- Corsi
e ricorsi
-
- Il commissario
entra in classe, sguardo dubbioso, forse emiparetico
e, camminando in punta di piedi per rendere solenne il
momento storico, si ferma al centro della sala,
guardandoci drammaticamente negli occhi, ad uno ad
uno. L'operazione comporta la perdita di parecchi
minuti e la perplessità di parecchi
candidati.
- Il resto della
commissione giudicatrice occupa le sedie in fondo
all'aula magna, ed è occupata in risciacqui
papillari con bevande calde da macchinette a
gettoni.
- Il commissario, con
un improbabile riporto di tinta marrone, è
rinchiuso nel suo completo festivo marrone, e sta
sudando marrone. Dà l'impressione di essere un
tantino sordo e i suoi occhiali da vista sono una
maschera per profonde immersioni
subacquee.
- Il fatto che sia
anche profondamente miope è buona
cosa.
- Si rischiara le
tonsille con un gorgheggio in la minore e ordina il
silenzio totale, cominciando la dettatura degli
elaborati:
-
- 1) Il candidato
ci parli del riso, non inteso com'espressione di
burla, sbellicazione o sganasciamento, ma inteso
come specie di pianta graminacea che produce
chicchi commestibili ricchi d'amido.
Rifletta inoltre il candidato sull'importanza
dell'assorbimento del brodo nei piatti di riso con
molluschi e relative valve al seguito.
-
- 2) Il candidato
ci parli di quel mobile destinato al sonno e al
riposo della persona, costituito essenzialmente
- da una rete
metallica, sulla quale si sistemano il materasso,
le lenzuola, i guanciali, le coperte, e
quegli
- orribili
copriletto lavorati a maglia da una parente stretta
mal sopportata.
- Il candidato ci
esponga la differenza che intercorre tra i figli di
primo letto e quelli di secondo e ci presenti,
inoltre, una serie di posizioni ad alto contenuto
erotico da eseguire in coppia, o in gruppo, in un
vagone letto.
-
- 3) Il candidato
ci parli della salute, quello stato di
sanità fisica e psichica che a volte
è eccellente, e a volte ci viene privata del
tutto per cause diverse e allora vuol dire che si
è deceduti.
- Rifletta il
candidato sul motto &endash; pensa alla salute!
&endash; che si dice per invitare qualcuno a non
prendersela perché la fidanzata se
n'è andata con il suo migliore
amico.
-
- 4) Il candidato
ci presenti la vita dell'illustre personaggio
storico Federico Barbarossa, i suoi diverbi e
litigi con i Comuni e con chiunque gli venisse a
tiro, con un'attenzione particolare alle nuove
fonti storiche in nostro recente
possesso.
-
- Rileggo lentamente
le proposte d'esame, prima dal su al giù, poi
viceversa, poi dal qui al là, poi una parola
sì e una no, poi tutte le vocali, poi tutte le
consonanti, poi quelli del genere maschile, poi
femminile, poi mi rompo i contenitori e decido che
è giunto il momento del decidere.
- Opto per il tema
storico per tre ragioni:
-
- a) Adoro la
Storia, in generale, e la vita dei singoli
personaggi storici, in particolare.
- b) Ho sempre
considerato il Barbarossa, al pari dei Rolling
Stones, un modello per le nuove
generazioni.
- c) Non mi
viene in mente altro.
-
- Il mio vicino di
banco ha ingoiato la penna a sfera per l'agitazione e
tutti cercano di fargliela sputare, soprattutto la
ragazza con le lentiggini, perché la penna era
la sua.
- Adempio i vari riti
scaramantici, evitando quello di tirarsi fuori le
caccole dal naso e lanciarle dietro a sé,
considerata la presenza di altri candidati alle mie
spalle.
- Ora sono pronto per
il componimento e comincio a scrivere:
-
- "Federico
Barbarossa è stato Imperatore del Sacro Romano
Impero dal 1152 al 1190, poi si è immerso nel
fiume Salef, in Cilicia, e si è dimenticato di
risalire. Nato nel castello di Waiblingen nel 1122 fu
il Terzo Duca di Svevia, il Primo Imperatore della
casta degli Hohenstaufen, e il Secondo classificato al
Torneo di freccette della Vestfalia. Già per i
suoi contemporanei, Federico era un punto
interrogativo, anche un punto esclamativo, ma bisogna
tener presente che nel XII secolo pochissimi
privilegiati potevano avvicinare l'imperatore: tra
questi suo zio Ottone di Frisinga, che ci ha lasciato
un bel libro, e il suo cavallo, che ci ha lasciato la
salute.
- La convinzione che
i suoi maestri gli avevano trapanato nella calotta
cranica fin da ragazzino era quella, allora comune in
Europa, che l'Impero Romano, fatto risorgere da Carlo
Magno, fosse il sequel di quello antico che
l'Imperatore era dunque il capo totale. Federico
voleva sempre avere ragione sennò gli giravano
col botto ed erano botte. Contro di lui l'avevano
tutti, i signori feudali, il papa, ma soprattutto i
Comuni italiani. Questi, che le avevano veramente
quadrate, non intendevano contestare l'autorità
dell'Impero, ma guai a palpeggiare i loro
soldi.
- In queste
condizioni Federico I, ha appoggiato le chiappe sul
trono a trent'anni con l'elezione del 4 marzo 1152 in
quel di Francoforte.
-
- Federico
Barbarossa, aveva gli occhi celesti come un crotalo,
le mani bianche come un totano, e la barba rossa come
una tartina di salmone. Era stato educato nell'arte
militare, ma conosceva il latino, la storia e la
geografia e andava sempre a caccia con il suo falco,
che pure lui conosceva bene il latino, la storia e la
geografia. Con il tempo si appassionò molto
alla cucina: gli riuscivano particolarmente bene i
tortellini.
- Era religioso a suo
modo, soprattutto se la Chiesa evitava intromissioni
nelle questioni di Stato. Il Barbarossa
cominciò a scrutare l'Italia, un po'
perché c'era la riviera adriatica e ci si
poteva abbronzare, un po' perché i suoi
consiglieri gli pitturavano l'Italia come la culla
dell'Impero, e dunque la nazione nella quale per prima
bisognava sculacciare chi non stava in riga e
sganasciare chi non stava in colonna. Lo stuzzicavano
in quest'idea le lagnose lagnanze che molti Comuni
minori gli spedivano, piagnucolando le prepotenze di
Milano, Brescia e Piacenza, i più forti centri
della Val Padana.
- Il Barba,
considerandosi arbitro equanime di tali contese,
ritenne suo dovere, dopo aver appiattito controversie
e ammaccato feudatari germanici, scendere in Italia a
spatasciar ribelli. Inoltre gli faceva gola una
visitina a Roma dal pontefice, per mettersi sulla
capocchia la corona di Sacro Romano Impero. Prima di
partire, la moglie Beatrice di Borgogna, che lo amava
come si ama un ponte levatoio, lo costrinse a mettersi
la maglia di lana. Roma aveva un bel daffare in quegli
anni: era stato preso a calci nel didietro il papa e
instaurato un governo repubblicano; n'era a capo il
litigioso Arnaboldo da Brescia, uno psicolabile
fulminato, fieramente avverso al potere temporale dei
papi e a quello temperato dei tornei di freccette.
Federico non era minimamente interessato a dispute
teologiche o a malmessi malati mentali, ma aveva
bisogno del pontefice, che era Adriano IV, per
diventare il top tra i coronati. Acchiappò
Arnaboldo da Brescia, che il papa abbrustolì
con molto gusto e si fece piazzare la corona sul capo.
Se ne tornò a casa contento come un vitello e
si dedicò ad insegnare al suo falco a tirare
d'arco.
-
- Poco tempo dopo
giunsero notizie di dispettucci fatti da Milano a Lodi
e d'altre teppistaggini all'autorità imperiale
in Italia. A Federico gli girarono col vortice, disse
Uffachebarba e decise allora, nel 1158, di
trotterellare nuovamente in Italia, convinto che
bastasse batostare Milano per rimettere ordine. La
moglie Beatrice, che lo amava come si ama un
muraglione, gli ricordò la maglia di lana e
Federico partì con un esercito formato da
brutti e bruti, assai scocciati di questo continuo
avanti-indietro e decise a facilitare torti e torture.
Dopo due mesi di botte, ceffoni, solletico sotto i
piedi e spaventi da singhiozzo, Milano si arrese e
disse nonlofacciopiù giurando
fedeltà all'Impero. Il Barbarossa
convocò una riunione a Missaglia, con il
compito di stabilire esattamente i diritti
dell'imperatore e gli obblighi dei sudditi, ma non
venne nessuno. Allora ne convocò un'altra a
Roncaglia, con la presenza della vincitrice del
concorso di bellezza Miss Mondo Antico. Così vi
parteciparono tutti quelli che conosceva, vescovi,
principi, consoli e i più insigni giuristi
dell'università di Bologna, venne anche suo zio
e il falco che era diventato bravissimo a tirare con
l'arco. Le discussioni furono ampie e metalliche,
lunghe e cavilliche.
- Alla fine tutti
furono d'accordo sulla formula che l'Imperatore era
quello che tirava la palla e gli altri non dovevano
farsi prendere. Alcuni comuni avevano la testa dura e
per oltre due anni (1160-1162) zio Federico dovette
spianar castelli nella Val Padana, distruggere
città, mettere in castigo i rivoltosi,
bastonare cani, torturare tortore e saccagnar zanzare.
La moglie Beatrice, che lo amava come si ama
un'armatura usata, visto che il marito faceva tardi,
decise di mettere la maglia di lana nel
cassetto.
-
- "L'irto,
increscioso alemanno", a detta dei suoi pochi amici,
aveva la testa dura.
- Anche il nuovo
papa, Alessandro III, aveva la testa dura e
dichiarò al mondo che l'Imperatore era una
misera e puzzona ciofechina terrena e l'Impero un
semplice feudo pontificio. Si trovarono così di
fronte due teste di ghisa, entrambe consapevoli
dell'alta dignità che rappresentavano. Furono
le solite botte, dita negli occhi, sgambetti al buio,
sputi sui capelli, ragni nelle mutande, e solo
un'epidemia di peste li costrinse ad una reciproca
ritirata.
- Solo l'averlo preso
in quel posto a Legnano, persuase Federico a
riconciliarsi con il papa: la pace tra i due venne
firmata nel 1177 a Venezia, quella con i Comuni nel
1183 a Costanza, il maxi torneo di freccette nel 1185
a Desenzano del Garda e la gara di tiro aperto ai soli
falchi nel 1187 a Sotto il Monte. Indomabile come
sempre, l'Imperatore, alla notizia della caduta di
Gerusalemme, cadde dalla sedia, perché era
già un po' anziano ma si rialzò subito e
decise di organizzare la terza crociata, anche se ci
vedeva poco.
- La moglie Beatrice,
che lo amava come si ama un armadio a muro,
poiché la maglia di lana si era un po'
consumata, gliene fece una nuova, ma non fece in tempo
a finirla prima della partenza dell'imperatore per la
Terrasanta.
-
- A quasi
settant'anni i disagi e i pericoli di una lunga marcia
verso la Terrasanta furono fatali per l'Imperatore. Il
Barbarossa non lo vide proprio il sepolcro di Cristo:
attraversando il fiume Salef, nella Cilicia,
annegò, trascinato in un gorgo dal suo peso
storico.
- Forse non aveva
digerito i tortellini. La moglie Beatrice, che lo
amava come si ama un bollito di carne, disse che era
tutta colpa della maglia di lana, perché lei
non aveva fatto in tempo a finirla e lui non ce
l'aveva addosso, e siccome il marito non avrebbe fatto
più ritorno, la maglia di lana se la mise
lei".
-
- Il
candidato
-
- Federico
Pizzoporpora
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