Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Giuseppe Carnabuci
Ha pubblicato il libro
Giuseppe Carnabuci - La luna nel pozzo

 

 

 

 

 

 

 

 

Collana I salici (narrativa) 14x20,5 - pp. 80 - Euro 8,00 - ISBN 88-8356-603-3

Prefazione
Incipit  


Prefazione

 

"È difficile prendere la luna dentro il pozzo. La felicità è come la luna che si nasconde in un velo d'acqua, nella nebbia dell'illusione, non si può afferrare": la felicità sembra sfuggire, il sogno si allontana, l'illusione si frantuma davanti al muro quotidiano e rimane solo l'incertezza d'un nuovo giorno da scoprire e vivere. La vita è disseminata da incertezze, abbandoni, sofferenze, stanchezza e noia: mai dalla felicità. L'uomo si trova in una perenne inquietudine, travolto dalla sua miseria quotidiana e mai innalzato nella sfera superiore della grazia: vive una tensione continua non contenibile entro gli schemi e le forme presenti ed è incessante il suo sforzo per adattare se stesso al mondo circostante ma l'equilibrio è sempre instabile. L'inquietudine lo assale, lo rende sempre scontento dei risultati raggiunti, sempre sofferente per i limiti imposti i ogni situazione. I ricordi della propria vita, la famiglia, gli amori, le memorie che si accendono improvvise nella sua mente, i frammenti a volte confusi altre volte decifrati non sono altro che ostacoli da superare, recuperi memoriali da infrangere per tentare di ricreare un equilibrio positivo più adatto alla nuova condizione esistenziale. È sufficiente rivedere un vecchio amico che ormai si é sistemato con un ottimo lavoro, un matrimonio, i figli, quattro soldi in banca ed ecco che agli occhi del nostro protagonista costui appare ingrassato ed invecchiato oltre ogni immaginazione. Neanche le avventure amorose servono a molto perché dopo qualche appuntamento prevale la solita sensazione di vuoto, quel desiderio di distacco e di allontanamento, una sorta di sofferenza per ogni situazione che freni la libertà assoluta di movimento.
Il gusto della libertà insorge e prevale sempre. Ciò che non nasce, in questo continuo salto nel regno dell'impossibile, è la figura di un uomo inebriato di gioia e di felicità: e si trova a fare i conti con la propria imperfezione, a celarla, a dimenticarla, a lasciarsi trasportare inerte verso un nuovo giorno. Unica soddisfazione rimane quel vago senso dell'ironia nel guardare alla propria vita futura e alle esperienze vissute: il vero fascino non deriva dalle avventure rischiose ma dall'istinto per soddisfare gli appetiti primordiali e d'altronde non si può negare che prima di essere Idea e Libertà l'Uomo è fame, appetito sessuale, impulso all'avere.
Se poi teniamo conto che in molti uomini è radicata la nostalgia di una vita irresponsabile possiamo dire che il gioco è fatto.
"La luna nel pozzo" di Giuseppe Carnabuci, così com'è, con il quotidiano universo colmo di inganni e illusioni, con le vicende dense di contraddizioni, con le crudeli e disincantate osservazioni sull'esistenza non rappresenta altro che un fedele spaccato di vita. Nudo e crudo.
 

Massimo Barile


La luna nel pozzo

Ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

I ricordi cominciano nella sera
sotto il fiato del vento a levare il volto
e ascoltare la voce del fiume. L'acqua
è la stessa, nel buio, negli anni morti.
 

Da «Paesaggio VIII»

di Cesare Pavese

 

I ricordi saranno dei grumi d'ombra
appiattati così come vecchia brace
nel campo. Il ricordo sarà la vampa
che ancora ieri mordeva megli occhi spenti.

Da «Paradiso sui tetti»

di Cesare Pavese


I
 
 
 L'ora di punta: i negozi chiudono alle otto, alcuni alle sette e mezzo; manca un'ora e mezzo o due da utilizzare perché domani incalza un altro giorno e non puoi perdere tempo: hai mille cose ancora da fare.
La stessa gente che si riversa sulle strade pensa solo a sfruttare il suo tempo e a non farsi cogliere impreparata dal domani. Li vedi la maggior parte assorti e nervosi, alcuni stanchi (quelli che tornano dal lavoro); altri ne approfittano per fare una passeggiata, c'è anche chi porta il cane a spasso. È una piccola folla che si ripete nel suo andirivieni di ieri, di domani, di sempre, nel suo flusso continuo che ti ricorda tanto quello delle formiche, quando qui ancora esistevano le formiche e i prati, l'erba, qualche fiore di campo.
Un piccolo angolo della città, rappresentativo di un'ora, piccolo alito di vita d'un'anima più grande e più frenetica, piccolo saggio d'un giorno feriale uguale a tutti gli altri. Sono immagini che non hanno storia: fanno parte di sempre come se le avessi trovate dal primo giorno, dalla prima ora, e te ne fossi così immedesimato da non farci più caso.
Via dei Colli Portuensi non esisteva appena una decina d'anni fa.. La strada è una prosecuzione della via Olimpica, creata appositamente per snellire il traffico che da ponte Milvio (dall'autostrada cioè) va all'Eur, scaricando così la vecchia Circonvallazione Gianicolense dal peso d'una circolazione sempre più crescente e caotica. Ora è una grossa arteria con vetrine, negozi, supermercati, pullulante di nuovi arrivati, quasi città in una città che, a lungo andare, perde sempre più la sua primitiva conformazione, le sue originali caratteristiche storiche, defluendo in ogni direzione possibile alla ricerca d'un nuovo spazio vitale: è ciò che deve fare per non strozzarsi. Tutti fanno capo a Roma, ora come sempre.
La gente avanza spedita: coppie, bambini, vecchi; ognuno torna dalle sue attività e c'è chi ancora esce per fare la spesa. Due piccole folle sui due lati della strada su cui confluiscono e si riversano altri gruppi di gente, provenienti dalla traverse laterali. Sono le sei della sera ed è quasi un'ora di punta. Le macchine, al centro, sfruttano il percorso rettilineo, dando sfogo ai clacson.
...Quante volte ti sarai attardato da questa finestra... questa è l'ora in cui l'aria diventa più fresca e dà la sensazione che si respiri meglio, che mente e polmoni si rinfranchino visibilmente. Qui è la tua casa. Qui sei stato uno dei primi a venire ad abitare. Prima c'era tutta erbaccia e d'inverno avresti trovato solo melma e pozzanghere. A volte avresti visto passare qualche mandria di pecore, ed era uno spettacolo che non sapevi se ti portasse la campagna in casa o la casa in campagna. Quante volte avrai giocato laggiù coi tuoi coetanei: frecce, fionde, pietre e che sai altro; palloni e tutte la cose di quell'età.
Nel '53, quando sei venuto ad abitare qui, pensavi che vivere a Roma significasse abitare necessariamente in campagna. Più tardi, ti sei reso conto che le aree fabbricabili erano rimaste soltanto a vari chilometri dai centri storici della città. Dalla finestra vedi il passato. È la stessa finestra da cui vedi Sara, la nostra domestica, confabulare coi suoi spasimanti? No, altri tempi quelli.
 
... A Messina frequenti le elementari: e un giorno, tua madre, dovendo assentarsi, ti ha lasciato solo con lei: rivedi quel momento così lontano: il tuo quaderno è finito e tu sei preoccupato: pensi al peggio, al giorno dopo, a scuola: come ti saresti giustificato di questo? Come potrai scrivere la lezione dell'indomani? La paura, un vago senso d'angoscia e di colpa ingigantiscono dentro di te, e ti senti solo con la tua grande responsabilità, non riesci a trovare una soluzione che possa ridarti la serenità.
Sara sorride; "Te lo compero io, faccio un salto, la cartoleria qui sotto". Mai sarai tanto riconoscente con una persona. Passa del tempo. Pensi, "Quanto ci vuole per fare i pochi metri che la separano dalla cartoleria, all'angolo della tua strada?". Rivedi il sorriso di Sara, le sue rassicurazioni: "Aspettami qui, fai il buono, non fa niente se non li hai i soldi, te lo regalo io". Rivedi il suo sorriso, ma hai paura di essere rimasto solo, è quasi buio, quasi l'ora di stasera. Affacciato ad una finestra come questa, badando a non sporgerti troppo perché "il diavolo ti tira giù" (dice tua madre), vedi la gente passeggiare ed invochi che Sara torni. Ti senti solo come ora. È finalmente tornata. Un sorriso, un bacio, un sospiro, una carezza, che altro? Il sorriso, ora, a ricordare, ti sembra qualcosa di riconoscente, di grato (prima non l'hai capito). Per premiare Sara del gesto, per segnalare il suo dono, l'hai raccontato a tua madre. Lei l'ha sgridata, perfino licenziata. Ti sembra impossibile capire perché mai un'azione generosa venga ripagata con asprezza. Sei bambino e non capisci. L'infedeltà per te si potrebbe anche coprire d'un sorriso grato, d'una carezza sul viso, d'una parola buona e tu non ne capiresti mai niente. Ora, quel sorriso si tinge d'un amaro colore...
 
... Altri tempi: un'altra finestra... Salerno. Passano gli americani e a un gesto, scendi a prendere le monetine che essi ti offrono, coll'aperto sorriso stampato sulle guance rubiconde: esse ti serviranno domani per comperarti presso il loro chioschetto sulla spiaggia, biscotti o quelle loro caramelle quadrate che ti piacciono tanto.
Tempi felici, in cui basta un sorriso o un piccolo dono per essere in forma. La guerra tu non la conosci, ti ricordi solo questo di essa, e pensi che tutto si risolverà in sorrisi, pacche sul viso, cioccolate, caramelle, inviti detti con voce stentata:
"Venire con me California, Massachusset?".
Dicono a tua madre queste parole, e lei sorride divertita, compiaciuta. I riccioli biondi che hai sulla fronte ricordano a quegli uomini i figli lasciati a casa. Essi ti vedono con l'occhio d'un padre, e tu hai il pregio di far loro dimenticare la guerra. Poi, ti diranno che cosa essa sia in realtà, ti parleranno delle sirene, dei bombardamenti, delle tessere-pane, dei morti, e capirai che cosa significa quella parola che hai tante volte sentito, la cui eco è rimasta scritta ed espressa sui volti di tutti e che per te è uno scambio cordiale di volti e sorrisi. Per te essa è finita quando appena cominci ad intravedere cosa sia; solo l'essere stato così piccolo te l'ha fatto vivere senza capire di che cosa sia fatta...
 
Quante parentesi... prememorie e memorie esplodono all'improvviso, richiamate dalla tua coscienza: (le prime le chiami così perché più labili e vaghe). I vari gradini della tua esistenza combaciano in un unico vortice. I frammenti di trame si accavallano dappertutto, nell'attesa ansiosa d'essere richiamati o sguinzagliati alla luce, fuori dai meandri della memoria. I ricordi, alcuni, confusi, anelano a rivestirsi d'uno sprazzo di forma per essere convertiti, tradotti, sintetizzati, decifrati, sublimati in immagini efficaci o almeno definibili. Il metro dell'immaginazione è lento ed allenato a supplire alle lacune, con rattoppi e suggelli, nell'intento di tipicizzare il fatto. Esso ha margini incredibili.
Altri tempi, ricordi che ti tornano alla prima occasione in un'ora come questa, molle e tentatrice, vaga e riposante, incline alle rievocazioni, alle meditazioni sul presente o sul futuro, a volte dilatati a volte compresi nello stesso spazio temporale, su cui s'innestano vergini, incorrotti, irricreabili, i lembi del passato. Il beneficio della quiete torna sui tuoi dissapori del momento con cadenze quasi determinate, ad intervalli quasi regolari, sotto stimoli labilissimi e contingentissimi, quando meno te l'aspetteresti.
 

II
 
Ha telefonato Massimo, te l'ha detto tua madre. "Digli che domani mattina devo essere in stazione. Non voglio veder nessuno oggi, sono troppo stanco". Così l'hai liquidato.
Già, Massimo... e lui che fa? Ha un buon posto nell'Inps e guadagna discretamente. Ha già la spider, cena nelle migliori trattorie, ha due o tre donne che lo rincorrono. Un intellettuale? Anche questo (se è lui che lo crede).
Quanto tempo avete trascorso insieme, prima: sempre a rincorrere cose che avessero sapore di novità, in un'ansia che vi accomunava come due inseparabili cavalieri. Com'è cambiato ora. Già dall'ultima volta che l'hai visto quante cose hai potuto capire dal suo discorso:
"C'è uno nel mio ufficio, laureato in lettere, che non farà mai carriera; si ostina a non "strumentalizzarsi" perché dice che vuol restare libero, in un mondo tutto suo in cui s'illude d'essere ricco soltanto lui. Che razza di discorso! Asserisce che, per essere felice, gli bastano: l'aria che respira, i libri che legge, le poesie che scrive, i quadri che dipinge, che è autosufficiente nel suo perfetto "microcosmo culturale" e che piscia sul nostro mondo di integrati, anche se materialmente ricchi più di lui. Ma se uno mi fa un simile discorso, io penso solo che sia un matto o al più un fesso e amen: molte volte, chi non ha voglia di fare niente o pensa d'essere incapace, si rifugia nel suo solito mondo - che lui solo capisce - e pace all'anima sua! Ma non venisse a rompermi le tasche raccontandomi queste fandonie...".
Come lontani i suoi discorsi da quelli d'un tempo.
Prosegue:
"Guarda questo completo: 85 mila lire da "Principe", queste scarpe 16 mila a Cola di Rienzo, vicino il cinema Eden; fra 3 mesi cambio macchina, i "ghelli", il gusto di spendere, tutti sanno chi sei, che non sei un morto di fame. Fra 2 anni il mio stipendio, tutto compreso, tocca quota 290: ti pare poco?".
"Auguri, complimenti, sono contento per te" gli hai risposto.
Incalza:
"Una casa, una moglie con due cosce grosse così, un sostanzioso conto in banca e chi s'è visto s'è visto. Me comprind?".
Schiocca le dita.
"Certo che ti capisco", che altro gli potresti rispondere?
" A panza piena e a culo carico la vita scorre meglio. E d'estate, le ferie, un mese a Montecarlo, prima categoria, albergo che dà sulla spiaggia, gente di quella che sta su, un grosso motoscafo per la mattina: ti abbronzi la pelle e pari sempre un fusto. La sera, vorrei dare un'occhiatina alla roulette, tanto per farci conoscenza...".
"Ottimo programma".
Gradatamente però. Poi tento con la Spagna, Palma di Maiorca, le Baleari, sempre più chic e non mi fermo più, sempre più in alto. Val la pena risparmiare qualcosa per fare un po' il vero signore, almeno una volta all'anno. Gradatamente però, gradatamente".
Quanti discorsi, quante chiacchiere. Come ha cambiato idea, Massimo, quasi non lo riconosci più. Sicurezza economica, ferie di lusso. Egli fa ora lo stesso discorso di tuo padre, è diventato troppo pratico. I "ghelli" (si vede che ha anche viaggiato) sono tutto per lui. Tu e lui non avete più nulla in comune: sei rimasto solo. Il voltafaccia di Massimo ti ha sbalordito. Tempo un anno e mezzo (da quando è riuscito ad entrare in quell'ufficio - anche se con una spinta) s'è invecchiato di 20 anni rispetto a quello che era prima. Dov'è finito il senso d'avventura che lo divorava fino a ieri? Dove quell'anticonformismo che te lo rendeva affascinante compagno d'idee, alleato tacito e sicuro, stessa anima?
... E voleva fare il bohemien, il colonizzatore, l'esploratore... "Prepara lo spazzolino, partiamo" era il suo ritornello preferito. Le mete? "Il Mato Grosso: lo colonizziamo noi". "Pensa, se ci capita di trovare un filone di preziosi, apriranno la regione tra poco, e vi sono zone ricchissime, ancora sconosciute. Dobbiamo essere i primi". "E se non troviamo niente?". (tua obiezione). "Come si vede che hai sempre paura, è quella che frega tutti. Se ti va male, che ti farebbe schifo allevare le vacche in una fattoria della Pampa? Aria bona, natura, il gusto di lasciarci lontano tanti arrampicatori, tante cacche, tanti parassiti, civiltà e suoi fossili, morti civili, cadaveri viventi...".
Altre volte:
"Pensa, il Canadà: 9 milioni di chilometri quadrati per 10 milioni di abitanti:
1 uomo per chilometro quadrato. Che bellezza! Pensa che qui siamo 170 ogni chilometro quadrato, in certi posti addirittura 350, non puoi neanche fare un pernacchio, non puoi muovere le braccia, alzare la voce. E la natura, dove la metti? Qui, per vedere un prato devi fare 20 chilometri, minimo, e al ritorno, lo sai il traffico, quando t'imbottigli con la macchina e a cinque all'ora attendi la sera per rincasare. Una cosa da pazzi. Lì nessuno ti conosce e puoi fare quello che vuoi: pescare i salmoni ad esempio: sai quanto ci viene venduta sul mercato una scatola di salmoni? 100 grammi 300 lire, e non sono quelli di qualità migliore. E poi, tenti una strada, libera iniziativa, iniziativa privata. Qui se fai un passo ti tagliano i piedi: prova a fare un passo, e sono tutti paraceli, tesi come trappole per romperti il culo, ti fregano dappertutto, anche dal droghiere, pensa quanto è grossa la carta, pesa più di quello che compri: è la lotta della civiltà: società a stadio superiore, evoluzione in atto: frega tu che frego anch'io".
Continua:
"E il rispetto per il prossimo? Il prossimo è solo un mezzo per tentare di fare i soldi: Se invece vuoi stare fuori dalla mischia, trovati un posto fisso, un buco statale, ma lo sai cosa significa questo? La fine del topo, il fossile che crede di respirare: stipendio fisso, scatto, tredicesima, ferie un mese, tutto programmato, prendere o lasciare".
E poi:
"Lì, male che ti vada puoi sempre dire d'aver tentato di costruire qualcosa. Qui che costruisci? Ti costruisci la bara a poco a poco e ci muori dentro senza che nemmeno lo sai. Male male che ti vada resta sempre la rivoltella: ta-pum, e chi s'è visto s'è visto. Almeno hai avuto il coraggio".
"Coraggio?".
"Sì, il coraggio, è quello che frega tutti. La paura di rischiare: un posto tranquillo, uno stipendio sicuro: lì all'inizio nessuno te lo garantisce, ma tu ci pisci sopra: aspetti a dopo, dopo, vadano come vadano le cose, sei sempre uno che ha tentato la sua strada, ha realizzato sé stesso...".
Altre volte passa al Sudafrica ("in mezzo ai neri tu, come arrivi arrivi, sei sempre un signore"). Poi c'è l'Australia e quanti altri posti...
E pensare che voleva girare il mondo... il Mato Grosso, il Canadà, l'Australia (tanto per citare i più ricorrenti) dove sono ora rimasti per lui? Ora che unisce e timbra le bollette dell'Inps per rimborsare gli infortunati?
... "Quanto sei fesso a perdere tempo così, colla testa nelle nuvole, senza sapere che vuoi. Ci hai quasi trent'anni e ancora non hai capito che caspita vuoi. Quand'è che lavori? Almeno la finirai di rompere i timpani al prossimo colle tue storie. Cerchi una vita interessante, un lavoro che ti piaccia, così non farai mai niente, cerchi cose che non si realizzeranno mai: d'accordo, non vuoi scendere a compromessi... ma fammi il piacere, piantala, va' in culo tu a perdere il giorno sempre cogli stessi discorsi, trovati un lavoro e vai fuori dei piedi, perché se non lo trovi ora un lavoro non lo troverai mai più. Ci sono già i giovani in lizza e tu sei vecchio, se continui così finirai per fare la fine del morto di fame".
Questo pressappoco sarebbe quello che ti direbbe oggi se uscissi con lui. Ed è inutile sentire cose che già si sanno. Hai fatto bene a restartene a casa.
Lo rivedi Massimo, e non ti fa paura. È cambiato lui o te? Certamente, lui non tiene fede ai suoi patti: ti prenderebbe anche in giro, oggi. Il tuo unico torto è che ti sei illuso di poter entrambi pensare sempre allo stesso modo: uno di voi due è invece invecchiato e questo lui dovrebbe capirlo. Ma non te lo riconoscerebbe così come lo negherebbe perfino a sé stesso. Non ha più intenzione di girare il mondo? Pazienza. Ebbene, allora gli racconterai tu che cosa avrai visto. Lui, che ingrassi a casa, nutrendosi delle sue comodità; ma, almeno, in nome della vecchia amicizia, non si vendichi meschinamente, diagnosticandoti che sei un fallito, un acchiappanuvole cronico, un illuso senza rimedio, questo non sarebbe leale, non sarebbe da lui, da quello che lui ERA prima. E sarebbe fin troppo comodo per lui cavarsela così a buon mercato. Lo sa bene. Conservi ancora lo spazzolino d'una volta come garanzia.


 
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Ins. 09-12-2003