- Piripicchio
M'hanno chiamato così. Sono stati i ragazzi del
mio amico che mi trovò davanti al suo
giardino.
- Quando
vivevo nella strada, m'avvicinavo a lui e l'annusavo
tutte le volte che scendeva dall'auto per aprire o
chiudere il cancello. Mi piaceva il suo odore, capivo
di volergli bene. Spesso mi parlava e mi faceva delle
carezze, allora sentivo un pizzicorino in tutto il
pelo ed un'emozione che mi faceva fare la pipì,
allora ero piccolo e la facevo senza alzare la
zampa.
- Un
paio di volte m'aveva dato anche della carne buona
come non n'avevo mai mangiata, a quei tempi avevo
sempre fame e non era facile trovare da mangiare.
Quando c'erano i bambini con lui, ci scappavano anche
le cose dolci, alcune a forma di pallina, veramente
buone, anche se si appiccicano ai denti. La donna che
era con loro invece no, non mi ha mai dato niente,
aveva un brutto odore e non mi piaceva. Io, malgrado
tutto, cercavo di conquistarla e le facevo festa, ma
lei mi scacciava coi piedi.
- Vivevo
nelle strade di quella zona. Mia madre era scomparsa
da qualche tempo, non la ricordo quasi più. Io
e gli altri tre fratelli dovevamo sbrigarcela da soli,
non era facile. Dovevo stare molto attento alle
automobili ed alle motociclette che facevano una puzza
tremenda ed erano veramente pericolose, uno dei
fratelli morì colpito da una di queste. Stette
un po' di tempo ad urlare e noi gli stavamo vicini.
Poi rimase fermo, lo portarono via quegli uomini che
passano sulle strade. Dovevamo stare attenti anche a
quelli perché ci scacciavano e cercavano di
farci male.
- Un
giorno rimasi solo. I miei fratelli corsero incontro a
due uomini che avevano portato da mangiare, ma questi
li acchiapparono con degli strani bastoni che
stringono il collo e li portarono via. Io riuscii a
scappare e da allora sono sempre stato attento, non mi
sono fidato più di nessuno e se qualcuno mi
portava da mangiare, prima aspettavo che se ne fosse
andato. Sono veramente strani gli uomini, qualcuno
cerca di accarezzarti e ti da mangiare, qualcuno
invece ti scaccia. Si deve fare attenzione a quelli
che portano a spasso qualcuno di noi col guinzaglio,
sono cattivi. Vorremmo giocare e ci avviciniamo, ma
loro danno calci e ci mandano via. Anche quelli come
noi sono cattivi, spesso mordono e quando ci vedono
passare davanti ai loro cancelli si arrabbiano. Ce
n'era uno però che mi era amico, era quello
grandissimo, chiaro, che camminava lentissimo insieme
a quell'uomo vecchio. Mi facevano i complimenti tutti
e due e qualche volta l'uomo vecchio mi faceva
mangiare della roba molto buona che dava anche al mio
amico grandissimo, ma poi non lo ho più
visti.
- Dopo
un po' di tempo cominciò a fare molto caldo.
Stavo attento a non bruciarmi le zampe, la strada
scottava e dovevo camminare all'ombra, ma il problema
maggiore era quello di trovare l'acqua. Non capivo
perché quella della fontana la chiudessero
sempre. Io stavo lì vicino e leccavo quelle
poche gocce che rimanevano nel fondo. Ogni tanto
però qualcuno mi apriva l'acqua quando mi
vedeva che aspettavo lì vicino. Meno
male!
- Poi
avevo trovato quel cancello e mi c'ero piazzato.
Aspettavo ogni giorno il mio amico, non so cosa avrei
fatto per essere preso da lui. Stavo bene lì, e
poi avevo da bere e da mangiare, il mio amico non me
li faceva mancare, ma una volta, quando partirono
tutti mi dovetti arrangiare. Furono giorni duri, non
so come ce la feci. Continuavo a stare presso il
cancello perché vicino c'era il contenitore
delle immondizie, ogni tanto qualcuno lasciava i
sacchetti di fuori e c'era la possibilità di
trovare da mangiare. Per trovare l'acqua dovevo fare
tanta strada, avevo imparato che quella che sgorgava
da un tubo faceva venire il male alla pancia, peccato
perché era vicino a dove stavo io.
- Per
fortuna, un giorno ritornò il mio amico, coi
ragazzi e la donna. Come di solito li aspettavo
accanto al cancello. Fu una gran festa, mi dettero
tanto da mangiare e quindi accadde il miracolo. Mi
fecero entrare. Il cancello che avevo sempre davanti,
ora l'avevo dietro. Cominciai a saltare dalla gioia ed
i bambini con me, saltavano anche loro. Da allora
trovai la casa anch'io. Mi fecero una casetta di
legno, ci stavo bene la dentro, ma soprattutto avevo
il mio amico.
- Ero
veramente felice e facevo di tutto per rendermi
simpatico e manifestare la mia gratitudine, ma c'era
la donna che proprio non mi sopportava, imparai a
starle distante.
- Il
mio amico quando parlava con me e coi ragazzi era
calmo, ma quando parlava con quella donna strillava
sempre e lei più di lui. Mi portava spesso
fuori con la macchina che era grande ed io stavo
dietro accanto ad una grata. I primi tempi mi veniva
da vomitare, ma poi mi c'ero abituato e mi piaceva
tanto andarci.
- Un
giorno in macchina era salita anche una donna, era
simpatica, anche se aveva addosso un odore strano. Mi
fece tante carezze. Mi piaceva. Ricordo che in
macchina si tolse tutta la pelle che loro chiamano
vestiti. Vicino a me capitò un pezzo di stoffa
sottile, aveva un odore molto eccitante, riuscii ad
agguantarlo con una zampa, per un po' ci giocai, poi
finii per mangiarlo. Capii dopo che quel pezzo di
stoffa era importante perché lo cercarono a
lungo.
- Il
mio amico non mi ha mai picchiato. I ragazzi invece,
qualche volta mi davano dei calci e si sono anche
divertiti a farmi mangiare della roba che mi ha fatto
bruciare la bocca, altre volte mi hanno fatto male
tirandomi le orecchie e la coda, ma io volevo bene a
quei ragazzi perché sapevo che anche loro me ne
volevano. Mi facevano molte carezze e mi davano i
biscotti. Mi piacerebbe tanto giocare ancora con loro.
- Qualche
volta vedevo muoversi delle figure strane e c'erano
anche strani rumori. Non so da dove venissero, ma i
miei amici non se ne accorgevano. Quando cercavo di
avvertirli toccandoli con la zampa mi davano da
mangiare, pensando che io avessi fame, oppure mi
sgridavano e io non capisco proprio
perché.
- Una
volta mi portarono in campagna. Trovai subito
un'amica. Che bello! Giocai e corsi tanto con lei, per
un po' mi dimenticai dei miei amici. Quando ritornai
mi sgridarono tanto e ancora non ne capisco il motivo.
Forse speravano che me ne fossi andato e si
arrabbiarono perché ero tornato da loro? Mah,
valli a capire!
- Nella
mia casetta stavo sempre più a lungo,
purtroppo, mi ci avevano legato con una catena da
quando mi ero divertito a scavare le fosse tra i
fiori. Non so perché la cosa avesse fatto tanto
arrabbiare la donna che aveva strillato per quasi
tutto il giorno e mi aveva fatto picchiare dal
giardiniere, sì che zoppicai a lungo, ma il
male maggiore me lo fece alla bocca, non potei
mangiare per giorni ed anche ora posso addentare da
una parte sola.
- Legato
a quella catena io mi lamentavo tanto e, naturalmente,
abbaiavo. Loro si arrabbiavano quando abbaiavo, ma lo
dovevo fare, dovevo avvertire quando c'era qualcosa
che non andava. Ogni tanto, infatti, c'era qualcuno
che metteva le mani sul muro o si appoggiava al
cancello, dovevo avvertirli. Loro invece si
arrabbiavano.
- Qualche
volta i ragazzi mi toglievano la catena e giocavano
con me. Lo faceva anche il mio amico, ma quando la
donna se n'accorgeva cominciava a gridare, così
mi ritrovavo incatenato di nuovo. Doveva essere lei il
capobranco perché gridava sempre. All'inizio le
facevo festa, ma lei non voleva neppure che
l'annusassi. Avevo capito che non mi tollerava,
così, quando mi passava vicino io mi rintanavo
nella mia cuccia.
- Non
so quanto tempo passai col mio amico e la sua gente,
ma deve essere stato parecchio, perché ho
sentito venire il freddo, poi ancora il
caldo.
- Un
giorno il mio amico e la donna vennero davanti alla
mia cuccia. Dalla loro faccia capii che c'era qualcosa
di brutto e restai dentro la mia casetta, li guardavo
dall'interno. Lei strillava, come al solito, e
ripeteva:
- -
mandalo via, mandalo via.
- Quelle
parole l'avevo già sentite altre volte molto
tempo prima quando dormivo per le strade, ma quello
che capivo di più era il tono della voce.
Voleva dire che arrivavano le pedate e che dovevo
scappare, ma in quel momento mi trovavo legato nella
mia casetta e non sapevo cosa fare, per cui me ne
stetti buono buono, come facciamo noi quando non
sappiamo cosa fare, col muso tra le zampe. Arrivarono
anche i ragazzi, ma se ne stavano lontani, in
disparte. Sembrava che l'avessero tutti con me. Io
continuavo a guardare fisso il mio amico, ma lui
volgeva la faccia da un'altra parte. Credevo che
almeno lui mi aiutasse, ma sembrava che fosse
arrabbiato con me, ma perché? Io non gli avevo
fatto nulla. Tremavo e mi scappava la
pipì.
- Quella
notte feci tanti sogni. Ero rincorso dagli uomini coi
bastoni che avevano catturato i miei fratelli, ma non
riuscivo a scappare perché scivolavo, poi
cadevo in una pozza d'acqua e non riuscivo ad uscire,
poi quella donna che continuava a gridare - mandalo
via- mi tirava i sassi.
- Il
giorno dopo il mio amico mi portò con sé
in automobile, ma non fu come le altre volte, non era
allegro, non parlava. Stette in silenzio per tutto il
tragitto. Aveva una faccia strana, io stavo zitto
zitto e lo guardavo, come al solito. Capivo che c'era
qualcosa di strano nel suo comportamento. In effetti
gli uomini si comportano stranamente, non mi capiscono
mai. Certe volte vogliono giocare, ma si stancano
subito, altre volte sono allegri e mi accarezzano, poi
diventano immediatamente seri; certe volte, quando
capisco che mi sgridano o che vogliono picchiarmi, io
dichiaro di arrendermi e lo faccio chiaramente
distendendomi e mostrando la pancia, ma loro
continuano a gridare. Certe volte sembrano non capire
niente.
- Arrivammo
nel posto in cui mi trovo ora. Vidi tante gabbie e
tanti altri come me che abbaiavano come forsennati. Un
uomo mi prese per il guinzaglio. Ricordo il mio amico
che mi abbracciava, aveva la faccia triste, io
conoscevo bene le sue espressioni perché per
tutto il tempo trascorso con lui non avevo mai smesso
di guardarlo. Poi l'uomo mi mise dentro questa gabbia
e mi tolse il collare. Sentii il rumore della nostra
macchina che si allontanava perché gli altri
cani avevano smesso d'abbaiare.
- Per
un po' stetti immobile senza capire nulla. Mi sentivo,
frastornato, strano, senza voglia di far nulla. Non mi
era mai capitato di sentirmi così, neppure
quando i miei fratelli furono portati via e mi trovai
solo. Poi, cominciai a guardarmi intorno. Dalle sbarre
vedevo gli altri che mi osservavano, qualcuno di
sfuggita, qualcuno insistentemente, ma non potevo
capire il motivo di quegli sguardi strani che non
riuscivo a definire.
- Non
mi hanno più chiamato col mio nome,
Piripicchio. Mi piacerebbe tanto che qualcuno mi
chiamasse di nuovo, ma lo farà il mio amico
quando verrà a prendermi.
- Non
so quanto tempo è passato, non lo so valutare,
ma certo che deve essere tanto. Molte volte è
venuto il caldo poi il freddo, poi di nuovo il
caldo...... Da queste sbarre ne ho viste tante.
Temporali, bufere, nevicate, afa soffocante, una volta
c'è stato perfino un incendio e qualcuno di noi
è morto bruciato.
- All'inizio
ho cercato di scappare, ho morso la rete fino a
sanguinare, ho scavato, ho fatto di tutto, come fanno
tutti quelli che vengono qua: abbaiano, si lamentano
per giorni, qualcuno si rintana nella cuccia e non
mangia, c'è chi litiga con gli altri,
c'è chi muore dopo poco.
- La
mia vita è stata assai movimentata. Ho vissuto
molte esperienze: girovago, mendicante, adottato,
addirittura membro di famiglia, poi mi sono trovato
incatenato agli arresti domiciliari, infine in
carcere. E poi? Chissà!
- Tante
cose sono cambiate in questo tempo. Non so
perché, ma gli altri cani abbaiano sempre meno,
prima li sentivo bene, probabilmente li hanno messi
più lontano, adesso non li sento più,
neanche quelli che mi portano da mangiare, si vede che
hanno smesso di parlare e camminano sempre più
adagio perché non sento i loro passi e
stranamente non li vedo più come prima,
è come se tutto diventasse distante... e poi
c'e sempre la nebbia. Anche il pane è cambiato,
è diventato talmente duro che non riesco
più a mangiarlo, meno male che ogni tanto mi
danno della pasta, quella è della stessa
qualità, è ancora morbida.
- Eh
sì, tante cose sono cambiate, anche le persone
che venivano qua. C'era una donna tanto buona che mi
metteva le gocce negli occhi e mi faceva le carezze,
poi anche lei è andata via, adesso non vedo
più nessuno, sono sempre solo.
- Sono
cambiato anch'io però, forse è per
questo che non mi dà più retta nessuno.
Prima facevo dei salti altissimi, ora invece fatico ad
alzarmi e faccio pipì come le
femmine.
- Continuo
ad aspettare il mio amico che non ho più visto.
So che tornerà perché lui mi vuole bene
ed un giorno verrà a prendermi, io lo aspetto
sempre. Quando dormo lo vedo, sento la sua voce ed
anche quella dei ragazzi, qualche volta sento anche
urlare la donna che diceva:
- -
mandalo via, mandalo via.
All'inizio quando dormivo lo sentivo
chiamarmi:
- -
Piripicchio, Piripicchio, vieni, bello, vieni!
- Allora
cominciavo a strillare per farmi sentire, e gli
dicevo:
- -
ti ho sentito, sono qui, vieni a prendermi.
- Ma
ormai non ci faccio più caso, quando
verrà verrà.
- Però
mi preoccupo un po' perché non so se
riuscirò ancora a fare i giochetti che lui mi
aveva insegnato. Si divertiva tanto. Me li ricordo
tutti quei giochi, ma non credo che li saprei fare
ancora, non riesco più ad alzarmi sulle zampe e
tanto meno a fare i salti. Come farò quando
verrà a riprendermi? Speriamo che non si
arrabbi.
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