- Presentazione
-
- Lo specchio. Lo
scrigno che contiene la vita riflessa, quella che
affascina un po', che attrae e si teme. La
superficie magica che incanta l'uomo. Forse
perché ci contiene, ci svela il nostro volto
che diventa finalmente visibile, e perché ci
rivela che lì dietro sono racchiuse le
nostre più ardite e proibite
fantasie.
- Lo specchio,
l'altra faccia della luna, dove la luce vittima
dell'ombra si contrappone all'abbagliare del sole
che tutto deforma. Nello specchio, come nei sogni,
c'è sempre un po' di noi stessi, la parte
più intima dei nostri intimi segreti, ma
anche il profilo più vero.
- Maria Grazia
Catanzani ha avuto il coraggio di passare oltre,
rompere la fragile ed estrema barriera, fare un
passo più in là. Ha preso in mano
questo oggetto magico e ha sentito la
necessità di profanarlo, frantumarlo. E come
con una medaglia l'ha fatto volare in aria e
lasciato cadere con una casualità mai
lasciata al fato e sempre sconvolgente.
- La prima regola
è riuscire a non essere mai prevedibile.
Maria Grazia Catanzani, da brava "creatrice" della
vita qual è sempre un buon scrittore, con lo
specchio e attraverso esso, ha rotto gli schemi,
giocato a scombinare e a sorprendere. E in questo
breve racconto pieno di scintille sa bene stupire.
Scompone l'ordine e lo ricostruisce, con una
tecnica ambiziosa ma rigorosa. L'unica in grado di
rimettere lei in discussione, di farla avvicinare
il più possibile a se stessa. A ben vedere,
più che un percorso è una camera di
composizione.
- In questo
specchio riversa le sue passioni represse, i suoi
desideri più reconditi e autentici.
V'intravede la sua parte più vitale e
compressa, vi coglie le sue doti migliori,
perlomeno le sue qualità più
istintive, innate, naturali, scevre da ogni umano
condizionamento.
- Oltre lo
specchio è un romanzo lieve. Dai tratti
leggeri, ma non per questo inconsistenti, vaporosi.
Tutt'altro. Piacevole nella lettura che scorre via
felice. Intessuto di parole apparentemente libere,
che sembrano portate dal vento, ma che invece sono
come le foglie il frutto delle stagioni, di una
maturità in divenire. Una storia che
richiede partecipazione, con tutti i suoi puzzle da
connettere e incastrare. E alla fine ne fuoriesce
un quadro articolato, completo. Ricco di colori, di
sapori e profumi attuali e moderni, in grado
però soprattutto di riverberare i tormenti
di una generazione, sana di spirito e ben educata,
ma frastornata, alle prese con un "sistema"
comunicativo complesso che viaggia ad una
velocità strabiliante, che tutto rischia di
travolgere e annullare.
- La Catanzani ci
insegna che si può trasgredire, mettere il
naso nel buio, ma soprattutto con l'intento di
ritornare a vivere meglio e con più
consapevolezza nella luce.
-
Francesco
Castellini
-
-
- Parte
prima
-
- Una piacevole
sensazione di calore sulla guancia svegliò
dolcemente Alexandra. Aprì piano piano gli
occhi e vide il dolce muso di Lord Byron, il suo
adorato cane, davanti al viso.
- Ogni mattina
era lui a svegliarla, leccandola: aveva
fame.
- Lord Byron: il
poeta e il cane preferiti di Alexandra. Del primo
ne leggeva e rileggeva le poesie ed aveva appreso
come trasferirne il moto dell'anima nei propri
scritti: ecco perché era diventata una
scrittrice molto apprezzata dai propri lettori. Del
secondo, un bellissimo pastore tedesco dal pelame
chiaro, ne aveva fatto il compagno della sua vita;
glielo aveva regalato David, il suo fidanzato,
durante una splendida festa organizzata per il suo
ultimo compleanno.
-
- Alla festa
organizzata per il suo compleanno, Bianca aveva
invitato, oltre ai suoi familiari, anche amici e
colleghi.
- Era una ragazza
forte e molto pratica e aveva preparato con
infinita meticolosità anche i festeggiamenti
per quella ricorrenza, occasione di condivisione di
momenti piacevoli con le persone alle quali era
unita da rapporti di lavoro o da legami
familiari.
- Alle nove di
una caldissima serata di fine giugno, con un caldo
un po' fuori stagione e dopo una dura e lunghissima
giornata di lavoro al giornale, era rientrata a
casa.
- L'acqua della
doccia le aveva portato via lo stress ma non quel
sottile senso di angoscia che da tempo, ma in
particolare quella sera, la attanagliava sempre
più forte.
- Si sentiva
sola.
- La famiglia le
era vicina ma avvertiva la mancanza di qualcosa di
"altro", di diverso: di un "affetto" differente da
quello che le proponeva il proprio contesto
familiare. Le mancava terribilmente un compagno,
qualcuno che sapesse darle quell'amore che lei da
tempo cercava e che ormai quasi disperava di
trovare.
- Sì,
molte avventure con ragazzi più o meno
interessanti, ma a tutti mancava il "cuore": quel
cuore con la "C" maiuscola, che lei aveva sempre
cercato di offrire e che mai aveva ricevuto, almeno
dal proprio punto di vista.
- Si vestì
in fretta e scese in giardino quando la gran parte
degli invitati era già arrivata. Prima di
uscire dalla sua camera dette un'ultima occhiata
all'elegante vestito di seta nero che aveva
comprato qualche giorno prima in una boutique del
centro a Milano.
- Fin da bambina
Bianca era nota per la sua ricercatezza nel vestire
e per tale motivo era stata oggetto di piccole
invidie da parte delle compagne di scuola prima, e
delle colleghe di lavoro poi.
- Sottilissime
bretelle nere le sfioravano le spalle perfette e
l'abito, piuttosto corto, le copriva solo in minima
parte le lunghe gambe, già abbronzate dal
primo sole di quella che si preannunciava un'estate
calda e afosa.
- Aveva raccolto
parte dei suoi lunghi capelli castani in un piccolo
chignon al centro della testa, lasciando gli altri
sciolti e liberi di cadere in ciocche, volutamente
disordinate, sul volto e sulle spalle.
- Un trucco
leggerissimo nascondeva i segni della stanchezza
che una giornata di lavoro lascia inevitabilmente
sul volto.
- Comparve in
giardino con aria raggiante.
- Il sorriso,
onnipresente sul suo viso, aveva già
allietato gli sguardi di molti degli invitati.
Mentre girava tra loro per salutarli e
ringraziarli, notò sul tavolo dei regali che
più avanti avrebbe dovuto aprire, un grande
mazzo di rose rosse.
- Da un rapido
calcolo dovevano essere più di venti. Si
avvicinò al tavolo e prese il biglietto che
spuntava tra le foglie.
- "Alla mia
giornalista preferita. A." lesse sul
biglietto.
- Non riusciva
proprio a intuire chi potesse essere quel "A.",
autore del biglietto e del regalo.
- "Troppe
avventure portano a questa confusione" pensò
tra sé.
-
- Una calda
serata di fine giungo: a Miami era l'occasione
attesa per stare all'aria aperta, in riva
all'oceano.
- Alexandra
tornò velocemente a casa, dopo una giornata
passata tra editore e negozi; Era il suo compleanno
e il suo unico desiderio era quello di poterlo
festeggiare insieme a David, magari preparando lei
stessa una bella cenetta, romantica e a lume di
candela.
- Con questo
proposito nella mente entrò nel garage,
scese dalla macchina ed entrò in
casa.
- Si sentì
leccare le caviglie: Lord Byron era solito
salutarla così.
- Accese le luci
del grande salone e ... sorpresa!
- Almeno
cinquanta persone la accolsero con un
applauso.
- David le si
avvicinò e, da dietro la schiena,
tirò fuori uno splendido mazzo di rose
rosse, tenute insieme solo da un fiocco di seta
rosso.
- - Auguri
tesoro! - Le cinse la vita e la
baciò.
- Un altro
applauso per i due innamorati.
- Lei, stordita
da tutto quel clamore, non ebbe quasi la forza di
parlare. Anche se avrebbe voluto festeggiare da
sola con David, quella sorpresa la fece
felice.
- - Scusatemi,
vado a rendermi un po' più decente e poi vi
raggiungo ... - spiegò agli ospiti,
visibilmente felice.
- - Sei
bellissima anche così... - le
sussurrò David in un orecchio.
- Con un finto
gesto di disapprovazione salì le scale e
scomparve per un po' dalla festa.
- Riapparve con
un bellissimo abito di seta rosa, lungo fino ai
piedi, dalla fattura molto semplice e che le
scopriva interamente la schiena e gran parte del
decolleté.
- - Che
visione... - esclamò David, inginocchiato
all'ultimo gradino della scala.
- Il cane si
avvicinò. Benché David fosse sempre
con loro, ogni volta che lui si avvicinava ad
Alexandra, Lord Byron era sempre un pochino geloso
e guaiva.
- Due anni prima,
in quello stesso giorno, David era andato alla
festa di Alexandra con una scatola ornata di un
fiocco azzurro. Lei, incuriosita, aveva sciolto il
fiocco e, sollevato il coperchio, aveva visto
spuntare un musetto di un cucciolo. Aveva sempre
desiderato un cane ma nessuno glielo aveva mai
ancora regalato. Era felicissima. Quel cucciolo le
faceva tanta tenerezza e lo prese subito in
braccio. Il cagnolino familiarizzò subito
con Alexandra, che lo ricoprì di mille
attenzioni.
-
- Bianca chiuse
il libro che stava leggendo. Dai libri che leggeva
traeva sempre degli spunti. Le piacevano molto i
romanzi. Si alzò dal divano e guardò
fuori dalla finestra.
- Aveva appena
smesso di piovere.
- Aprì e
respirò a pieni polmoni l'aria pulita,
lavata dalla pioggia. Quella stagione era piuttosto
incerta: maggio inoltrato, ma non ne voleva sapere
di far caldo. Lei trascorreva le sue giornate
lavorando e nei momenti di relax si sdraiava sul
divano in compagnia di un buon libro.
- Il suo lavoro
di giornalista - al "Corriere della Sera" di Milano
si occupava di cronaca - andava a gonfie vele ma
non per questo si considerava una "arrivata", anzi,
era sempre in cerca di nuove esperienze. Aveva
scelto quel libro proprio perché parlava di
una ragazza che avrebbe voluto fare la giornalista
e lo leggeva con la segreta speranza di poterne
ricavare qualche consiglio, qualche insegnamento.
Nonostante fosse all'apparenza molto sicura di
sé. Bianca era una che sapeva ascoltare
molto e sapeva trarre il meglio anche dalle
letture.
- Non era il
primo libro che leggeva di quella autrice
americana. Le piaceva il suo stile, il suo modo di
esprimere certe emozioni e stati d'animo. Dalle
note biografiche in coda al libro si arguiva che
l'autrice era di origini italiane.
- Bianca si
alzò dal divano e andò a prendersi un
succo di frutta. Squillò il telefono. Con il
bicchiere in mano andò a rispondere. La voce
dall'altro capo del filo la distolse
definitivamente da tutti i pensieri in cui era
assorta in quel momento. Era il suo capo servizio
che la sollecitava a concludere un servizio molto
importante per il giornale. Si stava occupando di
un uomo d'affari milanese, coinvolto in un giro di
traffici illeciti.
- Nel bel mezzo
di "Tangentopoli", molti erano gli uomini d'affari
compromessi, ma non tutti erano stati ancora
scoperti.
- Quello di cui
avrebbe dovuto occuparsi era uno dei "pezzi da
novanta": si chiamava Antonio Enero.
- Quando le era
stato affidato questo incarico Bianca era rimasta
titubante e dubbiosa, ma con il suo capo era
vietato discutere.
- Lui la
conosceva bene, era una delle sue migliori
giornaliste: ce l'avrebbe fatta e
basta.
- La "Enero
Computers", così si chiamava l'azienda, da
poco era stata quotata in Borsa ed aveva ottenuto
grandi risultati grazie alla "intraprendenza" del
suo proprietario, nonché amministratore. Si
era fatta un nome prima in campo nazionale, ma
stava facendosi strada anche all'estero dove - in
poco tempo - aveva messo in piedi un giro d'affari
non indifferente. Andava bene soprattutto negli
Stati Uniti, ma anche in Europa stava
"rosicchiando" quote di mercato ad altre aziende
fino ad allora considerate leader nel
settore.
- Antonio Enero
aveva cominciato la sua attività in un
piccolo ufficio di quella che poi sarebbe diventata
la "sua" azienda e che allora si chiamava "Alter
Informatica"; vi svolgeva piccoli lavori di
elaborazione dati e dai suoi superiori non era
considerato affatto; Aveva ottenuto quel lavoro
grazie all'interessamento di suo padre, un operaio
in una fabbrica conserviera del sud, che aveva
quasi dato fondo alle magre risorse della famiglia
per "fare in modo" che suo figlio avesse quel
lavoro.
- La madre era
casalinga e la sua famiglia viveva solo dello
stipendio, non elevato, che il padre percepiva.
Antonio aveva un fratello, Vittorio, del quale si
sapeva soltanto che un bel giorno, esasperato dalla
magra vita di famiglia, era partito e, come tanti
altri emigranti, era andato a cercare fortuna in
America.
- Non avendo
titoli di studio né risorse economiche, si
era concesso a "guadagni facili" operando in una
organizzazione poco pulita ma che, servendosi di
prestanomi per i propri loschi traffici, era
riuscita a mantenere linda sia l'immagine che il
nome.
-
- Antonio si era
recato in ufficio con suo fratello Vittorio,
presentandolo al titolare come il direttore di una
grande multinazionale americana dell'informatica
"con il quale avrebbero potuto fare grandi affari",
aveva detto, testualmente.
- L'azienda
produceva microchips e Vittorio aveva proposto una
fornitura a prezzi così vantaggiosi che al
signor Barbieri era parso impossibile
rifiutare.
- Paolo Barbieri,
il titolare dell'azienda, viveva in una bella casa
appena fuori del centro di Milano. Lui, al
contrario del suo dipendente, aveva costruito la
sua fortuna lavorando seriamente e con
dignità, conquistandosi i favori della gente
e di tutti gli operatori del settore. Sotto la sua
gestione la "Alter Informatica" non aveva grandi
ambizioni espansionistiche, ma faceva bene il
proprio lavoro e poteva contare su un buon numero
di clienti fedeli. Con sua moglie Sonia e suo
figlio Andrea, rappresentavano una famiglia stimata
e rispettabile.
-
- - Sonia,
stasera credo che farò un po' più
tardi del solito, mi ha telefonato un collega e
debbo aspettarlo, abbiamo appuntamento qui in
ufficio, a più tardi. -
- - Va bene, ti
aspetto, ciao -
- Paolo Barbieri
aveva appuntamento con Vittorio ed Antonio Enero.
Avrebbero dovuto parlare di affari.
- Erano quasi le
otto di sera ed anche l'ultimo impiegato era uscito
da pochi minuti, dopo aver salutato
Paolo.
- Mentre usciva
dall'ingresso principale vide entrare due persone,
una delle quali aveva una valigetta in mano. Si
chiese che cosa volessero quei due stranieri a
quell'ora. "Saranno qui per parlare con il
titolare" pensò. Prese la macchina e se ne
andò a casa.
- Era
venerdì, l'ultimo giorno lavorativo della
settimana e in ufficio stavano per arrivare gli
addetti alle pulizie settimanali. Stella, la donna
che da anni prestava servizio alla "Alter",
cominciò il suo giro per gli uffici e quello
di Paolo Barbieri lo lasciava sempre per ultimo
perché posto al terzo piano del palazzo ed
in fondo al corridoio.
- Arrivata vicino
alla porta, si sorprese trovandola accostata. Il
titolare era solito chiuderla a chiave quando
usciva: solo lei aveva una copia della chiave e
Barbieri si fidava ciecamente di lei.
- Aprì la
porta. Paolo era riverso sulla scrivania. Si
avvicinò pensando che potesse essersi
addormentato. Gli poggiò una mano sulla
spalla e lo scosse per svegliarlo, ma non dava
segni di vita. Gli guardò il volto e vide
che aveva gli occhi sbarrati. Immediatamente si
mise le mani davanti alla faccia cacciando un
urlo.
- Paolo Barbieri
era morto.
- La prima cosa
che la donna ritenne giusto fare, se pur presa dal
panico, fu quella di chiamare la
moglie.
- Sonia accorse,
chiamò una ambulanza e anche la polizia,
perché la morte del marito le apparve subito
piuttosto strana.
- Stando al primo
esame del medico legale, il decesso era avvenuto
per cause naturali: arresto cardiaco.
- - Suo marito
aveva problemi al cuore? - le chiese il
medico.
- - Si,
però li teneva costantemente sotto controllo
con farmaci e con controlli periodici. Sono sicura
che la causa della morte non è questa; la
prego, mi prometta che scoprirete la verità
- supplicò lei.
- - Non si
preoccupi signora, già dall'autopsia potremo
chiarire qualcosa. - la rassicurò il
dottore.
- Sul luogo del
delitto era stato trovato qualcosa che alla polizia
parve strano: frammenti di uno specchio
rotto.
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