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               Rosa
               sbiadito "Se fossi donna,
               non saprei resistermi". Lo biascichi ogni mattina
               guardandoti allo specchio; la tua piccola dose
               quotidiana di droga virile che giustifichi il sorriso
               cinico e malinconico di ogni dongiovanni incallito. Ma
               l'indiscutibile fascino che trasudi attraverso i pori
               abbrustoliti dalle lampade, non frena l'incedere del
               tempo. E ti sbirci all'insaputa dello specchio le
               piccole rughe che spezzano la fronte, le labbra
               screpolate da troppi baci bugiardi, la bocca impastata
               da parole zuccherate eppure mai dolci, i capelli che
               lambiscono lievi baie diradate sulle tempie. Ti guardi
               a lungo, nella vestaglia del tuo vigore passato. Ti
               guardi. Mai negli occhi. Li troveresti patinati fra la
               cenere di ricordi smessi, rosicchiati dall'usura degli
               anni. Non adagiati in scrittoi polverosi. Bruciati.
               Asciugamani sporchi, appallottolati con matematica
               precisione. Ed un pulviscolo nero; il carbone del
               desiderio insoddisfatto che ricerchi con vigile
               ottusità in ogni donna, che ti rende uomo solo
               finché vi usate a vicenda. Poi rimani di nuovo
               solo. E il tuo smisurato orgoglio non può
               ammettere il tuo torto nell'affrontare la vita. Non
               giochi niente, non perdi niente; a questo pensi quando
               scivoli con eleganza tra un abbandono ed un nuovo
               letto? Sono i tuoi amori fuggiaschi che non
               comprendono la tua poliedrica mascolinità; per
               questo scappi da ogni storia che varchi il confine dei
               due amplessi? Sei tu il tuo amante preferito; ma
               continui a fuggire anche da te nell'eterna ricerca
               disperata di una briciola di calore che non vuoi
               donare in cambio. Stupri un po' di felicità e
               poi sgombri la scena del tuo teatrino così
               reale da non distinguere più la cartapesta dai
               muri di pietra. Sei un venditore di illusioni a
               scadenza. Sei un bambino viziato che si stanca dei
               suoi giocattoli.Hai quarant'anni,
               cazzo.E tanti bastardi in
               giro, che all'anagrafe hanno uno sportello con il tuo
               nome. E tanti avvocati che fungono da padri putativi
               con i mensili e gli alimenti. Eppure, t'aggiri fresco
               d'impudenza, brizzolato, piacente, ricco, con una
               lingua tagliente ed esperta. Ogni vetrina ti
               restituisce un elegante signore che cammina impettito
               e sicuro di sé. "Irresistibile. Sono
               irresistibile". Seconda dose d'erezione virile semi
               platonica. Direttamente in vena. Della barista che ti
               serve l'aperitivo con gli occhi sgranati ed un
               bottoncino sbadatamente aperto sul seno. L'unica donna che
               hai ammirato davvero - non è la mamma, signor
               Freud - è stata l'unica che non ha ululato le
               sue disgrazie strappandosi i capelli e tenendo il
               "tuo" bimbo in braccio (prezioso equilibrismo). T'ha
               presentato il frutto dell'incoscienza dei tuoi
               vent'anni con la dignità di chi ha già
               perso, ma prova comunque con coraggio. Le sono
               scivolate solo due lacrime sul viso serio (niente
               smorfie di dolore, ti disgustano, vero?); non un urlo,
               niente strepiti. Ha capito in un secondo lo sbaglio
               nel valutarti, velata com'era da un possibile futuro
               magari non facile, ma con te. Ha incassato il colpo
               all'interno, implodendo. Le lacrime sfuggite erano
               solo ultime schegge. Hai gettato uno sguardo al
               fagottino accoccolato fra le braccia fragilmente
               forti. Tanto per sbirciare una paffuta bimba con un
               cuoricino d'ambra attorno al collo. Poi hai
               cordialmente insinuato il biglietto da visita del tuo
               legale di fiducia nel pugno chiuso della nuova madre,
               donandole un marito in toga e un padre mensile.
               Chissà cosa racconterà quando la bimba
               diverrà donna e chiederà di suo padre?
               Oppure l'abituerà a considerarsi orfana del suo
               genitore? Ti guardi allo
               specchio, ogni mattina; stupita, impaurita ed
               affascinata dai cambiamenti del tuo corpo in boccio. I
               fianchi sono più pronunciati, pieni ed un lieve
               lanugine scura infoltisce il pube tenero. Gli occhi
               nocciola, con un filo di matita, guardano le mani che
               ti sfiorano il seno; è un seno piccolo, sodo,
               con piccoli capezzoli che si contraggono
               immediatamente al contatto leggero delle tue dita.
               Sorridi, ripensando a come, due anni fa, fossero solo
               due piccole ciliegie che puntavano con incostante
               fierezza il cotone della maglia e di reggiseni troppo
               grandi, ancora. Sì, ti piaci nella tua nuova
               forma, crisalide a metà della farfalla adulta.
               Hai quattordici anni. Ma ne dimostri di più.
               Sei sveglia ed intelligente. Bella, fresca nella tua
               innocenza maliziosa. Senti già i morsi d'una
               sensualità curiosa e disarmante. Sei passionale
               come tua madre. E come lei t'innamorerai di uomini
               sbagliati.Non sai nulla di
               tuo padre. Per te è morto da molti anni. Da
               sempre. Un dito. Un dito a
               lambire il contorno dell'orecchio; non ti riconosci
               nel timido contatto, quasi bimbo a toccar porcellana.
               Brividi. Brevi ed insistenti. Lei sospira appena;
               impaurita dalle sue stesse sensazioni.Un dito. Un dito a
               solcare il collo morbido, i capelli, le spalle appena
               pronunciate. Lei tiene gli occhi chiusi. Anche quando
               le sfiori le palpebre con un bacio. Un bacio tenero.
               D'arresa alla tenerezza assopita dal vizio. Sepolta;
               ma presente, tuttavia. Sei il primo ad accorgertene e
               ti stupisce la diga che ti si scioglie dentro,
               lentamente, senza flutti che la forzino; l'acqua
               trabocca, goccia su goccia. Inesorabile.Un dito. Un dito a
               disegnarle la bocca socchiusa, le labbra a dipingere
               le labbra, la lingua come significato intimo
               dell'astrazione del tuo quadro interiore. Non è
               l'urgenza che ti spinge. Non l'arrembaggio dei
               sensi.Un dito. Un dito
               che scivola a scandire il ritmo singhiozzante dei
               bottoni e s'insinua sotto la stoffa; la seta della sua
               pelle sotto le dita, risalendo piano, verso l'incavo
               dei seni.Lei respira, piano;
               è impaurita quanto basta per restarne
               affascinata, sente le membra fatte di piume, un calore
               che si diffonde da dentro, come una candela che scopre
               nuda l'anima, troppo vicina per non bruciare. E si
               abbandona senza remore a queste braccia forti,
               gentili; è strano sentirsi protetta
               nell'abbraccio di uno sconosciuto conosciuto
               appena.Non è amore;
               nemmeno sesso. È diverso."Cogliere le spighe
               più fragranti da un campo stravolto
               dall'aratro. Tutte le premesse sono violentemente
               sbagliate - a questo pensi mentre, piano, ti bacia il
               seno e si sofferma sui tuoi capezzoli tesi -;
               avrà il doppio dei miei anni, non lo conosco
               eppure lo capisco senza bisogno di parole, al parco il
               tempo era leggero, è stato divertente
               chiacchierare senza meta, mi piace come mi bacia,
               sembrava così triste, m'è venuto
               spontaneo abbracciarlo, sono salita a casa sua con la
               coscienza soffusa che qualcosa potesse accadere.
               Volevo accadesse. Volevo vedere i suoi occhi pieni di
               me; volevo scostare dal trono delle sue pupille lo
               scettro delle lacrime racchiuse. Ho paura. Tanta la
               voglia di fuggire quanto quella d'abbandonarmi.
               È tutto così irreale. Dolce... È
               la vertigine di quando senti con forza che devi
               seguire l'impronta del tuo istinto. Non puoi farne a
               meno. Sento che dev'essere ora, qui, così. Non
               è sbagliato né giusto. Dev'essere e
               basta".Un dito. Un breve
               sussulto quando la sua mano s'insinua senza fretta fra
               il cotone delle tue mutandine, giocando con i bordi, e
               ti penetra appena con l'indice. La rugiada già
               bagna le tue sponde; petali dischiusi, labbra tiepide
               che lui accarezza con garbo, lentamente, carezzando il
               germoglio del tuo corpo, rubandoti sospiri sempre
               più fondi. La tua curiosità non vince i
               tuoi occhi, sempre chiusi, quasi non volessi
               disturbare la magia in atto. Ma le tue mani indagano
               il suo petto ancora vigoroso e scendono, lentamente, a
               tastare il sesso teso che tende i pantaloni di buon
               taglio. Ti ritrovi libera da ogni velo, mollemente
               adagiata sul letto spazioso; la seta del tuo corpo
               bacia la seta delle lenzuola. Le sue labbra baciano le
               tue labbra più nascoste, piano; il calore
               t'invade come marea; hai paura del passo successivo; e
               sai che non ti puoi opporre. Il tuo corpo lo reclama
               con una voce così alta che ti stordisce. Lui,
               con calma malinconica d'un amante consumato che ama
               per la prima volta, ti chiede in un sussurro
               <Vuoi?>.Tu respiri.
               Sospiri. Annuisci con un minuscolo cenno del mento.
               Senti il suo sesso che s'affaccia al tuo tenero uscio
               appena dischiuso. Entra appena. Il dolore scandisce
               l'attimo di coscienza piena; un solo corpo. Lui in te.
               Tu in lui. Per sempre. Un unico attimo eterno. Attimi
               a muoversi piano, ballando la danza più antica
               dell'esistenza. Attimi a conoscersi senza parole.
               Attimi a stupirti, vittima delle tue stesse
               sensazioni. Attimi infiniti nei brividi che
               ridisegnano la pelle. Sospiri sempre più fondi.
               Ancora. Ancora. Sollevati dalla marea. Onde che si
               rincorrono. Ancora. Più alte. Ti muovi con lui,
               in lui e brividi invadono come orde guerriere ogni
               fibra del tuo corpo; una guerra che sale, sale; sembra
               frustare la tua schiena inarcata, sale ancora e ti
               lascia senza fiato. Per un attimo ogni cosa si ferma.
               Immobile. Tesa allo spasimo. Poi si schianta con
               violenza. Dolce. Sussulti, infiniti piccoli brevi
               sussulti di piacere che rompono il tuo respiro mentre
               senti il suo sesso che pulsa in te e senti il suo
               gemito mentre ti copre con il suo corpo, senza
               più forze. Piangi di tenerezza provata, non di
               dolore. Piange anche lui, mentre t'accarezza i
               capelli. Le parole sono di troppo, ora. T'accarezza i
               capelli, con dolcezza.È la prima
               volta anche per lui, oggi. Ti guarda; ora hai gli
               occhi aperti e un sorriso vago sul viso. E pensa che
               di questa diciottenne vestita solo d'un cuoricino
               d'ambra (hai mentito con l'inveterata esperienza
               dell'ansia di crescere dell'adolescenza - e ci si
               può credere, per come sei), potrebbe
               innamorarsi. Pazzamente. Irrimediabilmente. E
               s'assopisce con quest'instabile certezza.Tu, poco più
               di bimba, lo culli come una mamma. Poi scivoli via dal
               letto, ti rivesti ed esci dalla porta della sua vita.
               Pensi che tua madre ti crede ancora al
               parco.Pensi che divenire
               donna sia stato stupendo... Al tuo risveglio ti
               scendono due lacrime. Di tenerezza. Non pensavi di
               averne ancora. La stanchezza di tanti errori ti pesa
               sulle spalle. Trovi un biglietto al posto della pelle
               di seta. Non c'è il nome scritto. Avete parlato
               a lungo; ma i nomi non li avete pronunciati. Senza
               indossare la tua maschera di seduttore, hai parlato
               godendo la vostra vicinanza e lo spirito pronto di
               questa ragazza che ha sgretolato ogni trincea scavata
               dal tuo egoismo, con la sua semplice innocenza
               sessuale."Grazie. È
               stato molto bello..." Solo questo c'era
               scritto. Fermato dal suo cuoricino
               d'ambra.Allora.Allora il ricordo
               t'ha colpito con sedici anni di rincorsa. Rosata.L'acqua
               trabocca.Goccia su
               goccia.Il sangue sfuggito
               dalle tue vene recise imporpora la vasca.Era
               troppo.Anche per un
               dongiovanni pentito. Anche se potevi imparare ad
               amare.Era
               troppo.Anche per
               te. L'incesto. |