Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

 

Racconto di

Secondo Morino

 
Daniela
 
L'uggiosità del mattino non scalfiva la bellezza del duomo, anzi le guglie quasi scintillavano colpite da luce febale filtrata dalle nubi.
La mia piccola città nativa, da sempre assonnata e chiusa da antichi bastioni, era quel mattino l'emblema della quiete o quanto meno tale a me pareva, essendo abituato ormai alla caotica Milano.
Mi ero proposto quel lunedì di fine marzo di sbrigare nella piccola cittadina alcune pratiche familiari, la parentela richiedeva il mio intervento per risolvere questioni ereditarie in sospeso.
Lungo la vita costeggiante il duomo rividi Daniela o più propriamente il Daniela come l'allora nostra giovanile compagnia, ironicamente ma anche con malcelata cattiveria, dopo la scoperta della sua omosessualità l'apostrofava.
La nostra adolescenza aveva conosciuto, nei primi anni settanta, rivoluzionarie evoluzioni di morale sessuale, grazie alle conquiste sociali provocate dall'ideologia sessantottina, ma se il divorzio e la parità di diritti nel matrimonio per le donne, conquiste ottenute in quel periodo, riuscirono a modificare in meglio i rapporti etero, rendendoli più aperti, l'omosessualità, particolarmente all'interno di un piccolo centro come il nostro, era ancora oggetto di dileggio se non, come nel caso di Daniela di curiosità morbosa da parte di beceri maschietti.
Daniela venne tradita da Rita, una ragazza del nostro gruppo.
Scoperta la sua tendenza dopo la pubertà, Daniela riuscì a celare la sua diversità nonostante i suoi apparenti modi quasi maschili, ma innamoratasi dell'amica si spinse oltre il prudente limite tracciato dalla sua condotta, dichiarò il suo amore a Rita sperando nella sua comprensione.
La superficialità dell'età portò Rita a deriderla e ad informare la nostra compagnia della sua diversità.
La notizia nel piccolo centro si sparse e fu per Daniela un continuo lottare contro ignoranza e intolleranza, finché un giorno, verso sera, in un luogo piuttosto appartato appena fuori città fu bloccata da tre delinquenti. I tre accampando il pretesto banale di un interessamento di Daniela per la ragazza di uno di loro, cosa per altro non vera, tentarono di usarle violenza.
Il provvidenziale intervento mio e di Mario, un nostro comune amico, li mise in fuga, trovammo Daniela piangente e con gli abiti lacerati, non riuscimmo a capire e neppure a sapere se lo stupro fosse avvenuto, lei non volle sporgere denuncia.
Daniela lasciò la città pochi giorni dopo, trasferendosi a Roma presso parenti, dove, venni poi a sapere, ottenne un buon successo come disegnatrice nel campo della moda, era infatti innato in lei il gusto per il bello e il senso artistico.
Fu lei a riconoscermi e mi chiamò. «Gianni» sentii quasi gridare alle mie spalle, voltandomi la rividi, non era molto cambiata, i capelli sempre molto corti, abiti dal taglio quasi maschile e il suo solito splendido sorriso, se qualcosa di nuovo viveva in lei era nel portamento sicuro, molto sicuro.
«Gianni» mi disse «sei proprio tu, vieni andiamo a bere un caffè". Quasi mi trascinò nella caffetteria della via del duomo, il punto in della cittadina, sedemmo a un tavolino in disparte sì da apparire quasi due amanti.
Era in città in visita ai due anziani genitori «Sai» disse «se avessi incrociato qualcun altro della compagnia non l'avrei chiamato, ma tu...».
Non terminò la frase, l'arrivo del cameriere l'interruppe, ordinammo i caffè. «Vedi, Gianni» riprese «tu non hai mai avuto atteggiamenti di derisione o al limite di imbarazzo nei miei confronti, sei rimasto sempre un amico, mai un giudizio, un commento, poi se ripenso a quella sera...»
Nel ripensare a quella sera sentivo ancora le nocche delle mani farmi male, ci battemmo come leoni io e Mario e se per Mario grande, grosso e rissoso era naturale battersi, il sottoscritto per natura contrario a qualsiasi tipo di violenza quella sera scalò l'Everest.
Le risposi che l'avevo sempre capita e compresa, sapevo cosa volesse dire, sentirsi estranei all'ambiente dove per tutta una vita le tue emozioni avevano fatto parte.
Replicò che non potevo capirlo e che per capirlo avrei dovuto viverlo dall'interno, nel cuore, nell'anima sin quasi impazzire.
Per mia fortuna il dialogo divenne più banale, mi chiese del mio lavoro, aveva saputo del successo del mio negozio da parrucchiere a Milano, clientela scelta, il meglio della metropoli.
«Eh, Gianni» mi disse «chissà quante donne. A proposito, hai messo su famiglia?»
No, non mi ero sposato, neppure lei mi confidò, aveva una compagna fissa, qualche ragazza, le più interessate ad entrare nel mondo della moda si erano accompagnate a lei per dei periodi più o meno brevi, poi la solitudine interrotta solamente da sporadici rapporti superficiali.
Si mise a scrutarmi attentamente, notò i capelli ormai quasi completamente bianchi e disse: «Vent'anni, Gianni, sono passati più di vent'anni, ma toglimi una curiosità: tu, sempre così discreto, impenetrabile, di chi eri innamorato allora, di Piera, Sandra, Vera o di chi?»
Pregustavo la sorpresa per ciò che gli avrei rivelato.
«Sai, Daniela» risposi « ti ricordi Salvo, quel bel culturista di qualche anno più vecchio di noi?»
«Credimi» continuai «è stato un amore intenso due anni all'incirca, finché mi trasferii a Milano».
Due occhi così grandi il Daniela, credo, non li aveva mai avuti, la bocca poi una fornace.
Prima che si riprendesse dallo stupore le spiegai i movimenti che io e Salvo eravamo costretti a compiere per sfuggire ad occhi indiscreti.
La sera c'incontravamo nei boschi fuori dai bastioni e sul tardi, quando il buio calava, la sua utilitaria fungeva d'alcova, oppure le domeniche in un'altra città, passate in casa di un compiacente amico, a volte a casa sua prestando attenzione a non farsi notare, poi il tenersi tutto dentro, il non guardarsi intensamente in presenza d'altri, nulla doveva trapelare e nulla era trapelato del nostro rapporto.
A Milano altre esperienze, come le sue, più o meno brevi, ora aspettavo anch'io come lei, tra rapporti superficiali e solitudini, l'avvento di un prossimo grande amore.
Lentamente gli occhi di Daniela si chiusero, erano ormai quasi due fessure, quando dalle labbra solo dischiuse, sibilò: «Hai capito il Gianni o no scusami la Gianni, ha fregato tutti».
Il disgelo si impossessò di noi, sorridemmo e iniziammo a ridere sino a raggiungere le lacrime, quel giorno noi, seppure così lontani come interessi sessuali, eppure così uguali ci sentimmo meno soli.
 

 

 

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inserito il 5 Febbraio 1998

modificato il 22 Febbraio 1998