LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Giuseppe Carnabuci
Ha pubblicato il libro
Giuseppe Carnabuci - Il silenzio ha parole

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Collana I gigli (poesia) 14x20,5 - pp. 40- Euro 6,30 - ISBN 88-8356-513-4

Prefazione
Poesie  


Prefazione

 

Un cuore poetico batte dietro la parola lucida e raffinata di Giuseppe Carnabuci e la tensione del suo discorso verso lo scatto simbolico non finisce mai di sorprendere per l'essenzialità e le correlazioni tra l'intimo sentire e il mondo esterno: alcune liriche sono dichiarative d'uno stato d'animo preciso e definito del poeta, altre presentano un' immagine imprevista d'un paesaggio osservato e gustato profondamente nel suo incanto lirico.
L'incessante indagine tra apparenze ed essenze conduce il poeta in una personale dimensione nella quale ritrova la possibilità di guardare da un'altra angolazione, da un'altra evidenza: parola e suono, senso e ritmo, realtà e visione trovano un rilievo concreto, un interno legame analogico nella concretezza assoluta del discorso e la forza enigmatica di ogni lirica è risolta proprio dalla riduzione ad una essenzialità estrema.
L'uomo deve uscire dallo stagno, creare nuovo spazio per potersi muovere liberamente e affrontare mille tragitti in infinite direzioni, volare nel tempo/ come granello di sabbia... in sconfinati deserti: ecco allora la brama di partire alla ricerca di sotterranee istanze e dubbi finora inespressi, di scrosci di ricordi dispersi nella mente sempre attanagliato da una sottile ansia di una nuova parola, sempre avvinghiato all'impellenza di esternare e di rimodellare immagini.
Giuseppe Carnabuci è un poeta a cui per fulminea intuizione pervengono segni e figure in seguito ad una ricognizione approfondita e soprattutto ad una ricezione/percezione di cui si accresce e con cui si arricchisce di modulate suggestioni: la sua parola riceve ossigeno con le pause, volute e meditate, a tutto favore di una più fascinosa visione.
Il linguaggio carnabuciano in tutte le sillogi finora pubblicate ("Il silenzio ha parole" inclusa) è quindi sempre straordinariamente efficace e preciso grazie alla sua limpida estensione e soprattutto alla capacità d'invenzione che talora soverchia l'interrogazione della realtà circostante: non cade mai nel banale o nella descrizione, trita e ritrita o già masticata e digerita, anche quando si sofferma a parlar d'amore e la tentazione si può rivelare incontrollabile.
Non è un caso che la sotterranea intenzione è dare alla propria poesia un nitore originale ed essenziale pur riconoscendone la difficoltà e la complessità: lo rivela nelle balenate evocazioni della natura, nelle riflessioni d'ogni giorno che si fanno rifugio e reliquia, nell'incessante insistenza su alcune parole chiave che assurgono a cifrario poetico.
L'incontro di tali motivi è fondamentale e vale la pena soffermarvisi per accertarne la consistenza e convalidarne la ricchezza: ecco allora evidenziarsi chiaramente le parole chiave che permettono di accedere al significato della testimonianza umana ed alle diramazioni della visione poetica.
Non v'è dubbio che il silenzio assume un dominio assoluto nella presente silloge: nel silenzio tracciato da rondini insonni tutto si rimodella anche le sopite passioni si spengono in un mare di silenzio e persino la voce del poeta è zittita dal silenzio/che imbeve ogni cosa. E poi v'è il sogno ricercato/tra strade disperse di sale, affondato in una calma spietata, palpitante tra attese dimenticate, intravisto lontano/mai avverato e sul raduno di sogni attorcigliati... lenta s'avanza la notte; stringe ogni sogno/nell'angusto spazio/d'una scelta/per sconosciuti sentieri. Nel frattempo le paure si scolorano protese/in una fuga che strapiomba/nell'acqua i sogni/come briciole indifese... e fantastici destini per noi creati/nell'attesa d'una verifica traballano...mentre in un sogno vuoto ci suggellano... s'adeguano sogni/a finte vittorie... ed infine ...nel sorriso d'un ricordo una apparizione colora tutto/di sogno.
Le speranze tumulate nel mare di silenzio spargono sottile un'ansia di parole/come di farfalle un vespero e nella perdita del giorno/sfilano ansie represse e cieli pigri solcano i pensieri/della notte/ quando ansie/s'accumulano/nel grigiore/delle attese...
Infine ritroviamo il palpito: ...e il cuore batte/i suoi palpiti sovrani/in diastolica ebbrezza; ...si rigenera voglia di verde/ che esplode/come palpito profondo/di cuore della terra... o d'un sottobosco trasfuso/di gocce lievissime/palpitanti respiri/tra foglie nascoste... ed infine nei palpiti di vita/disseccati dal tempo/le orme restano/di chi è passato....; ...palpiti precari/prigionieri di sè stessi/che traballano tra confini improvvisati.
La vocazione in questa breve sintesi poetica di Giuseppe Carnabuci riassunta necessariamente deriva insomma da una immersione totale nel mare dell'ispirazione, dal dominio del discorso umano, dalla capacità di una concentrazione espressiva: la sicurezza nella parola, la fedeltà alle istanze, l'autenticità dell'Uomo sono valori portanti di un tracciato che, se fedelmente seguito, aiuterà il poeta a raggiungere la méta prefissa e, senza timori o tentennamenti, lo condurrà alla messa a fuoco di quella costante interrogazione della realtà, a dar forma al presente dell'Io che scrive, a definire più compiutamente il poeta che tratteggia, sfuma, lambisce, rimodella, condensa o raggruma, sussurra e in ultimo chiarisce.
Un augurio che non ha nessuna finalità speculativa ma si prefigge di essere solo un onesto apprezzamento per chi scrive non per consolazione ma per invenzione.
 
 

Massimo Barile


Poesie

A Cinzia

Tu che ti rodi in lancinante dubbio,
che al Creator del tutto tu chiedi il tuo: "Perché?",
come potrai capire tanto mistero grave
se già col dubitar,
quale un comun mortale,
ti poni in condizion di mai capir?
 
Per penetrar l'arcano
devi lasciare ogni sistema umano,
spersonalizzar la tua persona
e renderla evanescente e indefinita
sì ch'essa possa entrar nell'Infinito.
 
da "Il mistero dell'universo"
di Eugenio Carnabuci
 

Silenzio
 

 
SILENZIO
 
Si raggrumano
istanti di tempo
come gocce d'acqua
in una pozza sconfitta
dalla mancanza
di pioggia.
Si condensano
esiti di parole:
la mia voce
zittita dal silenzio
che imbeve
ogni cosa
e la ricrea
come idea
senza forma,
ignuda
nella sostanza,
inutile
nel suo gridare.

 
SERA I
 
Delle colline l'ombra s'accoccola
sui rigati pianori coltivati
da alberi spogli sorvegliati
nel silenzio tracciato da rondini insonni
mentre rugiade cadute
da un cielo assente e preciso
filano di gocce neonate
foglie traslucide.
 
Profondità d'una quiete
che annulla ogni confronto di voci.
Un canto sorge, ogni timbro raccoglie,
chiede un ascolto
tra le avanguardie della notte,
fanfare silenziose d'una strada
che s'apre su ogni zolla
chiusa, calpestata, costipata.
Dentro, freddi occhi spiano
ogni richiamo gettato nella voglia
di chiedere per sé un po' di cielo,
senza soffrire il parto delle piante.

BOSCHI FITTI
 
Negli umbratili boschi
piove serena un'aria
di lenta calma, tra umidi rifugi
dove una luce restia
si ferma al ciglio per non destare
sonni incrociati di creature
avvinte in segrete frescure.
Ansima piano un alito di vento
intrappolato in una gabbia di cespugli
irti come spine,
su una strada guardata a vista
da gigantesche querce
che il vento, quello forte,
non ha voglia d'incontrare e di scontrare.

 
FULIGGINE
 
Cocuzzoli di monti
guardano lontani
questa piccola città.
Nei vapori si mischia
intera una fuliggine
di nebbia stanca.
A te dirette,
le mie parole
la cruna solcano
d'un confine
chiuso da vitrei occhi,
nell'appanno d'una promessa
dimenticata,
mai rinsaldata
tra nugoli di sorrisi
che non hanno nome.

PALPEBRE
 
Palpebre ovattate
da sussurri
chiudono
vividi occhi che aspettano
uno sguardo
di risposta,
nascondono
lacrime
rapprese
da un'attesa
di rinascita,
suggellano
una speranza
tumulata
in un battito
che non parte,
nella stanca
fissità
d'una rinuncia.

SOGNI NUDI
 
L'alba m'uccide un po' ogni giorno.
Se di luce non si muore,
graffia il tempo la rinascita
d'un ardore novello di conquista,
e lascia segni d'unghia
sulla forma d'ogni idea,
scolpisce una premessa
di ventilata disfatta.
Sogni sbriciolati
da un'aguzza corrosiva
punta di diamante
con noi espropriati padroni vagano,
trafitti da mille albe
in eccesso.
Restano sole,
reliquie indenni
che nessuno raccoglie.

 
FORESTA
 
Vive foglie respirano
nell'incrocio di rami
attorcigliati come
selva di mani,
nell'ansito potente
si rimodella un'ansia
di chiarori solari,
fame di luce
in apporto sovrano
si rigenera voglia
di verde che esplode
come palpito profondo
di cuore della terra,
battito inarrestabile
che ogni zolla scuote.
Sotto un tappeto di funghi,
foglie morte s'apprestano
a farsi terriccio,
che darà a tutti vita.

NON SO VOLARE
 
Povero, perché non so volare,
invidio sciami di farfalle
che vagano in brughiere lontane.
M'arrovella una brama di partire
verso mille orizzonti
che si sfanno in linee d'ombre
dove il sole cade a picco
sulla terra già orfana del giorno.
Echi di battaglie si perdono distanti
come di fronde che combattono
il garrire d'un vento continuo.
Ma è nel vento che finisce ogni volo.

SIAMO LONTANI
 
Senza volto si spandono
lieviti caldi
di sussurri frenati
da una riserva
di sospiri.
Non vale l'intesa
delle palpebre,
il disegno dei cigli
predisposti
all'ascolto.
Siamo lontani.
Anche se
le labbra
fremono ancora
e il cuore batte
i suoi palpiti sovrani
in diastolica ebbrezza.

LENTA S'AVANZA LA NOTTE
 
Sul raduno di sogni attorcigliati
ad un chiarore in viaggio,
lenta s'avanza la notte.
Si sparge sottile un'ansia di parole
come di farfalle un vespero.
Una scia di promesse colorate
fugge nell'assillo di cambiare i suoi colori.
Restano sbiaditi i ricordi,
come grumi di sangue
in vene ormai asciutte fissati.
E nel silenzio insonne
tutto si rimodella, si ripalpita d'un'eco profonda,
che non vuol più morire.


 
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Ins. 11-08-2003