LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Cristiano Comelli
Ha pubblicato il libro
- Cristiano Comelli - Scorci di poesia
- Collana Le schegge d'oro ( i libri dei premi) 14x20,5 - pp. 72 - Euro 8,00 - ISBN 88-8356-820-6
Pubblicazione realizzata con il contributo de
IL CLUB degli autori in quanto l'autore
è 5° classificato nel concorso letterario
"Angela Starace" 2002
Presentazione - C'è un foglio in ognuno dei miei giorni. E c'è il desiderio di farlo sposare con l'amore che provo per il mondo attraverso le parole. Parole che sottraggono ciò che si ama all'incedere impietoso del tempo, portano acqua per salvarti dal fuoco di ciò che non comprendi. Parole per amare e sperare di essere amati per la propria autenticità, passi a volte discreti altre volte più dirompenti, con cui camminiamo nel tempo e nello spazio. Non semplici accostamenti di fonemi, ma scatole dorate di sensazioni, riflessioni, ricordi. A chi sente davvero il contatto con la realtà le parole arrivano da sole, senza il bisogno di cercarle. Mai sbattere loro la porta in faccia quando vengono a farti visita nel cuore: firmeresti la tua condanna a morte, l'ultimo respiro della tua anima che ha rinunciato a volare come se tutto fosse diventato scontato, noioso, prevedibile. E invece ogni giorno ci si offre qualcosa di non noto, un tassello che non ci rende uguali a ciò che eravamo il giorno prima. Siamo uomini nuovi ogni giorno, ogni istante. Sono lietissimo di avere trovato nella poesia la legna ideale e inesauribile per alimentare continuamente il fuoco del camino della mia vita. Lo osservo seduto al centro del mondo e sorrido. Sorrido come chi ha invitato a cena gli eventi, li ha baciati, "costretti" a raccontarsi e fatti propri per sempre. Io e gli eventi che mi circondano siamo come due amanti che con pari dignità si cercano in continuazione, si amano, si avvicinano, si allontanano. Ma poi, quando la sera ci chiude gli occhi per consegnarci alle carezze del sonno e dei sogni, ci ringraziamo sempre per esserci stati l'uno per gli altri. E ciò che di bello mi rimane lo voglio invece attaccare a un aquilone e diffonderlo nel vento, non mi importa a chi arrivi, mi importa pensare che, in qualsiasi cuore arriverà, ci sarà un po' di me. E questo mi consentirà di amare ogni persona, nessuna esclusa.
L'autore
Prefazione - C'è un virus strisciante che contagia oggi moltissime persone e si chiama corsa. La costante di molti sembra essere diventata il correre, non importa verso quale meta e per quale scopo, ma correre. Ed è una corsa talora "assassina", perché ammazza la riflessione e ci sottrae al grande abbraccio che le cose vorrebbero regalarci. Siamo talmente impegnati a cercare di superare la realtà, di imporle i nostri tempi che ci dimentichiamo di osservarla, di parlare con lei, insomma di amarla. E di esserne amati. Perché ogni piccolo frammento di ciò che ci circonda chiede di incontrarci, di farsi conoscere, e anche di scoprirci. La magia non è artificio che profuma di favola, ma è la favola della realtà, di una realtà che si può vedere, gustare, toccare solo che si accordino i propri ritmi di vita a essa. Una realtà che ci aspetta, che vuole camminare con noi. Un mondo mai uguale a se stesso, pronto a insegnarci ogni giorno che la solitudine è solo un brutto incubo. Si è soli se lo si vuole essere, non perché qualcuno ha scelto di farci essere tali. Ecco, in questo volume come negli altri due fratelli maggiori che sono nati prima di lui, mi piacerebbe che passasse questa idea: nessuno è nato per essere solo, nessuno deve condannarsi alla solitudine, intesa come annullamento del desiderio di parlare con la realtà circostante. Perché se so parlare con le cose che ho dinanzi a me saprò dialogare meglio anche con me stesso. Se conoscerò la realtà in cui mi trovo conoscerò anche meglio la mia persona. Un secondo elemento che caratterizza questa raccolta è, sulla scorta di quanto ho fin qui affermato, la capacità di lasciar parlare cose ed eventi, senza pretendere che siano come noi li vogliamo. In qualche poesia troverete anche, o almeno mi auguro troviate, il senso del fascino di una sempiterna capacità di rinascere dalle ceneri dei propri errori. È il caso di chi ha provato la dura realtà del carcere, cui dedico non pochi versi. È il caso di chi, avendo rinunciato a camminare sottobraccio alle cose e al loro parlare, ha invece scelto la falsa amicizia di una siringa. In questo volume ho optato per alcune poesie dedicate a persone precise. Persone che non ho mai conosciuto personalmente eppure ho conosciuto benissimo. Perché le loro parole, la loro voce me le hanno rese amiche. Non di un giorno ma di una vita. Così come non ho trascurato di cercare di esprimermi sulla complessità di un rapporto d'amore, su quel tentare spesso di amarsi senza volersi prima capire. È la tristezza di un amore che sbiadisce come un vestito ormai sgualcito davanti a un televisore e annega negli sguardi di due persone che non dialogano più. Ma è anche l'amore come capacità di sapersi fare dono del proprio partner ogni giorno. Concludo con una dedica a coloro che, volendo scorgere la luce nel cammino dei loro giorni, ancora non l'hanno individuata. Li invito a non demordere con una frase del filosofo Socrate che ho trovato stupenda e ho assunto come guida del mio esistere: "una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta". E la voglia di ricercare è propria di chi sa amare davvero.
Cristiano Comelli
Scorci di poesia
- 1.
- Le sottili mani di mia nonna
- appoggiate, tremebonde eppur sicure,
- sui tasti di un antico, impolverato pianoforte
- ricamando vanno
- l'ultimo meraviglioso concerto
- da dedicare alle bambole di porcellana
- sole, fedeli compagne
- di una vita inghiottita dal vortice
- di una solitudine scritta sulla pelle.
- Il primo accordo
- cede il passo ai sussulti incostanti
- di un cuore ribelle e capriccioso
- ossa indebolite reclamano un letto
- l'abat jour
- regala al sorriso della vecchierella
- un ultimo bagliore di luce soffusa.
- Il mondo si consegna
- alle braccia dell'oscurità
- la musica
- accompagna la nonna verso il cielo
- in un sonno di eterna
- compiuta dolcezza.
- 2.
- Calici insanguinati
- tintinnano nel silenzio impenetrabile
- di cadaveri anonimi e decomposti.
- La guerra ha mandato in scena
- il suo bieco, irrefrenabile
- teatro dell'assurdo.
- I sopravvissuti vomitano sorrisi
- taglienti come il canto di un rapace
- su quella morte
- che non è riuscita ad abbracciarli
- e la inducono a ritrarsi
- dai loro compiaciuti pensieri
- di un cinico istinto di autoconservazione.
- Il fronte si svuota,
- un altro tetro spettacolo
- di irrazionale dissolvimento
- scompare tra i flutti del destino
- cala il sipario per sempre
- su speranze imprigionate
- in giovani occhi
- che neppure ebbero il tempo
- di imparare a librarsi in volo.
- Sui corpi di quegli uomini
- la polvere cede il passo
- all'inghiottimento inesorabile.
- Nella bocca della nuda terra
- spunta lentamente una primula
- che manda un bacio all'urano
- e scrive su una piccola nuvola
- "sono la pace, non posso morire".
- 3.
- Le sbarre sorridono beffarde
- sul mio canto di anelata libertà
- gli errori di un'esistenza impazzita
- riaffiorano dagli abissi dell'anima
- come un film privo di regia.
- La storia dei miei fallimenti
- si arrampica su mura umide e consunte.
- Il tetro sguardo di un secondino
- disegna sulla mia tremebonda pelle
- la lacerante, indomabile certezza
- che la vita non tornerà a chiamarsi vita.
- Il pugnale con cui spezzai
- i timidi respiri di chi amavo e mi respinse
- si conficca nel mio passato
- e squarcia senza gocce di pietà
- la tela del mio domani.
- I colori di un'esistenza ritrovata
- sbiadiscono in un silenzio di granito
- e la morte
- come una morsa
- riprende a soffocarmi le membra.
- 4.
- Perché sputi sul crocifisso
- non fu lui
- a permettere che luride mani
- si avventassero sul tuo corpo fanciullo
- per ridurlo a un fiore appassito.
- Osservalo,
- ha negli occhi il tuo stesso dolore
- e un sangue di uomo annientato
- ma ancora capace
- di dare fiato a un canto di speranza.
- Il tempo
- sta per disegnare su una nuvola
- un sorriso da portarti in dono
- e allora volgi lo sguardo lassù
- lasciando le tue paure
- a marcire in un bidone dell'immondizia.
- La vita ti saprà sorridere
- come un concerto di stelle.
- 5.
- Su un minuscolo diario
- macchiato dal vino
- e violentato dalla polvere degli anni
- riposano
- come farfalle avvinte dalle braccia della notte
- quegli indominabili sussulti da ubriaco
- che pretesi di chiamare poesie.
- Ho lasciato i pensieri
- che più mi spaventano e lacerano
- nel fondo di una bottiglia di vino.
- Ho abbandonato
- le rughe che divoravano il mio sguardo
- tra mille frammenti di uno specchio rotto
- e sciolto le mie tremanti labbra
- in una tazza ricolma di zucchero
- per assaporare di nuovo e per sempre
- la dolcezza dell'esistere
- anche se vestita di illusione.
- 6.
- Sogni ancora deformi
- solleticano un'anima dispersa
- in migliaia di anonimi
- inconsapevoli, soffici frantumi
- come gocce di rugiada impazzite
- che sfuggono alla morsa del vento
- per fare l'amore con la natura.
- L'orizzonte inghiotte
- il timido, smarrito sguardo
- di un figlio mai stato figlio
- che d'incanto si scoprì padre.
- Un frammento di carne
- intrisa di speranze sottili
- si concede
- senza più volontà né battiti
- a una terra che non contempla pietà.
- E io
- su una vetusta sedia di paglia
- sedotta dai gorgheggi del tempo
- chiedo a me stesso
- di scorgermi uomo
- forse per una sola
- e ultima volta.
- 7.
- Un sussurro di sangue
- scivola per la celia di un errore
- sul debole, lacerato cuore di un poeta.
- Un'anima inquieta e ballerina
- prepara un cuscino di nuvole
- per le parole che ha eletto
- a supreme alleate
- nella sua crociata contro la tristezza.
- Forse è vano
- pensare che ruscelli di versi scomposti
- si possano rivestire di magia
- per annientare le catene dell'abulia.
- Ma nel solo scrivere
- l'ammasso di fragili ossa
- e l'incerto pneuma
- che il cielo ha voluto chiamare uomo
- sente davvero di vivere
- e il resto
- non è che un eterno arrivederci.
- 8.
- È l'ultimo laccio
- l'ultima dose per annientare i respiri
- i miei fallimenti mi stringono i visceri
- con la forza delle spire di un pitone.
- Con il solo occhio che ancora possiedo
- saluto la volta del cielo
- e prendo per mano il sole
- che sta morendo insieme a me.
- Resta una siringa abbandonata
- nell'angolo più recondito del cosmo
- una leggerezza che mai conobbi
- mi pervade le vene
- facendomi comprendere
- che sono pronto per spiccare il volo
- verso la nuvola da cui nacqui
- e che come goccia di pioggia indifesa
- mi spinse sulla terra.
- 9.
- Le poltrone del salotto
- sono ormai insopportabilmente ricolme
- delle nostre insulse ipocrisie
- di un amarsi incancrenito
- dalla paura di conoscersi
- dalla fatica malcelata di parlarsi.
- Fummo comunione di corpi
- su quel letto che pensammo essere
- indissolubile trono del nostro amore
- ma mai riuscimmo
- a scoprirci come appartenenze
- abbracciate a un destino
- tutto fascino, mistero,
- scoperta e riscoperta.
- E ora
- mentre nervosa sgranocchi patatine
- per non udire il rumore del mio pianto
- riusciamo a comprendere
- di essere stati incapaci
- di liberarci dalle catene dell'onirico
- per saperci gridare sul volto
- le nostre reali identità.
- 10.
- Smettila di graffiare
- con le tue unghie rosso fiamma
- le tele delicate dei miei sogni.
- Non mi svergognare
- per i vicoli di un mondo silenzioso
- se il mio cuore mendica sorrisi
- come un Arlecchino impazzito.
- Il mio sguardo
- diventerà una spada affilata
- per combattere
- fino all'ultimo sussurro di sangue
- i tuoi assurdi ancoraggi
- alla schiavitù delle apparenze.
- E lentamente
- il triste ricordo evaporerà
- nei miei mille desideri di rinascita
- e la tua immagine
- si sbiadirà anonima
- come una fotografia sfuocata.
- 11.
- A Giorgio Gaber
- Addio Giorgio
- nota purissima
- che si è fatta infinita canzone
- spirito inguaribilmente bambino
- cresciuto in un giardino di suoni
- alfiere dell'uomo autentico
- che come roccia basaltica
- si erge tra le mille insidie
- che come colli di bottiglia
- cercano di lacerare il suo animo.
- Addio
- fiero, instancabile avversario
- delle spade dell'ovvio e del banale
- amante della musica divenuto musica
- poeta del quotidiano che sa essere poesia
- goccia di profondità donata alla natura
- ritornata a far l'amore con le stelle.
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