LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
- Adriana Scarpa - Incosciente saggezza
- Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi)
- 14x20,5 - pp. 96 - Euro 8,50
- ISBN 88-6037-139-2
- In copertina e all'interno
- illustrazioni di Mauro Scarpa
- Per onorare la memoria di Adriana abbiamo ritenuto nostro dovere dedicarle la stampa di questo libro postumo. Ella ci ha lasciato ma sono rimaste le sue poesie che sono patrimonio di tutti.
- Difficile è capire l'animo di un poeta ma un giudizio espresso dalla "Giuria del Premio Aeclanum" alcuni anni orsono ci riporta quella che era Adriana nelle varie vicissitudini della vita.
- "...muove da una accorata coscienza del vivere, volta a rappresentare e capire il mondo per ritrovare ed intendere sé stessi. La confessione di una personale e sofferta esperienza di vita non è mai puro sfogo individuale, ma messaggio di valori e di verità in cui ogni lirica si sostanzia e vive, attingendo, per questa via, chiarezza e forza lirica."
Il fratello ed il nipote
Introduzione - Questo è il trentatreesimo volumetto di poesie di Adriana Scarpa; il primo, però, ad essere dato alle stampe senza la sua revisione.
- "Incosciente saggezza" vede la luce orfano delle cure attente, materne, da Lei sempre dedicate ai suoi "figli di carta". Perché tali sono i libri, per i poeti e gli scrittori: non semplici fogli, ma figli che ci rassomigliano e ci sopravvivono.
- Qui trovano ospitalità le sillogi che Adriana nel suo ultimo, tormentato anno di vita, aveva deciso di fare pubblicare. Il fratello Ermanno e il nipote Mauro (autore anche dei disegni riprodotti nel volume) se ne sono occupati con affettuosa sollecitudine, affinché potesse divenire patrimonio comune il tesoro rimasto sulla scrivania di una delle voci più alte e limpide della Poesia italiana. E sono gioielli preziosi, estremamente significativi della sua sterminata produzione letteraria.
- Il titolo "Incosciente saggezza", da lei scelto, bene esprime la sua poetica: un inno al coraggio, all'entusiasmo - cui spesso è estranea la prudenza - di chi, pur avendo sperimentato delusioni e sofferenze, rifiuta di rintanarsi in una torre di vetro e sceglie di lanciarsi nuovamente "a braccia spalancate / dentro la pienezza della vita".
- Amava tanto la vita, Adriana. L'accoglieva in sé con la meraviglia di occhi ancora adolescenti. Eppure - forse un presagio? - mai come in precedenza queste pagine raccontano il dolore per distacchi irreparabili. Poemetto per Alessandro è uno struggente, delicatissimo canto di addio a un giovane strappato prematuramente alla vita (... in un giorno di vento / sei uscito dalla casa e i muri, / improvvisamente vuoti, hanno mostrato / tutte le crepe.).
- E le ventiquattro poesie dedicate alla madre (scomparsa nel giugno 2005) che compongono la silloge Fa la nanna cocola (traducibile in: Dormi, piccola mia) sono tenere come le carezze di un bimbo. Sono parole leggere, innocenti, commoventi, accompagnate da ricordi di ninnananne infantili, riprodotte nel dialetto veneziano che era la lingua familiare dell'intimità, dell'abbraccio quotidiano tra madre e figlia (... alla fine ero io, / mia mamma bambina, / a coccolarti / a carezzare i tuoi capelli bianchi.).
- Le ultime poesie scritte da Adriana sono Le suorine bianche e Dal letto di un ospedale. Il vento della morte già bussava alle finestre, e le ha lasciato il tempo solo di ricopiarle, nell'ultimo ritorno a casa.
- Adriana ha chiuso gli occhi all'alba del 19 ottobre 2005, nell'ora in cui si svegliano i nidi, e i canti degli uccelli salutano lo spegnersi delle stelle. Mi piace pensare che il suo ultimo respiro terreno sia stato raccolto da un'allodola, l'allodola felice che adesso ricama frulli d'ali e melodie dolci nel cielo, e che ogni tanto torna a trovarci sul balcone: mentre ci saluta muovendo il tenero capino bruno, canta: "Se apro porte e finestre / ed esco da me, / se muovo le ali della mia libertà / e la gioia / fa lievitare il peso del corpo, / guardate / là in alto, dove lo sguardo / si perde nella luce, / quell'incredibile aquilone / che conosce i venti. / Lassù è salita l'allodola felice..."
- Lassù ti cerchiamo, Adriana. E lassù ti troveremo: stella, allodola, sorriso di luce, sorella nella parola e nel cuore.
Fiorella Borin
Incosciente saggezza
PENSIERI IN CERCHIOATTORNO ALLA MIA STANZA
I. - Entra un fiato di magnolia
- dalla finestra sul viale
- sfiora appena
- l'orecchino pendente della lampada.
- Le frange delle tende
- come bambini si agitano
- in gaio girotondo
- gli sguardi inarrestabili sulle pareti
- corrono.
- Poi improvvise le voci
- nella penombra scoppiano
- come monete d'oro.
II. - E portano i ricordi. Di quando
- con due biglie e un temperino
- ci si sentiva padroni di un tesoro
- e i giunchi erano spade per battaglie.
- Noi si chiedeva allora
- dove nascesse il mare
- ed era
- dentro l'argenteo sguardo
- di un gatto misterioso
- o nella trasparenza
- di un vaso di cristallo.
- Oggi son muti gli occhi
- la boccia è frantumata
- e il mare
- entra a far parte delle storie
- per l'esser stato
- testimone dei naufragi.
III. - Gli specchi e gli orologi alle pareti
- son testimoni adesso
- di altre sconfitte, di altri disinganni:
- fu tentativo inutile
- fermare il lieto istante
- di un volto, di un sorriso.
- Ora qui vengono i fantasmi
- ad incontrarmi.
- Dar loro ascolto? meglio
- impugnare il binocolo al contrario
- per rimpicciolirli
- e ricacciarli dentro il loro limbo.
- Anche se a notte / li sentirò tornare.
- Bussando ai vetri
- con le nocche d'ossa
- mendicheranno epiloghi / alle irrisolte storie
- e bramosi di luce tenteranno
- di depredare gli occhi delle stelle.
IV. - Stelle che a notte
- scendono a incontrarmi / silenziose
- esplorano gli angoli
- sfiorano
- le venature azzurre del respiro.
- Tentare un dialogo / con loro
- è suono di chiarine di cristallo
- eco soave che dischiude
- un varco sul soffitto
- e tutto il cielo allora
- vi si tuffa dentro
- con battiti segreti, con luccichio
- di polveri galattiche. Tra i capelli
- mi resta
- il sigillo d'una cometa
- grano d'avorio incastonato
- seta oscura
- goccia lapislazzulo.
- Alchimia
- diventa allora districare
- la matassa di pensieri-monologhi
- dal nido rugiadoso dei sogni.
V. - Ma è saggezza rifugiarsi dentro i sogni?
- o non piuttosto
- è scelta obbligata
- per sfuggire agli ingranaggi della vita
- che ci trascina
- come vuoti a perdere
- e ci stritola nella morsa-abbraccio
- di una discutibile realtà.
- Accucciata nel buio
- lascio / che tu venga ad incontrarmi
- e stai sospeso tra il travetto
- e l'armadio
- come un pierrot
- sul filo della luna. Lieve s'intreccia
- il dialogo
- tesse una tela notturna
- su cui rugiade d'argento
- indugiano sino all'alba.
VI. - E viene l'alba incuneando
- schegge di cristallo
- che slargano i profili di orizzonte.
- Il nuovo giorno ritrova
- ai loro posti
- gli alberi, le case, le donne
- affacciate ai davanzali
- o le altre / rimaste immobili
- nel gesto di stender panni
- sulle corde del vento.
- Figurine di un presepe
- che si mettono in moto all'improvviso
- appena ritorna la corrente.
- E ricomincia il fluire della vita col pastore in cammino
- l'acqua che scorre nel ruscello
- le pale del mulino
- riprendono a girare.
- E sempre un donchisciotte
- le sfiderà a duello.
VII. - Sfiderò anch'io il brivido e il miele
- dell'esistere?
- Uscirò dal rifugio di questi muri
- per entrare nel sole? Quanto
- è leggero il vento / se mi abbandono
- fra le sue braccia! Ma bisogna
- navigarci dentro,
- sciogliere le vele
- e andare in piena libertà.
- Sarò danza di sangue
- oppur di voce
- piroetta sui sentieri d'aria
- e gola viva.
- Incosciente saggezza
- di chi si lancia
- a braccia spalancate
- dentro la pienezza della vita.
VIII. - Le braccia
- queste nostre ali incompiute!
- Non prendono slancio anche
- le curve del salice?
- le arcature dei grani?
- Due piccole piume
- mi sono cresciute sulla schiena.
- Ma saranno / soltanto sguardi e pensieri
- a librarsi in volo
- a incidere paesaggi
- abbracci di farfalle
- glicini e fruscii.
- Il corpo no, il corpo non leva l'ancora
- rimane qui
- ad emettere segnali
- sulla scia
- di un possibile angelo terreno
- o forse
- delle ultime lucciole.
IX - Tornare alle lucciole dunque
- dopo l'esplorazione
- di comete e galassie
- rifugiarmi ancora nell'infanzia?
- dare voce ai ricordi
- ai dolcissimi intrecci di crisalide?
- Ridisegno i confini
- di erbe e filastrocche
- i lieti girotondi, le labbra di rugiada.
- In una stretta dolce
- mi allacciano i convolvoli. Il corpo
- è attraversato da gigli ed innocenze.
- All'improvviso si aprono
- le tasche alle pareti
- e ne debordano fuori
- i contenuti segreti
- tutte le inquiete sillabe / i volti
- i fiati, gli echi
- a decifrarli smarrisco
- la bussola e il sestante.
X. - Smarrita veramente? O non piuttosto quietata dopo il lungo viaggio?
- È questa stanza ancora
- che dà rifugio / è qui
- che si completa il cerchio.
- Non l'ebbrezza dell'oblio
- ma l'affollarsi dei fantasmi.
- Potrei allentare la guardia
- lasciare
- che s'intreccino miele e coralli
- frastagliare in echi
- i suoni che ritornano.
- Le pareti di cristallo
- ripetono all'infinito le immagini
- centuplicano le ombre.
- Chiudermi qui con loro
- nella vana attesa
- di un volo impossibile.
- Ma potrei anche abbattere pareti
- lanciare in alto
- le mie antenne di seta
- sfilarmi dall'involucro di carne.
- Sulla scia di indecifrabili messaggi
- sfrangiarmi e perdermi
- molecola nel cosmo.
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Ins. 07-06-2006