- Le
due metà
- Il
mio lavoro è scrutare l'animo umano, lo svolgo
da parecchi anni, eppure mai, come in un caso, mi
sentii in difficoltà nell'aiutare un mio
paziente.
- Di
lui, ho un ottimo ricordo. Il suo blocco emotivo fu
così vicino ad essere mio, come se mi
appartenesse, che ebbi ad un certo momento
difficoltà nel riconoscere me da lui e lui da
me.
- Alfredo,
questo è il suo nome, si trovò ad un
certo punto della sua vita davanti ad un bivio, ad un
età dove forse non si è ancora uomo ma
si è smesso di essere un ragazzo da tanto
tempo, capiva che per l'incolumità della
propria ragione doveva scegliere. Sapeva che il
proprio futuro non poteva essere un continuo tirar di
spada fra le parti che dentro di lui lottavano per
emergere.
- Fu
così, che decise di contattarmi chiedendomi
aiuto, con l'umiltà che è solo delle
persone fornite di grande intelligenza e cuore
generoso.
- La
prima volta che ci incontrammo, di lui mi colpì
lo sguardo. Nei suoi occhi si riusciva a percepire il
fatto, che ogni esperienza di vita, non importa quanto
bella o brutta fosse stata, rimaneva per lui un
ricordo indelebile; grazie a questa sua
qualità, appariva più grande, più
saggio dei suoi coetanei e più maturo rispetto
a persone di ben altra età; comunque
diverso.
- La
prima a farsi conoscere, fu la sua parte istrionica,
quella che definirò artistica e sopra le righe;
per niente intimorita, mi domandò:
- "Ho
la sensazione di averla già vista, non riesco a
ricordare dove"
- "E'
possibile, io conosco tante persone", le
risposi.
- "Perché
crede che io debba abbandonare Alfredo?"
- "Non
lo penso affatto".
- "Errore!
Non mi dica bugie, io sono la parte intelligente, non
lo dimentichi mai Dottore".
- Così
si era presentata, nel suo solito modo... ogni
atteggiamento, ogni frase, doveva servire per creare
un piccolo film, uno spettacolo; ed era quello che le
riusciva meglio, senza sforzo alcuno.
- "Perché
è venuta a trovarmi?" le domandai.
- "Corre
voce che il mio modo di essere, disturbi non poco la
vita del mio protetto. Voglio avvertirla caro amico,
che sono soltanto calunnie montate ad arte per
nascondere la verità, per mascherare quello che
a molti è già chiaro".
- "Se
è lecito chiedere: che cosa, dovrebbe essere
già chiaro ai più?".
- "Suvvia,
chi rende felice Alfredo? Chi lo porta a vette di
piacere altissimo nel saper apprezzare tutto
ciò che è raffinato, elegante? A fare
in modo che si stacchi dalla massa uniforme di
imbecillità che tocca la maggior parte della
gente? Li guardi".
- Ed
indicò con un gesto un gruppo di persone in
strada che si potevano osservare dalla finestra del
mio studio.
- "Giovani
idioti che parlano di cose non ancora vissute sulla
propria pelle, ma solo per sentito dire e si
atteggiano a grandi. Dall'altra parte della strada,
presti attenzione, quei finti adulti, tali solo per
l'anagrafe, visto che non sono mai riusciti a
comprendere le esperienze che la vita ha cercato di
regalare loro. Poveri imbecilli, fanno pena. Chi crede
che sia a dare ad Alfredo quei pochi sprazzi di
genialità, che gli rendono la vita meno
meschina del solito, che lo fanno sentire soddisfatto,
vivo come solo lui vuole sentirsi, e soprattutto
diverso dagli stolti di cui il mondo è
pieno?".
- "Non
lo so, mi dica invece perché crede di essere
lei a dare tutto questo ad Alfredo".
- "Perché
io sono il suo eterno sogno di ragazzo, non ancora
intaccato dalla quotidianità della vita, che lo
obbliga a tenere i piedi ben piantati a terra, a non
poter volare dove vorrebbe. Io sono la sua valvola di
sfogo, sono quello che in realtà lui ha sempre
voluto, vuole, e vorrà essere, fino all'ultimo
dei suoi giorni".
- "La
prego, mi aiuti a capire, perché con una
compagna come lei, cosi determinata, Alfredo non
è quello che in realtà vuole
essere?"
- "Provi
a domandarlo a quell'altra".
- Sentenziò
queste ultime parole in modo molto grave, era
dispiaciuta, si capiva guardandola, che non avrebbe
mai fatto del male al suo protetto, come lei
abitualmente lo apostrofava. Nondimeno, ero convinto,
che il malessere continuo del nostro protagonista, era
dovuto principalmente alla personalità sopra le
righe della sua parte istrionica, sicuramente geniale,
ma anche difficile da gestire in una società
come quella in cui Alfredo viveva.
- Cercai
per diversi giorni di mettermi in contatto con
"l'altra". Si insomma... avete capito di chi sto
parlando... la sua parte ragionatrice, pratica, quella
che gli dava da vivere, e che pagava tutte le scadenze
del quotidiano, che toccano sia me, che voi. Niente da
fare, per quanti sforzi facessi, non riuscivo a
rintracciarla, ne a farmi raggiungere da lei. Ero
dispiaciuto, era necessario che io sentissi
personalmente quello che le due metà avevano da
dire e da dirsi, ed era l'unico modo per poter aiutare
il nostro amico e cercare di renderlo soddisfatto di
se.
- Finalmente,
una sera, trovai quello che andavo cercando da
settimane. In un locale, seduto ad un tavolo
appartato, da cui poteva controllare la maggior parte
dei presenti, vidi Alfredo. In realtà non fu
proprio così, certo il corpo era il suo, di
questo ne ero sicuro, ma il modo di atteggiarsi, di
stare seduto, di osservare la gente nel locale, quello
apparteneva a chi stavo inseguendo da
tempo.
- "Buonasera
Alfredo".
- "Carissimo
Dottore, che piacere vederla; posso invitarla al mio
tavolo?".
- "Spero
di non disturbarla, stava aspettando
qualcuno?".
- "No,
ma quel qualcuno attendeva una sua
visita".
- "Posso
parlare a questa persona, iniziare a farle qualche
domanda?"
- "Si
accomodi dottore, è tutta sua, in fin dei conti
ci sperava proprio".
- Era
stanco, lo si avvertiva chiaramente, era il primo a
voler uscire da questo impasse che era la sua
esistenza, aveva accompagnato una delle due
personalità del suo carattere, nel locale dove
abitualmente mi reco dopo una giornata di lavoro.
Quell'incontro non era stato un caso, era stato voluto
a tutti i costi, il meno che avessi potuto fare era
aiutarlo. Ci provai.
- "Bellissimo
abito, complimenti, ha davvero buon
gusto".
- "La
ringrazio, ma non è merito mio, l'aver classe
è appannaggio dell'altra metà, bisogna
dargli atto che quando si presenta lo fa con tutti i
numeri al posto giusto".
- "Chi
soddisfa questo tipo di vizio, di vanità, o
come preferisce chiamarlo è comunque lei,
è grazie al suo lato pratico che qualcuno
può godere i frutti della sua determinazione.
Non le dà fastidio tutto questo?"
- "Perché
dovrebbe, io non sarei in grado di vedere la
differenza tra un paio di scarpe italiane e delle
ciabatte da notte. Dottore, io sono solo una
metà, non sono l'interezza di niente. Ho
bisogno dell'altra, perché Alfredo possa vivere
da persona normale".
- "L'altra,
come la chiama lei, sta creando non pochi problemi al
nostro comune amico. Gli sta offrendo un'esistenza
piena di dubbi, di tensioni, di paure".
- "L'altra,
come la chiamiamo tutti e due, regala al nostro comune
amico momenti di grande intensità emotiva, di
gioia di vivere, di vera serenità. Caro
dottore, è ammirevole il suo impegno, nel voler
aiutare Alfredo ad uscire da questo suo impasse
interiore. Ma non credo che tarpando l'unica cosa che
gli doni la felicità, si riesca a fare qualcosa
di buono".
- Ero
rimasto alquanto sorpreso da questa chiacchierata
iniziale, in questo lato del carattere non vi era
assolutamente gelosia, invidia, o qualsivoglia
sentimento negativo. In lei avevo riscontrato un gran
desiderio di essere utile, di poter servire in tutto e
per tutto, al che Alfredo potesse arrivare ad essere
una persona del tutto soddisfatta di se stesso. Quella
sera capii, che dovevo concentrarmi sull'anima
guascona e ribelle, e potevo farlo, con la sicurezza
di avere al mio fianco un aiuto
importante.
- La
pioggia cadeva incessante, per tutta la mattina non
aveva calato d'intensità nemmeno per un minuto.
Non ne conosco i motivi, ma l'osservare dalla finestra
di una casa, il precipitare continuo dell'acqua, mi ha
sempre dato un senso di intimità e di
tranquillità. Non ricordo di essermi mai
sentito a disagio, oppure provare quel malessere
chiamato tristezza, che tocca milioni di persone
durante giornate particolarmente uggiose. Sicuramente
non amo le fredde giornate di Novembre, tristi e
grigie, ma l'acqua no, le gocce d'acqua che colpiscono
con intensità le foglie degli alberi, i tetti
delle case, hanno su di me un effetto terapeutico, mi
infondono calma e quiete. Chissà, forse un
ricordo di quando bambino, durante le vacanze estive,
salivo alla casa in collina dei nonni, contento di
raggiungere un oasi di verde e di tranquillità,
dopo essere fuggito dai tentacoli della grande
metropoli.
- In
quei luoghi, la vicinanza del lago, permetteva
soprattutto d'estate, continui temporali; magari
brevi, ma intensi. Ed era in quei momenti, che
bloccato, in compagnia di giovani amici in qualche
casa di paese, dai soffitti alti e dai pavimenti
ondulati per l'eccessiva umidità, ci si
quietava ascoltando lo scrosciare insistente della
pioggia, e il tuonare violento dei fulmini tipico dei
temporali estivi.
- Era
sotto questo auspicio, di profonda distensione, che
cercavo di trovare un modo per convincere, o di
convincermi, che Alfredo doveva rimanere vincolato
alle sue due parti; così giustamente diverse, e
cosi affettuosamente legate alla sua persona. Non
riuscivo ad immaginare, come poter placare, la parte
del suo carattere che per definizione, deve uscire dai
canoni della normalità. Mi domandavo se fosse
giusto mettere le briglia, ad un qualcuno, ad un
qualcosa, che per sua natura deve correre libero, e
avere la possibilità di sentire il vento
scorrere nei capelli, allo stesso modo dell'aria che
gioca con la splendida criniera di un cavallo
selvaggio al galoppo.
- All'improvviso
sentii bussare alla porta. Con fastidio, mi accorsi
che tutto il soggiorno era in completo disordine, la
voglia di non aprire, di fare finta di non essere in
casa, fu sopraffatta dalla solita educazione che
ordinò alle gambe di avvicinare la mia persona
all'uscio di casa, e alla mano sinistra di girare la
maniglia della porta e aprire.
- Questa
volta non so dirvi se fui contento di vedere che sul
pianerottolo, in attesa di entrare, vi era la parte di
Alfredo che oramai conoscete bene, e che insieme a me
avete già incontrato.
- "Salve
dottore, disturbo?"
- "Da
quando si fa questi scrupoli?"
- "Forse,
ho sbagliato giornata, è meglio che ripassi un
altra volta".
- "No,
la prego, si accomodi, la giornata di oggi non
c'entra; la verità è che lei non mi
piace, quindi una sua visita domani avrebbe lo stesso
effetto di quella odierna".
- Rimase
senza parole, immobile, non riusciva a capire se
doveva andarsene, oppure entrare in casa mia. Per la
prima volta vidi nei suoi occhi il disagio, e questa
situazione, mi turbò non poco.
- "Dunque,
a cosa devo questa sua visita?".
- "Ho
bisogno di aiuto dottore, e non so a chi
rivolgermi".
- "Lei
che ha bisogno di aiuto? stento a crederlo, andiamo,
non offenda la mia intelligenza; non è forse la
sua frase abituale?".
- "Bene
dottore, se vuole può pure infierire,
più di quello che sta facendo in questo
momento. Se ritiene che il suo ego possa essere
soddisfatto nell'accanirsi contro la mia persona, si
accomodi. Resta il fatto, che mi è costato non
poco, entrare in casa sua e implorarla di
aiutarmi".
- "D'accordo,
dirò al mio ego di calmarsi per un po', nel
frattempo cercherò di premiare il suo sforzo di
essere arrivata sin qui, nell'unico modo che conosco,
e cioè, ascoltarla".
- "No!
dottore, questa volta ho bisogno che lei mi parli, ho
necessità che lei mi chieda, sono confusa e non
riesco a capirne il motivo. Anzi, forse so
qual'è il problema, ma per me è
così inaccettabile da volerlo rifiutare a tutti
i costi".
- "Allora,
forza, mi parli di quello che per lei è
così insostenibile da volerlo eliminare,
facendo finta di non conoscerlo".
- "Ho
sempre pensato di essere l'unica ancora di salvezza
per il mio protetto, in una quotidianità spesso
così banale, ho creduto che accendere in lui
una scintilla di originalità fosse cosa degna,
qualcosa che valesse la pena provare. Non avevo
capito, che combattere con la vita è un
qualcosa
- di
troppo grande anche per me, ad ogni mio tentativo, la
normalità risponde cento volte più
forte, fiaccando la resistenza di Alfredo, e la sua
voglia di essere uno su tanti, e non, uno dei tanti;
rendendolo più debole, avvilito, dopo aver
provato gioie immense, di ricadere in un baratro di
normalità. Ed ogni volta la parte banale
diventa sempre più forte, esaurisce sempre di
più il mio ragazzo, ed io con lui, sempre
più debole. La prego dottore ci aiuti, ne io ne
Alfredo, meritiamo di finire a questo
modo".
- Tutta
la spavalderia di un tempo era scomparsa, rimaneva
soltanto una sorta di impotenza, così come un
cibo che andato di traverso, inizia a soffocarti, e
più cerchi di dimenarti, di tossire, per
poterlo ingoiare, più la mancanza di aria e la
possibilità di morire di asfissia si fa reale
lasciandoti completamente inerme e spaventato;
così la realtà di tutti i giorni aveva
reso la parte sensibile di Alfredo, sconcertata di non
riuscire finalmente ad emergere rispetto al lato
metodico e a suo dire banale del suo
protetto.
- Davanti
ai miei occhi, completamente sprofondato nella
poltrona, un essere diverso da come di solito ero
abituato a vederlo. L'eleganza e la classe nel suo
modo di fare, di porsi, sembravano completamente
sparite, innanzi a me, ora vi era solo un uomo
dall'età indefinibilmente vecchia, che mi
guardava con occhi stanchi, e supplichevoli, cerchiati
da occhiaie profonde.
- La
giornata era splendida, sentivo il bisogno di
camminare per le strade del mio quartiere, incrociare
lo sguardo di persone conosciute, salutarle, magari
con un semplice gesto della mano; avere quella
sensazione di sicurezza e di tranquillità che
si prova quando ci si sente a casa propria senza
essere però circondato dalle mura domestiche.
Fermarsi a parlare anche per pochi minuti, con i
negozianti, del più e del meno; congedarsi da
loro con una stretta di mano ed un
sorriso.
- Ed
era con questo desiderio, che scesi in strada e mi
avviai istintivamente in direzione del caffè
Astoria; davanti agli occhi avevo ancora l'immagine di
Alfredo, o forse sarebbe meglio dire della parte di
Alfredo che aveva deposto le armi, che si era arresa,
sentendosi sconfitta e umiliata.
- Ora
sorgeva un nuovo problema, come avrebbe fatto il
nostro comune amico a vivere senza una delle due
parti? La parte metodica era stata chiara "io non sono
l'interezza di niente" aveva detto. Possibile, non
trovare un equilibrio tra i due mondi interiori di
Alfredo? Io stesso ero confuso, non sapevo come
convincere le due parti ad amalgamarsi senza per
questo, snaturarsi più del dovuto.
- Dovevo
incontrare Alfredo, era una cosa che andava
assolutamente fatta. La sua integrità mentale
era in serio pericolo. Impossibile vivere la
quotidianità come una persona qualunque senza
lo scontro continuo dei due estremi.
- D'improvviso,
mi venne voglia di entrare dal barbiere, di
rilassarmi, completamente immerso nel odore al mentolo
della schiuma da barba, e al profumo della lozione che
il figaro mi avrebbe steso sul viso massaggiandolo
dolcemente e con molto mestiere. Con un pizzico di
delusione, vidi che un altro cliente aveva avuto la
mia stessa idea e mi aveva preceduto; poco male, avrei
aspettato diligentemente il mio turno leggendo un
quotidiano del mattino.
- "Buongiorno
dottore, come sta?"
- "Buongiorno
a lei Renato, meglio di così non potrei stare,
grazie."
- Dovevo
assolutamente parlare con Alfredo, presto, non dovevo
perdere tempo, dovevo salvarlo, quel ragazzo era in
serio pericolo. Ma adesso no! ora dovevo soltanto
pensare a me stesso, ed alla sensazione di piacere che
avrei provato di li a pochi minuti.
- Mi
rilassai sulla poltrona, ed iniziai a sfogliare il
giornale, mi immersi così totalmente nella
lettura, e non notai che il cliente precedente era
appena uscito dalla porta. Alzai gli occhi e guardai
Renato, mi sorrideva e mi parlava, ma non sentivo
suoni uscire dalla sua bocca; mi pareva muovesse le
labbra al rallentatore.
- Mi
ci volle qualche secondo per riprendermi, la lettura
del quotidiano mi aveva completamente trasportato in
un'altra dimensione. Mi accorsi di essere ritornato in
me, quando dalla strada sentii arrivare alle mie
orecchie il rumore di sottofondo del quartiere; allora
guardai Renato con un grande sorriso, e capii quello
che un attimo prima mi aveva detto.
- "Prego
dottor Alfredo, si accomodi sulla poltrona, è
il suo turno."
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