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- Via del
mare
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- Via del
mare:
- lo dice lo
svolìo d'una veste, un
orlo
- di
seta.
- Capelli
prendono sembianza di alga
- e i piedi
coda di sirena.
- Lo dice
l'odore salmastro
- l'aria che
si frantuma in spruzzi.
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- Via del
Mare.
- Chi abita
lo spartiterremerse/sommerse
- ha confini
di ali e di onde
- a volte
riceve messaggi racchiusi in
bottiglia
- altre
volte
- solo echi
di musiche arcane.
-
- Qui/l'aria
inventò barcarole.
- Qui a
notte una nave d'argento diventa
- incorporea
- entra
dalla finestra azzurra della
camera
- cattura i
sogni
- e li
porta/ti porta a navigare
- lungo
rotte incantate
- decifrando
con antichi astrolabi
- il
percorso segreto delle stelle.
-
-
-
- Custode
è un grillo
-
- Della mia
casa
- custode
è un grillo
- un saggio,
antichissimo grillo
- che
arriccia il naso
- agli
sbalzi di stagione.
- Una ferita
c'è nella mia casa
- una lama
di luce dolcissima
- che
travalica tutti gli spazi
- e
c'è una tasca
- celata
dentro il muro
- dove ha
nascosto
- foglietti
con i versi di Eluard
- i
biglietti del tram che non ho
usato
- e un
crocefisso vestito con i jeans.
- Qui in
casa
- sto alle
prese con le voci
- io
sola
- contro
cinquantamila spifferi di vento
- e
gioco
- con le
chiavi delle porte.
- Il mio
spazio
- è
un pugno di magie
- Van Gogh
mi ha tinto gli occhi di papavero
- e ormai
conosco tutto delle ombre.
- Ho scelto
questa casa
- e accendo
l'abat-jour sul comodino
- per
difendere
- i miei
angoli segreti
- contro
l'invadenza
- della
luna.
-
-
- Nel fiordaliso
degli iridi
-
- Conserva
ancora gli occhi di ragazza
- mia
madre.
- Chissà
nel fiordaliso degli iridi
- quanti
hanno tuffato lo sguardo
- e hanno
sognato
- e si sono
perduti.
-
- Veste
colori solari, mia madre,
- mai i cupi
toni del grigio,
- mai il
funereo nero;
- porta
calze velate
- con
disegni minuscoli
- e colletti
di pizzo
- e
jabots.
-
- Il suo
buongiorno, al mattino,
- è
il racconto
- delle
storie fantastiche
- che ogni
notte lei sogna
- - in
technicolor ci dice -
- talvolta
di principi e armigeri
- (ancora sa
amare le favole)
- talaltra
di convitati di pietra
- e
dongiovanni impenitenti
- che forse
le strizzano l'occhio.
-
- Mia
madre
- ha quasi
ottantanni.
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-
- Il silenzio
è crosta amara sugli
intonaci
Le
infanzie anelli d'argento
grattavano
il salso dai muri
s'intrecciavano
a nodo
attorno ai
cancelli, alle statue.
Siamo
passati qui noi
che adesso
il tempo
segna di
rughe e affonda
dentro
spazi senza storia.
Siamo
passati zufolando
attraverso
inferriate e canapi
barattando
vetrate di stelle.
Ma oggi il
silenzio è crosta amara
sugli
intonaci/nelle vene
sedimento
di ore
fuggite. Perduto l'abbraccio
d'un
canto, la filastrocca
è
collana dal filo spezzato
e ogni
perla s'è incastonata
entro
crepe e fessure:
più
non si accende di sole.
Nei rari
ritorni
si
vorrebbe estrarre ancora
da teneri
involucri
capelli di
seta, soffi di cristallo
ma
più non alita
tenero
vento e la frangia cangiante
s'è
mutata in catena.
Rivendicare
memorie, respiri?
Ostinata
ora qui
è
soltanto l'ombra.
-
- Enrico
Cristallo
trasparente l'infanzia
(poi
avemmo insieme quindicianni!)
Ma non
tutti i disegni si completano
e ragazzi
spariscono
anche se
per combattere l'angelo
tirano
fuori la spada.
Se
avessimo fatto quadrato
per
trattenerti con noi...
ma
c'è sempre un pertugio
nell'angolo.
Da
lì sgusciò via
- la
tua anima.
-
- Felicemente
stanca
È
questa la mia finestra,
l'angolo,
il nido. Mi affaccio
sopra i
tetti: la città
ha una
tenerezza di bruma,
di
primavera appena nata.
Qualcuno
sale
la scala a
chiocciola della torre,
si sporge
da un balcone inusuale.
Sui vetri
luminosi delle case
passano
le ombre
del sole tra le nuvole,
le ombre
di alberi altissimi e camini
e sale dal
buio d'una soffitta
il suono
d'un violino.
Ammicca
una finestra
con un
ciao-ciao di mano,
un sorriso
sospeso tra le labbra,
l'ombra di
un gabbiano smarrito.
Forse
è così
che
riprendono a suonare
le corde
arrugginite del mio cuore
dimenticate
per anni:
felicemente
stanca
- adesso
posso
chiudere gli occhi
con un
sorriso
che ancora
aleggia, a sera,
- sopra
i coppi.
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