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PROLOGO
- E
l'Angelo disse al Demone
- «Non
fantasticherie tecnologiche o umanistiche, amico mio,
ma neppure realistiche veristiche imitazioni di un
reale peraltro sospetto, che non risolve comunque
tutte le potenzialità dell'essere.
- Queste
potenzialità solo l'arte è in grado di
produrle uscendo da sé ma pure restando al
tempo stesso impiagliata dentro di
sé.
- Bisogna
intendersi quando si parla di immaginario e di reale,
di verosimile e di inverosimile. L'arte, e ancora di
più quella del film, non deve essere certo una
fuga ma uno sprofondamento o un aggirarsi, penetrante
e critico, in un processo creativo che parte dal reale
per uscirne, per raggirarlo, per aprirlo all'evento di
un altro infinito; non fuga, dunque, ma apertura
attraverso l'uscita, l'estasi, per vedere e capire
meglio l'essere del mondo (e partecipare alla sua
trasformazione) fatto a immagine e somiglianzà
del corpo e dello spirito dell'Essere creatore e non
creato.
- L'arte
deve realizzare il vero reale.
- L'arte
(lo spettacolo dell'arte e l'arte dello spettacolo)
non è (lo può ma non deve esserlo)
imitazione catartica del reale (natura cultura ecc.),
bensì rivelazione di un immaginario che
realizza il reale per poterne cogliere la
verità e l'essenza, la trascendenza immanente e
l'immanenza trascendente».
-
-
- PARTE
PRIMA
- L'origine,
il conflitto, l'incanto
- Spazi
interiori e contorti, nel grigiore dell'ordine e della
convenzione,
- dell'istituto
per le trasmisisoni teleradiofoniche internazioni -
Dipartimento centrale dello spettacolo e delle
comunicazioni di massa - settore ente radiofonico
universale.
- AUTORE
(tra sé) C'è una confusione indicibile,
un caos di voci di passi di sospiri in una sorta di
andirivieni immobile e frenetico, dallo STUDIO DI
REGISTRAZIONE ai corridoi alle sale d'attesa ai
gabinetti, alle anticamere vuote, ricolme di fantasmi
e di creature in attesa di una possibilità di
essere: un intreccio di saluti, d'insulti, di ordini,
di motti di spirito, anche fuori luogo: persone,
figure della storia e dell'immaginazione, corpi,
spiriti, anime, angeli e demoni, satiri e ninfe e
altre creature e parvenze dell'immaginario e del
reale, della finzione e della perdizione, sperduti
nella luce e nel buio di un luogo solo apparentemente
stabile e reale e in realtà alla deriva di uno
stupore multiplo che non smette di riprodursi, e di
trasfigurare trasfigurandosi in un gioco di pena e di
attesa, di frenesia e di paura, di 'angoscia e di
maniacale sorriso. Io che, in quanto autore, osservo,
narro, scrivo, detto, penso, non penso, ascolto, io
sono tra loro e fuori, altrove, sono con loro per loro
e contro di loro, forse. Fuori è l'azzurro del
cielo, il ritorno dell'aurora, la veglia, il
desiderio, il tramonto, l'incubo della notte in cui
tutto s'imbroglia come nel caos primigenio, e la luce
che abbaglia e produce e annienta i fremiti e gli
eventi di verità impossibili nella vicinanza di
un essere che si allontana quando Io sguardo lo sfiora
o la mano lo tocca per un istante che il soggetto pur
nella soporosa visione del dormiveglia non smette di
eternare e di perdervisi dentro estasiando e
immaliconendo in una alternanza di mente e di cuore e
di altro, di lirismo e tragedia e epica dilacerati
dalle fiamme di un desiderio che lotta spasmodicamente
prima di abbandonarsi e arrendersi all'angoscia
paurosa del non più desiderabile e della sua
impossibilità translucida e oscura
nell'alternanza di sole e di luna nel viaggio cosmico,
che trascina soggetto ed oggetto nelle vertigini e
negli abissi vorticosi dal nulla all'essere e
dall'essere al nulla persi in un amore infedele che
non da più fiducia e in un intrico di
attrazione e repulsione incolmabili.
- Eventi
e spasimi dell'impossibile negli orizzonti intravisti
e perduti di un essere che non smette di strapparsi al
nulla che fondamentalmente lo costituisce. Il tempo
del senso che lo spazio della finzione ancora divora e
produce in una differenza uguale, da sempre, e
diversa.
-
-
- PARTE
SECONDA
- La
fine, il naufragio, il disincanto
- L'Angelo
prende il posto che prima era stato occupato dal
Regista-Conduttore-Autore.
- ANGELO
(al microfono) Un'ultima cosa, signori ascoltatori...
il nostro Autore e Conduttore vacilla, non ha retto
alla prova delle ninfe e dei satiri, ora ha altre
prove da affrontare, altro che i suoi umorali discorsi
sul cinema e l'immaginario: qui tutt'attorno
riecheggia un vuoto impossibile, e questo studio
sembra ormai galleggiare sul nulla, il nostro Essere
sembra averci abbandonati, noi le sue creature, e
l'unico pericolo in questo momento per noi risiede
nella minaccia dei demoni e in queste istanze del
desiderio sfrenato di satiri e ninfe e antiche
divinità che sembravano essersi ritirate a
favore di un qualche altro dio veniente... ma noi non
smettiamo di credere che il silenzio del nostro
Essere, l'abbandono, sia dovuto a una offesa
momentanea, e non smettiamo di sperare che Egli voglia
continuare a sorreggere, a ricostruire le fondamenta
del tempo e della luce: la luce, la lumière del
cinema dei fratelli Lumière e del mondo in
generale... che ora però si oscura...
e...
- Uno
spintone violento fa cadere dalla sedia l'Angelo e il
Demone si siede al suo posto, prende il microfono e,
nella morsa di una livida angoscia, di una sofferenza
che egli si sforza di arginare e perfino di rendere
gioiosa, carezzato da due Vergini Fantasie, parla agli
ascoltatori.
- DEMONE
Ascoltate, signore e signori, soltanto la voce e i
sospiri delle mie
- Vergini
Fantasie.
- VERGINI
FANTASIE (in coro)
- L'incolmabile
vuoto
- ci
assedia dall'interno
- dell'essere
- c'insidia
e seduce
- come
fanciulle eliadi
- e
s'insedia alla fine
- al
centro
- nel
cuore del nulla
- e
devasta
- dalle
fondamenta
- il
castello illusorio di
- corpo
e di spirito
- col
suo bastardo destino.
- DEMONE
Ascoltate, signore e signori, il dionisiaco
lamento.
- VERGINI
FANTASIE (in coro)
- E
se oltre l'ente
- nessun
superente, se oltre il mondo
- di
oggetti e soggetti
- con
i loro io e non io, es e superio
- se
oltre tutto questo apparire
- non
vi fosse nessuna sostanza,
- né
dio né non dio
- con
la loro corte di angeli e demoni,
- se
oltre l'ente non vi fosse
- nient'altro,
- ne
essere ne non essere
- ma
soltanto proprio niente, un illimitato
- nulla
sterminato di niente,
- non
sarebbe forse in questa distesa sterminata di
- non
senso il primo autentico respiro di senso
- di
un qualche essere in formazione alla cui
- crescita
si tratta da parte nostra di collaborare
- oppure
non collaborare e dal cui evento siamo
- comunque
in qualche modo utilizzati?
- E
se invece ogni illusione di senso
- venisse
annullata in questa tremenda constatazione
- senza
ritorno oppure in inutile ritorno eterno,
- o,
meglio, in un vano girare su se stesso,
- e
in questo non senso del nulla ciascuno fosse
- sballottato
senza neppure un amore, una Francesca senza Paolo
- o
viceversa, senza quest'ultimo appiglio di desiderio,
- se
oltre l'ente non fosse proprio nulla,
- né
essere né non essere, né assenza
né presenza,
- dove
comincerebbe e dove si consumerebbe il vacillamento
- di
ogni umano e disumano battello nello sterminio del
- naufragio?
- Un
orribile boato. Sussurri e grida. Poi tutto vacilla,
tutto crolla, angeli e demoni vengono come risucchiati
da una luce intensa che scioglie ogni traccia di corpi
reali ideali o immaginarii poi la luce manca, lo
spazio si oscura in un vortice di silenzio
terrificante, poi riemergono voci lontane concitate,
rumori di armi, di automobili, clamori di battaglie,
il vociare in un intreccio astorico di epoche disperse
in un gioco di indecibili delimitazioni, un vorticare
di dire di fare di essere di non essere di... in
un'unica vertigine del desiderio e del nulla, o,
forse, del desiderio di un nulla che vuole o tenta di
essere o divenire qualcosa oppure di restare nella
resistenza a restare nulla contro il tentativo di un
qualche dio di farne un essere un qualcosa... Chi
sa... Non c'è niente da fare...
- Rimane
l'abbandono, l'attesa... un qualcosa che non si lascia
neppure intravedere ma che pure tenta di strapparsi al
nulla oppure, forse, questo nulla stesso che è
in balìa di un desiderio duplice e
contrastante, essere e non essere, restare e divenire,
e venire o stare, mostrarsi o nascondersi, parlare e
negare... in un inestricabile mistero pauroso,
vertiginoso, incolmabile, appunto... dove, quando,
come, perché, qui, questo, quello, questo qui,
quello là, quello qui questo là,
perché come, se, come perché... che
angeli e demoni sanno e non sanno, vogliono e non
vogliono dell'Essere e del Cinema il primo vorticante
respiro!
-
-
- EPILOGO
- E
il Demone disse all'Angelo
- «C'è
l'inconscio dell'essere e c'è l'inconscio del
soggetto, c'è l'inconscio dell'essere del
soggetto e quello del soggetto
dell'essere.
- L'arte
deve realizzare l'irreale e irrealizzare il reale.
L'arte (l'arte dello spettacolo e lo spettacolo
dell'arte, anche) non è (lo può, certo,
ma non deve esserlo) come tu dici, imitazione
catartica del reale (natura, cultura) ma neppure
rivelazione pura e semplice come pure tu pensi,
bensì è produzione critica, lucida, di
un immaginario che, a sua volta, ha già
prodotto il soggetto e l'immaginazione che adesso
immaginano quello, un immaginario che derealizza il
reale, lo surrealizza e lo transrealizza per poterne
cogliere il movimento interno, l'emozione vera e
propria e destruttura la struttura(zione) del mondo
per rifondarlo su ritmi rinnovati liberati, diversi,
anche nella loro eventuale ipotizzabile sospettabile
probabile immutabile immobilità e
uguaglianza.
- Al
di fuori dì questo, tutto è possibile ma
si è divorati dalla palude del "reale" con le
sue vallate, i suoi baratri e le sue montagne
innalzate nel vuoto dell'idea e della mancanza di
idea, del gratuito desolante, il disimpegno, l'arte
per l'arte, o l'arte per l'impegno, il laccio
micidiale, la servitù dell'arte, l'asservimento
all'idea dell'uomo o all'uomo dell'Idea, all'essere
dell'Idea e all'idea dell'Essere.
- Il
rischio del nulla, il sentiero della vertigine, lo
spazio di una vertiginosa bellezza, il tempo di un
estatico terrore nell'angoscia e nel desiderio
più sfrenati, inquietanti o pacati e silenziosi
che siano: sì, là è il bagliore
di una qualche verità, là uno squarcio
di cielo, un sussurro, un sospiro, un respiro, forse,
il respiro.
- Tu,
Angelo, vuoi scavare in terra o fissare il cielo,
stando al centro dello sguardo dell'Essere e del mondo
che lo immagina, io, invece, voglio percorrere i
bordi, gli argini, voglio aggirarmi senza fine,
perdermi in erranze ma non nel centro di un fuori o di
un dentro, io mi aggiro tra le rovine dell'essere e i
sussulti del nulla».
- L'Angelo
alza la sua spada minacciosa sulla testa del Demone,
che afferra la lama con la mano e la
ferma.
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