LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
- Giuseppe Carnabuci - Percorsi
- Collana I gigli (poesia) 14x20,5 - pp. 32 - Euro 6,00 - ISBN 88-8356-581-9
Prefazione
- Giuseppe Carnabuci ha ormai al suo attivo un'ampia produzione di sillogi poetiche e di opere di narrativa. Indubbiamente i maggiori stimoli per la sua attività letteraria nascono dalla poesia e la nuova raccolta intitolata Percorsi è ampia e fedele testimonianza di questa sua propensione. La sua poesia è, ancora una volta, costantemente sorvegliata e trattenuta entro ben determinati canali inventivi quasi a voler fomentare di continuo quella tensione propositiva a soggiacere al consueto stile "carnabuciano": volontariamente e sapientemente.
- Egli ha la necessità, l'urgenza, il bisogno inderogabile di fotografare la sua storia personale in divenire per fissarne delle immagini aderenti ad un determinato momento del "sentire poetico": con la sua visione lirica di quella decadenza che è insita nella vita, lo svanire delle cose, l'infrangersi dei sogni, il frantumarsi delle illusioni seppur a lungo coltivate.
- Eppure la sua poesia è consolatoria e al contempo liberatoria: pare cadere in oblìo e poi sorprendentemente riappare, quasi ringiovanito, con quel frenetico alternarsi di nuovi fermenti, di potenzialità da sviluppare, di riappropriazioni di tutto ciò che si può svelare e comprendere, di immancabili ritorni, di continui rimandi, di recuperi memoriali, di sospensioni ed azzeramenti.
- La sua poesia colleziona fermenti positivi grazie a precisi pensieri di rinascita che sottendono ad una volontà, tenace e coraggiosa, di disvelare la coltre che appanna ogni immagine, quella ragnatela del tempo che ingabbia i pensieri.
- La sua parola è "controllata" nei dubbi, nelle incertezze e nelle ansie sottili e velate; è "evocativa" di memorie di un tempo felice; è "testimoniale" del dissolvimento di ogni cosa, del pulviscolo sedimentato sul sofferto percorso umano con quella eterna miscela di inquietudini e malinconie che porta con sé; è "inventiva", sempre e comunque, d'un rinnovato palpito nei confronti della vita.
- La sua conquista della luce vitale del "nuovo giorno" avviene spalancando le finestre della dimora del proprio sentire poetico, dando libero accesso alla voce sommessa delle esperienze vissute, ospitando gli incantesimi, sbriciolando in fine polvere l'egoismo dell'umanità brulicante di spettrali comparse che si credono divinità. Consumando il tempo alla ricerca di risposte ancora da scoprire anela all'approdo finale, alla terra promessa lontano dalle rotte geografiche, oltre le consuetudini, dove le onde del mare creano ancora incantesimi di spuma: una mèta fuori dal tempo.
- Il profluvio d'immagini e di sensazioni si innestano in una struttura e in schemi ormai ben consolidati della sua lirica e aprono le molteplici vie d'accesso ad un già ricordato approdo finale. Nell'alveo della sua poesia si depositano le interrogazioni di sempre e le possibili risposte delle sperimentate parole d'un uomo: districarle e scoprirne i significati è la missione da condurre in porto.
Massimo Barile
Percorsi
Ad Antonia Pozzi
- ...Però che credi sia certa grandezza
- di sedicenti grandi della terra?
- È dessa, sì, la nullità completa
- nell'ordine infinito del creato.
- E la grandezza lor sulla tua terra?
- È solo fumo, inconsistente fumo
- che si dissolve e mai non lascia traccia;
- e pur se presso voi per qualche tempo
- di loro forse resterà memoria,
- di poi nel nulla dessa finirà
- e nulla resterà
- nella notte dei secoli infinita.
da "Il mistero dell'Universo"
di Eugenio Carnabuci
- Riemersa da chissà che ombre,
- a pena ricuperi il senso
- del tuo peso
- del tuo calore
- e la notte non ha,
- per la tua fatica,
- se non questo scroscio pazzo
- di pioggia nera
- e l'urlo del vento ai vetri.
- Dov'era Dio?
da "Risveglio notturno"
di Antonia Pozzi
- INCERTEZZE
- S'accodano incertezze
- nel tremolar d'un dubbio
- che apre la strada
- ad un triste pensiero
- nel rinnovato palpito
- d'una speranza in attesa.
- Un velo d'ansia
- sfonda una coltre di rimpianto,
- chiama a raccolta
- il vuoto d'un istante
- che nella ressa ingigantisce
- ogni conquista dissolta
- nello spegnersi
- d'una vittoria conclamata.
- QUALCOSA È RIMASTO
- Da una lotta di maree assottigliata
- affonda un'esile spiaggia
- nel solco d'un risucchio.
- Qualcosa è rimasto.
- Apre voragini l'eco d'un tuo sguardo
- nel ristagno dell'acqua,
- ferma nell'attesa d'un sogno lontano.
- Spazza lacrime vaganti un cielo asciutto,
- granelli d'una spiaggia sconfitta,
- ogni cosa sparge il vento
- sulla ringhiera dei sogni
- che aspettano timidi,
- nella paura di scomparire.
- ALBE IN ATTESA
- Dietro un'ansia d 'abbozzo
- albe in attesa premono,
- giorni che colori
- di luce pretendono.
- Sguscia un'ansia sottile
- tra la coltre che appanna
- d'ogni immagine in arrivo
- il disvelarsi.
- MATTINI
- Tremolii d'albe annacquano
- la rinascita d'un sogno
- su un mare aperto di respiri.
- Piovono desideri
- nel travaglio della luce
- che un passaggio chiede
- nel cielo appassito dalla notte.
- Volano a fatica uccelli
- nella luce tremula d'un cammino
- aperto ai bagliori della fantasia.
- Ali spiegate cercano una nuova rotta
- negli infiniti percorsi
- che dispiegano i mattini.
- RAGNATELE
- Ragnatele sospese come filigrane
- palpano tragitti nascosti
- fra timide e fievoli luci.
- Ristagna un'ansia di viaggio
- per aperti sentieri
- al sorriso d'un inganno
- che ti porti lontano;
- fuori della foresta
- c'è la strada d'ogni percorso,
- il dedalo d'ogni contatto,
- la libertà d'ogni assenza.
- IL SENTIERO DELLE VESPE
- Il Golgota scendevamo
- condannati ad essere liberi,
- ma s'uccidevano
- i nostri fratelli.
- Nello scricchiolio di passi
- era enorme il rumore
- della morte.
- Rosso era il lago di sangue
- e non per il tramonto incombente.
- C'inoltrammo in un sentiero di vespe.
- Loro almeno pungevano
- ma noi lo sapevamo da sempre.
- DISCESA ALL'INFERNO
- Non erano ancora
- finite le guerre.
- I pochi viandanti
- una strada indicavano
- alle nostre deluse energie.
- Fuggivano indietro vecchie memorie
- verso l'anticamera
- d'un tempo felice,
- o almeno non disumano.
- ERA L'ANNO...
- Una fame intatta incombeva,
- si moriva nel silenzio del dolore,
- nell'assenza d'una briciola di conforto.
- I pescatori reti vuote tiravano:
- i pesci erano andati via
- disgustati da un mondo
- che non capivano più.
- Nelle forre, le rane
- avevano nascosto le uova.
- Planavano sfiniti gli uccelli
- dall'assenza continua
- d'un perdono che non giungeva
- a nessuno.
- Era la nostra unica guida
- il dolore.
- Correva l'anno duemila...
- DESTINI
- Cieli e terre si chiamano
- nel planare d'un'onda
- sulla risacca,
- un confine fluttuante
- tra differenti barriere.
- Non vale unire regni
- che non si conoscono.
- Si miscela un alito comune
- di antiche cose.
- Un pulviscolo di nebbia complice
- che mondi lontani unisce
- condannati da un destino
- come termine
- di valichi vietati,
- assomma nel precipitarsi d'un sogno
- istinti velati
- da un desiderio imperfetto.
- L'alba tutto unisce
- nella promessa
- di chiarire ogni dubbio.
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Ins. 20-10-2003