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- Addio, papa
Wojtila
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- Nella
sofferenza s'è spento il nostro amato
Papa Wojtyla.
- Fedeli di
tutto il mondo hanno gremito Piazza San
Pietro,
- per
rendere l'ultimo saluto al Pastore,
all'Amico, al Fratello.
- O Papa
Santo, sei stato "Un grande" perché
hai rafforzato
- la Fede
della Chiesa, divulgando il Vangelo della
Speranza
- oltre i
confini della terra, e sentiamo già la
Tua mancanza.
- Tu che
amavi in modo particolare i giovani, che
avvinti
- dal Tuo
carisma Ti consideravano come un padre
amoroso.
- Padre
Santo, hai lasciato in tutti noi un vuoto
incolmabile,
- ma
seguiremo il Tuo messaggio di Pace, Amore e
Speranza.
- Sei stato
grande comunicatore e pellegrino sempre in
viaggio,
- per
dialogare con altre fedi, sempre nel rispetto
d'ogni Credo,
- e
perciò sei stato definito: "Artefice
d'un passaggio epocale".
- Sei stato
un Papa moderno e la riforma è nata
dai Tuoi hobby.
- Sei stato
un Papa sportivo: nuotavi, sciavi e monti
scalavi.
- O Papa
Wojtyla, come messaggero di Cristo, Ti sei
adoperato
- nel
richiamare le coscienze alle esigenze della
riconciliazione,
- guidando
così la Chiesa verso una straordinaria
modernità, pur
- nell'ortodossia.
- Ora se
n'è andato l'atleta di Dio,
l'ambasciatore per eccellenza,
- il Papa
multimediale, l'oratore indefesso delle folle
oceaniche.
- E nel
dolore, pronunciando la parola "amen" il
nostro Papa
- s'è
consegnato per sempre al Padre, come
Gesù nel Getsemani.
- Addio Papa
Wojtyla, con il Tuo operato hai cambiato la
storia
- dell'Umanità,
- e l'eco
della Tua memoria resterà impressa nel
cuore dei popoli.
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- Frammenti di
luce
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- Ahimè!
Come un viandante ho percorso aspri
sentieri,
- per
abbeverare la mia anima alla fonte della
speranza,
- senza mai
allentare il freno ai miei instancabili
passi.
- E un vento
gitano soffiava... soffiava
forte...
- L'eco dei
miei lamenti si disperdeva invano in un
buio
- senza
tempo...
- Ho chiesto
più volte alla luna di non lasciarmi
solo.
- Sulle
pagine dei pensieri miei ho scritto ogni
giorno
- le mie
fobie, le mie incertezze e le mie
emozioni.
- Ho
incontrato spesso il dolore: era sordo...era
bieco...
- e
impietoso m'ha invaso gli arcani spazi
dell'anima.
- Ho
incontrato a un crocicchio una dama di nero
vestita,
- a lungo
m'ha corteggiato, ma ho declinato il suo
invito,
- perché
non era il momento di appressarmi
all'oblio.
- Ho
incontrato l'amicizia con l'alibi del
sorriso,
- ma in
quella suadente apparenza celava solo
ipocrisia.
- Ho
incontrato labili amori, un effimero
abbaglio:
- ho
dischiuso gli occhi e intorno a me c'era un
camino
- già
spento.
- Ho
incontrato la solitudine e subito l'ho
abbracciata:
- mi ha
condotto per mano in cerca di frammenti di
luce.
- Ho
intravisto in quei foschi sentieri, ove non
filtra mai
- il sole,
- una
parvenza di luce, come un lontano
miraggio.
- Ho
pensato: forse domani...
- forse
domani... sorriderà anche a
me.
- E ho
continuato a seguire i miei
passi,
- per
dirigermi lontano...
all'orizzonte,
- e
respirare finalmente frammenti di
luce.
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- Il distacco
dalla mia terra
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- O mia cara
terra natia,
- per me
fosti assai amara
- e con gli
occhi velati di pianto
- serbo, si,
un gran rimpianto
- e nessun
rancore, o terra del sole,
- ma sol
nostalgia della mamma mia.
- La mia
terra è fertile ancora,
- ma non
c'è più chi la
lavora:
- son tutti
partiti per paesi lontani.
- Anch'io
t'abbandonai, o terra natia,
- ma fu sol
per rifarmi una vita mia.
- Lungo fu
il viaggio...
- Più
lunga l'attesa...
- perchè
ero in cerca d'una mano tesa.
- A
Vimercate emigrai fiducoso:
- anche se
oberato da fardelli
- di
frustrazioni, amarezze e
delusioni,
- nel cuore
nutrivo sogni e speranze.
- O terra
natia,
- poco mi
hai dato, molto mi hai tolto,
- e non per
questo da te mi hai distolto,
- perchè
io ti penso ancora.
- O adorata
terra del sole,
- sento che
in me rivivi ancora.
- Penso
spesso alla mia terra, alla mia
gente,
- e subito
un brivido mi scuote la mente,
- perchè
ho nel cuore una ferita,
- che non si
rimargina ancora;
- infatti la
partenza fu un distacco,
- la meta
l'esilio.
Dalla
silloge "La poesia aiuta a vivere" Ed.
Montedit 1998
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- Il calvario
del mare
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- Scorie
letali libere fluttuano
sull'onda,
- che ora,
greve, s'infrange sulla battigia.
- Il mare
è una poltiglia d'inchiostro
nero.
- Dio mio,
chi ha stuprato il mare?
- E va e
viene la risacca con l'ibrido
fardello,
- ma ora
alta è la marea e più forte il
flusso,
- che spinge
a riva di corpi inerti una moria.
- Dio mio,
che catastrofe ambientale!
- Sgomenti i
pescatori ritirano le reti,
- imprecando
contro quella mano ostile,
- che,
impavida, ha osato sfidare il
mare.
- Giorni
grami si paventano per loro...
- e dal molo
assisteranno all'agonia del mare.
- Mesto, il
gabbiano saluta la fauna marina,
- che
già rantola nell'amplesso dei
marosi,
- prima di
volar lontano, in cerca di
ristoro.
- O bianco
gabbiano, se vuoi vivere ancora,
- libero
vola nell'orizzonte che non
muore.
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Dalla
silloge "Fantasia nella realtà" Ed.
Montedit 2005
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- La preghiera
del contadino
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- O Signore,
abbiamo arato, abbiamo seminato,
- ma la
terra è arida per la penuria di
piogge
- e viviamo
nell'attesa d'una annata meno
grama.
- Ti prego,
sosta sul mio campo: fiata sulle
zolle
- e con
forza vitale ingravida i semi
sparsi,
- affinché
possano partorire abbondanti
messi.
- O Signore,
per il grande libro della terra,
- io Ti
ringrazio: leggo e imparo.
- So
perché una stagione cade e un'altra
fiorisce.
- Ora che
percepisco la Tua venuta
- continuo a
nutrirmi con la preghiera della
vita,
- affinché
Tu possa far scendere dal cielo,
- come
rugiada benefica per noi,
- grazie e
benedizioni sugli aridi campi.
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Dalla
silloge "Fantasia nella realtà" Ed.
Montedit 2005
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