Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di

Claudio Malatini
«L'anglais»


Sul ballatoio sopra il pronto soccorso, si stagliava nel buio la massa bianca di un corpulento infermiere accovacciato in posizione volgare nei pressi della ringhiera del primo piano che dava giù, dove estraevano dalle ambulanze i corpi deimalcapitati.
Ad assistere allo spettacolo lo raggiunse un'inserviente, anche lei fuori turno, avvolta nel grembiule celeste che sottolineava le bruttezze dei fianchi enormi e sgraziati come la voce con la quale cercava di intrattenere l'altro che non la filava per niente, interessato com'era a tenere in ordine i capelli scomposti dalla brezza della sera.
Sotto, quelli in arancio rifrangente che scendevano e scaricavano in silenzio dalle ambulanze, abboccavano e guardavano verso l'alto ma non vedevano nulla, abbassando lo sguardo, abbagliati dai fari posti proprio sulla ringhiera.
Annoiato dallo spettacolo, l'infermiere si ritrasse per andare a bagnarsi i capelli e a pettinarli, zoccolando e ancheggiando verso lo spogliatoio.
La sera era di quelle primaverili, senza luna, di un nero avvolgente e rassicurante, con un'aria tiepida che portava lontani profumi di fiori mescolati con quelli orientaleggianti dei malcapitati, nonostante le folate acri delle ustioni che coloravano i corpi assieme ai brandelli dei vestiti variopinti.
Le ambulanze, come per rispetto, si tacitavano all'ingresso del tunnel e continuavano a sfornare una gran quantità di feriti provenienti dal campo nomadi andato in fiamme alla periferia.
Al capolinea, in tutti i sensi, arrivò anche l'"Anglais".
Lui di nomade non aveva proprio nulla, anzi, mentre lo portavano su, i nomadi meglio messi, si alzavano stoicamente in piedi fissandolo in silenzio in segno di deferenza, come dinnanzi al governatore di una colonia inglese.
Al secolo Anteo, da un'eternità lo chiamavano l'Anglais per l'aspetto fisico ma soprattutto per il portamento.
Anglais, in francese, perché suonava bene e perché conosceva tale lingua, d'inglese invece non spiccicava una parola.
Da giovane: alto, lineamenti fini, tratto signorile, raffinato, capelli sottili castano chiari come gli occhi con riflessi dorati. Fronte spaziosa, fisico armonioso e slanciato, quasi effeminato per via delle gambe lunghe e perfettamente diritte.
L'aspetto più accattivante era il sorriso, di una rara bellezza, da aprire il cuore.
I rudi del quartiere, all'epoca, non avrebbero potuto coniare appellativo più azzeccato in segno di rispetto per la sua cultura, appellativo che gli rimase appiccicato per tutta la vita anche al di fuori del quartiere.
Orfano di padre, in realtà viveva "alle spalle" della madre che gestiva, o meglio lentamente prosciugava, una modesta rendita derivante da alcune proprietà lasciatele dal marito.
Eterno studente aveva superato ben pochi esami, non aveva alcuna fretta e si era dato a tutti i generi di lettura, tranne quelli utili al corso di studio.
Alimentava sporadicamente un'antologia con versi scritti di getto, tuttavia di notevole qualità, anche se conosciuti da pochissimi intimi ai quali concedeva rarissimamente l'accesso attraverso la propria declamazione, nei frangenti e situazioni in cui tentava di manipolare i loro o i propri sentimenti.
D'inverno, al primo buio, le osterie ed i negozi del quartiere, colmi di barattoli di latta e di cartoni, si riempivano di tepore e di odori nell'attesa della neve, aspettata con trepidazione e ingenuità infantile, con i propri suoni ovattati a ritmo lento, pieno di dolce pigrizia e letargo.
Sui fuochi e sui cerchi roventi delle stufe bollivano gli stufati e gli ossi di maiale abbondanti di grasso; gli angusti cortiletti, gli archi, i portici bassi e i budelli dei corridoi stretti e bui, odoravano intensamente di verza da aggiungere alle ministre con ossi e riso.
Sui marciapiedi i ragazzi per mano, che imbottivano i cappotti stretti e pesanti, avvolti nelle lunghe e gonfie sciarpe di lana grezza, cercavano di scalciare le madri resistendo alle loro strattonate come cani al guinzaglio.
Dalle finestre, sempre troppo piccole, arrivavano le grida sguaiate delle donne ed il fragore delle stoviglie rotte contro i maschi dall'alito vinoso.
L'Anglais era il re dello stradone, compariva bello e signorile nel suo trequarti nero stile ottocento, con passo lieve ed aristocratico salutando con un cenno del capo, sempre circondato dalla sua corte di manovali, muratori, garzoni d'officina, ripetenti alle scuole di avviamento professionale e bulli alla moda.
A volte dispensava pure qualche sorriso alle comari dalle gonne pesanti rese corte dal sedere sempre troppo largo, "inciabattate" e dai calzettoni a mezza gamba, che andavano in sollucchero e gli mandavano i figli ignoranti a ripetizione.
D'estate l'uniforme era la canottiera e i pantaloncini blu, portati pedalando pigramente a gambe larghe, alla gaglioffa.
I bambini in mutande, a piedi scalzi e con gli zoccoli in mano, suonavano i campanelli appollaiati in equilibrio precario sulle canne delle biciclette dei più grandi che pedalavano in branco, urtandosi allegramente, verso il fiume.
Sugli spiaggioni assolati, all'ombra di tende ricavate da qualche ramo secco e straccio scolorito, l'Anglais, dai fianchi stretti e la pelle ambrata, affascinante come una statua di Fidia, pontificava pigramente. Intratteneva i fedelissimi e qualche vergine che si dava arie da navigata mentre i più giovani si rincorrevano alzando polveroni e ricadendo avvinghiati in posizioni ambigue di lotta greco-romana.
Alla sera ricomparivano tutti agghindati, profumati di sapone di Marsiglia, con le chiome schiarite dal sole, i colli taurini abbelliti da catene d'argento luccicanti, pantaloni stretti e sorretti dai cinturoni appena sopra il sedere, magliette aderenti e scollacciate per sottolineare i muscoli abbronzati da una manciata di giorni di ferie.
L'Anglais faceva la sua apparizione solo sul tardi, slanciato nei pantaloni neri a tubo, con la camicia candida ed ampia, dal collo alla Robespierre, la giacca scura e leggera come un foulard, nella mano sinistra, i capelli lunghi e chiari, pettinati all'indietro con accurata trascuratezza.
Il sorriso, alla luce flebile dei lampioni, lo faceva apparire come un angelo evanescente da far tremare le parole e sussultare il petto delle giovinette dalle gonne a ventaglio.
E di donne n'aveva castigato tante, con passione e con gran fisicità ma sempre con poesia, rispetto e assoluta signorile discrezione.
Affetto sicuramente ma innamoramento mai, finché, maturo e libero dalla morsa possessiva della madre, conobbe lei.
Non pronunciava mai il suo nome, chissà perché, forse per un concetto di assoluto o più semplicemente per un vezzo studiato, di quella timidezza che piace tanto alle donne.
Lei invece si portava dietro l'appellativo di "indiana" per l'aspetto di prorompente bellezza bruna ma selvatica.
Sorella piccola di uno degli amici di corte, era l'unica femmina accettata dal branco; partecipava agli incontri con un ruolo marginale e atteggiamento mascolino, nell'indifferenza generale.
Lui però era sempre più sensibile alla trasformazione di quella bellezza adolescenziale e selvatica in una splendida, prorompente e aggressiva donna.
Lei prese presto l'iniziativa alternando furbescamente un'istintiva quanto ambigua ingenuità, quasi cameratesca, con l'irresistibile bellezza di donna complice.
Fu così che in una di quelle sere d'estate, tanto belle e intriganti da corrompere anche un santo, durante le quali ormai i due facevano scherzosamente coppia fissa, tra sfottò e lazzi, si trovarono soli lungo il fiume.
Lui la sdraiò dolcemente, accarezzò la seta fresca del vestito, dei capelli, del seno e dei fianchi ma si fermò abbagliato dallo splendore giovanile del volto e degli occhi.
L'Anglais restò per un attimo sbalordito quando vide spalancarsi la porta della sua stanza e comparire la figura stupenda di lei. Nella penombra rimirò, sul pavimento, il vestito di seta e poi si lasciò travolgere da tanta bellezza.
Ciò che lo intrigava maggiormente era l'ambiguità del comportamento che tenevano, da amici e non da amanti, stupendamente in contrasto con la realtà che riempiva prepotentemente le sue giornate.
Fu lei a lasciare appositamente tracce, a far scoprire l'intrigo, rendendo a quel punto ufficiale il loro rapporto. I giorni scorrevano pieni della sua presenza; facevano coppia fissa in modo quasi assillante ed esclusivo, sicché l'Anglais s'isolava sempre più perdendo colpi con la sua corte e con il quartiere intero.
Lei, al contrario e grazie a lui, aveva perso ciò che di selvatico prima possedeva.
Era divenuta una donna raffinata, di una bellezza classica ed intelligente che studiava con successo.
L'Anglais era sempre più in declino economico e questo si rifletteva nella trasandatezza del porgersi e nel vestire.
Aveva l'impressione di essere ormai un libro letto e straletto che non emozionava più, come le sue poesie che incantavano solo il gruppo sparuto dei fedelissimi, in disgrazia come lui.
Sempre più geloso, alternava, in una tragica sequenza periodi sempre più lunghi di depressione, umiliazione e aggressività.
Lei era incondizionatamente bella, colta, di successo, corteggiata e soprattutto indipendente.
Non poteva far altro che assistere impotente e disperato al degenerare del loro rapporto, con una rapidità impressionante, sino a toccare il fondo dell'antagonismo, della violenza e della volgarità, ineluttabilmente verso il giorno della separazione finale, irreparabile e definitiva, non per questo meno tragicamente dolorosa.
Si lasciò vivere lungo giornate interminabili, colme di vuoto e di assenza, incurante del contingente, ancorché pressante e tragico, scivolando per le strade solitario e trascurato.
Andò a soffrire altrove, come un cane ferito che si nasconde.
Il ballatoio dell'ultimo piano, dove era il gabinetto comune, guardava sull'aperta campagna, piatta ed uniforme, a perdita d'occhio.
Viveva in uno stanzone con un grande pendolo sottratto al sequestro, un letto piccolo con la coperta militare, un vecchio tavolo circondato da tante sedie inutili, da osteria, una stufa a legna nella quale bruciava di tutto, un veliero pieno di polvere ed un'enorme credenza usata come armadio.
Il corridoio, con grandi mattonelle disposte a scacchiera, portava ad un'altra stanza fredda, dalle pareti scrostate, adibita a magazzino dove aveva accatastato tutte le robe vecchie che trovava in giro con la rara vendita delle quali rimediava da campare, al limite della sopravvivenza.
Non parlava mai del suo passato, arido come una pianta secca; ogni tanto aveva degli sprazzi di vita con qualche matura e generosa donna con alle spalle storie complesse di cui non voleva sapere niente.
Le giovani lo salutavano asciutte con un certo rispetto per i suoi tratti fini ed il portamento demodé ma frequentavano gli operai o gli artigiani della zona, con le loro utilitarie dal cambio corto, i jeans a zampa d'elefante, i mangiadischi, le festine con le paste, la luce spenta e le mani leste.
Un giorno sentì prima un urlo e poi un gran vociare dalla strada dove si era riunita una piccola folla davanti al bottegaio che inveiva per essersi fatto sfuggire una zingara ladra.
Ebbe un'intuizione, aprì l'uscio e la vide accovacciata in un angolo del pianerottolo: splendida, orgogliosa, dagli occhi e capelli neri in un volto dolce e giovane, con una fisicità perfetta e scura, come la gonna e la maglietta.
Lasciò la porta aperta e lei entrò in silenzio, selvatica come un gatto randagio, si sedette sul letto.
L'Anglais estrasse dalla credenza un foglio, prese un pezzo di carbonella, le si avvicinò, le sollevò con dolcezza la gonna larga e si mise a ritrarla assorto in un furore mistico.
Quando capì che lui aveva finito, lei si avvicinò alle sue spalle, lo accarezzò e afferrandolo per mano si sdraiò sul letto trascinandolo a sé.
I nomadi lo aiutarono a sistemare la sua baracca nel loro campo e si occuparono di trasportare il pendolo, i libri e tutto ciò che poteva essere utile sotto lo sguardo allibito degli abitanti la vecchia casa.
Il campo era all'estrema periferia da dove si vedevano in lontananza i primi agglomerati popolari, spettrali e lividi come i suoni che da essi provenivano.
L'Anglais aveva ricominciato a vestire anche d'estate la giacca, dipingeva con passione seduto e assorto davanti le carovane e le baracche, in un'inebriante ridda di colori e volti veri, ricchi di storia.
Passeggiava spesso per il campo tra un nugolo di bambini che cercava di educare, peripatetico, sotto gli alberi.
Chiunque cercava il suo consiglio con ossequio e deferenza che trasmetteva anche alla sua compagna, trattata come la moglie di un governatore.
Di notte, lei lo afferrava per mano trascinandolo a sé sul letto ed era sempre come la prima volta.
Finalmente il medico, superata l'emergenza, potè occuparsi anche dei casi senza alcuna speranza, agonizzanti, come lui.
Quando lo vide trasalì, scostò con una garza quanto rimaneva dei capelli, lo guardò fisso e quasi urlò: «Ma lei è l'Anglais!».
Non fece in tempo a cogliere la sua reazione ed espressione di compiacimento, distratto come fu dalla splendida presenza di una giovane zingara bruna che lo teneva orgogliosamente per mano, tirandolo, per quanto possibile, a sé.
L'Anglais piegò il capo e si lasciò morire felice di chiuderla lì, in quel momento di gloria e massimo fulgore.
L'infermiere, ormai in borghese, lanciò un ultimo sguardo all'ospedale che stava lasciando, contento di aver terminato il suo turno appena prima dell'arrivo di quella baraonda ma ebbe un moto di stizza quando un refolo di vento scompigliò i suoi capelli, ormai asciutti.

Claudio Malatini


Clicca qui per tornare alla sua Home Page

PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it Se l'autore ha una casella Email gliela inoltreremo. Se non ha la casella email te lo comunicheremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera indirizzata a «Il Club degli autori, Cas. Post. 68, 20077 MELEGNANO (MI)» contenente una busta con indicato il nome dell'autore con il quale vuoi comunicare e due francobolli per spedizione Prioritaria. Noi scriveremo l'indirizzo e provvederemo a inoltrarla.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2007-2008 Il club degli autori, Claudio Malatini
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
 
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 

IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
Agg. 18-09-2008