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- Solitudine
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- Sensazione che scendi leggera
- per invadere il cuore e la mente
- sembri vana eppure sei vera
- tocchi a fondo pur se evanescente.
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- I Contrasti che il vivere impone
- con le sue delusioni frustranti
- fan di te l'importante timone
- senza il qual non v'è spinta in
avanti
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- lo star soli non sempre deprime
- specie quando il rapporto sociale
- violentando la "privacy" esprime
- forzature che fanno star male
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- ecco quindi che tu, porto cheto
- porgi verso la meditazione
- con il cuore, la mente e alcun veto
- quel colui che vuol dar soluzione
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- a problemi che in ambo gli aspetti
- per un verso comprimon l'interno
- quando in esso rimangon costretti
- mentre i colpi accusiam dall'esterno
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- v'è un distinguo a tal uopo, se
vuoi,
- fra problemi che in noi, ben profondi,
- nel gridar, non accettano il "Poi"
- quindi ad essi immediato rispondi
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- cosicché non vi sian distonie
- nel rapporto che hai con te stesso
- ben sapendo che tutte le vie
- portan sempre al rispetto del nesso.
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- D'uopo è pure risolver gli esterni
- nel rapporto che si ha col sociale
- anche se, rimanendo lì eterni
- alla fine non fanno più male
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- il rapporto con chiunque, pertanto,
- nella vita troncare t'è dato,
- non con te certamente e fintanto
- il respiro avrai infine esalato.
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- Un vespro d'aprile
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- Il ciel turchino
- in un vespro d'aprile,
- ormai terso dalle rabbiose
- nubi gravide di pioggia,
- che ne hanno violentata
- la sua nitidezza per buona
- parte del giorno,
- mi ripropone la diuturna (quotidiana)
- tribolazione dell'essere umano
- che solo al calar del giorno
- tende a rallentare i ritmi
- frenetici dell'operare,
- scivolando verso la meritata
- pausa, preludio del vitale
- riposo, nell'abbandono
- di mente e membra,
- fra le rilassanti e rigeneranti
- braccia di Morfeo.
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- È nell'alternarsi fra
- sonno e risveglio
- che si compendiano le sempiterne (eterne)
- fasi dell'uomo nato "Guerriero".
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- La libido
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- Fu il Padre "Freud" a dare lustro al nome
- attribuendo ad essa la funzione
- di stimolare, e poi ci disse come,
- nell'uomo, e non soltanto, la pulsione
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- che dritta mira e stimola erotismo
- e in tale sfera porta a sublimare
- tutto quanto è cagion di masochismo
- per chi nel veder trova un bell'affare
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- ma il pomo di discordia essa divenne
- fra il Nostro e Jung, suo diletto allievo,
- che per più tempo a sé egli
trattenne
- fin quando la scissione segnò l'evo
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- fu Jung a sovvertire tal teorema
- svestendo l'erotismo da libido
- ed ecco che "l'analisi" qui trema
- altisonante inviando al mondo un grido:
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- quale sarà la mente illuminata
- che detentrice sia di verità?
- quella del Padre Freud dai più
ossannata
- o Jung con la sua caparbietà?
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- ardua così com'è tale
sentenza
- ai posteri si suol venga affidata
- ma par che ad oggi ancora l'alta scienza
- non l'abbia né raggiunta né
tentata.
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- Ma tutto quanto venga detto o scritto
- soggiacere dovrà comunque a prova
- se assumere a sé vuole il diritto
- d'essere considerata "teoria nuova"
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- questo la scienza chiede con fermezza
- se giungere all'altar dritti si vuole
- di quella "verità" che l'incertezza
- la scienza stessa rigettare suole.
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- Poesie tratte dal libro "Poesia: Verbo
dell'anima"
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- Il trapasso
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- Non v'è dubbio che questo sia
l'inferno
- nel quale si è costretti a
permanere
- sino a quando il volere dell'Eterno
- non ci chiami a far luce sul "sapere"
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- prima ancora però che lì si
giunga
- pare d'uopo guardare un po' a ritroso
- evitando che poi vaghezza punga
- per avere all'oblio porto il doloso
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- quando giunti sarem di Lui al cospetto
- quel Colui che su tutto farà luce
- col "mea culpa" dovrem battere il petto
- quel "mea culpa" che solo al vero induce
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- sarà allora che giusto in un
istante
- proiettata vedrem l'intera vita
- senza nulla di vago o di mancante
- ma pellicola chiara e definita
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- non sarà più a quel punto dato
"dire"
- ma saran solo i fatti proiettati
- a cagionar condanna oppur lenire
- lo scotto da pagare pei peccati
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- rimane da sperar nel Dio clemente
- poiché di dolo e colpe siamo
intrisi
- acchè da "Pater" nostro ed
indulgente
- motivi di perdono Egli ravvisi.
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- Dar solo per dare
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- Salvar colui ch'a un filo stia sospeso
- non è da tutti in questo mondo
strano
- dove ciascuno pare sia proteso
- a negare ai suoi simili la mano
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- e pure v'è qualcuno ch'ancor sente
- l'affiorar di qualcosa dal profondo
- ed ascoltando il cuor più che la
mente
- contro corrente andando in questo mondo,
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- tende la mano all'altro simil suo
- per trarlo dal periglio ad acqua cheta
- disconoscendo il dire: - è affare tuo
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- vedendo nel salvar la giusta meta.
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- Sovente accade che, salvo dal danno
- però l'aiuto disconosca il "Vile"
- e il cor disponga, ancor che senza
inganno,
- a un forte sentimento avverso e ostile
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- è questa, non per tutti, grazie a
Dio!
- la natura distorta dell'umano
- ma non per questo, e il primo sono io,
- sentirò mai di ritirar la mano.
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- Se credi fermamente essere nel giusto
- non ti crucciar d'innanzi a simil torti
- del mondo tuo d'agir cogli il buon gusto
- non ti aspettar compensi dai distorti
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- persegui il fin di dar solo per dare
- non per voler qualcosa quale scambio
- il "Do ut des" in te non può
regnare
- se dentro hai maturato il giusto cambio
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- e in fine nego che risponda al vero
- che chi, nascendo quadro non muor tondo,
- poiché sono convinto, e questo è
mero
- che il buon esempio può cambiare il
mondo.
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- Il tergo e la vita
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- Nella pace d'un bosco,
- quanto meno tal pare,
- sono immerso e ancor fosco
- volgo il guardo anch'al mare
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- mi sovvien ciò ch'andato
- guardo in là nell'eterno
- e mi sento isolato
- qui nel mezzo, l'inferno
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- nella mente s'accalcan
- sovrastanti pensieri
- le risposte mi mancan
- son'io l'oggi o son ieri?
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- quel ch'assale è il domani
- coi suoi crucci e dilemmi
- metto avanti le mani,
- i pensieri son fermi
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- fra le tre dimensioni
- scorre lenta la vita
- fra tormenti e passioni
- qual'è il senso ch'addita?
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- non lo so, non m'è dato
- di scoprire l'arcano
- mi rifugio nel fato
- sarà questo poi sano?
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- sta di fatto comunque
- che non torna il mio conto
- perché mai chiedo dunque,
- al futuro esser pronto?
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- esser pronto ad offrire
- senza fine il mio tergo
- continuando a soffrire,
- masochista son, ergo
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- il bilancio mi sprona
- alla mera certezza
- che la vita ti prona
- con tagliente freddezza
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- quindi credo all'assunto
- che già il nascere è un male
- per poi giungere al punto
- d'agognare il finale.
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- Prodigalità è
Narcisismo
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- Pel biblico concetto chiunque "Dona"
- par serbi dentro sé l'amor divino
- donar, d'alcune colpe ci scagiona
- e meritare fa il perdon, perfino.
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- Donar, fa guadagnar dei "Cieli il Regno"
- sereno rende sempre più il trapasso
- del Paradiso "Il Prodigo" par degno
- quando il suo spirto lascia il corpo
lasso.
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- Ma, mi domando e dico, se il Creatore,
- che come tal conosce la natura
- e perciò stesso l'intimo valore
- del suo prodotto fino a sepoltura,
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- speculasse un po' meglio nella "Ratio",
- della creatura sua, così complessa,
- si renderebbe conto a quale strazio
- è esposto quel colui che a sé
confessa
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- di dare non per dar, fine a sé
stesso,
- ma teso ad appagar, perché incapace
- di valutare a pieno un tale nesso,
- solo il suo "Ego" e da ciò trarne
pace.
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- Scruta per un momento sino in fondo
- ed analizza "Te" in introspezione:
- Nel dar di tuo qualcosa a chiunque al
mondo,
- agli occhi altrui parrà una buona
azione,
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- che a te ritornerà gratificante
- poiché solo a lustrar l'"Ego"
sottende
- nel mentre obbedir pare al lacerante
- desio di far del bene. M'ha ciò non
tende.
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- Quand'anche del donar, non già
l'umano,
- ma solo un fiore, ne divien l'oggetto
- per cui se beve, vita alla tua mano
- e ai sentimenti tuoi deve, e rispetto
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- monologar con "Te" varrà a capire
- che se non altrui, "Tu" avrai lustrato
- quell'"Ego" tuo a cui rivolgi il dire:
- "Donar" pur sempre è sol
finalizzato.
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- Prova ne sia, se ancor ciò non
t'aggrada,
- la smorfia compiaciuta del tuo viso
- che in tale guisa approva che ciò
vada
- ad innaffiar con gioia il tuo "Narciso".
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- Mia madre e il trapasso
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- L'affanno, un rantolo, la contrazione
- l'ultimo spasmo ed ecco Lei che spira
- mia Madre non c'è più, è
la conclusione
- del lottar con la morte che l'attira
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- quel che rimane è lì, un vetusto
soma
- un abito consunto, ormai dismesso
- che offeso e vilipeso fino al coma
- dell'erosivo tempo ha il volto espresso
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- le membra rinsecchite come arbusti,
- la mente che connetter più l'è
dato,
- il sonno che l'avvolge è quel dei
giusti,
- è giusto ormai l'epilogo del fato.
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- Ma nel fissare te, Madre mia cara
- mentre veloci scorrono le foto
- ch'allietata han la vita spesso amara
- un pensiero mi scuote dall'immoto
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- un pensiero egoistico e profondo
- riflette mi fa sul gran vantaggio
- che rispetto a me, tu, lasciato il pondo,
- hai, intrapreso il fatidico passaggio
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- che pone e ha posto fine al tuo soffrire
- che a livellare è volto ogni
scompenso
- d'una vita che deve pur finire
- sublimand'ogni affanno senza senso.
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- Ahimè, io sono qui pur nell'attesa
- che scorrendo la tenda del sipario,
- l'ultima scena al mondo avendo resa,
- con fischi o applausi termini il calvario.
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- Ad un nascituro
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- Come è triste dover toccare con
mano
- che il prodotto del gran mistero arcano
- non venga accolto con l'amor ch'è
d'uopo
- sentendosi gravar di colpe dopo
- pur non venuto al mondo sponte sua
- ma pilotato quale nave a prua.
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- Come appare crudele il mondo, spesso
- quando per l'egoismo che v'è in
esso
- non si vuol fare spazio lì nel
cuore
- negando a chicchessia "Fraterno Amore".
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- Continuerà per sempre Cristo a dire
- "Amatevi Fratelli" e a non capire
- che la natura che ci ha dato è
pietra
- per rendere ancor più la vita
tetra.
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- Egli spera di fare un mondo lieto
- ma non ricorda che fu posto un veto
- dal Padre Suo, che l'uomo ha condannato:
- "dovrà sempre soffrir pel suo
peccato".
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- Ma una creatura che d'esso n'è
frutto
- "Cazzo", pagar non può per "Tutti -
Tutto"
- sin dal momento in cui, venuto e accolto
- l'amor di quei "Fratelli" gli vien tolto.
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- Soltanto di interessi, e ancor più:
"Brama"
- di potere nonché di gloria e fama
- avidi s'è su questa crosta fredda
- che meglio definirsi può con
"Merda".
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- Elevare lo spirito nelle more
- di un coerente equilibrio superiore
- certamente non è da queste genti
- e se dici di "Sì" lo sai, Tu Menti.
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- Perchemmai ignoriam l'esoterismo
- nascondendoci dietro un berbenismo
- che nulla di profondo in esso accoglie
- ma appaga solamente basse voglie
- nel guardar quale fine al "Voluttario"
- per calar sulla vita poi il sipario?
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- Sì, ma poi che saremo lì al
cospetto
- di "Quel Colui" ch'è l'unico
"Architetto"
- pur rodendoci il dubbio quale "Tarma"
- senza scampo dovrem pagare il "Carma".
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- Sarà allora che stando in un
cantuccio
- apparirà sul volto il vero
"Cruccio"
- per la vita vissuta senza amore
- ma da pagar pur sempre col dolore
- e l'amarezza del "Senno Tuo Di Poi"
- per aver fatto solo i "Cazzi Tuoi".
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- Comunque stai tranquillo, figlio atteso
- tu non potrai restar da me indifeso
- perché con grande amore e orgosglio
"Io"
- implorerò per Te " La mano di Dio".
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