-
- La luce di un
nuovo giorno filtrava dalle persiane, era
già mattino e ad Angelica sembrava quasi
impossibile. - Mmmh, non ho voglia di alzarmi! -
disse fra sè. Si rigirò nel letto e
si riaddormentò. La sera precedente era
andata a letto molto tardi perchè aveva
festeggiato il suo compleanno, anche se con un
giorno di anticipo: aveva fatto un pò come
si fa per capodanno, aveva aspettato che scoccasse
la mezzanotte per festeggiare. La notte, come
accade sempre in Agosto, aveva dormito poco
perchè faceva molto caldo e l'aria fresca
del mattino presto le aveva conciliato il sonno.
Angelica quel giorno compiva venti anni:
all'età di dodici anni anche lei era stata
resa consapevole del fatto di essere stata adottata
dai suoi genitori. E da due genitori meravigliosi.
- Buongiorno signorina, buon compleanno. - I
genitori, Chiara e Francesco consideravano
Angelica, anche a venti anni, la loro bambina,
così come fanno tutti i genitori che
però, per la ruota della vita, a volte si
sentono e si vedono scivolare dalle mani l'affetto
dei loro figli. Questo però non era il caso
di Angelica, anche per il fatto che lei ha ottenuto
una famiglia dopo la sua nascita, non come gli
altri figli con i propri genitori naturali. La
coprirono di baci e di abbracci e le diedero il suo
regalo. - Questo è per te. - le disse il
papà porgendole un pacco con gli occhi
luminosi dalla gioia. Angelica lo aprì e
dentro vi trovò un grosso pupazzo di
peluche: proprio quello che aveva visto qualche
giorno prima in una vetrina di un negozio e che le
piaceva tanto. Intanto li aveva raggiunti anche la
zia Veronica che era venuta da Roma proprio per
festeggiare il compleanno della sua "nipote
preferita". - E questo è da parte mia. -
disse la zia abbracciandola insieme ai suoi figli
Marco e Celeste. Lei aprì il pacchetto e vi
trovò dentro un diario dalla copertina a
grandi fiori rosa con tanto di lucchetto e chiave.
Ringraziò affettuosamente la zia per il
regalo. Dentro di lei però, rimase un
pò delusa: dalla zia era abituata a ricevere
ben altri regali, per esempio l'anno precedente le
regalò una catenina d'oro con un ciondolo.
Tutto sommato però quel diario le sarebbe
servito per scriverci tutto quello che voleva senza
che nessuno ci andasse a "ficcare il naso". La zia
Veronica era la persona cui Angelica era più
affezionata, dopo i genitori, naturalmente. Dopo
una giornata densa di festeggiamenti con tutti i
parenti, la sera, una volta rimasta sola in camera
sua, prese il diario e lo aprì. Quelle
pagine bianche le fecero quasi un pò paura,
ma da quella sera si propose di scrivere qualcosa
ogni giorno sul suo diario.
-
- Giovedì
10 agosto 1980.
-
- Caro diario, a
dire il vero non so proprio come e da dove
cominciare, comunque, cominciamo a "rompere il
ghiaccio", io ti darò del "tu" come si fa
con un amico e ti racconterò tutto, o per lo
meno ci proverò. Mi sei stato regalato nel
giorno più importante dell'anno per me: il
mio compleanno, quest'anno poi è speciale
per me: sono arrivata a un quinto di secolo! E tra
l'altro stanotte era la notte di San Lorenzo, la
notte delle stelle cadenti. Visto? Anche i miei
genitori forse hanno espresso il desiderio di avere
una figlia la notte delle stelle cadenti, ed eccomi
qua! Ah, che maleducata! Non mi sono neanche
presentata: mi chiamo Angelica, sono nata a Roma ma
vivo a Spoleto, una ridente città famosa in
tutto il mondo per il Festival dei Due Mondi. Al di
là di questo io ci vivo molto bene. Giusto
mi serviva un amico al quale raccontare tutte le
mie cose, dalle più frivole alle più
segrete. Tu saprai tutto di me, non ti
nasconderò nulla, i miei sentimenti, buoni e
meno buoni, le mie sensazioni, le mie paure e le
mie gioie, i mie sogni belli e brutti, i mie
incubi, i miei stati d'animo, insomma, tutto quello
che ad una persona "normale" non potrei dire
perchè troppo intimo e personale, neppure a
mia madre, che è la mia migliore amica e
confidente, che pure adoro. Sarai un segreto tutto
mio, da custodire con cura, una confessione con me
stessa. Scriverò sulle tue pagine solamente
quando sentirò veramente il desiderio di
scrivere, ti dirò tutto quello che sento
nell'animo, i miei pensieri più nascosti, il
rapporto splendido che ho con mia madre che si
arricchisce di giorno in giorno di fatti nuovi, i
miei sogni, le mie gioie e, anche, perchè
no? Le mie delusioni e i miei dolori. Sarai la
valvola di sfogo della mia anima, un modo per
fissare i ricordi e i sentimenti più
profondi della mia vita. Scriverò su di te
quando sentirò il bisogno di affidare alle
tue pagine il segreto del mio cuore. Insomma
diario, preparati a sentirne di tutti i colori! La
tua fedelissima. Angelica.
- P.S. Ti
porterò sempre con me ovunque
vada!
-
- Venerdì
19 agosto 1980.
-
- Caro diario,
continua a fare un caldo infernale, per distrarmi
voglio ripercorrere con te questi miei primi
diciannove anni di vita, il ventesimo comincia
adesso, pieni di belle esperienze, anche di
qualcuna meno bella, però, si sa, la vita
non è fatta solo di cose belle. Voglio
cominciare subito a parlarti della città che
mi ha visto nascere e alla quale sono molto legata:
Roma, detta da tutti la "città eterna", per
me è la più bella del mondo anche
perchè ha una storia millenaria e io,
girando, posso ancora vederne le testimonianze.
Entrando a Roma si rimane subito colpiti dalla
folla e dal movimento di questa metropoli, io
ormai, andandoci molto spesso, ci sono abituata,
è così ricca di angoli dove il tempo
sembra essere fermo da secoli eppure le due cose
convivono perfettamente. Roma è ricca di
tanti bei monumenti, è una bella
città moderna, ma alla periferia, purtroppo,
non mancano le baraccopoli che mostrano la
povertà di tanta gente: questa è
l'unica cosa che non mi piace perchè vorrei
che tutti fossero felici come me. Anche se vivo in
un piccolo centro di provincia, Roma è e
sarà sempre nel mio cuore e faccio il
possibile per tornarci ogni volta che ne ho voglia.
Ogni volta che ci vado, quando vado a trovare la
zia Veronica, non vorrei più ripartire e
molte volte è capitato di rimanere là
per qualche giorno "marinando" piacevolmente la
scuola. Per me la zia è come una seconda
mamma e i suoi figli, Marco e Celeste, sono come
fratello e sorella che non ho. Per stasera ti ho
già detto molte cose e credo proprio che sia
arrivato il momento di dormire. Domani sera
scriverò di nuovo, buonanotte.
- Angelica.
-
- Sabato 20
agosto 1980.
-
- Caro diario, ti
voglio raccontare la storia della mia vita
così come me l'ha raccontata mia madre. La
nostra è una famiglia normale, due persone
che lavorano: il mio papà è impiegato
in una azienda che produce forniture idrauliche, la
mia mamma invece fa la commessa in un negozio di
abbigliamento. Poco dopo il matrimonio i mie
genitori si rendono conto di non poter avere figli,
da qui nasce un vero e proprio dramma. Loro
desideravano molto un figlio, ma, vista la
situazione, decisero che Veronica, la cugina della
mamma, era per loro l'unica speranza. Lei infatti,
oltre ad essere parente, era anche psicologa, e
quindi in grado di valutare la situazione nel modo
migliore e proporre una soluzione. Infatti accadde
che la zia Veronica gli propose la soluzione di
adottare un bambino: naturalmente lei li avrebbe
aiutati per tutto quello che riguarda il fatto
burocratico, pratiche e il resto. La zia Veronica a
Roma era una persona molto conosciuta, potente e
anche molto ricca e stimata anche negli ambienti di
più alto rango: ministeri, Vaticano. Per la
mamma e il papà si aprì uno spiraglio
di luce alla fine di quel tunnel di disperazione in
cui erano entrati. Domani continuerò il
racconto. Ciao.
- Angelica.
-
- Domenica 21
agosto 1980.
-
- Caro diario,
oggi è festa, e aspetto sempre i giorni di
festa perchè la mia famiglia può
stare insieme, cosa che molto spesso non succede
durante la settimana perché i miei genitori
lavorano ed io sono a scuola. Continuiamo in questo
"viaggio" alla scoperta della mia vita: sono nata
il 10 agosto del 1968 e sono stata lasciata dalla
mia vera mamma appena venuta al mondo a causa della
grave malformazione alle gambe con la quale sono
nata. Rimasi ospite, fortunatamente per molto poco
tempo, dell'ospedale pediatrico in cui ero nata e
poco dopo fui dichiarata adottabile. I miei
genitori, dopo aver chiesto aiuto alla zia
Veronica, videro che lei aveva già disposto
perchè i bambini ospiti della clinica
potessero essere visti dagli "aspiranti" genitori
perchè ne scegliessero uno. Il giorno
stabilito, la mamma e il papà, un pò
emozionati, si recarono nella clinica che ospitava
questi bambini e girarono fra le culle. A questo
punto la mamma, quando mi ha raccontato questo
episodio aveva le lacrime agli occhi. La mamma
voltò lo sguardo attratta dalle urla di un
bambino, che poi era una bambina, che piangeva e si
agitava, così tirò il papà per
un braccio e lo portò verso quella culla.
Quando la bambina, perchè c'era un fiocco
rosa, incontrò lo sguardo di quella donna,
smise di piangere: aveva visto nel suo viso
qualcosa di rassicurante. La mamma, profondamente
colpita da quella reazione decise, concorde con il
papà che quella sarebbe stata la loro
figlia. Quando i miei genitori comunicarono la
decisione di prendere proprio quella bambina,
l'infermiera che accudiva tutti i bambini gli disse
che forse la loro scelta non era stata molto
felice: la bambina aveva una grave malformazione
congenita alle gambe e quindi non avrebbe potuto
camminare. Li consigliò anche di sceglierne
un'altra. Inizialmente i miei genitori furono presi
dal panico, ma poi decisero che quella sarebbe
stata la loro figlia, ad ogni costo! Anche chi era
meno fortunato doveva avere una famiglia. La mamma
poi rimase colpita dal fatto che la bambina, appena
la vide per la prima volta, non solo smise di
piangere, ma accennò anche un sorriso: lei
aveva bisogno di una famiglia più di
chiunque altro. Quella bambina ero io! Il seguito
alla prossima puntata ... domani sera.
Ciao.
- Angelica.
-
- Lunedì
22 agosto 1980.
-
- Caro diario,
eravamo rimasti che quella bambina ero io. A quel
punto, esaurite tutte le pratiche per l'adozione,
grazie anche alla zia Veronica, il 9 gennaio del
1969, dopo una grande festa in clinica organizzata
da tutto il personale per salutarmi e augurarmi
buona fortuna, venni accolta con indescrivibile
felicità in casa dei miei genitori. I miei
neo - papà e neo - mamma mi amano come se
fossi la loro figlia naturale. Infatti hanno sempre
detto, e io lo condivido in pieno: "Non c'è
un figlio più desiderato di quello che si
adotta!" Questo perchè il fatto di non poter
avere figli provoca un desiderio incontenibile di
averne uno. Mi misero nome Angelica perchè
dicevano: - E' bella come un angelo! - L'euforia di
quei giorni di festa, prima in clinica, poi a casa
della zia Veronica a Roma, per non parlare poi
degli altri parenti: ero l'unica bambina della
famiglia, sono stata coccolata fino
all'inverosimile! Ora però era il momento di
tornare alla realtà, ora veniva forse il
momento più difficile: quello di affrontare
le cure per far sì che io potessi camminare.
Ciao.
- Angelica.
-
- Martedì
23 agosto 1980.
-
- Caro diario,
continuiamo con il racconto: dunque, eravamo
rimasti al momento in cui si dovevano affrontare le
cure perchè io guarissi. Soprattutto grazie
all'aiuto della zia Veronica, i miei genitori mi
fecero visitare da uno specialista importante, un
medico russo che operava a Roma, il dottor Eugeni
Assenov che, senza false promesse, gli disse che
avrebbe fatto tutto ciò in suo potere per
guarirmi. Naturalmente i miei genitori e gli altri
parenti nutrivano molti dubbi sulla riuscita della
cura e non mancarono anche momenti di sconforto e
di profonda sfiducia nella medicina. La lastra che
mi fecero prima di decidere l'intervento, a dire il
vero, lasciava poco spazio alla speranza: metteva
in evidenza il fatto che il femore era staccato dal
bacino in entrambe le gambe, soprattutto in quella
sinistra. Comunque mi fu applicato un apparecchio
che fungeva da ingessatura per permettere alle ossa
delle gambe di tornare al proprio posto. Questa
situazione durò per circa due anni tra dubbi
e brutti momenti. Un giorno d'estate in cui faceva
molto caldo la mamma mi tolse per un momento
l'apparecchio per farmi stare più libera e
mi mise su un grande tappeto sul pavimento. Lei
giocava con me e aveva in mano un pupazzo di
peluche col quale giocavo sempre, faceva finta di
farlo camminare sul tappeto e io, attratta dal
pupazzo, puntai a terra le mani e mi sollevai piano
piano sulle ginocchia e, gattoni, andai verso il
pupazzo. La mamma ebbe una reazione incredibile:
potevo appoggiare le gambe. Chiamò subito il
papà e io, sempre attratta dal pupazzo,
andai gattoni anche verso di lui. La mamma mi dice
che quando è accaduto questo, ha visto
piangere il papà per la prima volta. La
gioia era divenuta incontenibile, lo seppero tutti
i parenti e insieme facemmo una grande festa anche
se la strada da percorrere era ancora lunga. La
mamma era terrorizzata dall'idea che io non potessi
muovermi, ma nella parte più profonda del
suo animo sperava ancora in una sorta di
"miracolo", avendo anche una fede in Dio molto
radicata, aveva pregato molto affinché
ciò che sperava un giorno si fosse
realizzato. Questo è stato il momento
più bello della mia vita, anche se io ero
troppo piccola per poterlo ricordare ora.
Buonanotte.
- Angelica.
-
- Mercoledì
24 agosto 1980.
-
- Caro diario,
continuiamo in questo viaggio nella storia della
mia vita. Ti parlo del luogo dove abito. Ti ho
già detto che vivo a Spoleto, beh, non
esattamente, il mio paese si chiama San Giacomo:
è a sei chilometri da Spoleto, ma è
un paese meraviglioso, o almeno io ci vivo
benissimo. Ho una bella casa singola con tanto
verde intorno. Per il resto il paese, quando io ero
bambina era piuttosto piccolo: il nucleo centrale
era la piazza con la chiesa e il castello. Nella
piazza io ho trascorso i momenti più belli
della mia infanzia. Oggi, ripensando a quei momenti
e vedendo la realtà attuale, penso che quei
valori che ci sono stati "trasferiti" dai nostri
genitori, non esistono più: parlo della
famiglia, l'affetto per i genitori, gli zii, i
nonni, cose che oggi hanno, a mio parere, un valore
molto relativo. Quando ero bambina, accanto a casa
c'era un campo immenso e c'era una vigna, d'estate
diveniva dorato per il grano che vi era seminato.
Ricordo che più di una volta infilavo la
mano tra la rete metallica (avevo le mani talmente
piccole che ci passavano senza problemi) e coglievo
le spighe del grano per regalarle a mia madre. Mia
zia aveva un forno in piazza, oggi è di mio
cugino Tommaso, suo figlio. E' di quel posto che
conservo i ricordi più belli e significativi
della mia vita. La maggior parte del tempo la
trascorrevo lì dentro in mezzo a dolci di
ogni tipo, anche se quando io ero piccola non c'era
tanto assortimento come oggi. In ogni caso erano i
momenti che trascorrevo lì dentro anche
perchè di dolci non sono poi così
golosa. A questo proposito ti voglio parlare
dell'affetto che provo per i miei tre cugini, Sara,
Lucia e Tommaso, con loro ho condiviso tutti i
momenti belli e brutti dell'infanzia: ho mangiato,
dormito, sono uscita con loro, mi viziavano, mi
riempivano di attenzioni anche perchè ero
l'unica bambina della famiglia. Con loro ho
mantenuto e mantengo tuttora uno splendido
rapporto. Voglio raccontarti due fatti. Quando
avevo circa sei anni ho avuto la cosiddetta "tosse
convulsa" e stavo molto male. La notte, durante una
delle tante crisi che avevo, mi hanno dovuta
portare d'urgenza in ospedale per curarmi
perchè non potevo più respirare. Io
volevo che Lucia fosse vicino a me, così la
mamma le telefonò, lei si alzò in
piena notte e insieme ai miei genitori mi
portò in ospedale. Durante tutto il tragitto
mi tenne per mano ed anche in ospedale non mi
lasciò mai. Ricordo anche che la zia
Veronica, che in quei giorni era venuta a trovarci,
mi chiamava "il suo asinello" perchè la mia
tosse assomigliava al raglio di un asino. Poi
fortunatamente guarii in fretta. Certo quella
volta, che ricordo molto bene, l'ho passata
veramente brutta. Invece, all'età di sette
anni, i miei genitori mi fecero la cameretta nuova
e ancora non ero abituata a dormire da sola
perchè, per ragioni di spazio, fino ad
allora non era stato possibile farmi la cameretta.
Una delle prime notti in cui ci ho dormito,
rigirandomi nel letto, caddi e battei la testa
contro l'angolo del comodino che era a fianco del
letto. Mi alzai e dissi alla mamma e al papà
cosa era successo però apparentemente stavo
bene e la mamma mi disse di mettermi accanto a lei
perchè un pò di paura l'avevo avuta.
Mi misi a letto vicino a lei e poggiai la testa sul
cuscino, poi per sistemarlo, alzai di nuovo la
testa e vidi il cuscino macchiato di sangue. Presi
dal panico i miei genitori mi portarono al pronto
soccorso non prima di aver chiamato Sara che doveva
accompagnarmi insieme a loro. All'ospedale mi
misero della colla per le ferite e fui subito
dimessa, anche qui sempre presente una delle due
cugine. Tommaso, l'altro cugino, cui ero e sono
affezionatissima, giocava con me quando andavo a
casa sua. La sera spesso, io e i miei genitori
andavamo a casa della zia Sofia, la madre di Sara,
Lucia e Tommaso, nonchè sorella di mia
madre. Quando andavo da lei, Tommaso mi faceva
giocare con lui: lui si metteva sul letto e io
facevo il cavallo sulla sua schiena, poi mi
raccontava delle storielle che mi facevano tanto
ridere. Ricordo che una volta ero sempre a casa di
zia Sofia che in quel periodo aveva a casa le
galline e una sera portò in casa un grosso
scatolone e lo mise vicino al camino della cucina.
La cucina era proprio l'espressione delle vecchie
cucine di una volta dove, come mi racconta mia
madre, mia nonna, che purtroppo non ho conosciuto,
usava preparare i pasti sul fuoco in un grosso
"caldaio" di rame e pentole di terracotta. Mi disse
di aprirlo perchè c'era una sorpresa: lo
aprii e brulicava di piccoli pulcini gialli, grigi,
insomma, mi fece veramente felice, li prendevo in
mano, ci giocavo, li lasciavo a terra. Comunque
c'è stato anche un momento non troppo bello
che ricordo di Tommaso. Quando lui era poco
più che un ragazzino volle che i suoi
genitori gli regalassero una moto e così fu.
Un giorno però ebbe un incidente in cui
riportò numerose ferite al volto e fu
ricoverato in ospedale. Qualche giorno dopo, non
ricordo esattamente quanti, anche perchè ero
piccola, Sara mi portò in ospedale a far
visita a Tommaso. Di quel giorno ricordo soltanto
il volto di Tommaso divenuto irriconoscibile. Ero
in braccio a Sara e, alla vista del viso di Tommaso
tuffai la testa sulla spalla di Sara e scoppiai a
piangere. A me sembrò di vedere un mostro.
Mi chiamava e mi diceva di andare in braccio a lui,
ma piangevo sempre più forte perchè
pensavo che Tommaso sarebbe rimasto sempre in
quello stato, tanto che Sara mi dovette portare
via. Certo no mi rendevo conto di cosa fosse
successo e allora dicevo a Sara che ormai Tommaso
era diventato brutto e non gli volevo più
bene. Poi lei mi spiegò che quelle erano
solo piccole ferite che poi sarebbero andate via e
che Tommaso sarebbe ritornato bello come prima.
Ripensandoci adesso fu proprio così: anzi,
è diventato più bello di prima.
Veramente ho passato dei momenti splendidi. Adesso
vorrei quasi ritornare indietro per riviverli,
nella vita però bisogna guardare avanti
senza comunque rinnegare il passato. Ciao.
- Angelica.
-
- Giovedì
25 agosto 1980.
-
- Caro diario, il
caldo continua e io continuo a raccontarti la
storia della mia vita. Stasera ti voglio parlare
dello splendido rapporto che ho e che ho sempre
avuto con mia madre. E' chiaro che lei mi ha sempre
voluto un gran bene, certo, qualche volta abbiamo
modi diversi di vedere le cose, ma ognuna rispetta
le idee dell'altra, senza imposizioni da nessuna
parte. Sento molto spesso parlare di figli che
litigano con i genitori e credo che sia una cosa
molto brutta. Io infatti non sopporto i "musi
lunghi" in casa. Anche tra la mamma e il
papà a volte c'è qualche scambio di
idee, ma sono sempre io quella che riporta la
serenità in famiglia. Infatti la mamma
è quella che tiene di più il "muso"
quelle rarissime volte in cui succede, io devo fare
da "paciere" tra i due contendenti per riportare la
serenità in casa quanto prima. Voglio molto
bene anche al papà che per me "stravede"
letteralmente. Non mi ha mai fatto mancare nulla,
però mi ha fatto anche capire quale sia il
sacrificio che a volte nella vita si deve
sostenere. Per esempio da diversi anni non andiamo
più in ferie: all'inizio mi è molto
dispiaciuto perchè negli anni precedenti lo
avevamo sempre fatto e ritrovarmi d'un tratto da
tanto a niente mi ha un pò amareggiata e ha
provocato in me un cambiamento di carattere.
Infatti, mentre quando ero più piccola
adoravo andare a mangiare al ristorante, ora mi
provoca i cosiddetti "disturbi da attacchi di
panico" che non sono altro che disturbi di stomaco
che mi impediscono di mangiare. Di questo certo non
posso dare la colpa a nessuno, è stato un
cambiamento che è venuto da sè, forse
è un modo con il quale riesco ad esternare
questa cosa che mi ha fatto molto dispiacere. In
passato spesso ero io che chiedevo ai miei se
andavamo a pranzo o a cena fuori, ora, se capita di
doverci andare per una qualsiasi occasione ho io il
timore di andare perchè si ripresenta questo
disturbo. Cercherò comunque di superarlo con
tanta forza di volontà. Ciao.
Angelica.
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