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Renata Rusca Zargar

8° classificato nel concorso Marguerite Yourcenar 1997

con questo racconto:

 
 
 
Karma
 
Padmani viveva nel villaggio di Surajgarah: i capelli lunghi e neri le ricoprivano quasi tutto il corpo sinuoso e la pelle bruna era liscia e morbida come quella di una pesca.
La sua bellezza era conosciuta nel circondario e, quando usciva di casa per andare al pozzo ad attingere l'acqua per le faccende domestiche, anche se indossava un sari di cotone liso e sbiadito, captava lo sguardo caldo di Mohan, un giovane bracciante che raccoglieva la frutta poco lontano. In famiglia, nessuno ancora aveva pensato ad un marito per lei perché suo padre, che lavorava come muratore a giornata, non aveva denaro abbastanza per garantirle una dote o per preparare la festa ed i doni necessari ai parenti dell'eventuale sposo.
Così Padmani custodiva in cuore un sogno impossibile e tornava a prendere l'acqua al pozzo. Il velo colorato che le ricopriva i capelli nascondeva, in parte, il suo rossore quando, per un attimo, alzava i grandi occhi neri nella speranza di incontrare quelli di lui.
Ed un lampo attraversava l'aria.
Mohan continuava allora con più energia la sua fatica e poi rientrava a casa, la sera, dalla madre e dalle sorelle che vivevano con il suo magro salario e l'immagine dolce di lei lo cullava quando, sul suo giaciglio di paglia, si addormentava stanco.
I mesi trascorrevano uguali, giorno dopo giorno; le palme crescevano e producevano al ritmo delle stagioni: le grandi piogge monsoniche in estate e la raccolta dei frutti in inverno, mentre dall'Oceano giungevano i pescatori sui catamarani cavalcando quelle onde così alte e travolgenti, amanti anch'esse di una terra calda e ricca. Oppure lunghe file di manovali, vestiti di stracci, tiravano a riva lunghissime reti sulla sabbia dorata e fine che concludeva il paese ai bordi della foresta tropicale, sistemando il pesce fresco in enormi ceste che poi sarebbero state trasportate in equilibrio sui loro capi al vicino mercato. Indi, al tramonto, quando il sole si coricava rosso all'orizzonte nell'azzurro intenso del mare e gli scogli flagellati dagli spruzzi bianchi annerivano lentamente, frotte di bambini festosi uscivano dalle capanne di paglia per riversarsi sulla sabbia impalpabile a raccogliere qualche pesciolino dimenticato che avrebbe arricchito la cena di molte bocche affamate.
Una sera, però, Raj Kapoor, un ricco proprietario terriero le cui piantagioni di palme da datteri si stendevano lungo tutta la costa, si era presentato alla porta di Prem Kumar, il padre di Padmani.
Raj conosceva le condizioni finanziarie della famiglie e, essendo rimasto colpito dalla bellezza della ragazza, aveva deciso di prenderla in moglie. Prem Kumar era stato piacevolmente stupito dell'offerta di Raj Kapoor: sapeva che altrimenti il destino di sua figlia sarebbe stato triste, forse avrebbe sposato, un giorno, un bracciante senza lavoro fisso ed avrebbe cresciuto dei figli nella miseria, come lui, senza scarpe per le strade del villaggio, sempre alla ricerca di qualche umile lavoretto da fare.
Sposando Raj, Padmani avrebbe avuto una bella casa, cibo tutti i giorni, vestiti di buona qualità, figli che sarebbero andati a scuola.
Padmani aveva diciotto anni e Raj quarantacinque, ma l'affare era stato combinato la sera stessa. Non si poteva certo correre il rischio di perdere un'occasione così vantaggiosa!
Il giorno dopo, Padmani aveva saputo dalla sorella maggiore che, nel giro di una settimana, sarebbe andata a vivere in casa di Raj Kapoor.
Ricchi doni giungevano nella capanna di fango e paglia ed una squadra di operai aveva cominciato a lavorare per rendere l'abitazione più accogliente e pulita. Le sarte, intanto, cucivano velocemente splendidi sari per lei e per le sue sorelle.
Ed il giorno designato era giunto: Raj era arrivato elegantissimo, sul suo cavallo bianco addobbato a festa e l'aveva condotta con sé.
Nel suo palazzo, dai pavimenti di marmo lucido ricoperti da sontuosi tappeti, Raj e Padmani avevano girato insieme intorno al fuoco per sette volte e la vita matrimoniale aveva avuto inizio.
Padmani era una buona moglie obbediente ed aveva imparato in fretta le abitudini della casa del marito. Sua suocera non poteva lamentarsi di lei e, dopo un anno, anche un figlio maschio aveva allietato la loro vita.
Le sue sorelle, intanto, non erano più così povere, presto sarebbero andate spose ad uomini con un discreto reddito e suo padre non aveva più bisogno di peregrinare di cantiere in cantiere per trovare lavoro: il sole della fortuna aveva rischiarato la loro misera capanna.
Dopo il maschio, anche una bambina bella come la madre era venuta alla luce e se, qualche volta, passava come un velo davanti agli occhi di Padmani ne era subito scacciato dai gridolini di gioia delle sue creature.
Quando suo figlio aveva solo sette anni, Raj si era ammalato.
Il medico aveva capito subito che non ci sarebbe stato nulla da fare ma, comunque, i migliori specialisti della regione erano stati chiamati a consulto.
La malattia era durata sei mesi poi, Raj Kapoor era morto.
Mentre i parenti maschi preparavano la catasta di legno pregiata e Raj veniva unto, profumato, vestito a festa per la cremazione, le donne si stringevano piangenti intorno a Padmani e la guardavano senza parlare, aspettando da lei un cenno di assenso.
«Raj ha fatto tutto per te. &endash; aveva esordito poi la suocera &endash; La tua famiglia non soffre più la fame, le tue sorelle hanno avuto un marito benestante, tuo padre può riposare in pace nella sua vecchiaia».
«È vero &endash; aggiungeva la zia &endash; Raj è stato molto generoso con te: ti ha presa che tu non avevi nulla, ti ha regalato collane ed orecchini d'oro e decine e decine di vestiti. Tuo figlio maschio erediterà la terra e non dovrà mai soffrire la fame perché centinaia di uomini lavoreranno per lui».
«Che cosa farai sola al mondo senza tuo marito? Il suo spirito è già pronto e ti aspetta… È meglio che tu beva qualcosa». Concludeva la cugina di Raj, offrendole una tazza colma di liquido aromatico.
Intanto sua sorella l'abbracciava dolcemente ed insieme raggiungevano le camere dei figli. Padmani aveva stretto forte al cuore l'uno e l'altra mentre le lacrime scendevano silenziose dai suoi occhi.
Poi, era tornata nel suo appartamento dove le donne l'avevano lavata e profumata. Quindi le avevano dipinto le mani ed i piedi come nel giorno del matrimonio e l'avevano aiutata ad indossare i suoi gioielli preferiti ed il sari più bello che aveva: il rosso del broccato di seta con ricami in oro zecchino faceva risaltare la sua carnagione ed i suoi capelli neri. I sandali in cuoio ed oro e gli anelli alle dita dei piedi completavano il suo abbigliamento.
Dopo aver bevuto un'altra tazza di infuso, Padmani era rimasta là, in piedi, affascinante e regale molto più di una vera principessa.
Tutti l'avevano abbracciato con affetto.
«Tu sei una figlia, per me &endash; l'aveva salutata la suocera &endash; baderò ai tuoi bambini ed essi saranno orgogliosi di te».
Dunque, Padmani era pronta e così pure Raj.
Fuori, poco lontano, due cataste di legna alte ed ordinate erano in attesa.
Mentre i parenti più stretti cantavano incessantemente ritmiche melodie di preghiera, la salma di Raj era stata portata in barella ad una catasta ed adagiata sopra i tronchi di legno, così come Padmani era stata condotta alla sua. Intorno si era raccolta una grande folla che pregava a voce alta.
Poi, il figlio di Raj e Padmani, aiutato dagli zii, aveva acceso ambedue le pire. Il ritmo delle preghiere si era fatto più intenso e forte.
Padmani rimaneva sdraiata immobile con gli occhi chiusi ed il fumo scuro si alzava nell'aria tenue della sera dove il cielo blu trasparente sembrava chinarsi ad abbracciare le cime degli alberi mentre il vento taceva, trattenendo il respiro. Ormai, le due persone non si distinguevano più tra le fiamme spesse e scoppiettanti che consumavano tutto quanto era in loro potere e la gente cominciava ad allontanarsi per tornare alle faccende di ogni giorno.
Alla fine del rito, dopo molte ore, qualcuno aveva raccolto le ceneri in un'urna preziosa che sarebbe stata conservata per le preghiere quotidiane ed il luogo, quindi, era rimasto deserto.
Nascosto da un albero, però, un giovane dall'aspetto modesto aveva osservato tutta la scena senza parlare.
Il suo pensiero aveva accompagnato Padmani nel distacco da questa vita e nel cammino verso la successiva incarnazione.
Allora, lui lo sapeva, anche il suo spirito l'avrebbe ritrovata ed insieme, in altri corpi, avrebbero sperimentato quell'amore che questa volta era rimasto solo nei sogni. Nella prossima vita i baci e le carezze avrebbero saziato quel dolore spaventoso che lui ora si portava dentro.
Le loro anime sarebbero state unite ancora ed ancora in tante altre vite e poi, per sempre, nell'eternità.
Padmani, che non avrebbe potuto mai più sfuggirgli, lo aveva solo preceduto con il cuore intatto e puro dedicato a lui, così come era scritto nel destino. Quando lui e lei fossero rinati in altri due corpi, forse avrebbero vissuto in paesi lontani, dalle abitudini diverse ma, un giorno, uno di loro avrebbe fatto un viaggio e si sarebbero incontrati, riconosciuti subito amati appassionatamente. I figli sarebbero stati allora la concretizzazione della loro felicità e mai più si sarebbero potuti allontanare l'uno dall'altra. L'amore, come il sogno, avrebbe avuto vita nella realtà.
Così meditando, Mohan aveva raccolto un piccolo tizzone dimenticato e si era avviato verso casa.
 

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Aggiornato 30 Ottobre 1997 (r1)