LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
- Adriana Scarpa - Le risacche del tempo
- Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 14x20,5 - pp. 52 - Euro 7,00 - ISBN 88-8356-482-0
Prefazione - Le risacche del tempo è uno scrigno dai mille tesori, è un vaso di Eufronio dal valore incalcolabile da custodire gelosamente: contiene il mondo poetico di Adriana Scarpa (seppur in questo caso si distacca dalle sue consuete composizioni e si fa classicheggiante e mitologica) che rivive in continuazione, esperienza dopo esperienza, e si dirige verso un nuovo approdo a testimonianza del suo percorso prima umano e poi letterario. La priorità è fondamentale come lo sono le implicazioni che essa porta con sé.
- I riferimenti a cui farò cenno ne decretano la profondità e il valore dei contenuti costantemente illuminati da una consolidata capacità di proporsi anche sotto nuove vesti.
- Dalle risacche dei secoli/talvolta un sussurro ritorna/ ci sfiora l'orecchio e racconta ed è così che Adriana Scarpa ascolta la flebile voce sussurrante e con lievità indiscussa ferma ogni più sottile emozione, ogni evocazione memoriale, ogni labile forma sepolta sotto la polvere millenaria: può disseppellire un tesoro o una tragedia.
- Scivola nel tempo, nei suoi luoghi, nelle sue architetture e si fa carne e sangue in ascolto della melodia ancestrale della vita che svapora.
- Nella ricerca tutto risulta significante entro una insistita linea di scavo fino ad arrivare alle radici più profonde e mettere in risalto il linguaggio ricercato e l'invenzione, il primitivo impeto lirico, il disegno letterario, la linea tra l'arcaico e il presente, caratterizzata da una ricerca leggibile a più livelli di intensità ed in alcuni casi pervasa da una luce universale che sollecita la dimensione di mito.
- Ci troviamo di fronte agli incanti di una scrittrice che distilla la vita e il passare del tempo, goccia a goccia, da un alambicco e come alchimista euforica sparge profumi nel laboratorio quasi volesse lasciare traccia di ciò che deve al contrario essere celato: la chrysopeia di Cleopatra non ha nessuna importanza.
- Ben altro deve essere recuperato dal silenzio del tempo e la parola allora scava nel basalto, incide nella dura pietra che emerge dalla sabbia fedele custode dei misteri sepolti, di/svela ciò che é imprigionato nelle sedimentazioni, indaga e percorre i passaggi segreti nell'inesausto aggirarsi nei templi e nei luoghi della memoria dove l'anima si fa inquieta.
- Come l'archeologo dopo paziente lavoro strappa dalle tenebre del tempo canopi e ushabti, vasi d'alabastro e unguenti gelosamente custoditi e come lo scriba, testimone della storia rende imperituro il suo tempo affidando al papiro il quotidiano ecco rivedere la luce l'enigma di maschere d'oro che nascondono labbra socchiuse, labbra alle quali il tempo non è riuscito a rubare la memoria.
- "Il tempo è un muro e tu vi scrivi sopra. Ritroverà qualcuno il tuo graffito?" È indubbio che il lento sgretolarsi della materia può lasciare solo un pulviscolo incolore, le radici possono insinuarsi come aspidi nella pietra, il groviglio di sterpi può avvolgere ogni cosa: la più forte passione, la più grande speranza, il meraviglioso sogno.
- Il destino è pagina illeggibile, la parola quasi un reperto scavato da un irripetibile sito archeologico, la parola come scrigno della storia che può svelare tutti i suoi tesori e farsi infine mito.
- Adriana Scarpa è affascinante nel suo girovagare tra le rovine del passato in una sublimazione continua: recupera dall'oblìo del tempo, dal riposo delle urne, dal segreto dei millenni, dal rito ancestrale che decreta il destino, dalle notti lunghe e oscure, dai muri scrostati di antiche dimore e si fa, ancora una volta, radice insinuata nel Megaron, la grande sala quadrata del palazzo greco; diventa materia stessa della Nike di Samotracia, famosa statua della scuola di Scopas; e poi ancora cavità segreta nel tufo di Tuscia che si fa pelle; e ancora cenere vesuviana che tutto travolge anche l'ultima smorfia di dolore, e infine canto azteco tra i rami intricati della foresta, sangue sacrificale sgorgante dalle vene.
- Ecco allora che del corpo rimane il calco di gesso, il semplice involucro, e l'anima vaga nel tempo sottoposta al vento che consuma, dipana le trame, disperde il polline.
- La ricapitolazione è complessa e lo spazio limitato ma credo siano esaustive le osservazioni fin qui riportate a testimonianza di una scelta positiva di una evocazione compiutamente risolta e di indiscutibile fascino nei riferimenti classici.
- Adriana Scarpa si dimostra sapiente nel calcare la mano dove si può e sottile nel passare lieve senza lasciare traccia dove si deve: rimanere in equilibrio, sospesa nel silenzio del tempo non è certo cosa da poco.
- La passione di Adriana Scarpa è meravigliosa e ogni sua parola sa disegnare immagini e far rivivere il passato che non soccombe al tempo.
- Accompagna l'Uomo nelle sue ansiose ricerche per seguirlo lungo le tracce della memoria nella polvere di questo universo, tra la sabbia che può penetrare nel tempio o perdersi tra le pieghe dell'eternità.
Massimo Barile
Poesie Ad Alfredo Panareo
poi il tempo è passato
mi sono svegliato
ma continuo a sognare
da "Acrobazie rabbiose"
di Massimo Barile
- Dalle risacche dei secoli
- talvolta un sussurro ritorna
- ci sfiora l'orecchio e racconta.
- Volti sbiancati emergono
- lievi parvenze d'ombra.
- Nella vertigine dei millenni
- la pietra blu dei re si è frantumata
- è diventata polvere
- più non scalfisce la storia.
- Solo a volte riaffiora
- quel canto, quella flebile voce.
- Siedo allora sul masso del tempo
- silenziosamente ascolto.
- Una voce dentro i silenzi
- (Voce)
- ...
- e tutti ce ne andiamo.
- Come una quieta acqua
- scivolando nel tempo.
- Fanciullezza e gioventù ci lascia
- e restano disabitati gli orologi,
- vuoto il nostro orgoglio.
- Ecco, la luna ora viene
- e accende gli occhi di cristallo
- gemma nella notte
- valva rinserrata a mantello.
- Il giardino profuma di zagara
- e sull'esile colonna danza l'argento
- e il capelvenere.
- Qualcuno ha acceso torce
- e ora disegna architetture d'ombra.
- Solo il pensiero mi trattiene qui
- la storia della nascita, della mano a calice
- che accolse il petalo e lo spino.
- La vita si ritrae e svapora
- come un mare senza fiume.
- Ora ascolto il suono oscuro d'un clarino
- scavato nella pietra.
- (Voce)
- Solo un'uscita è concessa.
- Tu sei nata carne
- e dentro l'intrico di vene
- ardendo
- ti fondi e svapori.
- Ogni giorno cercando l'incontro.
- Ogni giorno è stato scalino.
- ...
- (Ho tessuto cinture
- per fermare il tempo ma strappò
- un turbine saggio
- il telaio e l'ormeggio,
- ma polene sfidarono il vento).
- Noi siamo razza forte,
- figlia del dio, però la stanchezza ci vince,
- però ci piega il destino
- ...
- Eppure
- noi si spera comunque;
- anche adesso
- vorremmo afferrare
- qualche raro splendore
- e fermarlo nel cuore.
- (Voce)
- Il dopo non muta
- oramai è segnata la via
- un'erba-giaciglio
- può offrirti l'incanto dei grilli
- ora che sei un re perdente tu,
- un re senza fortuna.
- Goccia a goccia
- distillo le ore: ho intriso
- di dolci profumi le strade
- per lasciare la traccia di me
- e un varco nel verde
- e un punto nel vuoto
- la curva veloce
- sussurra ad oriente. Ora
- cessa la luna...
- = Vita
- Da quali passaggi segreti
- lungo le spirali dei millenni
- si inerpica
- l'arcano?
- Rigermina forse la vita?
- o fu soltanto
- illusione
- innalzare templi a sé stessi.
- Neppure la morte
- sottrasse lo scettro ricurvo
- le lamine d'oro
- sul volto
- e colossi di pietra
- contendono ancora spazi
- al deserto.
- Dentro i corridoi
- s'aggira inquieta l'anima
- e il piccolo cobra infuriato
- si erge
- pronto allo scatto/difende
- i mille anni
- del silenzio.
- (voce di Nofret)
- Il tempo ha lasciato intatta
- la curva delle ciglia
- una schiava
- frantuma ancora
- l'ombretto verde e azzurro
- cosparge unguenti
- dal vaso d'alabastro.
- La frana dei massi
- ha suggellato il pozzo.
- Ma lo scriba ha ravvolto nel papiro
- la storia
- affidato ai geroglifici
- il suono delle palme
- quando spira il vento.
- Anche Mnemone
- a Tebe alza un canto di pietre
- per salutare l'alba
- e l'aspide
- solleva il capo dalle sabbie.
- (Voce di Nofret)
- Hanno sepolto insieme
- nel sarcofago i miei ciondoli
- ed i pettini d'avorio
- monili
- e tavolette dei cosmetici.
- Oltre il sottile velo della tunica
- resta incorrotta
- l'ambra della carne
- e non si scava ruga
- sulla fronte.
- Quali orme si possono lasciare
- dove spazza la sabbia
- dove la ninfea
- scivola quieta sull'acqua
- e sommerge il limo?
- Soltanto forme
- scavate nel basalto
- massi di pietra ultimo rifugio
- e contendere
- le rive agli ippopotami
- arpionandoli
- tra i ciuffi di papiro.
- Stringe le insegne
- nell'oro della morte
- l'ultimo faraone / non scoperto
- volti di dei lo veglian nella cella
- il falco, l'ibis, l'aquila,
- il leone.
- Resterà questo sonno,
- questa sabbia,
- il recinto incorrotto,
- il mistero sepolto?
- (Voce di Nofret)
- Se ha un flauto la morte
- lo suonerà
- per il mio volto levigato
- per il sorriso segreto
- la fascia sulla fronte...
- Sarà magari un'ombra,
- la quieta barca, un'infula,
- l'ala del dio:
- protegge un sortilegio d'artemisia
- l'ineluttabile
- corrompersi nel tempo.
- E forse
- ha senso davvero
- per la mummia
- rinchiusa nel sarcofago
- custodire tra le dita inanimate
- lo stilizzato simbolo
- della parola vita.
- Voci dal Megaron
Sotto dieci strati di polvere nel tumulo il pugnale resta conficcato e nulla che squieti
- la morte...
La lucerna è senz'olio da secoli, inaridito il vaso degli unguenti. Dovrò ricostruire sul vetro del volto, sul fragile gesso delle ossa,
- la trama?
(coro di voci in lontananza) Il tempo è un muro e tu vi scrivi sopra. Ritroverà qualcuno il tuo graffito? La mappa che rievoca la storia? S'è disfatto lo scrigno in segatura, sbriciolata la creta. La fibbia di bronzo ageminato mi tormenta la carne (quella sì mi è rimasta per dolore!) e se ho grattato il muro
- con le unghie
e corroso lo stucco con i denti non so l'alloro se dà foglie ancora, se sussurra nel vento
- la mia storia.
(coro di voci in lontananza) ... i tuoi seni di latte e di velluto, i capelli intrecciati con forcine, la notte fresca delle braccia
- ... remoto è il sacrilegio...
Ormai da secoli l'epilogo è compiuto ma sull'oro incorrotto della maschera resta l'enigma delle labbra chiuse. Lo sguardo rinserrato
- tra le palpebre
è ancora un magma che rode nella carne. Non ha rubato la memoria,
- il tempo.
Sui muri spenti filtra ancora il suono dei menestrelli, una sottile corda è tesa tra i labirinti della mente. Ora che è bruno il sangue dei coltelli e l'attesa più non divora ed è caduto il furore degli eroi, ora che il lento sgretolarsi delle pietre provoca solo
- pulviscoli incolori
cancellare potrò le ombre, gli incensi, i bagliori del rame, la spada e il filo, le lagrime, il tormento? (coro di voci in lontananza) ... le fughe, le passioni, i tradimenti... un aedo cantò. E le ombre continuano a fermarsi alle bocche sotterra, il cozzo della vanga rievoca le voci. Chi mi acquieta oramai. Chi mi spinge il lenzuolo sulla bocca? (coro di voci in lontananza) È nessuno! È la radice che s'insinua
- nella pietra,
il groviglio di sterpi che ti tocca... Chi mi condanna? Chi esegue la sentenza? Occhi di muffa hanno adesso i sacerdoti, le passioni oramai in disfacimento come quest'aria chiusa, soffocante,
- rossa.
... è pagina illeggibile
- il destino...
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Ins. 26-05-2003