- Ti
prendo per mano
-
- Seduta
sul bordo della strada ripenso al tragitto appena
percorso.
- Quante
volte sono passata di qui: impossibile contarle. Ho
visto il cielo in tutte le sue molteplici
varietà: cieli azzurri limpidi e tersi, cieli
neri di tempesta, cieli bianchi di neve e ghiaccio, e
poi nuvole bianche nuvole grigie, nuvole rosa all'alba
e nuvole infuocate al tramonto, nuvole che sfuggono e
nuvole che restano appiccicate alle cime delle
montagne. Non è raro partire con il cielo
azzurro su Chiavenna, e arrivare col cielo plumbeo a
Coira e arrivare col sole a Montespluga. Tempo
imprevedibile...
- Ho
percorso la via migliaia di volte, con mille persone
diverse, con mille scopi diversi. Già ai tempi
dell'imperatore Augusto mi sono arrampicata con fatica
su per i ripidi prati degli Andossi, con una carovana
di muli carichi. Portavano anfore d'olio e vasellame
aretino. Dal carico sprigionava il profumo del
mediterraneo e il calore del sole. I somieri erano
così preoccupati che il carico potesse cadere e
andare in frantumi che continuavano a urlare. Io
camminavo accanto al mulo capofila e lo incoraggiavo,
ma avrei voluto tappargli le lunghe orecchie, per non
fargli sentire le urla e le bestemmie. Di ritorno
seguivo una carovana di schiavi germani.
- Avevano
biondi capelli arruffati e strane brache di pelle
tutte strappate. Ma soprattutto puzzavano da morire:
l'odore della paura, della rabbia, della
rassegnazione. Li avevano catturati al di là
delle Alpi, nelle selve teutoniche, e ora li portavano
giù verso Roma, dove avrebbero fruttato un bel
po' di sesterzi sul mercato degli schiavi. Povera
gente, che nemmeno aveva potuto combattere, o salutare
le famiglie... in fila su lungo la via Mala; il
precipizio da una parte e i soldati armati
dall'altra.
- Coira
allora si chiamava Curia Rhaetorum, e stava a
capo della Regione Transpadana: Così avevano
voluto i figli dell'imperatore, Tiberio e Druso, a
seguito delle loro campagne di guerra al di là
delle Alpi. L'impero si allargava oltre le montagne,
verso nord e verso est, là dove i Reti
cacciavano i cinghiali e coltivavano la segale. Ma le
vaste foreste ora sembravano pullulare più che
altro di soldati: legionari infreddoliti nell'inverno,
che rimpiangevano il Mediterraneo. E poi, per tornare
al loro mare, dovevano scavalcare ogni volta lo
Spluga. Cuneus Aureus lo chiamavano... cosa ci
fosse di aureo non si sa... solo freddo e gelo e
desolazione. Di oro nemmeno l'ombra. L'unico minerale
interessante era quel porfido cavato a
Lapidaria, che in realtà è un
granito dal colore verde muschio. Ne hanno portati
blocchi pesantissimi giù verso Coira, e poi da
lì fino al lago di Costanza: ci hanno costruito
gradini e stipiti, cippi e colonne. Poi i mercanti
tornavano indietro con carichi di ferro, non meno
pesanti: spade, elmi, vanghe, forconi, lame di
coltelli e persino lingotti di ferro grezzo, ancora da
lavorare. Tutta merce che spedivano su per la via Mala
e giù per gli Andossi. A Chiavenna si smistava
la merce e la si caricava sui carri fino al lago, e
poi su barconi giù fino a Como e fino a Milano.
Questi erano carichi preziosi, altro che
l'oro!
- Quanti
viaggi mi sono fatta così, in mezzo a muli
carichi e schiavi rassegnati, soldati annoiati e
mercanti avidi.
- Quanti
viaggi: non li contavo nemmeno più.
- I
viaggi più emozionanti erano quelli veloci,
aggrappata alla coda del cavallo che portava i messi
imperiali. Pochi giorni di cavalcata per portare
missive da Roma fino al Reno: poi di lì si
navigava tranquilli sul fiume verso le acque grigie e
gelate del mare del Nord. Allora si che mi divertivo,
e cercavo visite ufficiali, inoltravo la posta ai
soldati. Se i corrieri erano ligi al loro lavoro non
mi raccontavano nulla, ma molti non lo erano, e mi
lasciavano sbirciare nelle loro borse.
- Poi
una volta ho accompagnato Flavio Silicone, il generale
romano di origine vandala, tutore dei figli
dell'imperatore Teodosio.
- Era
il generale più importante dell'esercito
romano, decideva dove andare e chi combattere.
Teodosio lasciava fare, che era troppo lontano e
indaffarato con i suoi intrighi di palazzo.
Così Silicone mi raccontò i suoi
progetti, la sera intorno al fuoco del bivacco sulla
montagna. Voleva affrontare Alarico, il terribile re
dei Visigoti, che minacciava l'impero. Voleva battersi
per l'unità dell'impero, lui che non era
imperatore, e nemmeno romano. Illuso! L'ho salutato a
Chiavenna con una pacca sulla spalla, e l'ho guardato
per un po', mentre scendeva lungo il Mera con le sue
truppe. Mi ha fatto pena, povero Silicone: non sarebbe
vissuto a lungo col suo sogno.
- il
vento mi scompiglia i capelli, forse porterà
novità. Porta anche leggeri fiocchi di neve
soffiati via dalle cime delle montagne. Si appoggiano,
gelati, sul mio viso e si sciolgono subito in piccole
gocce d'acqua. Poi l'impero romano si disfò,
arrivarono i Goti, I Longobardi, i Franchi.... Una
gran confusione di popoli, di lingue e persino di
religioni. Ma a Coira c'era il vescovo, e nella valle
dello Shams si costruirono graziose ,chiesette. Allora
sullo Spluga passavano fedeli e pellegrini che
andavano a pregare, artigiani che volevano dipingere i
muri delle chiese e intagliarne i soffitti, frati che
predicavano e vescovi che amministravano. Mi accordavo
silenziosa a tutti loro, e ascoltavo le preghiere che
recitavo in cima al passo. La lingua era ancora la
stessa, anche se erano cambiate le divinità.
Poi divenne tutto Sacro Romano Impero e le cose
avrebbero dovuto diventare un po' più semplici.
Dal passo scendevano gli imperatori germanici che
andavano a Roma per farsi incoronare dal papa: un gran
via vai di gente, con dame e soldati e preti e servi
che seguivano il corteo su e giù per i monti. E
io avevo il mio daffare a consolare principesse e
incoraggiare monaci, che altra via non c'era, se
volevano andare a Roma.
- Certo
, c'era il Maloggia, ma di passi ne dovevano fare due
insieme allo Julier. E poi c'era il Septimer, ma era
un passo da soldati ed eserciti, e ci sarebbero
passati poi anche i crociati, non andava bene per le
dame di corte. E quelle a rimpiangere i loro palazzi
ad Aquisgrana, a Magontia, a Treviri e persino
più su... Ma volevano o no andare dal papa? E
allora che stessero zitte e camminassero, che
giù dallo Spluga le aspettava anche il
sole!
- Poi,
senza nemmeno poter scegliere, tutta la valle si
trovò a far parte del ducato di Svevia, alleata
di quell'imperatore Federico che tutti chiamavano il
Barbarossa. Curioso personaggio, passò
più volte dal passo, e io con lui. Andava su e
giù con i soldati a cercar di convincere i suoi
sudditi che erano davvero sudditi suoi, e non liberi e
indipendenti come credevano loro. Non mi piacerebbe
affatto far l'imperatore: troppa fatica. e poi, dopo
tutto quell'avanti e indietro dalla Germania
all'Italia, non ti va a morire annegato come uno
stupido in un fiume della Cilicia?Povero Barbarossa
che si credeva di poter conquistare il mondo....Meglio
restare sullo Spluga, a guardar passare le nuvole.
Nuove nuvole si formano in cielo, quelle di prima si
sono già dissolte. Cambia veloce il cielo di
primavera. Il vento porta profumo di erba nuova e
fiori di melo.
- Un
tempo sul passo si respirava persino profumo
d'oriente.
- Passavano
i muli carichi col pepe di Venezia e le spezie del
Levante. In dogana si aprivano le some, per
controllare: nulla che non fosse consentito poteva
passare. E il profumo del coriandolo, della cannella,
del pepe e dello zenzero si spandeva oltre il fetore
delle bestie sudate. Profumi che salivano nel naso e
annebbiavano la mente, suggerendo l'esistenza di mondi
fantastici di foreste umide e deserti aridi, di mari
in tempesta e di città fortificate. Qualcuno
dalle Crociate era ben tornato per raccontare delle
cupole d'oro e delle donne avvolte nei veli. Sulla
montagna intanto passavano sete d'oriente e lane
tedesche, pizzi di San gallo e lini di Costanza,
tessuti di Damasco, fustagni di Monza e velluti della
Renania, in un turbinio di colori, morbidezze e ricami
da lasciar sbalorditi doganieri e somieri. Io mi
avvolgevo di nascosto nelle lane più soffici e
nelle sete più fini, ad occhi chiusi per non
disturbare.
- Ma
anche quel periodo passò e iniziò una
stagione difficile: truppe di soldati salivano da una
parte e scendevano dall'altra, trascinando armature
rumorose, ferracci spaventosi, vessilli mai visti.
Parlavano lingue incomprensibili, dure come bestemmie,
e le urlavano come ordini che non ammettono replica.
Alemanni, Lanzichenecchi: orribili a vedersi. Be', mi
toccava accompagnarli, per forza, ma non lo facevo
volentieri e avrei preferito aspettare nascosta dietro
un albero che passasse tutta quella gente che faceva
paura da morire. Loro paura non sembravano averne,
né della strada né della neve. Venivano
da nord, oltre il lago di Costanza, e volevano andare
a sud, oltre il lago di Como: montagne, fiumi e laghi
sul loro percorso. Ma la strada non era un problema:
non temevano gli uomini e nemmeno Dio, figuriamoci un
paio di montagne! Io camminavo in fondo alla fila, in
silenzio, che tanto non mi avrebbero ascoltata. Non
ascoltavano nessuno in ogni caso, solo il loro
comandante, il principe di Valdistano.
- Un
sacco di gente al mondo non ascolta. Non ascolta
consigli e nemmeno avvertimenti. Poi se ne pentono,
quando ormai è troppo tardi. Anche quel
MacDonald, generale di Napoleone, non aveva voluto
ascoltare i miei consigli. Gliel'avevo detto che
dicembre non era il mese giusto per scendere
giù dal Cardinello con tutti quei soldati.
Settemila soldati raccattati in giro per la Svizzera e
lui voleva portarli giù in Italia a combattere
contro gli austriaci: a volte i generali vogliono
davvero complicarsi la vita!Su da Splugen fino al
passo, e poi giù per la valle di San Giacomo. E
i soldati che rotolavano giù per il Cardinello,
travolti dalle slavine e sfiniti dalla fatica. Ne sono
morti centinaia, e poi la battaglia contro l'Austria
non l'hanno nemmeno fatta... Mi avesse ascoltato il
generale.
- Era
più piacevole accompagnare tutti quei letterati
che volevano andare nel bel paese. Artisti,
pittori, musici e poeti arrivavano da tutta Europa.
Dopo aver viaggiato a lungo, gli rimaneva solo lo
Spluga da passare, e poi finalmente erano arrivati in
Italia. Così si sentivano già alla meta,
e il cuore gli batteva forte e mi leggevano volentieri
le poesie e mi confidavano i loro sogni. Venivano da
lontano: uno era arrivato fin dall'Inghilterra,
apposta per incontrare il Manzoni a Milano. Sulla
montagna aveva una paura matta dei briganti, e di
perdersi che non si fidava troppo delle guide. Ma poi
il viaggio è stato veloce e lui se ne è
andato giù verso la pianura, e chissà se
poi l'ha trovato il Manzoni... Io poi ho dovuto
tornare su verso il passo, accompagnare tutti quei
tecnici che prendevano le misure e contavano i passi.
Ci dovevano costruire una strada, da Chiavenna fino al
passo, e per un bel po' fu un continuo viavai di
ingegneri, geometri, amministratori, contabili,
capomastri, operai.
- Non
c'era più pace. E poi quando hanno finalmente
finito la strada, divenne un via vai di signori e di
dame, di militari e postini, di prelati e notabili.
Passavano a cavallo e in carrozza, e poi persino in
automobile.
- E
poi si dimenticarono di me. Non mi chiamarono
più per accompagnarli, non ascoltavano
più i miei consigli e i miei
conforti.
- E
io rimanevo seduta qui, sul bordo della strada, ad
aspettare.
- Chi
sono io? Sono la Speranza che accompagna il viaggio.
Sono colei che sempre ha seguito i viandanti sul
passo, per andare dal Mediterraneo all'Europa, e
viceversa. Mi infilavo silenziosa nella manica dei
mercati, nello zaino dei soldati, nella bisacca del
pellegrino e nella carrozza del re. Non c'era persona
che non mi invocasse, partendo, e io non mi tiravo mai
indietro. Sono stata paziente e ho ascoltato tutti, di
qua e di là delle Alpi. Ho preso per mano mille
persone, forse molte di più.
- Quanti
viaggi, impossibile contarli.
- L'ultimo
l'ho fatto con te, poco fa, ed è stato il
più emozionante.
- Ma
ora sono stanca. Forse mi merito comunque un po' di
riposo.
- Mi
sdraio nell'erba e guardo le nuvole in cielo. Le
nuvole sullo Spluga: sono davvero belle.
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