- Teatro senza
età
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- "Certo se il sistema cominciasse seriamente ad
occuparsi degli anziani, senza malasanità,
pensioni di fame, emarginazione, se si impegnassero le
migliori energie per sollecitare fantasia e
creatività in un momento della vita in cui
tanti compiti sono stati già assolti, mi
chiedo: non sarebbe questa un'età
d'oro?"
- Mentre percorro il tratto Gallipoli-Casarano mi
rimbalzano queste parole di una persona che ha avuto
esperienze con un gruppo dell'Upter (Università
della Terza Età) e non posso fare a meno di
ripetermi che sì, quella persona, ha
perfettamente ragione, potrebbe essere quella della
terza età un'età d'oro, acciacchi
permettendo. Intanto in meno di venti minuti sono
giunto a destinazione, varco l'ingresso carrabile che
mi immette in una sorta di oasi: verde a profusione,
fontane zampillanti, edifici architettonicamente
d'avanguardia, zone di sosta silenziose e
perfettamente pulite. Parcheggio l'auto e mi
avvio.
- So che 'loro', i miei non più
giovanissimi allievi, mi aspettano, pronti con
notevole anticipo sull'orario prestabilito. So che
hanno già predisposto il piccolo palcoscenico,
nostro spazio di gioco privilegiato, su cui ci
incontreremo e confronteremo passando insieme un paio
d'ore in assoluta libertà di spirito.
- L'approccio psicologico, che con questi
speciali allievi è essenziale, fondamentale,
per comprenderne le differenti capacità e i
diversi problemi, è stato curato e favorito al
massimo grado dalla dottoressa Paola
Serravezza.
- Poi è stato tutto più facile del
previsto. Il rapporto è stato immediato e si
è creata rapidamente una corrente di empatia.
Si sono poste le questioni e proposte le soluzioni in
modo sicuro semplice e diretto, cercando sempre di
stimolare in loro il senso del gioco, l'esercizio
dell'improvvisazione e della creatività, ma
senza voler imporre mai nulla, anzi offrendo loro le
possibilità di modificare, cambiare e
reinventare le situazioni a loro piacimento secondo la
loro natura ed esigenze del momento.
- Il nostro, ormai l'avrete capito, è un
incontro particolare. Insieme, facciamo teatro, un
teatro senza età, senza regole e schemi
prefissati, in cui spesso i ruoli si confondono e
s'invertono, perché - come affermava Ernesto
Calindri, vecchio teatrante sulla breccia fino a 90
anni "vecchiaia non vuol dire solo arteriosclerosi,
ma può voler dire anche saggezza,
maturità di sentimenti, amore, tenerezza".
E invita gli autori di teatro a scrivere testi per la
terza età. Noi invece il testo ce lo scriviamo,
o meglio lo creiamo, da soli. In questa assemblea
particolare tutti vengono sollecitati ad esprimere le
proprie idee sul lavoro teatrale da rappresentare,
ciascuno partecipa con la propria fantasia, cultura,
esperienza, alla stesura del soggetto. Poi si traccia
a grandi linee un tema-testo, un canovaccio, entro cui
ciascun attore recita a soggetto, secondo i canoni
della Commedia dell'Arte.
- Siete curiosi di sapere come avvengono questi
incontri teatrali?
- Immaginate allora un cerchio di persone sedute
in cui - pirandelliamente - non si distinguono gli
attori dagli spettatori: al centro una parvenza di
arredo-scena (un tavolino, due sedie, una pedana, un
tappeto, ecc.) in cui si muovono gli attori, ma senza
regole fisse. Può capitare che da un incontro
all'altro si cambi completamente personaggio,
perché l'attore non si limita ad interpretare,
ma crea egli stesso, ne fagocita il tema, lo rielabora
con le sue emozioni memoriali e con tutto ciò
che viene dal suo labirinto interiore, per approdare
ad un sottotesto-contenitore che è tutto suo
nel quale la verità si confonde con la
finzione. L'attore, insomma, diventa regista di se
stesso: è lui che sulla base di associazioni,
crea, elabora e modifica i suoi materiali, dando vita
ad una partitura che è una specie di inconscia
autoanalisi. Emblematici al riguardo certe mescolanze
tra realtà e finzione che spesso vengono a
verificarsi. Grazia che deve interloquire sui danni
provocati dal fumo, si ricorda del marito che
fumava... "e fumava perché - diceva lui -la
vita è tanto triste". E tutto ciò lo
travasa nel suo personaggio. Oppure Bruna che chiede
al personaggio-deputato quando potrà avere la
sua pensione.
- Ma comunque quello che prevale è il
senso del divertimento, del gioco, del tornare
indietro negli anni quando magari si recitava nelle
parrocchie.
- "Il teatro - afferma Strehler -
è il mio gioco. Sento dentro uno slancio
verso la giovinezza, età fresca, incosciente e
gonfia d'illusioni. Ma il teatro è anche il
lampo, il raptus artistico che ci dà modo di
fare i messaggeri d'amore".
- Per giocare al teatro - e quindi con la vita -
bisogna avere quella capacità, quel dono innato
di restare un po' bambini.
- Ma oltre a questo recupero del 'fanciullino'
pascoliano che è dentro ciascuno di noi, i
partecipanti a questo corso di teatro si distinguono
per un entusiasmo straordinario, una volontà
incredibile di comunicare e dare agli altri, un
desiderio di essere in qualche modo 'messaggeri
d'amore'. Ed è il caso di Bruna, una
meravigliosa donna non vedente dotata di uno spiccato
talento naturale e di una straordinaria bontà
d'animo che assume contorno e rilievo fino ad
esaltarsi nel suo personaggio teatrale (giustifica e
perdona tutti, abbraccia e bacia tutti, buoni e meno
buoni) o in Mario, un uomo ancora giovane che ha
perduto entrambe le gambe, ricco di slanci lirici, di
creatività e di sogni che canta con
straordinaria dolcezza. E tutto da lui trasuda
tenerezza, voglia ancora di donare e di essere amato.
E tutto ciò lo si può ricreare in
qualche modo, come afferma Vittorio Gassman, "sul
piano del gioco, l'ironia non ha età. Se chiudo
gli occhi io mi vedo bambino, altrimenti non farei
questo mestiere. Peter Brook dice che gli attori
rimangono bambini fino a 99 anni. Ho ancora tempo di
diventare adulto".
- E in fondo anche 'miei' attori sono alle prime
armi nel campo teatrale, quindi hanno ancora molto
tempo davanti a loro per diventare adulti.
- Intanto l'8 maggio p.v. faranno il loro debutto
ufficiale con la breve pièce 'La Signora
Speranza', in cui anche i costumi, le scenografie, gli
impianti, gli arredi saranno il frutto della loro
fantasia creativa.
- "Il teatro è come l'ossigeno e non ha
età" diceva Paola Borboni.
- Ma loro, gli anziani protagonisti, che pensano,
che dicono, di questa singolare iniziativa (forse
unica in tutta la Provincia di Lecce) assunta dalla
Fondazione Filograna?
- Io li vedo felici perché si esprimono,
perché c'è il piacere del gioco,
soddisfano il loro bisogno di fare, appagano
l'inesauribile esigenza del sapere, hanno scoperto che
è bello stare insieme, conoscere persone nuove,
manifestano con l'entusiasmo che il teatro è un
divertimento e insieme un arricchimento, ma
soprattutto una sorta di terapia, una terapia
dell'anima. E noi siamo con loro per questo, per
aiutarli a ritrovare il bambino che è in loro,
che ha voglia di esprimersi, di giocare, di essere
amato.
- Stanislavskij ha scritto: "Se esiste sulla
nostra terra qualcosa di miracoloso, questo è
il teatro". Comincio a credere che ciò sia
vero.
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