso l'Archivio Storico Salernitano, Gran Corte
               Criminale, P.P., busta 55, foglio 21, troviamo il
               verbale di arresto del canonico datato 10 luglio 1828,
               dal quale si evince che è "stato tradotto in
               stato d'arresto / Antonio Maria De Luca del fu
               Fran-/cesco di Celle, di anni sessanta-/cinque, ex
               canonico della Catte-/drale di Policastro / dimandavo
               come essersi tradotto / spontaneamente per me al /
               Maresciallo di Campo Del Carretto per
               me". |