- Tonino
-
- Avevi
cuore sapiente
- E vro
animo gentile, che
- Felice
ricordo collega
- Al
presente amaro
- Perché
morte che giunge,
-
- pur a
veneranda età, sempre
addolorra
- congiunto
e amico, che d'un tratto vede
- parabola
d'esistenza cara compiuta.
- E dietro
vetri di silenzio ed ombra
- invano
cerca della parola or muta
- l'eco nel
mondo travagliato e vacuo.
-
- Con gli
ardenti raggi più non scherza il
sole
- e con
malinconia tranquillo pare
- seduto
sulla seggiola del monte.
- Immobile e
lontana, striscia di mare
- sull'orizzonte,
in artificio d'eternità
- cattura
filo di vita che trascende
- morte, nel
punto dove tramonta il sol
- che fa
calare residua luce in botola
nera.
- Ma resta
indenne e verde d'anni, un arco
- di raggio
rischiaratore: aureola d'eloquio
- semplice e
prezioso come acqua sorgiva.
- Tonino
- Tu, con
vasto ingegno libero, garbato e
caro,
- hai steso
al sole parole
- come
frutti d'oro in pietre miliari
- ad
adornare il passato, che non
muore.
-
-
-
- Viene
aprile
-
- Con raggio
sorridente
- di
primizia innocente
- e
tenerezza primaverile,
- giunge
Aprile
- con
purezza suprema
- di biblico
fanciullo.
-
- Come Fauno
adolescente
- viene
Aprile
- con
vestito leggero
- mistico di
vento lieve
- che non
grava né si posa
- nel mio
cuore che vi ritrova
- l'ineffabile
armonia di fanciullezza.
-
-
-
- L'eco dei
diritti
-
- Riconquistare
- nell'immaginario
- con stanca
meraviglia
- il
buono
- il
giusto
- il
vero
- dal
relitto antico.
- E, nella
tempesta emozionale
- lenta
- riappare
la parola
- in silente
postura
- a randa
della notte,
- all'incanto
acceso da cicale
- che
disserra
- il rovente
segreto del tempo.
- Io,
viandante del vissuto
- tra la
gente
- a
ricercare un sorriso sincero
- degli
occhi:
- essenza di
luce immanente
- vanamente
accostata
- allo
squarcio immoto delle nubi
- al barlume
irraggiungibile di stelle
- e al
guizzo fresco della luna
- in una
mite sera d'estate.
-
-
-
- A Rita Levi
Montalcini
-
- Di
Mimnerno i preziosi versi
- sulla
Vecchiaia
- hai
sfatato!
- Dinamica e
regale
- nell'aspetto
- il Tuo
percorso non è
- precario
sogno!
- Alta sul
capo
- ti si
posa
- aureola
chiara
- di
saggezza e scienza!
-
-
-
- Otto
marzo
-
- E' atroce
pensare
- fra
scaglie marine
- e tessere
musive
- corrose da
inerti strati di sale
- ed echi di
rose
- sfogliate
e trafitte
- dal sole,
al tarmonto.
-
- Ed ecco di
getto
- dal giallo
delle mimose
- stretto in
mani di schiere di donne,
- un raggio
laser, che fora la notte
- salire
alto le stelle
- e tenace
unirsi all'arurora
- tra
sprazzi di sole
- che
smembra e scompone.
- E alla
luce radente
- dove il
verso approda,
- di pietra,
elevarsi
- la
parola.
-
-
-
- L'urlo nella
casa del vento
-
- Veniva
chiamata Contessa
- e non
Pittrice!
- Segaligna
e ossuta,
- disseccata
dal tempo e dal vento!
- Grave di
anni,
- solitaria
e libera!
- Risevata e
fiera d'aspetto.
- Forse
ricercatrice
- di
tranquillità segrete!
-
- Nella casa
lontana
- a picco
sulla scogliera,
- un sabato
sera:
- il mare in
ascolto,
- diventò
di lavagna,
- all'urlo
antico
- della
vecchia ostrica,
- straziata
e recisa
- da
Nullità, "inostiche"
d'erba!
-
- Inesorabili
Imbe balorde
- avvolte di
sangue,
- con pinne
di squalo,
- spensero
vita, per magro bottino!
- Dell'Umanità
dissacrata,
- rimase
vivo solo un urlo,
- nella casa
del vento!
- Nel
silenzio greve del mare,
- in una
sera triste
- d'autunno!
-
-
-
- Il tu tu della
vita
-
- Tu, tu,
tu
- tenero
verso di colomba.
-
- Tu, tu,
tu,
- segno di
telefono occupato.
-
- Tu, tu,
tu,
- recriminato
grido d'accusa.
-
- Tu, tu,
tu
- recriminato
scelta nazista.
-
- Tu, nella
vita grave incombenza,
- intreccio
di tenero amore
- o accorato
spavento e schianto.
-
- Tu che
leggi versi
- non sei
solo.
- L'essenza
è trasfigurata
- in
prodigio di presenza.
- Io e te
siamo una bizzarra coppia
speciale.
- Fenomenale
nell'errore quotidiano
- di
dialogare in assoluto silenzio
- che
s'innalza e s'immerge nell'eterno
contrasto.
-
- Tu che mi
leggi in silenzio
- dimmi in
sordina, se il chiasso è
molestia
- senza
ritorcere l'accusa.
-
-
-
- La tua
fede
-
- Non
so
- se la tua
fede
- scaturisce
da letture
- di
formazione spirituale
- dalla
perfezione
- nel
ricamo
- o dai
crudi affanni
- madre.
-
- Ma
forse
- nel
respiro del Mistero
- la tua
fede
- era
piantata come il grano
- e
germogliava in sequele di
preghiere
- che
scorrevano
- dalle
trame della tela
- al profumo
di cottura
- di vivande
e di pane.
-
- La tua
fede
- che
t'inebriava di luce
- e di
fatica
- era per te
come il sole
- madre
- e con
esso
- riscaldavi
la casa tutta
- con
amore.
-
-
-
- Per i banchi
delle onde marine
-
- Si
è involato
- l'andare
dolce del tempo
- smarrito
nell'eco
- di
risonanze ignote.
- Fluire
lento
- di
connessione
- tra
pensiero e scrittura
- che a
sera
- si fa ala
e preghiera.
- Nella
dissolvenza
- di pronti
riflessi di memoria
- condensati
in cesure
- scorre la
mano
- dalla
fronte ai capelli
- mentre il
vento
- in perenne
dormiveglia
- scuote
senza posa
- polvere di
tantalio
- e lacrime
di stelle.
- Spagirico
sogno d'argiropea
- trasmutante
- cenere
d'astri
- in punti
lucenti.
- Fiori
dell'onda!
- Preziose
farfalle d'argento
- volano fra
i banchi
- delle onde
marine.
|
- Poesie tratte dal
libro "Ventaglio d'impressioni", Gabrieli Editore,
Roma
-
- Materno
mare
-
- Madre
marina,
- dal chitone
iridato di vento
- traspaiono
turgidi seni
- e grazie
svelate
- che ingrossano
l'acque.
-
- Travalichi con
l'onde
- barche
d'affanni
- e gozzi di
travagli.
-
- Con acque
increspate
- in delirio di
vita e di danza
- precorri l'alta
marea
- e l'ansia
frangi
- in un tripudio
di schiuma sonora
- che l'anima
culla e rasserena.
-
- 8
marzo
-
- È triste
pensare
- fra scaglie
marine
- e tessere
musive,
- da inerti strati
di sale
- corrose
- ed echi di
rose
- sfogliate e
trafitte dal sole
- al
tramonto.
-
- Ma
ecco
- di
getto,
- dal giallo delle
mimose
- stretto in
mani
- di schiere di
donne,
- un raggio
laser
- che fora la
notte
- salire alto le
stelle
- e
tenace
- unirsi
all'aurora
- tra sprazzi di
sole
- che smembra e
scompone.
-
- E alla luce
radente
- dove il verso
approda,
- di
pietra
- elevarsi la
parola.
-
- A volte basta
una piccola cosa
-
- Quando sola,
penso senza ascolto
- l'angoscia che
mi sta quasi daccanto
- come vuota
vertigine la sento.
-
- Non tutti i mari
portano all'approdo,
- non tutte le
beltà son consolanti.
- Al davanzale
della mia finestra
- espongono al
sole il mio cuscino bianco
- e che sorpresa
quando una farfalla,
- una farfalla
grossa e tanto bella,
- con le lunette
scure
- in campo arancio
ed oro,
- ad ali
semiaperte
- i palpi posava
sul cuscino
- dov'io la notte
poggio l'insonne capo.
-
- A volte basta
una piccola cosa
- una cosa piccola
carina,
- un
nonsoché minuscolo e aggraziato
- un gesto soave e
delicato
- come
un'immaginifica parola,
- parola gentile
ed appropriata
- per
rafforzare
- la fragile
armonia d'un'esistenza.
-
- Quel leggero
bacio di farfalla
- era lieve come
quello d'un bimbo,
- come musica
schioccante d'un ruscello
- con il
brillìo di scaglie d'argento
- delle tenere
foglie del pioppo,
- con un
consolante barbaglio di sole
- che giunge a
rinnovare
- un'anima
sbiadita.
-
- Parole come
foglie in estinzione
-
- Abiura di
valori.
- Incapacità
riflessiva
- in universi
eterni.
-
- Accline
risacca,
- equorea foglia
mi sento
- mulinante in
grovigli di sentieri.
-
- Olezzante di
mirti e gigli
- è la mia
terra, dove
- il vento
s'impenna rampante,
- falcidiando
- tralci e
ghirlande d'erba.
-
- In muriccia
obsolete
- stanno lembi
frantumati d'oro
- e su alberi
d'autunno,
- foglie
indifese
- ancorate alle
sorti del tempo
- vorticano in
cimento.
- Bizantineria di
scaglie,
- ombrati
universi
- di fustigate
foglie
- volano e
novellano
- di adespote
largizioni
- di fiori
immanenti di luce.
-
- Rinata
fonte
-
- Presso una
strada polverosa e triste
- che assorta vive
spasmodica attesa
- perché la
fonte ha perso ormai il suo canto.
-
- E sotto un
padule di belletta,
- nuova fanghiglia
sfocia
- con la pioggia
che scende.
-
- Aspersione
d'acqua scrosciante
- rende fresco
l'azzurro
- nell'aria senza
vento.
-
- Pioggia
sparsa
- come capelli
sciolti
- tra
inafferrabili sogni.
- "Soteria" di
datteri
- desterà
al canto
- la fonte
convalescente.
-
- Nel
trasalimento
- dell'ora
meridiana
- nella cupola di
cielo
- discopro freschi
pensieri
- di memorie
lontane
- tra candidi
cirri e cespi di viole
- nell'azzurro
puro
- dove s'aggettano
virgulti di corallo
- e lacerti
d'occhi e d'anima.
- Dovizia d'acqua
nella rinata fonte
- che sgronda e
palpita leggere note
- di soave canto,
che incita e scuote
- l'immobile
delirio
- del turbare
amoroso di colombe
- posate
sull'antica fonte
- che par
trattenga eterna fanciullezza
- in quest'eterno
turbinìo di tempo.
-
- Viene
aprile
-
- Con raggio
sorridente
- di primizia
innocente
- e tenerezza
primaverile,
- giunge
Aprile
- con purezza
suprema
- di biblico
fanciullo.
-
- Come Fauno
adolescente
- viene
Aprile
- con vestito
leggero
- mistico di vento
lieve
- che non grava
né si posa
- nel mio cuore
che vi ritrova
- l'ineffabile
armonia di fanciullezza.
-
- Reca
giugno
-
- Ogni sorta di
frutti delicati
- e colorati fiori
reca Giugno
- con visione
chiara di sorriso
- accline al sole
e alla letizia, ma
- con accorato
sguardo, io
- vi accozzo
giumelle di tristezza.
-
- Primizia
d'estate produce stupore
- contrastando le
brume dell'umano
- imperversante
vivere infelice
- dell'amato
"Fauno di primavera".
-
- Indora Giugno
l'estate fanciulla
- che danza tra
l'onde e invade case e spiagge
- facendo
rifulgere profondamente
- il distillato
azzurro.
-
- E rimuovendo
animi contrari
- lentamente al
giubilo conduce
- d'ombrelloni
policromi:
- pellegrini fiori
d'un istante
- di
felicità marina.
-
- Temporale
estivo
-
- Argentina
gragnuola
- di gocciole
piovane
- di suoni
d'artiglieria.
-
- Rotolano lassi i
tuoni
- tra strepitanti
note
- di gocce
tintinnanti.
-
- In palpitanti
lampi
- rimbalza
maestosa
- equorea danza
ignifona
- che zangola il
mese di Luglio.
-
- Sobbalzo
d'emozioni:
- si fan fitti i
pensieri
- scemano le
afflizioni
- e si rallegra il
cuore.
-
- Effervescenza
d'estivo temporale.
- Gaia sorpresa
nell'arsura crescente
- di freschi umori
propizi
- che scolmano la
canicola d'estate.
-
- Mareggiata nel
golfo
-
- Nella grande
coppa del mare
- Venere
- chiede di
versare
- spumante
- sulle
rocce
- e sopra i
flutti.
-
- Versa in
mare
- ragazzo
- versa in
mare.
-
- Da solare
caraffa,
- versa in
mare
- inesauribile
spumante.
- E in una
marea
- di tripudio
spumeggiante
- in
sogno
- mi cullano le
onde.
-
- Versa in
mare
- ragazzo
- versa in
mare.
-
- Stasera,
fortemente
- a pugni voglio
fare
- con
l'Amore.
- Mentre in
sogno
- mi cullano le
onde.
-
- Luglio
-
- A
Luglio
- la luce si fa
viva.
- E nella
pelle
- scotta e
brucia
- il timbro del
sole.
-
- Brulicano le
bollicine
- e si fan rari i
pensieri
- nascosti in
sonnolenti occhi
- socchiusi
- come
accartocciate foglie
- tra occhiali
scuri
- protesi al
fresco "voile"
- di
gonne
- gonfiate al
vento,
- come farfalle
svolazzanti.
- Bianche
illusioni della mente
- nel refrigerio
d'ombra stanca.
|