Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto
di
Rolando Maria Cimicchi
- Anime senza realtà
- Una città come tante altre. Un agglomerato di edifici, di persone, di alberi e giardini come tanti altri. Voci e rumori come si sentono in qualsiasi altro posto del mondo. Odori e sapori non molto differenti da quelli di altri luoghi simili a questo.
- Una città insomma. Uguale a tante altre. Unica come tante altre.
- Il nome non ha molta importanza; i nomi li hanno inventati gli uomini per differenziare. Soprattutto per dividere. I nomi sono dei confini meravigliosi, dei perfetti strumenti di discriminazione. E di selezione, e di controllo.
- Così, guardando dalla finestra, sono queste le considerazioni che la mia mente costruisce osservando i movimenti, ascoltando i rumori e annusando gli odori di questa città.
- L'aria è fredda. Il Signor Gennaio anche quest'anno non si risparmia distribuendo freddo, vento e pioggia in ordine sparso ma in quantità abbondante. Il penultimo anno del secondo millennio inizia così com'erano iniziati tutti gli altri prima di lui.
- In sordina. Con una coltre di domande senza risposta nel cassetto ed esagerate speranze per il futuro. Il freddo di mezzo inverno non congela le pessime abitudini delle persone: giunte al termine del calendario tutte si sperticano in sproloqui pieni di buone intenzioni e ottimistici propositi di cui, come recita un vecchio adagio, è lastricato l'Inferno. Tutte a fare promesse che nella migliore delle ipotesi sopravviveranno il tempo di una notte di sonno. Persone. Uomini e donne. Ricchi. Poveri. Gente di mezza fascia. Tutti quanti uniti nel grande coro delle «belle speranze di fine d'anno». La grande danza della sincera menzogna attorno al falò delle ipocrisie.
- Ma tant'è, il nuovo anno è già qui a Febbraio, già bussa alla porta.
- La città si muove come prima. Il ritmo non è cambiato. Come se il tempo non fosse mai trascorso. Tutto è uguale, maledettamente uguale. Qui o nell'estremo sud del mondo, nel lontano oriente o, proseguendo nel girotondo, fino al nostro occidente... Uguale.
- Identico. La musica è la stessa, una nenia senza mai fine. Una composizione oziosa e disadorna capace ogni tanto di impennate, ma che fondamentalmente rimane fine a se stessa.
- La nebbia scende.
- Come un velo va lentamente a coprire la città senza nome.
- Nascondendo i crimini e le nefandezze, ma anche le buone azioni e le gioie. Il circo però va avanti, ignorando questa semi invalidità visiva. In mezzo alla gelida coltre le parole fluiscono, i pensieri viaggiano, i sogni continuano a nascere, seppur destinati al loro inesorabile e triste destino.
- La città senza nome va avanti, qui come altrove, in un turbinio continuo e noioso.
- Con il palmo della mano libero il vetro davanti a me invaso dal mio alito. Sui marciapiedi anime in partenza e anime di ritorno si incrociano muovendo gli arti superiori o la testa in cenni di saluto: gesti automatici privi di pensiero, forse provenienti da anni di concetti inculcati «gioco-forza». Dogmi da seguire scrupolosamente per non cadere nella trappola mortale dell'indicazione, o riconoscimento per maleducazione. Le solite abitudini che non muoiono mai insomma, che non ti permettono di essere assorto nei tuoi pensieri ( e non importa se sono belli, brutti o «così-così») dimenticando che sei parte di un grande gruppo dove il libero arbitrio è roba da ridere; abitudini, regole, dogmi appunto che fissano la nostra esistenza come puntine su un piano di sughero. Forse. Come dicevo prima.
- Comunque sia, sono gesti meccanici. Di sicuro spesso senza nessun interesse. Si saluta, si riverisce: sillabe e movimenti quasi impercettibili che non danno niente di nuovo alla nostra esistenza e che non arricchiscono quella di chi le riceve. Si chiamano formalità e sono ossequiose e scrupolose, ma prive d'anima.
- La città senza nome è piena di questi individui. Anzi, forse solo di questi e magari ne faccio parte anch'io, mio malgrado. E la mia immagine si riflette pallidamente sul vetro, come una fotografia sfocata, vecchia e sgualcita. Forse lo spettro che mi rappresenta in questa vita, tra quelle vie e quelle strade che sono le arterie e le vene di questa città.
- Spettri, fantasmi, anime che vagano spesso senza meta. La città accoglie tutti, in un grande abbraccio privo di calore che sa di viscida inerzia, di freddo e matematico raggruppamento: le individualità si vanno disperdendo, forse non sono mai esistite.
- Nomi e cognomi come numeri, cifre che ci si appiccicano addosso e che diventano parte di noi. Diventano noi. I numeri di telefono, i numeri di conto corrente, i numeri di previdenza... numeri. Siamo solo questo ormai. Tutti questi numeri viaggiano nell'aria, come il fetido respiro della città che vive, sorniona, sotto e dentro e attraverso di noi.
- Anime. Entità marchiate a fuoco con queste cifre. Così, tutti a riconoscersi attraverso il numero che rappresentiamo, attraverso la capienza del nostro portafoglio, il gelido cuore pulsante di menzogne di ognuno di noi. L'eterna unità di misura umana.
- Numeri, nomi, denari.
- Come è folle tutto questo.
- La nebbia, sempre più densa, abbraccia questi pensieri mentre apro la finestra. Dolori e gioie mi scorrono sulla pelle, che vibra toccata dal gelo. Posso quasi scorgere brandelli di pensieri e di sogni, qua e là nel candido e impenetrabile buio. Pare quasi che si nasconda la città. Pensieri? Sogni? Desideri? Ma ci sono ancora?
- O forse sono soltanto ruderi, reperti archeologici di un passato lontanissimo che ormai non ci appartiene più?
- Che cosa siamo adesso?
- Gli alberi intirizziti, con le loro braccia scarne rivolte al cielo, sembrano chiedere pietà per noi. Pietà e misericordia a chi non ci ascolta più.
- La città ascolta e non rimanda. Non proferisce parola lei, non ne ha bisogno.
- Questa entità ci attornia. Ci unisce e ci divide. Osserva i nostri frenetici movimenti, spesso angusti, come fossimo topi in un piccolo labirinto da laboratorio. Osserva e si compiace.
- Freddo. Mi penetra nelle ossa questo gelo, non mi lascia andare.
- Una lacrima debole di olio e amore mi riga la guancia. Una brezza sostenuta mi spazzola i capelli. Come un sospiro.
- Questa città, unica come tante e uguale a tante altre, osserva placida e quasi disattenta il mio sofferente peregrinare attraverso le pieghe del mio essere, alla ricerca di qualcosa che mi faccia sentire individuo. Non uno dei tanti, come quelli là fuori.
- Anime senza realtà.
- Grazia
- Accarezzo il tocco flebile
- che il tuo sguardo regala.
- Il sole esplode
- nella sua vivace allegria
- mentre i nostri passi
- solleticano l'erba fresca.
- La tua pelle profuma
- di anni lontani
- illuminando la mia strada
- cosparsa di sorrisi dimenticati.
- Sento il rumore dei cigni
- che navigano sul fiume
- e la tua voce cristallina
- che li accompagna.
- Accarezzi i miei capelli.
- Io accarezzo i tuoi occhi
- sotto ombre d'alberi in tumulto,
- il vento soffia silenzioso
- e il mio cuore osserva stupito
- la grazia del tuo.
- (Dedicata a Christina)
- Poesia inserita nell'antologia tedesca «Ly La Lyrik» - 2000 - edita dalla casa editrice Frieling.
- Amor di luna
- E che amore sia
- se amore vuole,
- questa luna senza peccato
- che bussa a questa notte.
- Cosa vada sibilando
- proprio non saprei
- e cosa senta nel suo grembo
- come lo posso immaginare?
- E allora amore vada
- se amore deve andare,
- a questa luna gravida
- forse «no» non si può dire.
- Ma cosa vorrà ancora
- nel cuore del mio sonno
- e cosa cercherà
- tra le bianche mie lenzuola?
- Ma forse amore è
- e allora amore sia,
- se questa luna chiama
- bussando a questa notte.
- Il guardiano
- In questo letto caldo
- camminano i tuoi sogni
- che forse son pensieri
- che dormono con te.
- Osservo un po' stupito
- la tua espressione stanca
- di questo grande sonno
- che pare affaticarti.
- Chissà che fantasie
- stai osservando ora
- mia piccola sirena
- che mi rapisci il cuore.
- Tra le lenzuola bianche
- io ti accarezzo piano
- e ascolto il tuo dormire
- che lento mi sconvolge.
- Io sono il tuo guardiano
- e aspetto il tuo risveglio
- mentre tu corri libera
- tra i prati dei tuoi sogni.
- (Dedicata a Christina)
- Non è vero che non ascolto
- Non è vero che non ascolto.
- Io sto sempre all'erta,
- con l'orecchio teso.
- Puoi giudicarmi freddo
- ed inerte se ti va
- ma io ascolto sempre.
- Sempre in attesa di un segnale.
- Non è vero che non ascolto.
- È questo mondo,
- è questo mondo che non parla.
- Poesia inserita nell'antologia tedesca «Welt der Poesie 2000» edita dalla casa editrice Frieling.
- Non so...
- Saetta nel cielo una luce
- ed immobile l'osservo rapito.
- Notte fonda o forse pieno giorno,
- non so...
- Mi coglie improvviso il desiderio
- d'acqua fresca di cascate e di spuma
- d'onde sulla spiaggia.
- Profondo sogno o veglia lucida,
- non so...
- Colpi d'ali libere tra gli alberi
- che verdi sbatacchiano al vento dolce
- di questa estate sbarazzina.
- Immagine astratta o vivida realtà,
- non so...
- Brilla una luce nei miei occhi
- che distesi osservano le danze delle nuvole.
- Quest'amore eterno o quest'eterno amore,
- non so...
- (Dedicata a Christina)
- Poesia inserita nell'antologia del premio «Città di Melegnano 2000»
- Epilogo
- Fredda terra non canti,
- perché?
- Mi avvolgi e mi umili
- mi ammutolisci e mi strazi,
- cos'altro ancora vuoi?
- Di cremisi e turchese
- ho dipinto il tuo volto
- in parole che cuore e pensiero
- mai hanno sognato.
- Nel profondo tuo essere
- ho dormito e amato,
- perché mai ora mi scanni?
- Forse non sono anch'io
- figlio della tua forza?
- Fredda terra... Fredda realmente sei
- o solo non comprendo il castigo?
- Queste mani e questi occhi
- ancora respirano di calore! Di vita!
- Il mio seme ancora
- non è placato, egli esplode!
- Il mio sangue straripa
- e di sorrisi s'inventa utopie
- dov'anche tu m'accompagni...
- Perché dovrei accettare
- di non vedere più il mio alito?
- Di canti e poemi
- ho disegnato il tuo volto,
- con fiori e miele e acqua
- ho segnato il tuo nome, Terra.
- Così fredda sei?
- Così gelida ora?
- Questo dunque è il regalo
- che ultimo mi pongi. Silenziosa.
- Odoro di muffa e umido,
- Castigo,
- ma ancora ho una lacrima per te,
- Fredda,
- e di calda vita ancora ti ricordo,
- Terra.
- Tuo adesso come mai prima.
- Suppongo...
- ... e di morte mi assopisco tremante.
Per leggere il racconto vincitore del nono premio al concorso Città di Melegnano 2000, sezione nerrativa
Torna alla Home Page
- PER COMUNICARE CON L'AUTORE spedite alla nostra Email: info@club.it e noi provvederemo a inotragli il messaggio.Non dimenticate di indicare il nome del destinatario.
- ©2000 Il club degli autori, Rolando Maria Cimicchi
Per comunicare con il Club degli autori: info@club.itSe hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTIHome club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop | Inserito il 22 dicembre 2000