- Ricordi
- Ero a Milano quando
mi raggiunse la telefonata di mio zio da Roma < la
nonna è morta, vieni subito>, poi più
nulla, mio zio aveva interrotto la comunicazione, non
c'era da stupirsi, nessuno mi amava in quella
famiglia, tranne mia nonna, e adesso non c'era
più.
- Presi il prima
aereo per Roma, atterrò a Fiumicino alle nove
della stessa sera, era domenica, avevo avvertito casa
che sarei arrivata, in realtà avevo lasciato il
messaggio al maggiordomo, e mi aspettavo che qualcuno
sarebbe arrivato a prendermi, ma mi sbagliavo, avevo
di nuovo riposto fiducia in persone che con me non
volevano nessun legame.
- Mia nonna abitava
alle porte di Roma, in un bellissimo casale del
settecento, da bambina, con i miei genitori ero solita
andarla a trovare tutte le domeniche, aveva un grande
giardino, che ospitava ogni sorta di albero, quello di
limoni, quello di mandarini, l'albero di mele, e tanti
altri, ed io giocavo lì insieme ai suoi
numerosi gatti, Simeone e Gatto erano i miei
preferiti, perché erano quelli che maggiormente
amavano giocare, i gatti sono molto solitari, ma loro
due sembrano non averne mai abbastanza di essere
rincorsi e coccolati con i "grattini" dietro alle
orecchie.
- Quando entravo in
casa, ormai sfinita, d'estate mi attendeva un
bicchiere di limonata, e d'inverno mia nonna mi
preparava la cioccolata calda, non ne ho più
bevute di cioccolate così buone neanche nei
miei viaggi.
- Ero rimasta proprio
con mia nonna quando i miei genitori avevano deciso di
concedersi un nuovo viaggio di nozze, stavano per
rientrare quando un incidente in autostrada
provocò la loro morte immediata, avevo dieci
anni, e nessuno che mi volesse davvero bene, a parte
nonna Mia.
- Chiamai un taxi,
per farmi condurre verso la casa di mia nonna, sapevo
che lì avrei trovato i miei due zii, Zio Salvo
che mi aveva chiamato, e zia Elisa, i loro consorti, e
i figli, i miei cugini.
- Quello che non mi
avevano mai perdonato, era il fatto di aver investito
tutti i soldi dei miei genitori in una società
che adesso portava il mio nome, e che aveva un
importanza europea nel mondo della pubblicità,
siamo stati noi a creare la pubblicità dei
jeans americani più importanti sul mercato, che
andava in onda attualmente sulla tv
nazionale.
- Forse la mia era
stata un'idea un po' azzardata, visto che compiuto i
diciotto anni avevo deciso di trasferirmi a Milano,
per studiare economia alla Bocconi, non avevo nessun
problema economico, l'eredità che i miei
genitori mi avevano lasciato mi sarebbe bastata per
vivere di rendita, ma io volevo lasciare qualcosa a
chi sarebbe venuto dopo di me, così decisi di
finanziare da sola il mio progetto, avevo iniziato con
un ufficio in un palazzo piuttosto anonimo della
periferia di Milano, poi avevo cominciato ad
acquistare fiducia nelle mie capacità, e avevo
presentato i primi progetti importanti, le commissioni
aumentarono nel giro di pochi mesi, così presi
altri collaboratori, ma non bastava, perché
mancavano gli uffici, allora ci trasferimmo in un
attico, poco distante dal centro, ma adesso anche
quello ci sta diventando stretto, infatti molti dei
miei collaboratori lavorano a casa, così a
venticinque anni, sto vedendo nascere il palazzo della
mia società di pubblicità in una
bellissima zona residenziale di Milano.
- Mi sono laureata
che già possedevo la società, credo di
aver vissuto la laurea più triste che si possa
immaginare, ad applaudirmi c'era solo mia nonna quel
giorno, ma sono sicura che i miei genitori erano
presenti.
- Adesso lei era
andata via, lasciandomi completamente sola, quella di
cui portavo il cognome non era la mia famiglia, credo
che il disprezzo nei miei confronti parta
dall'esclusione categorica di tutti loro dalla
società, infatti avevano insistito
perché io chiamassi la società solo con
il cognome, ma fui irremovibile, volevo che fosse solo
mia, non volevo che fosse scambiata per qualcosa che
apparteneva anche a loro.
- Alle dieci e mezza
suonai il campanello della porta di casa, quella porta
mi aveva sempre spaventata, era tutta di legno, e
aveva i pomi a forma di testa di leone, mi venne ad
aprire mio cugino Carlo, un ragazzo della mia
età, alto e biondo, aveva indosso un maglione a
strisce ed un pantalone grigio scuro, era novembre ed
io ero avvolta in un caldissimo cappotto di lana, nero
e lungo fino alle caviglie, lui mi guardò, ci
eravamo visti pochi mesi prima quando era arrivato a
Milano per lavoro, mi aveva cercato per vedermi,
eravamo stati a pranzo fuori in un ristorante
giapponese, non avevamo grande confidenza, ma lui
aveva scelto me per chiedere consiglio in merito ad
una questione che lo preoccupava molto, in un suo
viaggio in Giappone, si era innamorato di una ragazza
giapponese, figlia di un importante medico, non sapeva
come dirlo ai genitori, conservatori e poco inclini
alle novità, lui diceva che non avrebbero mai
potuto accettare una ragazza di un'altra nazione e con
altri credi religiosi, nonostante fosse una figlia
illustre.
- Capivo
perfettamente il suo discorso, infondo suo padre mi
aveva quasi dimenticata per non aver voluto fare
quello che lui voleva impormi, gli consigliai di
tenerlo nascosto ancora per un po', lui era sempre in
viaggio, perché era un'agente di borsa, quindi
non avrebbe destato sospetti la sua permanenza in
Giappone.
- In seguito ci
siamo sentiti con regolarità, e lui mi ha
raccontato di quanto la sua donna fosse meravigliosa,
e quanto voglia avesse di portarla in Italia per
farmela conoscere, ovviamente nessuno in famiglia
sapeva i nostri contatti, sarebbe nato uno
scandalo.
- Lo salutai con un
bacio, lui mi strizzò l'occhio, lo seguii nel
salone, dove mi accolsero tutti con il viso tirato e
le espressioni più fredde che io ricordi da
quando sono nata, certo le circostanze non erano
quelle di un banchetto nuziale, ma anche in quella
occasione non avrei riscosso facce migliori. Strinsi
la mano a tutti e chiesi di poter vedere la nonna, mia
cugina Veronica mi accompagnò di sopra, nella
camera della nonna < è qui, non ti
preoccupare ha un'espressione dolce sul viso, sembra
che sia morta serena, mi dispiace solo di non averla
potuta vedere in tempo, per dirle addio, sono sicura
che per te è lo stesso. Spero che lei ci
perdoni>, era cresciuta tanto Veronica, dall'ultima
volta che l'avevo vista, aveva vent'anni, e nella
struttura fisica e nei colori mi assomigliava molto,
aveva solo una differenza rispetto a me, ed era
l'espressione spenta e assente dei suoi occhi verdi, i
miei occhi avevano pianto e sofferto, ma sapevo che
erano vivi e orgogliosi.
- Lei mi
lasciò sola, io dischiusi la porta della camera
e la vidi, la sua piccola ombra faceva capolino al
lato del letto, era coperta da lenzuola bianche di
lino, e le avevano messo sul viso un velo di seta, mi
avvicinai al letto e sollevai piano con la mano destra
quel velo, la rividi, quel viso sempre così
pallido, e i lineamenti dolci e delicati, un sorriso
appena accennato le configurava, davvero, un aria di
serenità. Presi una sedia, e mi misi seduta
accanto a lei, gettai via quel velo, che rendeva
ancora più penoso il distacco, le sfiorai la
mano, e poi la presi tra le mie, istintivamente cercai
di scaldarla, ma era tutto inutile, mi voltai intorno
e vidi le cose di sempre, il comò con sopra
tutte le fotografie, ce n'erano di tutti i tipi, da
quelle in bianco e nero con il nonno e lei, a quelle
scattate con la macchina digitale, che raffiguravano
Carlo in un suo viaggio. Vidi, poi, l'angolo in cui si
truccava, il mobile in mogano, con tutti i suoi
profumi, e le ciprie di cui andava matta, e lo
specchio dal quale da piccola la scrutavo dalla porta,
a farsi bella, per l'uomo che nel suo cuore aveva
sostituito il nonno, dopo la sua morte.
- Mi girai a guardare
la porta, avevo le lacrime agli occhi, sottili e
leggere, quasi impercettibili, e mi rividi bambina,
quando nelle sere d'estate, con i calzoncini corti e
le ciabatte ai piedi, l'aiutavo a tirarsi su i
capelli, lei si spruzzava il profumo, e permetteva
che me ne spruzzassi un po', la guardavo ammirata
nello specchio, era bellissima, e sapevo che
quell'uomo distinto che mi portava sempre le
caramelle, era pazzo di lei.
- Se n'era andata via
ancora giovane, e io non riuscivo a
crederci.
- Scesi di sotto, mia
zia Elisa mi disse, che avevano già preso
disposizioni per il funerale, si sarebbe tenuto il
giorno dopo nella cappella di famiglia, dopo di che
mia nonna sarebbe stata sepolta, nella tomba di
famiglia accanto a mia padre e mia madre.
- Accennai un si con
la testa, poi mi misi seduta sul divano, attesi che
qualcuno mi chiedesse qualcosa, poi mi resi conto che
così non sarebbe stato, nemmeno i miei cugini
sembravano molto a loro agio in quella situazione,
sentii il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni,
uscii fuori dal salone ed entrai nello studio, sul
display vidi il nome di Gianni, la prima cosa che gli
dissi non appena risposi fu < dimmi che mi ami>,
< ti amo>, mi rispose.
-
Un
viaggio
- Avevo
i biglietti prenotati per le otto e trenta del
mattino, il treno sarebbe partito da Napoli diretto
verso Milano, stavo andando a trovare una persona che
per me aveva contato molto, ma con il quale era finita
mesi fa.
- Raggiunsi
il treno all'ultimo momento, ma in tempo per trovare
la carrozza giusta e sistemarmi, mi misi seduta, con
me c'era un signore sulla sessantina, e una donna
della stessa età, il capostazione
fischiò all'avvio del treno, il mio cuore prese
a battere più forte, sapevo che era
perché stavo andando da lui, allora cercai di
distrarmi da quello che poteva diventare un pensiero
fisso.
- Avevo
portato con me un libro, lo avevo iniziato da poco, e
avevo calcolato che mi sarebbe bastato per il viaggio
di andata, una volta arrivata lì, lui mi
avrebbe portato in giro e avrei potuto comprarne un
altro per il ritorno.
- Lo
aprii, tolsi il segnalibro, e comincia a leggere, le
pagine volavano via leggere, infatti non sentii che la
donna seduta di fronte a me, mi stava rivolgendo la
parola, < come, scusi>, < dicevo, che l'ho
letto anch'io quel libro, è davvero molto
bello. Credo di averlo finito in una giornata>,<
lo hai finito in meno di una giornata, tesoro>, le
disse l'uomo di fianco a lei.
- Seppi,
poi, che erano marito e moglie, erano sposati da
più di quarant'anni, e vivevano a Napoli,
stavano andando a trovare la figlia a Milano, si era
trasferita lì pochi anni prima per lavoro, <
..e adesso che noi siamo in pensione ci possiamo
permettere di salire su quando vogliamo, infondo
Milano non avrà il sole di Napoli, ma è
una città che offre tanto da vedere, e noi non
ci stanchiamo mai di visitarla. Vedrà,
signorina, la troverà
affascinante!>.
- Mi
chiesero se mi sarei fermata molto, perché ci
sarebbero stati tanti posti che avrei dovuto
vedere,< no, resto solo per un fine settimana. Vado
a trovare un mio amico, e lui è libero solo il
week-end>,< sentito cara, va a trovare il
ragazzo. Signorina ai tempi nostri tutta questa
libertà che avete voi giovani non l'avevamo
mica, quello che sta facendo lei, da noi veniva
chiamata "fuitina", e bisognava sposarci per forza,
poi>.
- I
signori Passero, mi raccontarono della loro storia,
vivevano entrambi nella zona di Posillipo, erano figli
di persone molto in vista, il padre del signor Passero
era un impiegato di banca, mentre il padre della "sua"
signora, come diceva lui, aveva un negozio di stoffe,
non avevano particolari problemi, infatti entrambi
avevano frequentato le scuole superiori, ma non
avevano il permesso di vedersi, in particolare la
signora Caterina, non poteva vedere il suo
"innamorato".
- Mi
raccontarono, che per incontrarsi, Caterina chiedeva
alla mamma il permesso di andare a comprare le
caldarroste dal venditore all'angolo della strada,
sapeva bene che per prima la madre ne era golosa,
così le aveva sempre accordato quel permesso.
Caterina indossava il suo cappotto di lana rosso,
infilava in testa il cappello con la sciarpa in tinta,
e correva giù per le scale, si davano
appuntamento proprio dietro l'angolo dove si trovava
il venditore ambulante, sapeva che lo avrebbe trovato
lì ad attenderla tutte le sere alle cinque e
mezza, e se ci fossero stati problemi lui avrebbe
fischiato prima di quell'ora sotto casa sua, la
canzone " Oi vita mia", e lei non sarebbe scesa di
casa.
- Si
erano conosciuti alla festa di un cugino di Caterina,
ai loro tempi le feste da ballo si svolgevano
soprattutto in casa, lei aveva visto questo ragazzo in
un gruppo di tre o quattro, e si era innamorata
all'istante dei suoi occhi blu, dell'incarnato scuro,
dovuto anche al mare ed al sole di Agosto, di quella
faccia da ragazzino senza barba, ma anche lui l'aveva
notata, < quella sera indossava un abitino rosa, si
portavano i corpini stretti stretti, che non capivo
come facessero a sopportarli, aveva i capelli biondi
sciolti sulle spalle, la pelle chiara come un
batuffolo di cotone, e gli occhi di quel verde
smeraldo che mi fecero incantare, aveva solo quindici
anni, ma era bella come una dea>.
- Avevo,
ormai, riposto il libro nella borsa, perché la
loro storia era diventata non solo affascinante ma
anche avvincente, mi parlavano e si tenevano mano
nella mano, proprio come due innamorati, e pensare che
oggi i ragazzi prendono la decisione di lasciarsi per
un niente.
- Una
sera Caterina era andata, come al solito a comprare le
caldarroste, poi aveva girato l'angolo, ma non aveva
trovato Paolo ad attenderla, avevano solo mezz'ora,
per vedersi, ma lei aveva fiducia in quel ragazzo,
sapeva che sarebbe arrivato, così nell'attesa
sbucciò una castagna ancora calda e la mise in
bocca, incominciò ad essere impaziente, pensava
che gli fosse capitato qualcosa di brutto mentre stava
andando da lei, e mi disse che le veniva da piangere
alla sola idea, lui quel giorno non
arrivò.
- Nel
palazzo dove abitava Caterina abitava anche la sua
migliore amica, andò da lei a confidarsi
sull'accaduto, e l'amica la tranquillizzò
dicendo che il giorno dopo avrebbe chiesto
informazioni ai ragazzi a scuola.
- Dopo
qualche giorno si seppe che Paolo aveva incontrato
un'altra, < ancora adesso, che sono passati
più di quarant'anni se ci penso mi vengono i
brividi, ero disperata al pensiero di lui con
un'altra, doveva essere molto più bella e
attraente di me, per convincerlo a tradirmi, ma mi
feci coraggio, e non lo vidi per due mesi. Sapevo che
lui era pentito, che ammetteva di aver sbagliato,
sapevo che soffriva, ma a me non importava, lui aveva
sbagliato>.
- Poi
una sera si rincontrarono, il solito cugino di
Caterina dava un'altra festa, e Caterina era stata
invitata, e lì si rividero, < era ancora
più bello di quanto non ricordassi, in pochi
mesi gli era cresciuta anche la barba, poteva essere
quasi definito un uomo>,< ma anche lei era tanto
cambiata, nel frattempo aveva compiuto sedici anni, e
si vedeva, era diventata più alta, ed aveva
molte più curve di quante ne ricordassi, me ne
innamorai di nuovo>.
- Paolo
si è giustificato dicendo che la carne era
debole, che quella ragazza che aveva incontrato era
più grande di lui, e gli aveva fatto conoscere
cose che di sicuro Caterina, non poteva dargli in quel
momento, e lui aveva perso la testa, ma non era
amore.
- <
Perché che cos'è secondo lei
l'amore?>, gli chiesi, la sua risposta non mi
stupì< l'amore piccolina?>, una risata
piena e travolgente lo colpì < l'amore
è la ragione per cui veniamo al mondo, tu sei
nata perché due persone si sono amate, è
un sentimento che sboccia immacolato e poi subisce le
più svariate metamorfosi, l'amore fa tremare la
voce e le mani, fa cambiare il colore degli occhi, fa
ridere di niente, l'amore ti fa fare chilometri anche
solo per sfiorargli il viso, l'amore è il
groppo in gola quando sai di non poterlo vedere,
l'amore ti fa stare fermo immobile al posto
dell'appuntamento anche se l'aria è sotto zero,
e piove grandine, e tu sei senza ombrello, è
l'amore che ci fa fare tutto, è il motore del
mondo, e sai qual è il bello? che l'amore
è infinito, e vive nella stessa persona in
tante forme e per diverse persone. Io nella mia vita
non ho mai smesso di amare, piccolina, non farlo anche
tu>.
- Così
ripresero a vedersi, allo stesso posto, fino a quando
una sera il padre di Caterina, rientrando prima dal
lavoro, per un forte mal di testa, li vide baciarsi
sotto il portico di una vecchia chiesa, preso dalla
rabbia sconsiderata, corse verso di loro, e li divise,
strattonando lui e prendendo lei per un braccio le
disse che non sarebbe più uscita di casa se non
per andare a scuola.
- Ma
Paolo e Caterina non si arresero, prima di che il
padre potesse portarla via si guardarono intensamente,
e in quello sguardo si nascondeva il loro
segreto.
- A
scuola venne preparato il tutto, attraverso
bigliettini scambiati durante gli intervalli, nel giro
di una settimana, gli amici di Paolo e Caterina,
avevano organizzato la loro fuitina, il giorno
stabilito era il lunedì successivo, Caterina
sarebbe andata a studiare a casa dell'amica, e con la
scusa di dover comprare le matite sarebbero uscite,
Paolo con il suo migliore amico le avrebbe aspettato
alla stazione, e sarebbero partiti loro due soli per
Milano.
- Tutto
andò come previsto, Paolo aveva addirittura
prenotato in un piccolo albergo di Milano per due
notti, e a loro dire furono giorni fantastici, ma
vennero rintracciati, soprattutto per i potenti mezzi
di cui era in possesso il padre di Paolo.
- Il
fratello di Paolo li andò a prendere a Milano,
e una volta tornati a casa, trovarono già le
cose sistemate per il loro matrimonio, < ormai,
tesoro, ci eravamo compromessi, e dovevamo fare
ciò che loro ci dicevano. In realtà non
avevo tutta questa voglia di sposarmi, ma ero stata
fuori con un ragazzo, avevo dormito con lui, e questo
bastava per fare di me una che non sarebbe potuta mai
stare con nessun altro. All'inizio fu tutto
fantastico, perché i miei ci diedero una parte
della casa dove abitavo e per darci più
libertà fecero costruire anche un muro, ci
sposammo in estate, e fu bellissimo perché la
passammo sempre a fare l'amore e a dare feste, poi
vennero i momenti più duri, Paolo lavorava nel
negozio di mio padre, e andavamo ancora entrambi a
scuola, e poi io rimasi incinta, fu un'anno molto
duro, ma poi nacque Gabriele, e tutte le sofferenze
che ci avevano attanagliato cuore ad anima, volarono
via come le foglie d'autunno. E adesso guardaci,
abbiamo resistito bene, e credimi ce ne sono stati di
momenti duri>.
- Ci
avevano creduto nel loro matrimonio, ecco
perché erano ancora lì, e soprattutto
avevano creduto nell'amore che li aveva colpiti a
quindici anni, e fatti sposare a diciassette, poteva
essere una semplice infatuazione, invece si erano
trovati, e se ne erano resi conto dal primo momento
che si erano guardati, loro si
completavano.
- Il
capostazione fischiò all'arrivo del treno alla
stazione di Milano, ebbi un sussulto, aprii gli occhi
e vidi il mio viso riflesso nel vetro del finestrone,
mi voltai per salutare i signori Passero, ma non li
vidi, così chiesi al controllore se i signori
che erano con me fossero già scesi dal treno,
ma lui mi rispose che ci eravamo appena fermati e che
le porte erano ancora chiuse, < capisco, ma qui con
me per tutto il viaggio c'era una coppia di anziani,
non li ha visti>,< signorina, sono passato
davanti alla sua cabina un paio di volte, e l'ho vista
sempre sola, la prima volta leggeva, e le altre due
l'ho vista dormire, e con lei, l'assicuro, non c'era
nessuno>.
- Ritornai
dentro allo scomparto un po' delusa, i signori Passero
erano stati frutto della mia immaginazione, eppure
sembravano così reali, avevo sognato la loro
storia, e mi sentivo così viva mentre loro mi
raccontavano le loro vicende, che non potevo credere
di averle sognate, ma la realtà era
questa.
- Quando
potei scendere dal treno, lo cercai con lo sguardo, i
volti delle persone mi si affollavano alla vista, in
mezzo a quella gente estranea c'era l'unica persona
che contava qualcosa per me, e non riuscivo a vederlo,
poi vidi, in lontananza, due braccia che si dimenavano
nell'aria, mi gettai nella folla chiedendo scusa e
permesso un'infinità di volte, quando gli fui
davanti alzai la testa fino ad incontrare i suoi
occhi, < com'è andato il viaggio?>, <
bene, ho dormito tutto il tempo>, lui mi prese la
valigia e a me venne naturale accarezzargli il
viso.
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