Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Francesco Falanga
Equazione futuro
- Sisto, seduto su un muricciolo, aspettava di partire con i suoi genitori, per passare le vacanze al mare.
- Di tanto in tanto dava un'occhiata al giornale e si guardava intorno distrattamente, senza pensare che di lì a poco si sarebbe allontanato dalla sua città, una città che, non riuscendo a risolvere i problemi presenti, come l'inquinamento e le conseguenze dell'immigrazione clandestina, di certo, non era minimamente preparata ad affrontare quelli futuri.
- Andare in vacanza al mare, per lui non aveva mai costituito un'occasione di spensieratezza o di interesse: egli amava studiare, osservare, capire: attività che si ripiegavano sulla sua intelligenza come una sofferenza insostenibile; sicché concludeva sempre che è meglio essere incoscienti, in quanto l'incoscienza è serenità e la serenità è dimenticanza e la dimenticanza il mezzo migliore per difendersi.
- Ad un certo momento, dopo essere stato assordato dal ruggito di una motocicletta, fissò la sporca acqua del canale in cui si versavano svariate fogne e pensò: - Ma perché quel vecchio canale non si decidono a ricoprirlo? Se lo facessero, l'igiene della città migliorerebbe di molto e si offrirebbe a tanti la possibilità di parcheggiare facilmente le loro automobili in un posto tranquillo, lasciando così liberi marciapiedi e strade.
- Quell'anno, poi, la villeggiatura gli appariva più insignificante del solito, nonostante nel campo del lavoro avesse raggiunto un'ottima collocazione, la migliore a cui potesse aspirare, fra la felicità di Gaia, la sua fidanzata, che ormai vedeva molto vicino il giorno delle loro nozze.
- Il loro amore era iniziato fra i banchi di scuola e non aveva mai subito flessioni.
- Sisto considerava Gaia una parte di se stesso e a chi gli chiedeva se l'avesse mai tradita, infastidito da una tale, indiscreta domanda, rispondeva: - Gaia, per me, è l'unica donna che esiste al mondo!
- - Andiamo! - gli disse suo padre, distogliendolo dal suo pensare.
- Suo padre era un signore di mezza età, molto vigoroso, a cui piaceva vestire con eleganza.
- - Ma babbo, è ancora presto! - osservò Sisto.
- - Meglio partire presto che in perfetto orario, - aggiunse sua madre, scampanellando i bracciali con cui si era adornata. - ...e poi non dimenticare che dobbiamo passare a prendere Gaia e famiglia!
- E così, saliti tutti e tre in automobile, si diressero tranquillamente verso la casa di Gaia, una splendida villa in campagna, con tanto di controlli e allarmi elettronici che avevano sostituito i soliti, feroci cani da guardia, con grande sollievo di tutti i parenti e visitatori vari.
- Sisto trovò Gaia all'ombra di un vecchio albero.
- Un fiume scorreva lento, lontano, fra rive verdeggianti ed alberate, e le sue acque, d'un azzurro intenso, riflettendo la luce del sole, di tanto in tanto, all'improvviso, diventavano d'argento.
- Nell'aria regnava un'armonia irreale, che spingeva ad esultare e a slanciare lo sguardo sui monti circostanti, il più alto dei quali raggiungeva le nuvole, che erano grigie e bianche.
- Dopo un tenero abbraccio, Gaia disse: - I miei genitori sono già pronti, nervosi e impazienti come due giovincelli alla loro prima villeggiatura.
- - Non ci resta che partire, - concluse Sisto.
- Infatti, poco dopo si misero in viaggio: Gaia e Sisto con un'auto; i loro genitori con un'altra.
- Il viaggio fu tranquillo e piacevole.
- Arrivati al mare, alloggiarono nel solito albergo, ebbero, sulla solita spiaggia, il solito ombrellone multicolore e, accanto allo stesso, i soliti vicini, chiassosi, allegri e chiacchieroni.
- Sisto e Gaia iniziarono le vacanze correndo felicemente verso il mare e tuffandosi, per poi nuotare insieme a lungo.
- Ma, dopo quel tuffo, tutto si svolse come sempre, fino a quando la noia non prese il sopravvento; e, per evadere dalla stessa, un pomeriggio Gaia chiese a Sisto di fare un giro in automobile per i dintorni della città.
- La passeggiata in auto iniziò con una precipitosa e stridente partenza.
- - Ehi, perché vai tanto di fretta?! - domandò Sisto a Gaia.
- - Perché non voglio che la gente mi veda con te: ho paura di compromettermi! - ella rispose, in tono scherzoso.
- - Allora è meglio che mi renda irriconoscibile! - disse Sisto e, dopo essersi messo sulla tesa il cappellino di Gaia, le chiese: - Adesso hai ancora paura di comprometterti?
- - No, perchè sembri una zitella di nobile famiglia! - gli rispose Gaia, ridendo, e ridusse la velocità dell'automobile.
- Arrivati nel primo, vicino paesino, arrampicato su un monte, dopo avere vagabondato un poco per le sue strette e suggestive vie, Gaia e Sisto sboccarono in una piazzuola dominata da un vecchio e suggestivo edificio in rovina.
- - È triste pensare che il tempo passa e non si può fermare! - mormorò Gaia, fissandolo.
- - Sì, è triste, però è ancora più triste pensare che per molti il tempo passa inutilmente! - disse Sisto e, dopo avere riflettuto un momento, aggiunse: - Ma come è possibile non fare passare il tempo inutilmente, se la maggior parte di noi vive come le hanno insegnato a vivere e se chi ha la volontà e l'intelligenza per raggiungere i suoi fini, conclude ben presto che tutto quello che farà è destinato a cadere nel nulla? ... Perchè tutto deve cadere nel nulla?!
- - Molti si sono posti e si pongono la tua domanda, - osservò Gaia, - nessuno, però, è riuscito a rispondere, se non fantasticando o rifugiandosi nella Religione.
- - È meglio riprendere la nostra passeggiata, - mormorò Sisto, smarrito.
- Dopo qualche passo, alla loro destra apparve il mare, fra fiori gialli e fiori bianchi, che riempivano l'aria di profumi penetranti.
- - Sisto, guarda! - disse Gaia, indicandogli alcuni uccelli che, nell'azzurro del cielo, dalla terra stavano volando sul mare, verso l'orizzonte. - Che cosa li spinge a lasciare questo luogo per un paese lontano?
- - La stessa forza che in questo momento sta spingendo me verso di te e te verso di me, - le rispose Sisto, - una forza che sentiamo, ma che non sappiamo spiegare, che nasce da un qualcosa che non capiamo e che tende ad un fine che non conosciamo! ...
- Poi la villeggiatura finì e, una mattina, Gaia, Sisto e i loro genitori ripartirono per le loro case, tutti abbronzatissimi.
- Mentre il viaggio procedeva nel migliore dei modi, furono sorpassati da un'automobile che correva come un fulmine e che, saltando di carreggiata, andò a scontrarsi frontalmente con un'altra che arrivava in senso opposto, ad una velocità non certo inferiore.
- - Nessuno può essersi salvato! - urlò Gaia, cercando di trattenere Sisto, che, fermata la loro auto, si stava lanciando verso quelle che si erano scontrate.
- - Lasciami! - gridò Sisto, e si svincolò da lei, e corse verso la massa informe di metalli luccicanti che si era formata dopo l'incidente.
- Lo spettacolo che gli si presentò fu sconvolgente: non gli fu possibile nemmeno contare i morti, in quanto i loro corpi erano dilaniati e aggrovigliati con le lamiere.
- Ma non era finita per tutti perché da un sedile, squarciato da chissà che cosa, si levava un lieve lamento.
- - Un bambino! - esclamò Sisto. - Un bambino si è salvato! - esultò, e si precipitò verso di lui, e lo prese con delicatezza. - Tu sei salvo! - gioì poi, e lo guardò con tenerezza, e si accorse che stava morendo.
- - Oh, no, non morire anche tu! - gridò Sisto, piangendo e stringendolo a sé, come nel disperato tentativo di trasmettergli parte della sua vita; poi, rivolgendosi all'infinito, urlò: - Dio, questo mondo è quanto di peggio potevi creare!
- In verità, ti dico che, se anch'io fossi un Dio, una tale creazione la annullerei in soli due istanti e poi vigilerei accortamente per evitare che tutto, casualmente, ricominci!
- Il modo in cui questo mondo si svolge e tutti avvolge, dimostra che sei indifferente verso chi muore e per come muore; verso chi nasce e per come nasce; verso chi vive e per come vive!
- Mi hanno insegnato che per tutti sei un padre! Ma se permetti che tutto proceda nel modo più crudele, che padre sei?
- Oppure ci coltivi solo per i tuoi fini, che, di certo, devono essere a noi sfavorevoli, tenuto conto che sono imperscrutabili?!
- Mi hanno inoltre convinto che tu sei il bene e non il male.
- Io, però, perché devo continuare a credere che tu sei il bene, se tutto mi fa concludere che sei il male?!
- Oppure sei solo un'invenzione nata dalle incapacità e dalle inconscie paure di alcuni uomini?!
- Se così fosse, cioé se tu fossi solo una teoria, significa che nessuno ancora è riuscito a concepirti e a concepirsi; quindi, ognuno, non sapendo nulla né di sé né di te, può giungere alla certezza che la predicazione di un gruppo di uomini incapaci e paurosi è solo una bestemmia che dalla Terra si leva al Cielo, dopo avere tentato, squallidamente, di coinvolgere tutti! ...
- L'indomani mattina il giornale locale riportò la notizia di quello scontro, che aveva causato la distruzione di due famiglie: solo qualcuno lesse la notizia, con grande indifferenza, come se morire sulle strade fosse normale e inevitabile.
- L'indomani, al tramonto, la campanella dell'ingresso di un convento suonò con molta insistenza, quasi con rabbia. - Chiedo di entrare! - disse Sisto al vecchio frate che aveva aperto lo spioncino. - Voglio fuggire dalla società in cui sono sempre vissuto perché è organizzata in un modo crudele e non fa niente per migliorare, come se non avesse un futuro!
- - Che cosa speri di trovare qui? - gli domandò un altro frate, apparso alle spalle del primo.
- - La serenità che mi necessita per arrivare a capire me stesso e il tutto in cui sono immerso! - rispose Sisto e poi, vedendo che la porta gli veniva aperta, entrò senza esitare.
- E in quel convento, qualche tempo dopo, gli fu recapitata una lettera, con la quale Gaia gli scriveva: "Aspetto di unirmi a te o in questa vita o subito dopo la nostra morte".
- A quella lettera non ne seguirono altre.
- Sisto si dedicò per più di sei anni ai suoi studi e alla cura dei campi del convento, senza alcuna distrazione e senza rimpianti; poi, una mattina, all'inizio del settimo autunno, guardando il sole che sorgeva, mormorò: - Adesso posso tornare fra la gente e prepararla al futuro verso il quale è protesa!
- Ciò detto, uscì dalla sua cella e, coprendosi la testa con il cappuccio della sua cocolla, si diresse verso la porta del convento.
- - Dove vai? - gli chiese frate Antonio, il suo confessore.
- - Ritorno dalla gente fra la quale vivevo, - rispose Sisto, - perché adesso so quello che devo dirle!
- - Che cosa hai imparato stando fra noi, leggendo i nostri libri ed osservando la nostra regola? - gli domandò il Padre Superiore.
- - Che l'uomo è stato formato da una costola della donna, e non viceversa; - rispose Sisto, - che Dio non è il Creatore, ma una creatura; che la conoscenza del bene e del male è necessaria, per migliorare; e che il Cristianesimo deve essere superato affinché tutti possano diventare veri Cristiani!
- - Sarebbe meglio se tu ti togliessi il nostro saio, - gli suggerì frate Antonio, aprendogli la porta.
- - Niente affatto! - rispose Sisto perché questo è l'unico abito che ho!
- Così Sisto tornò in città vestito da frate e si fermò nella piazza principale perché lì era radunata molta gente e molti giornalisti: tutti aspettavano l'arrivo e il discorso di un noto uomo politico, capo di un partito che si ispirava ai principi cristiani.
- Salito sul palco, Sisto così parlò: - Ascoltatemi! Vi insegno il Super Io perché l'"Io" dell'uomo deve essere superato! ... Seguitemi con attenzione perché nelle mie parole c'è il vostro futuro e il vostro futuro è un'equazione che riuscirete a risolvere solo se attribuirete ad ogni attuale incognita il suo giusto valore!
- A quel punto, poiché il politico che tutti aspettavano era arrivato, Sisto fu invitato a scendere dal palco, fra risate e fischi.
- - Non hanno capito! ... - egli mormorò allora, contrariato. - Non hanno capito niente! ...
- Poi tentò a lungo di farsi dei discepoli, ma nessuno lo volle seguire.
- - Non mi resta che tramontare! - concluse infine, amareggiato, e tornò da Gaia e le promise che non si sarebbe mai più allontanato da lei.
- Si sposarono, nel più intimo dei modi, nella chiesetta in cui erano stati battezzati.
Fine. Pesaro, 15/07/2005
Francesco Falanga
Da: "Dieci racconti"
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