Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Maria Grazia Catanzani
Ha pubblicato il libro
Maria Grazia Catanzani - La zingara


 
 
 
 
 
Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi)
14x20,5 - pp. 68 - Euro 6,50
ISBN 88-8356-744-7


Pubblicazione realizzata con il contributo de

IL CLUB degli autori in quanto l'autrice è risultata finalista

nel concorso letterario "J. Prévert" 2003


Prefazione
Incipit

Prefazione
 
 
Da un antico baule oltre ai consueti libri, ai disegni e alla chincaglieria d'ogni genere ecco emergere, avvolti in un velluto rosso, dei fogli manoscritti, l'autobiografia del padre, l'affascinante storia d'un artista. Nel leggere quelle pagine emerge un mondo misterioso fatto di incontri carichi di suggestioni, d'amore e d'odio, d'illusioni e speranze perdute: sullo sfondo quel senso di ineluttabilità del destino che muove le azioni degli uomini e delle donne: in ogni luogo, in ogni tempo.
Tutta l'umana avventura narrata è pervasa dalle atmosfere della terra russa e dai profumi d'un mondo che il "vento fresco" pare portare oltre i confini: un bicchierino di vodka e la mente si lascia trasportare dalla nostalgia ricordando la storia di Alexandra, una giovane zingara, bellissima, capelli neri, occhi neri e penetranti, ombrosa e un po' selvatica, perdutamente innamorata del giovane Andrej. Dopo averlo aspettato dal ritorno del servizio di leva si rende conto di aver atteso invano e il suo amore in breve tempo si trasforma in odio anzi in desiderio di vendetta. Nel giorno della grande fiera del villaggio, il giovane Ignatj, il "guaritore di cavalli", casualmente incontra con il suo sguardo quello di Alexandra, ne rimane affascinato e di lì a poco seguiranno le nozze e i figli ma di certo non un grande amore perché la giovane zingara non ha mai smesso di amare Andrej nonostante il passare degli anni.
Il destino vuole che il secondogenito Vassili si innamori di Olga che malauguratamente è la figlia dell'odiato Andrej. Inevitabilmente questa relazione scatenerà la rabbia di Alexandra, una madre che non conosce il sentimento del perdono, ma ciò non riuscirà a fermare Vassili che, a malincuore, si trasferirà con la moglie a Pietroburgo quasi in un esilio obbligato. E finalmente, dopo tre figli maschi, nascerà una femmina Marussia che si sposerà con il giovane pittore Griscia.
In un alternarsi di accadimenti si dipanerà l'intera storia sempre pervasa dal fascino dei vari protagonisti, e sullo sfondo, oltre ad una serie di riferimenti biografici, una miscela di suggestioni e frammenti di realtà quotidiana: i ricordi delle vicende della propria famiglia riporteranno in vita i racconti della madre e le notizie emerse tra le vecchie carte e le lettere del padre, il pittore Griscia.
La sua storia artistica, la sua creatività sostenuta dal talento e da una passione uniche, e quel suo amare vagabondare a piedi per scoprire angoli sconosciuti, lo porteranno ad affermarsi con la sua arte e a farsi ben volere da tutti con l'appellativo di "Pittorusso": e non mancheranno certo le soddisfazioni grazie agli incarichi della Santa Sede per eseguire numerosi lavori d'arte sacra.
Maria Grazia Catanzani, con questo romanzo, intenso e coinvolgente, non fa altro che offrire una sorta di recupero biografico della storia di una famiglia che vede il susseguirsi delle vicissitudini, tra gioie e sofferenze: lo sguardo è rivolto alle delusioni e alle illusioni che la vita immancabilmente comporta eppure ogni vicenda non è altro che fonte di speranza, testimonianza d'un raggiungimento d'un fine, d'una presa di coscienza che racchiude l'atmosfera della memoria dei paesaggi natii e l'amore per l'arte che non nasce da formule magiche ma da un flusso vitale e poetico che imprime originalità in perfetta sintonia con la natura. Le risposte sul perché le cose devono accadere sono lasciate da parte, le ferite inferte sono dimenticate e in fondo all'animo di tutti coloro che hanno visto scorrere la loro esistenza rimane una certezza: la propria vita ritrovata sulle pagine d'un libro, in verità, mai persa o dimenticata.
 

Massimiliano Del Duca


La zingara
 


Un calorosissimo ringraziamento va alla cara Barbara Maltzeff che ha reso possibile, grazie alla sua preziosa collaborazione, la realizzazione di questo, se pur piccolo, spaccato di vita italiana e russa sia d'altri tempi che dei nostri giorni.


"È stato il giugno del 1988, alcuni giorni dopo la morte della madre Marussia, e dopo che suo fratello e sua moglie furono partiti per la Russia, che ha trovato, cercando tra le pieghe della sua memoria una vicenda realmente accaduta nella famiglia di sua madre, e che lei mi ha raccontato. Un vago senso di vuoto attraversava il suo sguardo mite velato di tristezza mentre cominciava il suo racconto.
Doveva restare nella casa umbra di sua cognata e di suo fratello, mentre erano in viaggio, e questo le ha permesso di trovare, curiosando tra le cose lasciate da sua madre, degli appunti che, ricollegati ai tanti suoi racconti dei quali l'aveva resa partecipe, durante la sua vita, le permisero con improvvisa e folgorante chiarezza di rivedere i fatti accaduti tanto tempo prima e tanto lontano dall'Umbria!". E così cominciava il suo primo racconto:
"Nella vecchia Russia il ritorno di un soldato dal servizio di leva, che a quei tempi durava ben quattro anni, dovesse essere una vera festa, al pari delle grandi feste comandate, sia per i suoi congiunti che per tutti i vicini e che, in alcuni villaggi, avesse costituito un avvenimento da ricordare.
Il villaggio di Vyazma (nel Dipartimento di Smolensk) non vi fece eccezione.
Stava tornando a casa Andreij Potapenko, il più allegro e il più simpatico di tutti i giovanotti locali, e inoltre fratello di Piotr Potapenko, il "Romeo".
Erano chiamati così - e non erano pochi allora - quelli che dalle più lontane e disparate contrade dell'Europa andavano a rendere omaggio alla Cattedra di Pietro; compivano viaggi lunghi e disagiati e i sacrifici che affrontavano con coraggio e spirito di devozione essi li consideravano un po' un'espiazione e un po' una fortificazione dell'animo, adatta a un vero cristiano.
Molti di loro, tornati nel proprio paese, ricchi di esperienze e di insegnamenti, cercavano di rendersi utili al loro prossimo.
Così fu anche per Piotr che, per la morte prematura dei genitori, cercò di fare da guida al più giovane fratello Andreij, esuberante e tanto diverso dal suo carattere giudizioso e riflessivo.
Il ritorno di Andreij richiamò nella casa dei Potapenko moltissima gente del villaggio: tutti lo volevano festeggiare, domandargli tante cose, raccontargliene altre; ma Piotr notò subito che gli occhi del fratello cercavano qualcuno nel gruppo dei giovani e delle ragazze festanti e quando, finalmente, questo "qualcuno" entrò nello stanzone affollato con un paniere di biscotti, Andreij le andò subito incontro con sincera contentezza, trascurando tutti gli altri: era Lisa, una loro giovanissima vicina; Lisa rispose ad Andreij con la stessa gioia e lo stesso calore.
"Sia lodato Iddio" pensò subito Piotr. "Le mie preghiere sono state ascoltate".
Il fratello maggiore era stato sempre un po' in ansia per le scappatelle di Andrej e si augurava che un giorno o l'altro egli avrebbe messo la testa a posto e che soprattutto avrebbe notato la ragazza che lui stesso, Piotr, aveva sempre, fin da adolescente, amata in silenzio, senza esserne ricambiato se non con stima ed amicizia; poi il giovane, per i suoi principi morali, si era rassegnato.
Ora egli sperava che tra Lisa ed Andrej ci fosse qualcosa di serio, e questo per il bene di entrambi e per la pace sua personale, ben conoscendo le doti della ragazza.
- Caro fratello, non pensi anche tu che sia giunta per me l'ora di accasarmi? -
Così Piotr si sentì apostrofare dal fratello una sera a cena; assentendo con la testa e senza alzare gli occhi dal piatto.
Piotr non disse una sillaba, ma fu ansioso di ascoltare il seguito.
- Lisa mi piace tanto e credo di non esserle indifferente... -
Andrej, col cucchiaio alzato, guardava il fratello con una punta di ansia.
- È stata una scelta ben fatta! - gli rispose subito Piotr, e gli strinse la mano.
- Vedrai che sarai felice con quella ragazza! -
Fu solamente un attimo, come un lampo: Piotr cercò di immaginare un momento di trovarsi nei panni del fratello e di baciare Lisa; ma la sua grande volontà ed onestà cancellarono quell'immagine, che svanì immediatamente.
La notizia del fidanzamento di Andrej con Lisa si sparse ben presto e i due fratelli, aiutati da alcune vicine, cominciarono i preparativi per il molto prossimo matrimonio.
Questa vigilia festosa che mise in fermento il villaggio fu, per Andrej, interrotta momentaneamente da un incontro veramente inaspettato con una persona che egli, preso dai suoi nuovi interessi e sentimenti, aveva dimenticato e relegato nel passato.
Era un pomeriggio d'autunno; mentre il sole si disponeva a scivolare rapidamente verso l'orizzonte e alcune nubi avanzavano da settentrione sotto un vento fresco e vivace, Andrej si trovò all'improvviso di fronte ad Alexandra, una giovane zingara.
Alexandra era una bella ragazza, alta e slanciata, dalla carnagione olivastra, dagli occhi a mandorla, la chioma bruna riccia e ribelle.
Nessuno poté mai dire come era capitata nel villaggio.
Lei lo guardava con occhi adoranti, come sempre, ma i tratti del suo volto erano tesi.
Andrei restava muto dalla sorpresa: in tutti, quegli anni non aveva mai pensato a un loro incontro dopo il suo ritorno.
- Andrej, caro - cominciò subito la ragazza
- Non posso credere a quello che ho sentito in giro: che tu ti sposi! Come puoi avermi dimenticata?! È vero che non ho mai ricevuto alcuna tua notizia, ma ci siamo lasciati con la promessa di rivederci! -
Ora, con mano tremante, gli diede una carezza sulla guancia.
- Ma, Alexandra!
E Andrej si sforzò di dare un tono conciliante alla propria voce.
- Perché mi hai aspettato tutto questo tempo? Una bella ragazza come te?! -
E mentre la zingara si irrigidiva tutta, Andrej continuò: - In fede, io non ti avevo promesso niente! Tu lo sai, io non sono un benestante come meriteresti tu; io sposo una nostra vicina di casa, ci conosciamo da bambini e i nostri genitori erano buoni vicini; la mia fidanzata non è bella come te, ma è la moglie che mi ci vuole! -
Ora Andrei le sorrideva affettuosamente nella speranza di rabbonirla.
Ma la giovane lo guardava ora con odio.
- Sei un vile traditore, Andrej! Un essere spregevole! ho avuto tanta fiducia in te, sono stata capace di attenderti tutto questo tempo, perché ti volevo bene veramente!
Come hai potuto dimenticare tutto di noi?! Eppure siamo stati felici insieme! -
- Alexandra, ti prego, sei giovane e bella e puoi avere un avvenire migliore di quello che avresti con me; dimenticami, sarà meglio per te! -
Andrej cercava ora di leggere sul volto della giovane zingara le sue intenzioni e non lo fece senza una certa apprensione; soprattutto, da quel semplice che era, non si aspettava una reazione così appassionata, che invece di lusingarlo lo intimorì alquanto; non seppe perché, ma temette in quel momento per Lisa.
Volle prenderle un braccio, averne un gesto di perdono, ma Alexandra lo respinse, pallida in volto.
- Spudorato! - gli gridò - non toccarmi! Come ti avevo tanto amato, così ora ti odio tanto! Tu mi hai calpestata senza pietà e mi auguro che sarò vendicata; maledetto!... -
Cominciò ad indietreggiare fissandolo furibonda, poi disparve repentinamente nel fitto della boscaglia lasciando Andrej frastornato ma anche irritato da quanto era accaduto.
Ma il pensiero di Lisa lo rasserenò e, di buon passo, egli si avviò verso casa cercando di dimenticare il suo incontro con Alexandra.
Quest'ultima, intanto, stringendosi addosso il grande fazzoletto scuro di lana stampato con rose rosse, si era messa quasi a correre. Un groppo di pianto le saliva alla gola e quasi la soffocava; si era fermata un attimo e alzando il capo vide una luna rossa che si era affacciata fra due grossi tronchi; il bosco che diventava rapidamente più scuro le parve pieno di minacce; ma Alexandra non ne aveva paura: un macigno doloroso che le schiacciava il petto e una disperazione infinita s'impadronirono di lei; si sentì solamente rabbrividire dal freddo e riprese la sua corsa.
"Lo odio, lo odio" le ripeteva qualcosa nel cervello.
La sua gran sofferenza alimentava un odio che andava crescendo.
Giunta alla sua bicocca, si buttò sul suo giaciglio, mentre la vecchia che viveva con lei le si accostò, le si sedette vicino; poi con gesto leggero passò le dita ossute sui capelli scomposti di Alexandra che non riusciva a piangere, ma solo a gemere, come un animale ferito.
"Povera piccola, ho sempre pensato che lui non fosse per te; non è degno di te... Ma vedrai, troverai chi ti vorrà veramente bene".
Alexandra non l'ascoltava nemmeno e desiderava morire senza avere il coraggio di farlo.
Non volle né mangiare né bere e piombò in una specie di torpore che durò per due giorni.
Quando finalmente si decise ad alzarsi, la sua vitalità ebbe il sopravvento, e pur rimuginando qualcosa di indefinito ella riprese a mangiare e ricominciò ad avere cura di sé, a rovistare tra i suoi stracci alla ricerca di qualcosa di meno dimesso e di più appariscente.
Intanto le nozze tra Andrej e Lisa erano avvenute con grande allegria, facendo finire in bellezza la bella stagione, mentre l'inverno era ormai alle porte.
L'inverno, sempre tanto lungo e opprimente, passò senza che si udisse più parlare né dei Potapenko né di Alexandra, che sembrava essere svanita nel nulla.
Tutti i personaggi di questa vicenda dovevano ridestarsi e mostrarsi con il ritorno della bella stagione, alla grande fiera di Tula che annualmente, in occasione della Festa del Salvatore e del raduno del bestiame, richiamava gli abitanti dei villaggi circostanti, nel raggio di molti chilometri.
Ma prima di proseguire il nostro racconto, con la partecipazione dei personaggi che sono già stati presentati al lettore, è il caso di occuparci di un altro gruppo di persone, in un altro villaggio, visto che i destini degli uni e degli altri dovevano incontrarsi.
Parleremo degli Asaroff, allevatori di cavalli, da sempre gente attiva e abile ma anche meritevole del rispetto e della stima di quanti avevano avuto a che fare con loro.
Il capofamiglia Arkadj Gherassimovich Asaroff era rimasto vedovo della moglie Irina, assai più giovane di lui e delicata di salute, e veniva da. una famiglia di nobili decaduti;morendo, ella gli aveva lasciato un figlio, Ignatj, in tenera età, dolce, gentile e delicato come la madre e per il quale Arkadj stravedeva.
Man mano che il ragazzo cresceva, diveniva sempre più evidente la sua passione per i libri: egli sarebbe stato capace di passare delle ore nella biblioteca paterna, piuttosto ben fornita.
Ma la zia paterna Xenia Gherassimovna, donna piena di buon senso, obbligava il ragazzo ad uscire all'aperto, vigilando sulla sua salute, consapevole come era che Arkadj, uomo volitivo e di carattere, dinanzi a quell'unico suo rampollo dall'aspetto angelico, era assolutamente incapace di contraddirlo.
Solo che nel suo intimo, quasi segretamente, Arkadj sperava che un giorno il figlio si sarebbe anche interessato alla sua attività.
Il tempo premiò questa sua paziente attesa e venne quel giorno che le ore passate sui libri non furono più considerate come svago e passatempo dai familiari è da tutti gli altri, ma si rivelarono addirittura provvidenziali.
Ignatj era ormai un giovanotto: i suoi modi rimasero sempre gli stessi: era gentile, quasi timido, un po' con tutti; molto affettuoso con il padre e con la zia che lo adoravano.
Un bel mattino di una bella giornata di prima èstate, mentre le finestre dello studio dove Ignatj si era attardato a cercare un libro erano spalancate, gli accadde di udire un colloquio; il capo stalliere Efim lamentava le condizioni del baio preferito di Arkadj, che proprio quel giorno doveva recarsi da un amico, a qualche chilometro da casa sua.
Ignatj si era avvicinato per ascoltare meglio e, dalle descrizioni che Efim faceva a suo padre, credette di capire il malessere dell'animale.
Uscendo dall'ingresso posteriore della casa per non farsi notare, Ignatj si recò subito alle scuderie.
Trovò il baio assai giù di corda, sembrava davvero ammalato.
Dopo averlo bene osservato ed essendosi reso conto della situazione, Ignatj prelevò dalla farmacia di casa ciò che gli sembrò più adatto; cosa fece, nessuno fu in grado di raccontarlo, ma sta di fatto che dopo qualche ora l'animale si era già rianimato e, mentre Arkadj e il fattore che intanto erano giunti anch'essi alle scuderie ringraziavano Dio e S.Floro patrono dei cavalli e il padre baciava e abbracciava suo figlio al colmo della gioia, tutti nella casa e nel vicinato erano in fermento per la bella notizia, per la "magia" del padroncino Ignatj "guaritore di cavalli".
Spronato e incoraggiato lui stesso da tanto successo e desideroso di rifarsi per quegli anni nei quali si era dedicato solamente alla lettura, Ignatj iniziò veramente a fare il "guaritore", dato che la parola "veterinario" a quei tempi suonava come qualcosa di incomprensibile.
La sua fama varcò ben presto i limiti della circoscrizione in cui abitava.
Il benessere del quale già godeva la famiglia Asaroff si consolidò e la sua fortuna ingrandì; molti villani del contado trovarono lavoro nei loro allevamenti e tutti restarono sempre soddisfatti del trattamento ricevuto.
Il tempo passava e, mentre Ignatj subentrava sempre più nelle faccende paterne, suo padre Arkadj cominciava a sentirsi vecchio e stanco e desideroso di lasciare al figlio le redini di casa; osservandolo, però, qualche volta lo trovava troppo fiducioso, troppo debole con gli altri.
"Gli ci vuole una buona moglie - cominciò a pensare sempre più spesso - "Dovrebbe essere una giovane forte, sia di salute che di carattere, una donna in gamba che sappia aiutarlo validamente in questa nostra azienda..."
Poi il vecchio sospirava, ripensando alla moglie scomparsa, e, davanti ad un bicchierino di vodka, si lasciava trascinare dalla nostalgia che prende così spesso le persone anziane che ad un tratto si sentono deboli.
Un pomeriggio venne a trovarlo il parroco, padre Lukà, suo quasi coetaneo ed amico, e mentre, davanti ad un bicchierino, se ne stavano a rivangare il passato ed a sospirare sulla veranda, Arkadj lo fece partecipe dei suoi pensieri riguardo al figlio.
L'uomo di chiesa, dopo aver pensato un po', accarezzandosi la barba rossa striata di bianco, così gli rispose: "Mio caro Arkadj, tuo figlio è un angelo di ragazzo, ma è fragilino come era fragilina sua madre, che il Signore l'abbia sempre in gloria... gli ci vorrà una donna con una buona, una buonissima salute... è necessario per la discendenza: non vorrete mica mandare in malora tutto quello che avete realizzato! e, non è davvero poco! Un erede ci vuole!"
"Sì, certo, - replicò Arkadj - è proprio quello che voglio, e anch'io ho pensato a tutte quelle cose che voi avete detto... Voi, padre Lukà, conoscete tanta gente... voi forse potreste aiutarmi..."
Qui Arkadj guardò il prete con aria interrogativa e speranzosa insieme -" di voi mi fido, e se mi aiuterete saprò esservene grato."
Padre Lukà si carezzò nuovamente la barba, poi, alzato lo sguardo sul suo interlocutore, lo studiò per un attimo, con fare inquisitivo; volle capire se poteva azzardarsi ad esprimere quanto aveva in mente; nell'attesa, allungarono entrambi la mano verso i bicchierini di vodka alla prugna e ne bevvero un sorso con fare lento e solenne.
Dopo di ciò, padre Lukà si schiarì la voce e cominciò così, esprimendosi sempre con lentezza e non cessando di studiare la fisionomia del suo interlocutore: "Io... una persona, per, così dire... che fa al caso nostro... ce l'avrei pure... non vorrei però urtare la vostra suscettibilità... sapete, a estremi mali ...estremi rimedi, in certi casi, aver coraggio vuol dire salvare tutti..."
"E chi sarebbe dunque questa persona? Non tenetemi sulle spine!"
Arkadj si era proteso tutto verso padre Lukà, quasi timoroso di non poter sentire bene.
"Ecco... si tratta di una ragazza molto bella, e, in quanto a salute... beh... ne ha da vendere! Forte, agile, scattante e anche sveglia di mente... l'ho anche vista qualche volta alla messa... solo che... è una giovane zingara e vive con una vecchia vicino al bosco grande!"
"Una zingara?!" esclamò a questo punto Arkadj, al colmo della sorpresa, poíchè tutto si era aspettato meno che questo.
Padre Lukà annuì, continuando a studiare il suo interlocutore: vide così che Arkadj, dopo un momento di concentrazione, aveva cominciato a sorridere e sorrideva sempre più e finalmente sbottò: "Ottimamente! padre Lukà, mi piace l'idea della zingara! Se è bella e forte come Voi dite; chi meglio degli zingari fa una vita sana e dínamica?! Avete mai sentito di zingari malaticci?
Io sono d'accordo! D'accordissimo! Caro padre Lukà, incaricatevi di ogni cosa; io intanto dovrò parlare con Ignatj che, secondo me, a tutto pensa meno che a prendere moglie!"
I due si separarono piuttosto soddisfatti, stringendosi calorosamente la mano.

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