LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Sergio Barbieri poesie dal libro
Al Crepuscolo
Sergio Barbieri, Al crepuscolo, Montedit (coll. Le schegge d'oro, i libri dei premi), 1996, pp. 64 , Lit. 12.000. ISBN 88-86039-86-7
- Come se dormisse
- Ogni notte sognava
- l'isola.
- Ma poi si risvegliava
- in una gabbia.
- E dietro quelle sbarre
- cercava disperatamente
- di ricreare il sogno
- l'isola
- dove era nato.
- Ma era inutile e vano
- illudersi di libertà.
- Così una mattina
- lo trovarono morto
- con ancora il capo
- sotto l'ala
- come se dormisse
- e sognasse l'isola
- della sua infanzia
- lontana.
Una traccia rossa
- Una traccia rossa.
- È il tuo fiore
- nella mia mente.
- Un profumo ardente.
- È la tua gioventù
- che chiama.
- Un corpo appena velato
- dalla penombra.
- È la tua offerta
- di acqua sorgente.
- Ed io bevo misticamente
- ogni stilla.
- Aspiro ad occhi chiusi
- il polline ed il nettare
- della tua giovinezza.
- Poi mi abbandono al sogno
- con un piccolo fiore
- rosso
- posato sul guanciale
- che ricorda la tua
- infinita lontananza.
Suoni dal passato
- Ho riudito rumori
- suoni del passato.
- Il tac di due biglie di vetro
- che si scontravano...
- Il flebile fruscio di piccoli
- rettangoli di cartoncino colorato
- che cadevano un po' testa
- un po' croce
- su un asfalto grigio...
- Le voci nasali degli amici di allora
- dalla tonalità ancora infantile
- che giocavano ad essere
- più grandi e maturi di ora...
- Il battere ritmico
- di due zoccoli di legno
- che scendevano le scale
- di un sottopassaggio
- alla passeggiata mare...
- Un fruscio sulla sabbia
- di due piccoli piedi inermi
- che correvano sulla spiaggia...
- Ho udito o fors'anche
- molto ho rivissuto.
- Ma il sole negli occhi
- ed i riccioli biondi sulla fronte
- non sono più quelli.
- E di colpo non si ode
- che il tum
- di un vecchio cuore
- stanco.
- Bordighera, 1940
Lo stupore della libertà
- Lascio libera la mente.
- La sento lieve
- e distaccata.
- Ora pare allontanarsi
- da me.
- È uscita da questa camera
- e sale incontro
- alle nuvole là in alto.
- Un senso di ebbrezza
- la coglie
- e lo stupore
- della totale libertà.
- Non sente freddo
- non sente solitudine.
- Prova il desiderio
- di divenire onnipotente
- e di volare
- negli infiniti.
- Ma come può?
- In una stanza
- al buio
- sdraiato su un letto
- un corpo - il suo corpo -
- da sempre
- non ha che lei.
- I giorni dorati
- C'erano giorni dorati
- in cui l'aquilone rosso
- veleggiava dolcemente nel cielo
- come l'alcione bianco
- dispiegando i suoi anelli di carta
- su onde tiepide di vento.
- E conduceva la mano
- che tratteneva il filo
- su sentieri ombrosi
- e profumati di lavanda
- sino ad una radura verde
- dove il sole ingialliva i ricordi.
- E questo era ieri.
- Quanto tu sorridevi ai miei occhi...
- Oggi... Oggi l'aquilone ha perso
- colore e lassù in un cielo
- grigio piombo
- pare un fiore appassito
- di cui tengo stancamente lo stelo.
- Vola ondeggiando ai venti
- del crepuscolo
- e non trova direzioni
- ma solo mura impietose
- di nuvole di pietra
- che trattengono
- la sua libera ascesa.
- Ed il filo che tengo stretto in mano
- non è altro che un guinzaglio
- ai miei sogni di luce.
- Bordighera, 1958
Verso il capolinea
- Eravamo in tram quella sera d'inverno.
- Io ti fissavo guardandomi riflesso
- e oltre il tuo volto apparivano solo nebbia
- e strade deserte che scorrevano
- - svanivano senza farsi riconoscere.
- Io ti ricordavo con tenerezza infinita.
- Tu mi guardavi immobile con occhi
- fissi su un punto lontano nel tempo.
- E fu lì che ti persi per sempre.
- In un tram di una grande città
- in una sera di nebbia
- quando capii che i nostri
- due sguardi non si sarebbero
- mai più incontrati - riconosciuti.
- Ti fissavo mio volto fanciullo.
- Ma nel riverbero di un vetro appannato
- ritrovai solo un volto adulto
- con rughe ed occhi spenti
- di chi non sa più sognare.
Il profumo della famiglia
- I miei primi libri di storia
- furono orali
- tramandati a me da voci diverse
- della mia famiglia.
- E parlavano di campi e colline
- fumanti sottili nebbie
- visti alle cinque di mattina
- - di pause sotto il sole
- ed il frinire delle cicale
- per mangiare pane e frutta -
- di stanchi ritorni all'imbrunire
- con ombre allungate a coprire
- ed abbracciare
- il duro lavoro della giornata.
- E raccontavano delle sere quiete
- ed eterne trascorse sull'aia
- al chiarore delle stelle
- e della luna e di qualche
- fiammella di sigaro.
- Tutti uniti. Tutti ancora insieme.
- La fatica dei vecchi e dei giovani
- era accatastata lì accanto
- come fosse fascina pronta
- per il forno del pane
- ed anche lei aveva
- un profumo.
- Il profumo della famiglia
- il profumo dell'eternità
- il profumo di Dio.
L'ultima favola
- Nel silenzio della notte
- mi tenevano acceso
- sul limitare di ogni grotta
- per riscaldare i corpi
- indifesi
- e le speranze paurose
- per il domani.
- Nell'ombra di ogni Tempio
- mi tenevano acceso
- per illuminare la strada
- a qualche divinità
- sparsa in menti
- paludate di seta piume e
- porpora.
- Nell'ombra di qualche cantina
- mi tenevano acceso
- per fondere piombo e distillare
- illusioni
- da strani alambicchi
- che cercavano sieri immortali
- o pozioni d'amore.
- Nell'ombra sanguigna di
- molte fornaci
- mi tenevano acceso
- per temprare lame brunite
- per mozzare il destino
- a molti del gregge.
- Nell'ombra tiepida di ogni casolare
- mi tenevano acceso
- per riscaldare i giacigli
- dei loro sogni e delle
- loro voluttà.
- Mi tennero acceso
- anche per bruciare idee
- scritte
- e cremare menti troppo
- audaci.
- Ora mi usano solo
- per accendere miliardi
- di sigarette
- e per scaldare
- la droga.
- Ma io attendo paziente
- l'ululato dei lupi
- al limitare delle ultime
- foreste.
- Ora io attendo paziente
- dinanzi ad una caverna
- il ritorno dell'Uomo
- che sapeva dipingere
- con ocra e porpora
- la sua e la mia
- leggenda
- senza fine.
Ho udito la voce del vento
- Ho udito la voce del vento.
- Ho ascoltato racconti fantastici
- di luoghi nascosti nel tempo.
- Da secoli il vento rincorre e spinge
- la polvere che l'eternità lascia cadere
- per seppellire i ricordi di tanti passati.
- Il vento - da quando io mi ricordo -
- alza e sospinge e appiana
- quella polvere di terra bianca accecante
- che il sole ha donato
- ai nostri sentieri ed alle strade
- della nostra gioventù favolosa.
- E restano nel ricordo su iridi stanche
- segni di ruote di vecchie biciclette
- orme di zoccoli e di piedi nudi
- che si perdono ai lati
- dove cominciano i prati verdi e ombrosi
- del nostro abbandonarsi
- nel grembo della natura
- ancora amica e madre.
- Il vento ricorda ancora
- e mi ripete - nel silenzio che mi avvolge -
- tutte le frasi e tutte le fantasie
- di un cuore allora tanto giovane
- che sapeva solo sognare
- e vivere di libertà.
- Il pulviscolo dorato
- Credevo che fossero passati
- e tramontati gli anni trascorsi
- a fissare il soffitto per cercare figure
- visi da sognare tra le ombre
- e le luci che tagliavano
- le stanze della mia solitudine.
- Eppure sono ancora qui
- supino con occhi sbarrati
- a cercare quei volti lontani
- a scrivere sul grande
- spazio bianco del soffitto
- lettere che non spedirò mai.
- Il pulviscolo dorato che mi faceva
- immaginare sognare scolpire nella mente
- oggetti e sembianze
- è già disceso da molto e forma
- la polvere di tempo che
- copre le mie occhiaie.
- Tutto è rimasto come allora.
- Ma senza sole negli occhi
- senza gioia nel cuore
- senza la speranza di apire la porta
- ed incontrare un futuro già sognato.
- Si vive in un mondo grigio e vecchio
- dove l'odore di polvere è tutto
- ciò che rimane del pulviscolo dorato
- e delle nostre immense
- costruzioni fantastiche
- di quando un sole quieto e le tiepide lune
- parevano seguirci ovunque.
Il profumo della nostra gioventù
- Di quella sera ricordo solo
- il tuo profumo il mio profumo.
- Era l'essenza della nostra gioventù
- che fianco a fianco saliva
- il sentiero di collina e si univa
- agli aromi ed agli odori della notte.
- Non mi ricordo il tuo nome.
- Ed ora te ne dono uno: «Rosellina»
- come te fragrante e nascosta
- una gioia colorata da rubare.
- Avevamo le stelle negli occhi
- e la luna che ci guidava per quel
- lungo sentiero tra gli ulivi.
- Io ero io.
- Tu solo un'ombra profumata
- che mi seguiva furtiva.
- Io ero io e sorridevo.
- Tu avegli gli occhi pieni di bagliori
- un vestito di cotone
- forse un nome forse un volto celato
- dalle ombre e dalle luci della luna.
- I miei vent'anni precedevano di poco
- i tuoi vent'anni e ne aspiravano la grazia.
- E quando la luna si nascose
- dietro la collina
- io restai io ancora solo
- ma sorridente a contar le stelle
- nei tuoi occhi nascosti
- nell'ombra della notte.
- Bordighera, 1952
Ho scolpito il tuo volto
- Ieri ho scolpito il tuo
- volto
- su marmo bianco
- nel nero
- della mente.
- Oggi ho graffito il tuo
- corpo
- su pietra rossa
- nell'incandescenza viola
- del desiderio.
- Domani dipingerò i nostri
- gemiti
- su semplici sassi
- grigi
- di mare.
- Poi li scaglierò
- a saltare le onde
- azzurre
- perché sul fondo
- verde
- la sabbia
- li acqueti.
- Bordighera, 1956
Prefazione del libro Il Crepuscolo
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©1996 Il club degli autori , Sergio Barbieri.
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