LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Maria Racioppi
- La valle di Göreme (Cappadocia)
- Da Hermana, ed. Fermenti 1998
- Vieni qui donna
- della metropoli che sai
- di psicanalisi e parli d'isteria
- Respira anche tu la polvere
- in questo vestibolo di deserto
- che è la Valle di Göreme
- Certa l'ombra - se puoi - sotto i camini
- delle fate sopravvivenza negli anfratti
- di tufo divorato dal vento
- dimentica l'orgoglio della storia
- Fra calanchi e piramidi riconosci
- il calcare saldato alle tue ossa
- Vagando per Cappadocia discendi
- - se il battito cardiaco non cede -
- nelle viscere gelide della città
- sotterranea che per otto piani
- sprofonda nell'utero della terra
- Qui vieni dove al sole rovente
- bambine dai piedi scalzi
- vendono bamboline di pezza
- Per mille lire turche
- bambole agghindate a festa
- per gente straniera che finge
- di sapere cosa sia la miseria
- e beve il thé di mela e impietosa
- controlla le migliaia di nodi
- a formare tappeti che dita
- di bambina hanno intessuto
- Vieni qui donna del terzo millennio
- che vivi di egotismo e barbare
- consideri le leggi del cuore
- qui al solleone non riconosci
- un'ombra sola di donna
- paesaggio irreale per fantasime
- solitudini per eremiti erranti
- e albori di monachesimo
- Osserva in questa Valle l'assoluto
- potere di Natura che impasta vite
- da stritolare come uva alla vendemmia
- Non contare millenni per quanto
- la polvere ha dissolto
- qui dove il sole percuote - a sua volta
- brutale - la terra cui l'acqua si nega
- Fra queste forme disfatte non osa
- Siva-Natura promette inganni
- più antica della Valle di Giosafat
- è questa Valle di Göreme
- perché nata prima del tempo
- che annovera lunari e stagioni
- Non giudica la Valle ma divora
- macina vita e morte / morte e vita
- muovendo mascelle informi
- non preoccupata del cibo
- e tutto involve nell'inconscio
- di agglomerati prenatali
- che si attirano nell'ovulo
- di madre terrigna
- Madre pietosa che innocente accetta
- e tutto ricompone nel ciclo
- di giostra sacrale.
- Donna - gabbiano
- Dall'ipogeo alle stelle, Uns 2001
- No! tu non sei
- L'airone imperioso nel volo
- su scenario da origine del mondo
- fra vergini sponde
- di Danubio alla foce nebbiosa
- e velario di alberi giganti
- Tu piuttosto il gabbiano-volo-radente
- prima d'innamorarti dell'azzurro!
- Non bruciarti nel sole
- con impennata di fiamma
- il cuore arresta fremente di spazi
- di libertà assetato
- non asservito alla terra
- Riposati sull'onda guizzante
- di pesci portatori di vita
- affidati alla sponda risonante
- nel vento dove le ali vibrano
- come aquiloni di sanguigni colori
- No! Donna-gabbiano tu non ami
- la superbia dell'airone regale
- ed umilmente chiedi
- voli in picchiata
- nelle limpide acque rifluenti
- gli occhi però invaghiti d'orizzonte
- e sconfinanti all'aldilà del sole
- accecati di essenza d'infinito.
- Noi
- (a Lawrence Ferlinghetti)
- Noi
- noi non abbiamo pascoli
- per bisonti impazziti
- né distese desertiche
- e canyons profondi
- come cicatrici remote
- nei secoli pietrificate
- Ma la nostra leggenda
- - crepuscolo di dei -
- come il Tempo è antica
- più di Saturno il divoratore
- e di Cibele Magna Mater
- possente
- la dea sanguinaria
- non c'è posto per Noi per leggende
- di eroi mandriani e impavidi
- destrieri scalpitanti sui teschi
- di vinti Aztechi e totem
- nella polvere divelti
- Noi non abbiamo Cordigliere
- e Rocciose e l'Amazzonia
- altre coste e altri fiumi
- e monti eccelsi a vincere
- le nubi dell'Olimpo
- e pianure ad oriente digradanti
- agli Urali come magma dissolto
- Noi non abbiamo un'ultima frontiera
- ma nutriamo un cuore profondo
- come la terra che ci sostenta;
- il nostro grano rinasce
- da millenaria zolla
- convertito fra massi in rude farro
- e Bacco si disseta lascivo
- cinto nel capo ebbro di molli
- pampini mediterranei
- Noi non abbiamo tornadi gentili
- nel nome e apportatori di morte
- ma conosciamo da sempre la morte
- intrisa di cenere e di zolfo
- ardente su pendici vulcaniche
- il sommovimento sappiamo
- che scalza le radici della vita
- la terra che smotta in triste fango
- e fimi che letti millenari abbandonano
- correndo a funeree nozze di sangue.
- poesia da 'Continente Sommerso'.
- Giudizio di Massimo Grillandi: 'Nel post-sperimentalismo il 'Continente Sommerso' della Racioppi... che recupera il passato non in forma archeologica, ma di viva attualità...' (Idea, 1986, n. 12).
- dal 'Prometeo, marzo 1985: 'Exursus nella mitologica e storia d'Europa... che si riallaccia al Foscolo o addirittura a Omero, ma che da loro si distacca con un colpo di tallone, inserendo un linguaggio moderno privo di lessici arcaici...'.
- Da 'La follia di New-York', genn. 1988: 'Riflessi psicologici e mitici... nella problematica sociale. Entro un contesto semantico e coscienziale emerge una vasta matrice spirituale, antropologica e fisiologica che incide sulla crisi della coscienza contemporanea' (Orazio Tanelli)
- Allende
- Il condor
- ricordando Matilde Herrera, madre di desapareçidos
- Là dove ruotano i condor
- signori delle Ande fra cime
- inviolate atterrando
- a ricerca randagia di cibo
- Là dove acque e soli
- cancellano annuale la mappa
- punteggiata di dirupi scoscesi
- e valli sgretolate da nevi
- millenarie nella sequela di giorni
- Là si sparsero al vento le tue ossa
- messaggio di rinascita
- per gente brutalizzata
- da inaudita violenza
- - le notti occhi di fuoco
- brancolanti su preda innocente
- i giorni impalliditi
- da gemiti di tortura
- dal lamento di offesi
- dal vagito del neonato
- alla deriva di vita assassina.
- Eppure altissimo vive ed incombe
- il tuo respiro già forte di anni
- Tu Condor gigante dalle ali
- immense sulla tua America
- con gli occhi fissi alle madri
- piangenti e reclamanti i figli
- Tu Condor instancabile che plani
- ad asciugare il pianto della rugiada
- su fosse erbose ignorate
- Tu cenere viva e presente
- dalla Bolivia vulcanica
- alla terra ventosa di Capo Horn
- Tu inconfondibile Condor
- sigillo di morte e di vita
- che insonne spiri oltre
- i confini di universo mondo.
- da 'Hermana', Roma ed. Fermenti 1998. Da 'Il Ponte Italo-Americano' N.J. luglio 1998: '... discorso poetico riconoscibile anche se lo si legge senza firma...' (Giuseppe Jovine)
- La Ballata dell'esule
- Diaspora al vento ho conosciuto un giorno
- cieli diversi odorose primavere
- nostalgia dei miei luoghi dove scorrono
- poveri fiumi antichi che tenaci
- s'insabbiano di vita ascosa arrendevoli
- impregnando ulivi e spiagge ariose
- Ho conosciuto un giorno il grillo
- e la cicala che friniva impazzita
- contro la casa rustica per sempre
- abbandonata e il verde sapore
- di latte appena munto che cerchia
- dal boccale avida bocca
- di confusa nostalgia natale.
- Ho conosciuto un giorno la poesia
- delle piccole cose sorpassate
- il respiro affannoso di mia madre
- pallida e in ansia sopra il mio delirio
- il vortice della mia prima danza
- il fruscio della serpe nella sera
- il melograno che scoppiava al sole
- e candida sfrecciava al sole la sua luce
- mandorlo in fiore a illuminare il cielo
- Io non so concepire più alta
- una tristezza della struggente pena
- che mi uccide dentro il ricordo
- dei miei volti amati eppure è lungo
- il cammino di tappe oscure segnato
- e senza meta: là precluso il confine
- fra la vita e il passato fra l'amore
- e il ricordo e il macerante nulla
- là dove mai posare potrò
- il vuoto fardello dell'esule
- che al sole chiede pietà d'un raggio amico.
- da 'Continente Sommerso'. Nota dell'autrice: 'Più mi scavo dentro e mi interrogo e più mi sembra di scoprire perfettamente aderente alla mia pelle l'amara poetica dell'esule. E se rifletto sulle motivazioni del sentimento di una terra perduta, concludo che il senso di privazione per me discende anche dal campanile mancato'
- I muri a secco
- I muri a secco della giovinezza
- - ora so - non escludevano i sogni
- in apparenza limite da nulla
- fra stradale sbiancato dal vento
- e campi sconfinati sotto l'ulivo
- ma solidi nell'arida struttura
- come zolla indurita dal solleone
- miglia di muri a secco dove il rovo
- disegna polveroso arabesco e tinge
- a sangue il nero frutto - miglia di muri
- a secco a negare ombra nella calura
- Non è più bianca assorta la scogliera
- del litorale - da noi lo stesso
- mare ha fragranza di terra -
- Forse oggi il contadino del Mezzogiorno
- in due ha tagliato il suo nero mantello
- per nascondere la carne dal gelo
- non meno della lebbra d'inutile
- speranza o quel mantello ha gettato
- alla crosta dei ghiacci del Tavoliere
- le donne forse hanno scoperto il capo
- sollecite al dialogo dei vivi:
- Forse è cambiato dell'Apulia il dono
- basterebbe tornare per sapere
- ma è necessario rinunciare al ritorno
- A molte cose si rinuncia per vivere
- finché ti chiedi un giorno se non è
- tempo di rinunciare anche alla vita:
- all'orizzonte sfuma il bianco lido
- per chi molo d'imbarco ignora
- e rovinato è il limite
- e nuda di pietra giace la terra
- senza vigore né redenzione.
- da 'Continente Sommerso' (Sezione 'Campanili')
- Poesia disperato Blue
- Ma è forse questo il tempo
- della dolce poesia e dell'idillio?
- il verbo si fa vessillo
- nell'ora della disperazione
- e della colpa
- - questa nera disperazione
- che uccide come vento di deserto
- questa colpa ancestrale
- del vivere in violenza -
- Su cantiamolo insieme
- il soffio del ghibli del deserto
- insieme cantiamo
- l'oscura colpa del vivere
- in coro cantiamo
- come nell'inno sacro dei profeti
- come nei disperati blues dei negri!
- Se un giorno mai...
- - se mai verrà quel giorno -
- fra noi chi più ricorderà l'affanno
- nel giorno glorioso
- del Cristo risorto?
- Da confluenze immote
- da strade insanguinate
- avanza con passo di piombo
- l'annullante ora della disperazione
- che azzera la dolcezza
- di mite pianto ristoratore.
- da 'Liberarsi dalla radice', Roma edit.Trevi
- A Delfi
- Ecco che ascendo a te dio celeste
- di conoscenza profezia e armonia
- al tuo sacrario il vento mi solleva
- per questa Sacra Via un tempo meta
- di pellegrini a te votati
- e al responso della vergine Pizia
- Ecco a te salgo divinità urania
- luce per l'uomo avvolto da caligine
- Alla fonte Castalia mi disseto
- il tremore vincendo delle membra
- folle consacrazione al dio del canto
- l'acqua lustrale aspergo
- a tergere la febbre della fronte
- nel fascino d'inganno che perdura
- Queste pietre calpesto levigate
- dalle orme dei fedeli in ascesa
- amo questo silenzio incorruttibile
- abbacinato di spettro solare
- Non fanno ombra le colonne risorte
- né più scolpite nel marmo del frontone
- rivelatrici le parole del dio
- spoglio il tuo lauro - Apollo!
- ma orgoglioso rivive il passato
- nella memoria a illuminare il mondo
- Al tuo prodigio devota ritorno
- Delfi lussureggiante all'orizzonte
- nell'intimo cuore delle pendici
- verdi del Parnaso - Delfi fremente
- di vita che sopravvive spirito immortale!
- settembre 1999 (poesia inedita da 'Ascendendo per la Via Sacra')
- Vittime nere e bianche
- Alla donna schiava
- Offuscata la luna ha disertato
- del cielo la voragine
- per altri lidi ignoti
- Ostile il paesaggio
- da unghie aguzze dilacerato
- il silenzio nella vuota
- astinenza sub lunare
- L'aria d'intorno è stagnante
- già ogni cosa irreale corrompe
- a cancellare all'orizzonte
- la finestra del cielo
- Odore acre di nebbia decembrina
- e dall'asfalto sterpi guizzanti
- di fuochi accesi a Venere carnale
- per riti prezzolati d'amore
- e tenebre di ferocia e di morte
- Immoliamo sul tristo altare
- della cupidigia vittime nere
- e bianche figlie della sofferenza
- minorenni strappate dalla vita
- losco commercio di piacere altrui!
- Sorgerà mai il giorno del riscatto
- spunterà folgorante dall'abisso
- il sole della ragione?
- poesia inedita, da 'Uno sguardo fra lampioni e fiumi fumosi'
Clicca qui per leggere l'opera inserita nell'antologia del Premio Il giro d'Italia delle Poesie in Cornice 2000
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