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               Antiche
               pietre raccontano
 La carrozza che, giungendo da nord, saliva verso il
               passo dello Spluga era guidata da un vetturino che
               sembrava sapere il fatto suo e ben conduceva i cavalli
               su per gli stretti e ripidi tornanti. L'unico
               passeggero, da ciò rassicurato, dopo aver dato
               un'occhiata al panorama del tutto inusuale per lui e
               raro comunque a vedersi nel mese di agosto, il sole
               stava sbucando dalle nuvole illuminando uno scenario
               d'impervi monti e pascoli innevati, si rilassò
               e cominciò pensare agli affari suoi, ai motivi
               che l'avevano convinto ad attraversare personalmente
               le Alpi per sincerarsi di certe voci che, sempre
               più insistentemente, erano giunte alle sue
               attente orecchie.
Semplice
               garzone di bottega ancor giovane aveva ereditato da un
               vecchio mercante, vissuto solo al mondo, non solo la
               ben avviata attività, ma, a detta di chi aveva
               conosciuto quest'ultimo, anche l'intraprendenza,
               l'avarizia e la misoginia. Il ricco fondaco, situato
               non molto lontano dalla cattedrale della potente e
               florida città di Coira, l'antica Curia
               Rhaetica, era, in effetti, l' unica ragione di vita
               del nostro uomo, scapolo incallito, nonché
               fonte di grosse preoccupazioni.Con
               l'avvento della Riforma religiosa, infatti, egli
               rischiava di perdere il suo migliore cliente,
               nientedimeno che l'eccellentissimo vescovo della
               città. Il suo padrone, a furia di non dormire
               di notte, battendo l'agguerrita concorrenza, ne era
               divenuto fornitore ufficiale, riuscendo a procurarsi,
               anche se a fatica, tutto quello che una simile
               personalità poteva desiderare, dai preziosi
               paramenti ecclesiastici alle tovaglie d'altare
               finemente ricamate, dalle coppe in metallo prezioso
               agli ottimi vini della Valtellina e
               Valchiavenna.Purtroppo
               ultimamente i traffici commerciali con il Sud, con
               l'Italia per intenderci, erano diventati difficoltosi,
               poiché i Grigioni, il paese cioè della
               lega Grigia, che aveva dato il nome a tutta una
               regione, erano per due terzi di religione calvinista
               mentre le popolazioni assoggettate della Valtellina,
               di Bormio e di Chiavenna, erano
               cattoliche.La
               voce del vetturino che, dopo un'ennesima serie di
               tornanti, questa volta in discesa, richiamava i
               cavalli alla sosta presso una vecchia locanda di
               posta, riscosse per un attimo dalle sue preoccupazioni
               il nostro, d'altro canto desideroso di sgranchirsi le
               ossa e di placare il sordo brontolio dello
               stomaco.Dopo
               un'occhiata al superbo panorama della Val San Giacomo
               ed un'altra al suo bagaglio, invero essenziale, il
               giovane mercante, entrò nel piccolo ma
               accogliente edificio.Nell'unica
               stanza lunga e stretta sembrava non esserci anima
               viva, quando però i suoi occhi si furono
               abituati un poco allo scuro del locale, notò,
               vicino al camino, dove non languiva ormai che poca
               brace, un altro uomo.L'oste,
               all'arrivo del nuovo ospite, che pareva uomo d'un
               certo peso, a giudicare almeno dal mantello, dal
               giaccone foderato di pelliccia e dal farsetto
               imbottito, si affrettò a riattizzare il fuoco e
               ad annunciare che presto sarebbe stato servito il
               pranzo.Come
               furono portati cibo e vino i due sedettero quasi
               contemporaneamente al vecchio tavolo di noce. Per un
               po' nessuno parlò, poi, il mercante, che non
               aveva alzato lo sguardo dal piatto dove filanti
               gnocchetti di pasta trasudavano odoroso burro,
               cominciò a rivolgere qualche occhiata
               indagatrice al commensale suo vicino.Pallido
               in volto, la fronte stempiata, lo sconosciuto era di
               corporatura esile; al contrario, il nostro giovane
               esibiva complessione robusta, colorito roseo, mascella
               squadrata, naso carnoso e folti capelli.Sentendosi
               osservato il primo alzò per un istante gli
               occhi rivelando uno sguardo intenso, febbricitante,
               quasi da fanatico, che gelò subito
               l'espressione cordiale fiorita sulla bocca del
               mercante. Quest'ultimo,
               dopo aver masticato ancora qualche boccone d'un
               insolito ma saporito salume e ingollato un sorso di
               vino, non resistendo alla curiosità, dopo
               essersi presentato come Giacomo Geeser ed aver
               accennato vagamente alla sua professione, la prudenza
               non era mai troppa e numerosi erano i briganti in
               prossimità dei passi, chiese all'altro chi
               fosse e dove fosse diretto.Lo
               sconosciuto, allontanando il piatto ancor pieno a
               metà, come infastidito strinse forte le labbra
               sottili, poi, dopo aver emesso una sorta di sospiro,
               con voce stridula disse di chiamarsi Pier Vergerio, di
               professione "restauratore", di ritorno dal fondovalle
               dove aveva visitato il contado di Chiavenna e quello
               di Piuro.Al
               nostro non parve vero d'aver trovato qualcuno in grado
               di fornirgli lumi circa le voci che gli erano giunte e
               che descrivevano i luoghi dov'era diretto, Piuro
               specialmente, come pieni di belle ville di nobili, di
               case di ricchi mercanti con ampi cortili, sontuosi
               portici ed eleganti colonnati, sale spaziose ornate di
               pitture ed addobbate di rinomate tappezzerie di
               Fiandra e d'altri preziosi drappi, dove facevano bella
               mostra di sé stufe alla tedesca superbissime
               per lavori d'intaglio, copiose argenterie, pavimenti
               lastricati di monete d'oro zecchino provenienti dai
               più svariati paesi, ameni e spaziosi giardini
               con spalliere d'aranci, cedri, limoni e vasi di legno,
               di terracotta, di bronzo, di rame e
               d'argento.A
               furia di pensarci la notte Giacomo s'era deciso a
               visitare di persona quella valle descritta da tutti
               come un paradiso, a constatare con i suoi propri occhi
               la veridicità di tanta ricchezza, intenzionato
               a stabilire proficue relazioni con i commercianti di
               quelle città, desideroso d'acquistare vini,
               mercanzie d'ogni tipo, soprattutto pentole ed oggetti
               in pietra ollàre che tanto erano richiesti in
               Germania dove contava di rivenderli
               personalmente.Il
               nostro si disse intenzionato anche al commercio di
               cose artistiche, perché, bisognava
               riconoscerlo, a tale proposito, le chiese e le case
               cattoliche non avevano rivali in fatto di ornamenti e
               di belle immagini ed aggiunse che era disposto ad
               acquistare tutto quanto quei bravi mercanti avrebbero
               potuto offrirgli senza tante storie, o, per meglio
               spiegarsi, senza tanti scrupoli religiosi o
               politici.Le
               livide labbra dell'altro avventore a quel punto si
               serrarono vieppiù, poi, mentre il viso di colpo
               diventava di colore acceso, lasciarono uscire una voce
               agra, tutt'altro che gradevole."Credo
               di essere stato frainteso circa il mio mestiere. In
               verità aborro l'arte ed il culto idolatra delle
               immagini, considero il commercio uno sporco affare e
               predico la necessaria distruzione di ogni idolo
               pagano, la lotta contro il dogma, il ritorno della
               Chiesa alle sue pure fonti evangeliche, nonché
               la restaurazione di una società
               rurale".Dopo
               quelle parole, simili ad un fiotto improvviso, ad un
               rigurgito acido, improvvisamente Vergerio tacque e fra
               i due calò un silenzio pesante, quasi
               ostile.Il
               mercante, che per un istante era rimasto stupito, come
               incapace di seguire il discorrere dell'altro, si
               riscosse, ingoiò prima a vuoto, poi, reprimendo
               una sensazione improvvisa di freddo, vuotò il
               bicchiere fino all'ultima goccia, quasi a cercare sul
               fondo un'adeguata risposta.A
               toglierlo da ogni imbarazzo giunse il vetturino che
               annunciava la partenza poiché s'avvicinava un
               forte temporale estivo e bisognava affrettarsi a
               valle.Mentre
               attraversa la Valle di San Giacomo il nostro ebbe modo
               di riflettere.Erano
               tempi quelli di fanatici d'ogni sorta, di predicatori
               intolleranti, tempi in cui tristemente si diffondeva
               l'odio e si attuavano le vendette più
               sanguinose, tempi in cui la superstizione regnava
               sovrana e bastava un nulla per perder la testa o
               finire al rogo.Con
               assolutismo veniva predicata la religione, cattolica o
               riformata che fosse; alle persecuzioni dei ministri
               protestanti seguivano da parte cattolica gli orrori
               dell'Inquisizione contro gli eretici e contro le loro
               merci che venivano sequestrate. C'era da temere ogni
               giorno per i propri commerci, addirittura per la
               propria vita e la via al dialogo sembrava
               impossibile.Al
               nostro uomo pareva invece che si potesse, anzi si
               dovesse, vivere in pace, in buoni
               rapporti.Malinconicamente
               si chiedeva: "Forse che davanti alla morte non siamo
               tutti uguali? Forse che fame e sete non accomunano
               protestanti e cattolici? Forse che tutti gli uomini
               non sono fratelli, indipendentemente dalla loro fede?
               Iddio non ha costruito barriere, confini, è
               l'uomo che li ha inventati e con essi le armi per
               difenderli, per tormentare e tormentarsi".Nel
               frattempo la carrozza dopo alcuni tornanti in mezzo a
               vigneti, campi e prati dove pascolavano pecore e
               mucche, era arrivata a Chiavenna.Il
               nostro mercante avrebbe voluto recarsi subito a Piuro,
               ma, non essendovi più mezzi di trasporto e
               addetti disponibili, decise di cercarsi un alloggio
               rimandando gli affari all'indomani.Si
               avviò dunque tra le antiche case, lungo le vie
               del borgo che sembravano corridoi di palazzi privati
               pavimentati con una sorta di grossi bottoni, dove
               tutti quelli che si incontravano si salutavano come se
               fossero vecchi amici.Passo
               dopo passo scoprì che era bello camminare senza
               fretta, assaporando un buon odore di cose dolci,
               rimirando prestigiosi palazzi, preziose chiese e begli
               affreschi murali, ascoltando lo zampillare di una
               fontana, le grida dei bambini, la voce vicina di un
               fiume e gli smorzati rintocchi di una campanella
               lontana.Il
               crepuscolo gettava ormai ombre sulle vecchie mura e a
               Giacomo parve di udire le antiche pietre raccontare di
               sacro e di profano, di intimità domestiche, di
               calore familiare, di trame semplici di nascite e di
               morti, di gioie e di timori, di speranze, di
               occupazioni quotidiane, di giorni sui campi con le
               mani affondate dentro la terra bruna, di azzurri lini,
               di biondi grani, di profumati fieni, di dolci frutti,
               di cicli e stagioni, di gelidi inverni e di luminose
               primavere.All'improvviso
               una luce morbida e piacevole proveniente da una
               bottega attirò il suo sguardo, si
               avvicinò allora all'ingresso e rimase
               stupefatto ad osservare una statua lignea di pregevole
               fattura. Pareva
               una cosa viva e Giacomo non la dimenticò
               più.In
               piedi, sopra una falce di luna, stava la Vergine dallo
               sguardo dolcissimo con il Bambino benedicente. Aveva
               lunghi e ondulati capelli, solo in parte coperti da un
               velo immacolato simile ad un sottile turbante
               trattenuto sul capo da un'esile coroncina dorata ed un
               ampio manto ricadente fino ai piedi in morbidi
               drappeggi.La
               doratura del mantello lasciava un po' a desiderare,
               ma, si ritrovò a pensare il nostro mercante una
               volta giunto in un'accogliente locanda per
               trascorrervi la notte, con semplici ritocchi un bravo
               restauratore l'avrebbe certamente riportata al suo
               antico ed eccezionale splendore.Quel
               pensiero gli riportò alla mente gli occhi
               gelidi ed esaltati dell'uomo che aveva incontrato al
               passo e che sembrava voler restaurare il più
               buio Medioevo, ripiombando l'uomo nell'angoscia e
               nella sofferenza; provò allora un vivo senso di
               disagio, poi, però, finalmente, la stanchezza
               ebbe la meglio ed il sonno lo vinse
Quella
               notte stessa, si era alla metà di agosto
               dell'anno 1618, Giacomo Geeser venne risvegliato da
               uno spaventoso boato. La cima del Monte Conto,
               così apprese in seguito, si era staccata ed
               aveva seppellito l'intero abitato di Piuro. Il fiume
               Mera per qualche tempo aveva interrotto il suo
               deflusso principiando a formare una sorta di lago
               prima che l'acqua ricominciasse a scorrere giù
               per la valle. Tutte le ricchezze del borgo erano state
               sepolte sotto la colossale frana e a loro
               testimonianza non era rimasta che una villa simile ad
               un fastoso palazzo romano ed isolata su un pendio in
               una località ricca di terrazzi
               vitati.Quel
               boato accompagnò il nostro l'indomani durante
               il viaggio di ritorno. Giacomo non ritenne opportuno,
               infatti, rimanere a trafficare in mezzo a gente
               provata dal dolore, ché molti avevano perduto
               parenti nel borgo vicino dove ormai regnava soltanto
               la desolazione. Si disse fortunato per averla
               scampata, per essere al sicuro nel suo fondaco quelle
               merci, fortunosamente ereditate, per le quali non
               dormiva la notte al pensiero delle tasse, delle
               difficili transazioni, dei pericoli dovuti ai
               trasporti, ai predoni; non ultimo si chiese se fosse
               davvero quella ricchezza segno della predilezione
               divina o una forma di dannazione, ché gli
               sembrava il viver suo un correre alla
               morte.Certo
               lui non era né peggiore né migliore di
               altri, ma vide, come in uno specchio, il vuoto intorno
               a sé, la solitudine gli si spalancò
               innanzi in tutta la sua desolazione: non soci,
               ché aveva sempre temuto l'avrebbero potuto
               derubare, non amici ché l'avrebbero solo
               invidiato, non una moglie ché avrebbe potuto
               essergli infedele.In
               prossimità del passo, dopo aver attraversato
               boschi e una valle ricca d'acqua, uscito da una gola
               spaventosa ed insieme affascinante, in quella locanda
               dove aveva incontrato rabbia e rancore, mentre l'oste
               magnificava un vino in grado di riscaldare qualsiasi
               cuore, Giacomo si disse che era tempo di pensare non
               solo ai suoi commerci, non solo a destreggiarsi nelle
               difficili circostanze politiche e religiose, ma anche
               di pensare ad amare, di imparare ad amare.
               "Forse
               l'amore vince ogni cosa" esordì allora
               improvvisamente e l'oste, peraltro avvezzo a sentirne
               di ogni sorta, annuì convinto. Ancora
               non sapeva Giacomo d'essersi già innamorato
               della terra che aveva appena visitato, ancora non
               poteva immaginare che presto, molto presto, vi avrebbe
               fatto ritorno. 
 
 Nota
Si
               dice che i personaggi di un racconto abbiano una
               volontà propria, indipendente da quella di chi
               scrive. Giacomo Geeser (personaggio di fantasia) e
               Pier Vergerio (personaggio realmente vissuto e legato
               alle vicende del territorio della Valchiavenna e delle
               valli limitrofe), come fantasmi si sono affacciati
               alla mia mente reclamando un loro spazio e
               ricordandomi che, come ebbe a dire Virginia Wolf: "
               La memoria è una luce che danza nella mente
               quando la realtà è ormai
               sepolta". |