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Prefazione
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- In questa raccolta
di dodici racconti, pensati e scritti per far
"sognare", Rosa Maria Corti offre una sequenza
continua di storie d'altri tempi, suggestive immagini,
spaccati di costume e tradizioni popolari: ogni
vicenda è narrata con parole dense
d'umanità e le sue "favole" sono permeate da
un'appassionato desiderio di far rivivere stati
d'animo e momenti che hanno segnato l'esistenza di
molte donne e uomini delle valli lariane. Il fascino
di questi racconti è indubbio e la
creatività nel raccontare conduce il lettore in
un mondo che pare lontanissimo eppure risale a pochi
decenni fa: non v'è che dire, il mondo è
davvero cambiato repentinamente.
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- Ecco allora
emergere dalla memoria, come in una sorta di recupero
memoriale, una struggente vigilia di Natale nel
paesino di Erbonne, completamente ammantato da candida
neve: e quel silenzio greve di coloro che avevano
figli o mariti al fronte diventa "sommesso dolore" e
il canto angelico che si alza da una chiesa pare
riportare l'umanità ai valori fondamentali del
vivere comune, della fratellanza, dell'amore per il
prossimo. E poi il resoconto di un alpino che racconta
una lunga marcia nell'inverno del 1942 per raggiungere
il caposaldo in riva al Don: il freddo intenso congela
le membra e la visione di una donna che ha le
sembianze della madre ("mamusca") e amorevolmente si
prende cura di quest'uomo ormai allo stremo delle
forze, diventa visione salvifica capace di far svanire
il freddo e l'angoscia come neve disciolta al
sole.
- Non mancano le
storie riguardanti gli abitanti delle valli lariane
come quella che fa riferimento allo spazzacamino
Giacomo che, dal borgo di uno sperduto villaggio in
una valle radiale del lago di Como, si mette in
viaggio all'inizio della stagione propizia, con la
cassa degli arnesi del mestiere sulle spalle, e
trovandosi ormai solo, si mette alla ricerca di
giovani aiutanti, due piccoli montanari che lo
aiuteranno nel suo lavoro: e, grazie alle loro
vicissitudini la leggenda racconta che ogni bambino
che guardi le fiamme d'un camino può
intravedervi il sorriso malandrino d'un folletto della
Valle Cavargna.
- E poi ancora le
storie di contrabbandieri che si muovono sui monti tra
ripidi sentieri e freddo pungente, di fattucchiere, di
incantesimi, di avventure fantastiche all'interno di
una grotta dove risiedono decine di esseri pelosi, di
piccola statura ma con braccia molto lunghe, sempre
intenti a gridare e saltellare. E infine la storia di
un bambino di nome Carlo che non voleva fare il
"magnano" come quasi tutti i suoi compagni di Vegna,
l'ultima frazione della Cavargna, la più povera
fra le valli lariane. A lui non facevano paura le
strane voci che circolavano sul bosco sacro del Dolai
e, senza indugi e timori, voleva trovare il famoso
tesoro, come narrava la leggenda, nascosto proprio in
quelle zone molto tempo prima, da briganti senza
scrupoli.
- La fantasia
è profusa a piene mani ma Rosa Maria Corti
è sempre attenta a muoversi su due fronti: da
un lato le storie realmente vissute dalle genti delle
valli lariane raccontate con amore e passione e
dall'altro lato il desiderio di dare libero sfogo alla
fantasia, all'immaginario, alla leggenda popolare. In
ambedue i casi ci si può rendere conto come sia
sufficiente chiudere gli occhi per sognare
chissà cosa, per immaginare avventure d'un
tempo andato e per recuperare le tradizioni popolari:
sempre cercando di trarre qualche insegnamento dalle
vicende della vita. Reale o immaginaria che
sia.
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Massimiliano
Del Duca
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Tra
lago e valle
- Racconti
e fiabe per sognare
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A
mia Madre
Con
le fiabe mi ha fatto sognare
ma
anche riflettere.
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"Ei
si fa, contro a i mali, De la costanza sua scudo ed
usbergo".
(Giuseppe
Parini)
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- Il
cantore di Natale
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- Un velato sole di
Dicembre era ormai scomparso da un pezzo e nell'aria
fredda le ombre erano scese a fugare la pallida luce
dell'ovest che aveva indugiato sui muri delle cascine.
- Allora, dal
minuscolo campanile della chiesetta di Erbonne, si
propagò il suono dell'Angelus e i rintocchi
salirono attraverso la Val Breggia fino all'Alpe e al
passo di Orimento e si diffusero anche oltre il
confine svizzero verso Scudellate e
Muggio.
- In quell'inverno
del 1915 la neve era venuta presto e ce n'era talmente
tanta che per andare alla fontana del lavatoio
bisognava camminare dentro una bianca trincea orlata
di lucenti merletti e cristalli che parevano
capolavori di traforo. Così per andare di casa
in casa, per raggiungere l'unica osteria.
- Ma, in quell'ora di
attesa, di Vigilia, quei sentierini stretti scavati
dentro un bianco candore s'erano di colpo svuotati:
anziani, donne e, ultimi, i ragazzini con le guance
arrossate dal gelo, si erano ritirati nelle loro
abitazioni lasciando fuori degli usci i primi fiocchi
di neve che vorticando scivolavano lentamente verso
terra.
- Nel silenzio greve
di malinconia che era calato sul piccolo paese nemmeno
la presenza amica del Monte Generoso sembrava di
conforto a coloro che avevano figli o mariti al
fronte. A tutta la comunità sarebbe mancata in
particolare la presenza di Pietro che aveva il dono di
saper consolare tutti e una bellissima voce; senza di
lui il canto della mezzanotte sarebbe sembrato spento
e l'armonium sarebbe rimasto muto.
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- Sandro e Maria
nella loro baita all'Alpe di Gotta, al centro di una
grande conca prativa situata a circa 1200 metri di
altitudine, sorridevano finalmente contenti per essere
riusciti, invero dopo aver molto insistito, a
convincere la loro mamma a lasciarli scendere a
Erbonne dai nonni paterni. Fra questi ultimi,
d'origine svizzera, e i nonni materni, d'origine
italiana, c'erano stati in passato forti screzi per
via di un campo di patate e di un bosco malamente
divisi. Anche se non erano una novità queste
storie in quel piccolo lembo di terra dove tutti erano
imparentati fra loro, (pochissimi, infatti, erano i
cognomi che si potevano leggere sulle lapidi del
piccolo cimitero, per lo più Cereghetti e
Puricelli), la giovane donna non riusciva a metterci
una pietra sopra. Ma, si sa, anche in guerra vengono
ordinate delle tregue e per la notte di Natale Teresa
decise di accontentare i figli che volevano vedere il
presepe fatto dal nonno e speravano in una licenza
miracolosa per poter ascoltare le dolci melodie del
cantore di Natale. Pietro, infatti, che sapeva suonare
l'armonium, aveva una voce sonora che incantava tutti,
grandi e piccini, ciascuno nel suo canto udiva le
parole desiderate, il conforto sperato ed era come se,
dimenticata ogni offesa ed affanno, tutta la
comunità si allacciasse in un unico
abbraccio.
- Nel primo
pomeriggio dunque i bambini partirono contando di
giungere dai nonni prima del tramonto del sole. La
mamma sarebbe rimasta nella baita per accudire
all'ultimo nato, mentre il padre avrebbe badato alle
mucche, alle pecore, alle capre, che abbisognavano
d'altrettanto amore e che producevano tante cose
necessarie alla famigliola che era destinata ad
ingrandirsi ancora.
- Arrivati al valico
detto "Barco dei Montoni" Sandro e Maria, che avevano
percorso la ripida salita a passo sostenuto, si
fermarono a prendere fiato ma, recuperate in breve le
forze, incominciarono a giocare.
- Il sole faceva
luccicare la distesa immacolata del pascolo e fu
divertente osservare le evoluzioni di uno scoiattolo
sui rami di un larice, leggere sulla neve, come fosse
il sussidiario di scuola, le orme dei selvatici e
seguire quelle di un capriolo forse alla ricerca della
corteccia di maggiociondolo, per lui gustoso
nutrimento dell'inverno, imitare il "crit crit" dello
scricciolo, gettarsi l'urlo ed ascoltarne l'eco mentre
si perdeva lontano.
- Quando Sandro si
accorse che s'era fatto tardi decise di prendere una
scorciatoia che, dopo aver superato alcune radure dove
nel mese di luglio egli andava con la sorellina a
raccogliere mirtilli, s'inoltrava in ripida discesa
nel bosco.
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- Al posto di vedetta
sull'Adamello, Pietro, il giovane alpino del
battaglione Valle Intelvi, in quella vigilia di Natale
osservava la vallata sottostante bianca di neve e
pensava ai suoi cari, alla sua casa, al suo villaggio,
piccola frazione del comune di San Fedele Intelvi, in
cui ci si conosceva tutti, dal bambino più
piccolo al pastore più anziano. Com'era lontano
ciò che amava di più e che gli
apparteneva. In quei mesi in cui s'era assoggettato ad
ogni sorta di fatica con la stessa umiltà con
cui si avviava alle fatiche dei campi e dell'alpe,
aveva però imparato a comprendere il senso
tragico della vita e il pensiero della morte gli si
affacciava alla mente senza procurargli
angoscia.
- Una cosa gli
dispiaceva: di non poter occupare in quella notte
santa il suo posto in chiesa, accanto all'armonium.
Gli sembrava di vedere il banco dove sedevano le donne
del coro, di sentire il fruscio delle loro vesti, i
bisbigli dei bambini, ma era solo la voce del vento
che annunciava l'arrivo della tormenta. Così,
quando Pietro si sporse dal suo appostamento per
controllare se stessero salendo i portatori con i muli
carichi di rifornimenti e le lettere dei parenti
lontani, confuse quella voce col sibilo della
pallottola che lo colpì in fronte.
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- Sandro e Maria
scendevano velocemente sulla neve ghiacciata che
scricchiolava appena sotto il peso leggero dei loro
corpi quando ad un tratto una nebbia grigia prese a
discendere dalla pineta del Monte Generoso che s'erano
lasciati alle spalle e fu subito un mulinare di
fiocchi, di grani di neve rabbiosi che picchiavano con
forza sul viso. In breve le nuvole furono ai piedi dei
due piccoli, li avvolsero e oscurarono
tutto.
- "Così ci
perderemo" disse Maria con un accenno di pianto nella
voce.
- "Non avere paura"
rispose Sandro aggiustando alla sorellina il
passamontagna di lana grezza fatto dalla nonna,
"presto arriveremo ad Erbonne". In realtà non
ne era così sicuro. Si sentiva colpevole per
essersi attardato nel gioco e gli tornavano alla mente
certi spaventosi racconti fatti dai pastori più
anziani, senza contare che tutto quel buio lo aveva
completamente disorientato.
- Continuarono a
camminare senza sapere se quella seguita fosse la
direzione giusta. Intanto le ore
passavano.
- "Sandro",
piagnucolò Maria, "ho le mani e i piedi
gelati".
- "Non preoccuparti,
adesso ci ripariamo in quella grotta che ci ha
mostrato papà dove un tempo si rifugiavano gli
orsi con i loro piccoli e facciamo quel gioco che ti
piace tanto".
- Sandro però
sapeva che la grotta era molto più in alto,
lontana da loro che si erano sicuramente persi nella
bufera di neve.
- All'improvviso,
come ad una muta invocazione d'aiuto, davanti ai due
bambini si materializzò un'ombra
possente.
- "Oh, ma è
Pietro!" esclamò Maria, "Siamo
salvi!".
- Intanto, come se
qualcuno avesse tirato un immaginario tendaggio, la
nebbia scomparve e nella vallata tornata limpida e
illuminata dal chiarore delle stelle i due bambini
poterono scorgere il piccolo campanile di
Erbonne.
- Si precipitarono
allora correndo verso la chiesa facendovi ingresso
proprio mentre il parroco di San Fedele, che quella
sera aveva parlato molto di amore, invitando a pregare
per chi era lontano, al fronte, intonava il
Credo.
- I bambini,
raggiunto il banco dove stavano i nonni, unirono la
loro voce al canto sul quale si levò altissima
e piena di tono anche quella di Pietro, mentre il
suono dell'armonium risuonava nella piccola navata
fumigante d'incenso con note ora dolci, ora tristi,
ora alte e solenni, ora basse e fievoli, proprio come
fanno i fiocchi di neve che dopo aver sfarfallato
nell'aria come risucchiati verso l'alto si posano
dolcemente a terra.
- Quando canto e
suono si spensero i due bambini corsero con lo sguardo
all'armonium ma ciò che videro fu solamente un
raggio di luna che illuminava la tastiera proprio
là dove erano solite posarsi le mani di Pietro,
il cantore di Natale.
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