- Da
Foreste Sensoriali (Edizioni del Leone,
1993):
- Narciso.
Immobili
- Si
dileguano trasparenze d'argento.
- Muoversi
d'acqua. Il fondo
- non
lo vedo più.
- Confondo
i tuoi segni. Espansione
- d'estasi.
Non distinguo più i nostri confini.
-
-
- La
foresta dei sogni.
- Con
chi dormi quando scende la luce
- con
chi esisti
- quando
sorge la vita
- non
sai.
Da
Lettere dal Mattatoio (Edizioni del
Leone, 2002):
- Posta.
Perché nulla andasse perso
perché
i giorni non corrodessero la memoria
ho
mangiato le tue parole
e
le ho fatte scendere al buio.
Dove
il tuo inchiostro è diventato il mio
sangue.
-
- Bisanzio.
In uno stato di delirio
per
nulla apparente
mi
alzo,
la
notte,
in
cerca della memoria che si sta perdendo.
E
la sento,
è
un'eco che perde forza
mano
a mano che percorro le pareti e
disincaglio
le dita dalle ragnatele dei ricordi,
mentre
scruto carte
e
diari di bordo
per
trovare una rotta qualsiasi
in
una geografia appannata.
Quasi
sempre è un corridoio,
e
succede di vedere
la
luce di un televisore acceso altrove
che
illumina immagini di qualcosa
che
io non sono più,
in
una stanza che non riesco a raggiungere,
per
quanto continui a camminare,
dove
si pronunciano parole
che
io
non
conosco.
-
- breve
discorso sulle differenze.
diverso
mi
vollero.
per
timore di essere
uguali.
-
- manicomio.
cercando
una strada trovò quella
che
portava
dentro
di sé.
venne
un giorno
e
non riuscì più a tornare.
Da
La Pergamena delle Mutazioni (Edizioni del
Leone, 2002):
- poeti.
radici
eravamo che attingevano luminose
alle
vene della terra,
fertili
campi su cui la balbuzie diventava
sublime
alfabeto.
eppure
parole ci furono cucite alla bocca
perché
meglio brillasse
di
un fulgore spento.
così
ora le nostre labbra rabberciate
sono
altari di silenzio,
intime
urla
di
un fiore
attorto
allo stupore.
-
- rituali.
hai
labbra confinanti con la mia sete
e
per bocca
un
enigma
circoscritto
da boschi selvatici.
vivendoti accanto
radici
mi sono cresciute sotto i talloni
che
ora abbracciano le tue
e
ho come la sensazione
di
sentire pronunciare il tuo sangue
nelle
mie vene.
e questo
è quello che accade
quando
sollevo il sudario
per
vedere il tuo volto,
il
momento in cui inciampo
nella
coltre di nebbia
al
di là dei sogni
in
cui sono ricamati
i
miei occhi
smarriti.
-
- cassandra.
dicono
che il miglior modo per non essere creduti
sia
raccontare
la verità.
ho
provato a spiegare che il corridoio
che
abbiamo imboccato
finisce
su scale senza gradini,
ma
non mi ha creduto nessuno.
così ho cominciato a dire le menzogne
più cupe,
le
assurdità più
ridicole,
mi
sono messa ad inventare
disgrazie
inverosimili, così,
per
gioco.
tanto
valeva delirare fino all'estremo, a questo
punto,
e
ho detto che il carro del sole
non
sarebbe più sorto.
come sempre accade
non
fui creduta.
questa volta a ragione, però:
avevo
inventato tutto.
ma c'è una cosa che mi getta nel dubbio:
che oggi
tutti
hanno preso a camminare
chini
sul marciapiede e arrancando
cercano
di indovinarne i confini.
dovunque
si
accendono lampioni in pieno giorno,
si
bloccano gli ascensori,
si
guardano gli orologi:
sono ormai anni che è notte.
-
Da
Cronache dal centro della notte (Edizioni del
Leone, 2004):
la vita che conosciamo è solita spiegarsi solo
d'inverno, quando sembra un'impronta sulla superficie
e il lago è gelato. talvolta capita,
però, che in alcuni punti il ghiaccio sia
più sottile che altrove. e d'improvviso capiamo
che la verità sta sul fondo.
Da
Tutti senza nome (Edizioni del Leone,
2006):
passa le notti a cucire e a scucire, a mettere e a
togliere rattoppi, costante de' cosimi,
commerciante inquieto con l'ossessione della
sartoria, convinto com'è che la vita che ci
portiamo addosso sia come un abito della taglia
sbagliata sempre un po' più largo o sempre
un po' più stretto il quale, forse, solo con
il tempo e a costo di pieghe, scuciture e tagli
riusciremo a fare aderire a quello che siamo. solo
a costo di tagli, è stato detto infatti, e
di rammendi, bisognerebbe aggiungere, e di tanti,
tantissimi strappi.
-
- Da
Sedici settimane (Edizioni Eva,
2007):
diverse
sono le forme
- di
pioggia che conosciamo.
c'è la pioggia principale,
- che
scende a dirotto
- nella
sintassi del giorno,
- intransitiva
e indifferente
- agli
ombrelli.
c'è poi quella che cade
obliqua,
- per
cui a poco servono le protezioni,
- sempre
subordinata
- e
sempre congiuntiva,
- una
pioggia che non indica
- ma
suppone.
e c'è quella che bagna le
mani
- con
cui ti accarezzerò.
poi ci sei tu:
- pioggia
che si ascolta distesi a letto,
- l'uno
tra le braccia dell'altro:
modo infinito
- tempo
presente.
Da
Piscine (Edizioni del Leone,
2007):
piscine vuote.
- i
giorni inventano
- enigmi
in silenzio.
fondale azzurro.
- sintesi
e ipotenuse
- nell'oltremondo.
profondo indaco.
- corpi
turchesi vanno
- e
vengono laggiù.
corpora nantium
- imis
in lineis mundi
- refulgescentia.
-
Da Il
canone del tè (Edizioni Eva, 2007):
tè
verde.
non
falcio le erbe del giardino: tutte potrebbero servire
un giorno, tanto quelle fiere e lucenti con i loro
profumi quanto quelle inerti e basse, quasi timorose e
inodori, che preferiscono rimanere nell'ombra ad
ammorbidire il terreno.
con
il tempo ho imparato che anche il ramo più
corto può servire ad ospitare le barche in
cerca di rifugio, anche le fronde più rade
possono offrire riparo quando la luce si fa più
impietosa. e ho appreso i ronzii che si nascondono tra
le foglie, le voci sconosciute con cui gli alberi ci
parlano, il numero segreto dei passi con cui scendere
nelle nostre cantine.
e
che la vita è qualcosa da non tenere troppo sul
fuoco, che appena rimane un attimo di più
nell'acqua diventa aspra e pungente, che se la vuoi
assaporare fino in fondo può far conoscere aghi
da legare la lingua.
vanno
tuttavia bagnate le piante che ci abitano, e
costantemente sorvegliate, perché l'infuso non
abbia a soffrirne, poi, e le stanze non soffochino;
perché si dia spazio a quello che si muove
verso la luce, perché i mattini siano
più freschi e le notti più morbide su
cui cadere. perché, infine, si tagli quello che
in noi è troppo, che è fuori, e ha
nostalgia dell'infinito.
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