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               La
               mia Bella Addormentata
 Il vento soffia tra le foglie, le gocce di pioggia
               picchiettano contro il vetro e John siede davanti al
               New York Times con occhi socchiusi. È
               lì, con aria assorta, che guarda suo nonno
               davanti al focolare, segue ogni parola e nota ogni
               piccola contrazione del volto, mentre legge il grande
               libro della Buonanotte. Ad un tratto suona il pendolo
               in salotto e il piccolo John si ritrova già
               grande a sfogliare un quotidiano e pensa: " È
               da tanto che non torno nella "happy house". Allora
               ripone il giornale e, dirigendosi verso la cucina,
               dice: "Margaret, vado nella vecchia casa dei nonni,
               non mi aspettare per la cena".
Dopo
               un paio d'ore di viaggio arriva in Tullytown, imbocca
               il viale dei faggeti e si ferma in Via Charles De
               Gaulle numero 5. Come da bambino, si avvicina al
               portone e suona il campanello, la porta si apre e
               immagina la nonna che gli viene incontro. Si divertiva
               molto in compagnia dei nonni, ogni giorno inventavano
               un gioco nuovo ed era difficile andare via. Quando
               c'era un forte temporale, si riunivano attorno al
               fuoco: il nonno raccontava le sue avventure da
               ragazzo, la nonna preparava una cioccolata calda e
               tutte le paure svanivano. Accennando un sorriso, si
               sfila l'impermeabile, siede sulla poltrona e tira
               fuori dalla tasca un foglio ingiallito. Qualche
               giorno prima era salito in mansarda alla ricerca della
               camicia a quadri e, frugando nel vecchio cassettone,
               gli era capitata tra le mani una lettera.
               L'aprì e riconobbe con gran sorpresa la grafia
               di nonno Giovanni, ma preso dall'ansia di fare tardi
               alla riunione, la mise nella tasca e non vi
               pensò più... fino a quel momento.
               
               Tullytown, 15 giugno 1985
 Mia Bella Addormentata,
Che
               gioia rivederti, anche se è solo un sogno. Eri
               lì con quegli occhi grandi che mi chiamavi e,
               ancora una volta, mi hai appuntato un leggero sorriso
               in viso. Alla finestra mi è sembrato di
               rincorrerti, ma poi il vento ti ha portato via
               mutandoti in uno sbuffo di nuvole. Ho perso il conto
               dei giorni dall'ultima volta che ti ho visto.
               Ricordo
               il rumore della nave che si staccava dalla terra
               ferma, i saluti e le lacrime dei miei cari quel
               martedì del lontano 1960. Con un fazzoletto
               rosso intorno al collo ero pronto a sfidare l'ignoto
               che si apriva davanti a me, lo sguardo si perdeva nel
               blu dove il cielo si confondeva con il mare. Fu allora
               che girandomi indietro ti vidi, bella e viva,
               illuminata dal sole. Per un attimo la nostalgia mi
               rapì e portò con sé sui pendii
               trapuntati di uliveti, tra i torrenti di montagna e
               sui verdi prati imbiancati di pecore. Poi con l'occhio
               basso giunsi fino al mio paesello, scoprii la mia
               casetta e dissi: "Quanto è triste il passo di
               chi, cresciuto tra voi, si allontana". Un filo di
               vento fece scendere veloce una lacrima e a pieni
               polmoni ripresi: " Ghiacciai, aspettate a sciogliervi,
               rondini, tardate e tu fiore, non affrettarti a
               sbocciare, quando tornerò, sentirò le
               voci delle acque chiamarmi, vi vedrò volare
               sopra la mia testa e ti regalerò alla mia
               bella".L'America
               mi ha accolto bene, si è mostrata giorno dopo
               giorno con sembianze a me sconosciute. Nei ritagli di
               tempo ho imparato ad alzare lo sguardo fin
               lassù seguendo il profilo di un grattacielo, ho
               riposato all'ombra di un'antica sequoia e d'inverno ho
               pattinato sui laghi ghiacciati del Central Park. La
               vita aveva un sapore nuovo e dopo un incontro ha
               iniziato a chiamarmi Giò e mi ha stretto la
               mano fino ad oggi. Una
               sera, rientrando a casa dopo il lavoro, come di
               consueto, appendo la borsa, mi rinfresco il viso e
               invece di preparare la cena, mi dirigo verso la
               finestra e appoggio i gomiti sul davanzale. Era stata
               una giornata lunga e faticosa e non mi andava di
               bazzicare in cucina, volevo solo osservare il mondo al
               di là del vetro. Ad una prima occhiata sembrava
               che ogni cosa fosse al suo posto: la gente che tornava
               nelle proprie case, le auto che scorrevano una dietro
               l'altra, le luci dei palazzi confondersi con le stelle
               del cielo. Tutto era come l'avevo sempre visto eppure
               sentivo che non bastava: qualcosa di forte e che prima
               era scontato mancava all'appello. Mi sei venuta in
               mente tu. Quando ero di là dall'oceano, bastava
               affacciarmi alla finestra e vederti fissa e chiara,
               illuminata dalla luna: la tua immutabilità
               riusciva a confortarmi, il tuo luccichio velava le
               inquietudini e sembrava quasi che mi sorridessi. Mi
               piaceva spiarti al tramonto e accarezzare con un dito
               il tuo velato e sinuoso profilo, ti osservavo di
               nascosto per ammirare la tua pacatezza e coglierne
               l'arcano segreto. Tuttavia,
               arrivavi anche a sorprendermi. D'estate vestivi il
               rosso dei papaveri dalla corolla di carta velina tra
               l'oro del grano e sapevi di cereali appena macinati.
               Ogni anno la gente usciva dalle proprie case e veniva
               nei boschi e tu diffondevi danze di lucciole e mille
               profumi nella notte di mezza estate. In autunno ti
               ornavi di porpora e arancio in contrasto con le
               cortecce argentee innervate di muschi e licheni scuri.
               Assieme attraversavamo a cavallo la schiera
               predominante dei faggeti e le altre essenze della
               corte: gli aceri montani, i meli selvatici e i
               noccioli. Ai loro piedi giaceva un piccolo tesoro:
               ranuncoli e fiordalisi, narcisi poetici e orchidee
               selvatiche, di cui andavi superba. Ogni tanto
               intravedevi uno scoiattolo su un ramo raccogliere le
               ghiande e custodirle gelosamente nella sua tana, un
               piccolo antro scavato nella roccia. Camminando, la
               pioggia di foglie si tramutava in fiocchi che ti
               bagnavano il viso, d'un tratto ti avvolgevi con una
               sciarpa timida e tersa, dal caratteristico rumore
               della prima neve, e ti addormentavi: lì, dove
               le driadi dai bianchi petali sfidano le raffiche
               d'alta quota e tra i fiori alpini che splendono come
               diademi delicati e rari. Spesso venivo verso di te e
               ti sussurravo nell'orecchio le mie storie per
               risvegliarti, finché distese rosa e celesti di
               crochi ti solleticavano il capo e gli uccellini ti
               chiamavano con voci di primavera. D'incanto si
               aprivano davanti ai miei occhi esplosioni allegre e
               smaglianti di gemme, coraggiose violette sui prati da
               poco liberati dal lenzuolo nevoso e una cornice di
               verde tenero e innocente delle fronde. Come fili di un
               magico telaio mosso da un'essenza divina, partecipavo
               a questo spettacolo di colori di cui eri la
               protagonista. Mi
               hai visto crescere, hai imparato a conoscermi e mi hai
               intravisto partire, come allora non so se ti
               rivedrò, ma porterò con me il tuo dolce
               profilo di donna. Grazie!Tuo Giovanni
 John chiude la lettera e durante tutto il viaggio di
               ritorno, le parole continuano a tornagli in mente,
               proiettando l'immagine di quei posti incantati.
"John,
               ti vedo pensieroso, va tutto bene?"- chiede Margaret
               appena lo vede rientrare. "Margaret,
               mi è capitato tra le mani un piccolo grande
               amore, devo assolutamente parlarti". Seduti a tavola
               la ragazza inizia ad incuriosirsi e lui le comunica la
               scoperta di qualche giorno prima. " Il nonno amava
               raccontare di sé e delle sue avventure, ma non
               aveva mai accennato a questa donna misteriosa e da
               come ne parla sembra che si conoscessero da molto
               tempo. Insieme contemplavano il miracolo della natura
               e in silenzio godevano. Nella lettera la chiama Bella
               Addormentata e come un pittore la ritrae al
               susseguirsi delle stagioni"- continua John.
               "Devono
               aver sofferto tanto alla partenza e i primi tempi non
               saranno stati facili per entrambi"- aggiunge Margaret,
               cominciando ad appassionarsi. "A
               quanto ne so, non si sono più rivisti... forse
               solo nei sogni"- e, dopo una breve interruzione, John
               riprende tenendo la lettera tra le mani: "Dovresti
               leggerla per capirne l'intensità, le mie parole
               sono vuote in confronto". La
               ragazza inizia a scorrere le righe e si delizia di
               ogni parola e alla fine dice: "Devi partire! Questa
               lettera appartiene a lei ed è giusto che sia tu
               a portargliela".John,
               sorpreso, non sa cosa dire, ma in fondo ammette di
               essere rimasto affascinato dalle parole del nonno e
               non si accontenta di vedere solo con gli occhi
               dell'immaginazione: "Hai ragione, anch'io vorrei
               partecipare a quello spettacolo di colori, ma non so
               dove iniziare. Non saprei chi cercare." Subito
               Margaret risoluta risponde: "Beh torna indietro nel
               tempo, nella lettera tuo nonno dice di essere partito
               nel 1960 e, da quello che sappiamo, non ha più
               fatto ritorno nella sua terra natia. Cerca di
               ricordare le storie che ti raccontava da bambino, i
               nomi dei suoi amici e il paese dove è
               nato".John
               chiude gli occhi, torna alle giornate piovose e
               ripensa a quei momenti. Dopo qualche minuto: "Ricordo
               delle gare di pesca che faceva in montagna con i suoi
               amici Guido e Mario e dei bagni nelle acque della
               sorgente del Vitello d'oro. Amava la montagna e andava
               fiero del suo paese perché si trova ai suoi
               piedi e ne porta il nome, s'illuminava quando nominava
               Montebello. Chissà se i suoi amici sono ancora
               in vita e come farò a trovare la donna
               misteriosa?" - e Margaret: " La chiave è la
               lettera, sarà tuo nonno a condurti da lei.
               Adesso va', prendi tutto quello che può
               servirti e parti finché il desiderio è
               forte e vivo". John
               sa di contare sulla prontezza e forza d'animo di
               Margaret, ma non l'ha mai vista così decisa e
               piena di ardimento. Questo gli dà coraggio e lo
               accompagna per tutto il viaggio in aereo. Lassù
               non riesce a chiudere gli occhi eppure, guardando le
               nuvole, non può fare a meno di pensare a lei,
               la Bella Addormentata. Una donna che da sempre aveva
               convissuto nel cuore di suo nonno senza mai venire
               fuori in una frase, in un racconto, in un sogno. Ora
               è desideroso di solcare quella terra e di
               conoscere quel lato di vita, alla riscoperta di un
               mondo che pareva perduto.Al
               suo arrivo dapprima trova un Abruzzo madreperlaceo
               dalle coste miti e decorato dai colori dei ciottoli
               marini, salendo percorre un Abruzzo striato dai
               vigneti e verdi campi delle dolci colline e infine
               scopre l'Abruzzo solitario della Majella e quello
               intarsiato dalla roccia del Gran Sasso. Nelle vie del
               paese si celano tanti abruzzesi, tante visioni e tante
               emozioni. Dalle mura traspaiono ancora i segni della
               quotidianità e le storie di diverse culture.
               John
               si ferma a guardare un fabbro che lavora il ferro
               dando espressione alla propria creatività in
               una piccola bottega e, qualche passo più in
               là, un ceramista che con le proprie mani riesce
               a creare qualcosa di singolare. Vicino alla fontana
               osserva una nonna che, mentre ricama, tramanda alla
               sua bambina le storie raccontate dal vento che
               s'insinua tra le antiche e tenaci mura di Montebello.
               Dall'alto di una finestra sente cantare una donna che
               sbatte le uova e impasta diffondendo una leggera
               nebbiolina di farina. "
               John, non dovresti lasciarti incantare dal paesaggio,
               ma indagare sulla vita di tuo nonno."- si rimprovera
               in un primo momento, ma poi riprende scuotendosi: "Le
               tradizioni sono parte integrante della vita e riescono
               a spiegare la faccia di un popolo".Intanto,
               parlando tra sé, arriva in piazza e assiste al
               tipico spettacolo del mercato. "È l'ideale per
               far due chiacchiere qua e là e prendere
               confidenze con i paesani"- pensa ad alta voce.
               Per
               tutta la mattinata fa domande in giro, conosce tante
               persone dalle più diverse personalità e
               gusta quelle delizie che si chiamano confetti, ma
               nulla si sa circa la Bella Addormentata. Alcuni
               ricordano suo nonno così: "Sì, quanto
               tempo è passato! Giovanni era quel giovane che
               col fazzoletto rosso scorrazzava tra i campi e tornava
               a casa dopo il tramonto del sole". Stanco
               e spossato John si siede sul bordo di una panchina che
               si affaccia su un dirupo mostrando un fianco della
               montagna e fissa un punto lontano, quando d'un tratto
               si avvicina un anziano signore dall'aria interessata
               che domanda: "Che spettacolo! Voi avete l'aria di
               qualcuno che viene da molto lontano, lo leggo nei
               vostri occhi. Sì, fa uno strano effetto la
               prima volta. Riesce sempre ad impressionarmi, eppure
               io la vedo tutti i giorni da più di settanta
               anni. Non l'avete ancora vista al tramonto, vero?
               Perché non tornate qui quando inizia ad
               imbrunire?". Il giovane fa sì con la testa
               anche se non aveva seguito tutto, quel signore era
               arrivato dal nulla e per una volta non era stato lui
               il primo ad iniziare la conversazione. Passano
               delle ore, John controlla l'orologio, guarda alla
               finestra e intuisce che è ora di andare. Torna
               a quella panchina e il signore è lì che
               lo aspetta. In un attimo l'orizzonte si tinge di
               rosso, tutto diviene magico e surreale e allora si
               siede a godere appieno la straordinaria bellezza del
               posto. "Ha ragione, non potevo perdermi questo
               spettacolo di colori!"- dice John e l'altro risponde:
               "Da giovane mi piaceva guardarla e un giorno un mio
               amico con il dito descrisse il contorno delle cime
               disegnando il profilo di una donna e da allora la
               chiamano la Bella Addormentata. Adesso che ci penso,
               quando ti guardo mi sembra di rivederlo in te: avete
               la stessa bocca e lo stesso sguardo perso nel blu che
               si colora di rosso". A John sembra di essere in un
               sogno e di aver immaginato tutto, ma si accorge di
               aver capito bene e pensa che forse è di fronte
               a Guido o Mario, uno degli amici di suo nonno.
               "Mi
               permetta di presentarmi, io sono John, vengo da New
               York e sono qui perché mio nonno Giovanni
               è nato e ha vissuto fino alla sua giovinezza
               tra queste mura e lei se non sbaglio deve essere un
               suo carissimo amico". "Io
               sono Guido e non mi aspettavo d'incontrare un giorno
               il nipote del mio Giovanni"- e da lì fino a
               sera, tra lacrime e risate, si aggiornano sullo sfondo
               della Bella Addormentata.Il
               giorno seguente Guido decide di mostrargli il vero
               volto della montagna e di addentrarsi nel bosco.
               Nell'attraversarlo il giovane prova due forti
               sensazioni: la percezione di entrare in un luogo
               arcano e sacro e l'illusione di un viaggio a ritroso
               nel tempo alla ricerca delle proprie origini in una
               natura primigenia e selvaggia. Continuando a salire,
               il bosco di faggi si dirada e compaiono numerosi
               noccioli con un letto di rosa canina. Il sentiero
               è segnato da gialle ginestre e termina in uno
               scorcio della vetta del Gran sasso e Guido dice:
               "John, guarda lì somiglia ad un enorme castello
               diroccato e lassù si mostra maestoso e
               inaccessibile". Qui
               il silenzio è assoluto e, voltandosi, ammirano
               la variegata distesa della valle fino alla lontana
               riga blu che segue la costa."Ancora
               oggi non credo a quello che abbiamo fatto grazie al
               nonno"- sussurra John seduto alla panchina stringendo
               la lettera tra le mani e, voltandosi verso Margaret,
               compare un sorriso sui loro volti, -"nessuna bellezza
               può andare perduta, se la si sa ricordare e
               conservare, nemmeno quell'amore di montagna "- e,
               felici come due bambini, tornano a fissare
               l'orizzonte.
               
               
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