Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Il papiro di Tiocle
Il mistero di unantico messaggio romanzo di Domenico Matrone
- Il Romanzo
- Il protagonista di questa intrigante storia è Nino, un cinquantenne in piena crisi esistenziale nei riguardi della famiglia, del lavoro, dell'età che avanza. Ma basterà l'incontro, o meglio il reincontro, con Tiocle, bella, colta, misteriosa, per risvegliare energie, curiosità e passioni che gli sembravano ormai negate. Insieme cercheranno di svelare il segreto di un misterioso papiro, insieme vivranno una storia avventurosa e appassionata tra antiche leggende e arcani messaggi alla scoperta della più antica civiltà del mondo.
- Il sorprendente epilogo conclude una lettura divertente e appagante.
- ...Dopo un po' di riposo e una doccia rinfrescante, si ritrovarono nella hall ed uscirono per un giro turistico per la città. Mano nella mano, come due fidanzatini, si divertirono ad osservare le vetrine e i bellissimi monumenti di quella fantastica città d'arte, unica nel mondo. Tiocle era serena, come se avesse dimenticato il motivo per cui si trovavano lì. Un leggero trucco che metteva in evidenza l'espressività del volto, aveva cancellato l'ombra di stanchezza dovuta alle preoccupazioni e al viaggio in auto. Lui invece non riusciva a essere tranquillo: pensava a quell'auto nera, e spesso si guardava intorno per non farsi trovare impreparato di fronte ad un eventuale pericolo. Passeggiando e senza accorgersene, si ritrovarono oltrarno, al di là di Ponte Vecchio, e Nico riconobbe la facciata della chiesa di S. Felicita.
- Entrare fu per lui una necessità indifferibile. Si recò subito con Tiocle alla cappella Capponi e rimase lì davanti alla Deposizione del Pontormo immobile, paralizzato. Quei toni delicati di rosa ed azzurro del drappeggio, quel verde del velo a terra, l'armonia della composizione, lo incantavano. Era sempre la stessa storia. Quel quadro era quanto di più sublime avesse potuto produrre la mano di un pittore. Era ipnotizzato e perdeva la sensazione del tempo. Sarebbe stato capace di restare ore ed ore in quella posizione, senza che nulla attorno lo potesse distogliere. Dopo un po', però, Tiocle lo scosse e gli sussurrò in un orecchio che dovevano uscire. Nico, quasi vergognandosi di quella assenza, si scusò ed uscirono. L'aria fresca della sera gli restituì lucidità mentale e padronanza di se stesso.
- Girovagarono per le belle strade di Firenze, illuminate dai lampioni e dalle luci delle vetrine, parlando un po' di quello che avrebbero fatto il giorno dopo e di quello che poteva significare quel papiro. Per un po' Nico abbassò la guardia: si dimenticò degli inseguitori, della sua famiglia, dei suoi problemi di lavoro, delle sue depressioni, dei suoi sconforti. L'universo tutto era limitato a loro due: lui e Tiocle. Viveva un incantesimo e non voleva romperlo. In una stradina laterale di via Por Santa Maria un lampione illuminava in modo suggestivo un angolo in cui una scaletta raggiungeva dalla strada un portoncino in ferro battuto, a circa quattro metri d'altezza, affianco al quale si affacciava un balcone con una balaustrata caratteristica. Nico pensò al balcone di Giulietta a Verona e l'emozione lo assalì. Ritornò col cuore agli anni addietro, alle sofferenze della sua anima alle notti insonni, alle violenze che si era imposte per tirare avanti, alle grida silenziose del suo dolore, all'impossibilità di comunicare ad altri il suo tormento, alla speranza vana ed alle illusioni di sanare nel tempo quelle profonde e inguaribili ferite. E allora abbracciò Tiocle, la strinse a sé con dolcezza, le accarezzò i bei capelli neri, le sfiorò gli zigomi con la punta delle dita, la fissò nei profondi occhi scuri, più che mai luminosi, e, alla fine pianse, senza accorgersene, lacrime di gioia. Lei allontanò per un attimo il suo viso da quello di lui, e con la mano gli asciugò le guance rigate da due sottili rivoli. Poi le labbra si incontrarono, si sfiorarono con tenerezza, le mani di Nico le cinsero le spalle e l'attirò a sé con forza, e si baciarono a lungo, intensamente, con passione. In quel momento le loro anime si toccarono.
- Non seppero mai quando durò quell'incanto: il miagolare di un gatto e un rumore metallico di qualcosa che era caduta a terra, li risvegliarono. E Nico allora ebbe il coraggio di parlarle. Le disse del suo amore di dieci anni prima, delle sue emozioni, dei suoi rimpianti, degli anni trascorsi a chiedersi se era giusto soffrire tanto, se era onesto continuare a vivere con la moglie e i figli, dopo aver provato un sentimento tanto intenso. E infine le chiese:
- "Sai che ti scrissi una lettera al culmine della mia disperazione? Non ho mai saputo se la ricevesti, se la leggesti, se capisti".
- "Mai e poi mai avrei dovuto scrivere queste righe &endash; rispose Tiocle &endash; mai e poi mai avrei dovuto avere il coraggio di pensarti. di desiderarti. di sognarti. Certo che la lessi, e capii subito, anche se rimasi un po' sorpresa. Ero una ragazzina e pensavo che quelle cose non potevano uscire dall'animo di un uomo di quasi quarant'anni.
- Pensavo di essere io ad essere attirata da te, uomo maturo, colto, affermato, in un certo senso affascinante, come spesso succede alle ragazzine. Ed invece il tuo era un sentimento vero, intenso, tanto vero e intenso che la sua vivida luce è sopravvissuta agli abissi degli anni. Conservai la lettera e, negli anni l'ho riletta cento, mille volte. Non me ne sono mai separata. È diventata una parte di me: mi segue dappertutto, vive, dorme, mangia, respira con me. È la cosa più bella che abbia ricevuto da qualcuno nei miei anni di vita. Ti ho ringraziato in silenzio mille volte, in questo tempo, per quelle parole, e sempre ti ringrazierò, per tutti gli anni della mia vita, e qualunque cosa accada".
- Continuarono in silenzio a camminare, tenendosi per mano, fin quando non giunsero all'albergo: era quasi mezzanotte. Presero le chiavi delle loro stanze alla reception, ma le mani non si separarono. La notte fu dolce, meravigliosa, estenuante nell'intimità dei loro corpi...
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