- Non brama
la mia penna
- tracciare
strade di pensiero:
- soltanto
smarrirsi
- tra
ciottoli di mille radici,
- infervorata
dal dubbio
- che l'orma
scalfita alla
- polvere
non dura che un passo.
-
-
-
- Poiché
nel calice quotidiano
- l'invitante,
ambrato riflesso
- lima ogni
giorno la profondità,
- parsimoniosa
ne celebro
- il
bivacco
- centellinando
il sorso.
-
-
-
- Quando il
vento si farà brezza,
- troppo
leggera per stordirci,
- troppo
fresca sulla pelle
- per
spogliarci,
- ritroveremo
forse il pudore
- della
prima carezza
- a stento
trattenuta tra le ciglia
- per non
contaminarla.
-
-
-
- Disincanto
-
- Lo
sentiremo ansimare
- tra le
fessure del respiro
- sottilmente
aghiforme,
- sorroponendo
l'immagine
- a
stortura.
- E ostinata
la luce
- rabbrividire
dentro.
-
-
-
- Sera
-
- Solo
primordi
- l'ancestrale
richiamo della
- radice
- assetata e
mai sazia
- di
sole.
- Possa il
giorno riprendersi
- l'ora
- impigliata
alla chiusa del gorgo
- altro non
s'oda,
- se non il
ridesto dell'Io.
-
-
-
- Realtà
boreale
-
- Pur se
esclusa m'incoglie
- dal suo
serto,
- grata
m'aggiogo a un'eco
- di
letizia.
- E
conservar m'è facile col
giorno
- or
celebrante
- e al rito
suo m'inchino.
-
-
-
- Da
alcuni viaggi
-
- Sassi di
Matera
-
- Fuggevole
l'ora ma possente
- l'attimo
d'astrazione,
- qui,
- dove
tracce d'eterno annullano
- principio
e fine,
- dove tutto
s'ammuta
- e nulla
muore.
-
-
-
- Ostuni
-
- Casette
bianche
- sfavillanti
al sole.
-
- Abbacinati
vi rinserranno
- gli
ulivi
- e Bacco
stende il suo
- tappeto
- sino al
guado dell'onda.
-
-
-
- Nel cuore
della Barbagia
-
- Per chi
foresto vi si addentra,
- echi e
silenzi assumono
- man mano
un senso,
- controverse
leggende si
- dipanano
- nella
consapevole fierezza
- d'immeritata
condanna.
- Non sei
che l'intruso
- nel temuto
avello del lupo
- eppur
t'accoglie,
- con
spigolosa mano,
- l'ombra
discreta dello stazzu.
- Al desco,
spumeggiante nel
- bicchiere,
- l'euforico
benvenuto
- del
Cannonao.
-
-
-
- Foibe
-
- Non puoi
non udirlo
- se ti
trovi a passare,
- il grido
imprigionato
- nelle
viscere.
- Non ha
trovato scampo
- nel
lamento del vento,
- non la
pace
- nella
pietà del silenzio.
- S'alterna
come un richiamo
- al rado
canto degli uccelli;
- discrepa
il masso
- che non
volle memoria.
-
Istria,
agosto 2003.
-
-
-
- Pareva un
geroglifico
- la
sequenza di colpi crivellanti
- la
facciata della chiesa.
- Dentro,
neppure il Cristo
- era
rimasto
- e nella
penombra invano
- attesi
- che l'ala
del silenzio,
- come volo
d'angelo,
- mi
disvelasse una presenza.
- MILOSEVIC...MILOSEVIC..
- Solo
questo sui muri.
-
Chiesetta
di Otocac &endash;
Croazia.
-
-
-
- Alte
cime
-
- Lassù,
dove il vento raduna
- e dipana
minuscole vele,
- fissato
alla purezza della neve,
- inaccessibile
tempo
- riordina
il pensiero.
- In basso
la polvere nell'aria,
- l'arsura,
l'ora dissanguata.
-
-
-
-
- Luna
d'agosto piena rossa e bassa
- di mezza
estate tu ridesti un sogno,
- cade una
stella e indora la sua traccia,
- ne cadon
mille e incendiano l'intorno.
-
- Luna
d'agosto impallidi del sole
- cocente
ardor che svampa sulle stoppie,
- luna
d'agosto piena bassa e rossa
- costelli
l'orsa di divin fulgore.
-
- Luna
d'agosto piena rossa e bassa,
- consuma il
sogno il dì senza più
pena,
- luna
d'agosto rossa bassa e piena
- trova
ristoro ardor tra le tue braccia.
- Luna
d'agosto piena rossa e bassa.
-
-
-
-
- Sera
d'autunno, sera che m'invogli
- al nido al
cui tepor s'incesta il sonno,
- traccian
le mani un pigro girotondo,
- e la tua
luce fragile m'incoglie.
-
- Al fioco
scoppiettar siede mestizia
- che il
dì sereno trascurò
monello,
- di quella
fiamma ch'esaltò letizia,
- sera
d'autunno langue un focherello.
-
- Mia sera
mite di velate forme
- involi
l'ombre per bramati lidi,
- e l'acque
chiare di segreti rivi
- veleggian
schive tra remote sponde.
-
- Sera
ottobrina tacita di voli
- sussurrami
del vento il suo disdire,
- partire
è sempre un po' come
morire,
- la rondine
partita è con le foglie.
- Sera
d'autunno, sera che m'invogli.
-
-
-
-
- Non ha
pagine il tempo inabitato,
- soltanto
righe tra ricalchi d'ombre,
- l'orma che
lascia quel viandare informe
- è
un libro chiuso e mai verrà
sfogliato.
-
- Trae
scontento il dì sì
ripudiato,
- orma non
schiude l'ombra di un sorriso,
- non ha
pagine il tempo inabitato,
- nessun
messaggio ascoso tra le righe.
-
- Rinsecca
triste, fior mai coltivato,
- fiore di
serra che mai vide il sole,
- asettico
grigior privo d'amore,
- snatura il
tempo intonso e già
passato.
- Non ha
pagine il tempo inabitato.
-
-
-
-
- E
accadrà ancora
(Il
dominio degli scafisti)
-
- Non danza
la Sirena
- vestita di
lame d'argento
- per i
demoni occulti
- del
mare;
- non
spalanca l'alcova
- segreta
- per
ammalianti riti
- di
leggenda.
- S'inabissa,
impotente
- e
inorridita
- di fronte
allo scempio,
- maledicendo
l'onda,
- imprecando
alla luna,
- disconoscendo
l'uomo
- maleodorante
- d'animalesco
afrore.
-
- All'alba,
come gusci di noce,
- srotola la
risacca sulla
- battigia
- brandelli
multicolore.
- Arpionata
agli abissi,
- la scatola
nera della
- speranza.
-
- Neppure un
cero
- sul ciglio
nero del baratro,
- sulle
piccole bare d'argilla:
- ma spettri
di scogli infidi,
- ibride
deità
- condannate
al silenzio,
- dove le
mani s'aggrappano
- intrizzite,
- sbarrati
gli occhi
- a un cielo
inesistente.
- E
accadrà ancora...
-
(Primo
p. assoluto FIPAC 2003)
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