LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Sandro Ciapessoni
- Orfeo
- L'Antico Mèlete di sardi
- limpido scorre verso il mar di Lesbo.
- Nei flutti che rallegrano quel rivo,
- azzurro si riluce e come il cielo
- modesto fior gentile della Lidia:
- il fragile Miosòtide di Tràrium
- che fra quei sassi vive e si mantiene,
- all'ombra del ligustro nero
- e ai piè del biancospino.
- Non lungi sulla foce del gran lido,
- ruderi antichi vegliano sul mare,
- veglian le spoglie misere e gli avanzi
- dei pochi sassi del Cumulo d'Orfeo,
- poeta della lira, cantore dell'Egeo.
- Da quelle pietre cinte ancor del fiore,
- sommesso sorge un flebile sospiro,
- un melodioso canto di passione;
- è il canto di pietà e di dolore
- che intenerì sui bordi d'Acheronte
- Cerbero feroce
- e il gran nocchier Caronte.
- Crudeli fur le Ménadi su' l'Ebro!
- Ma atroce fu pur anco il tuo patire,
- quando Euridice sul ciglio d'Acheronte
- ombra divenne
- pe' il tuo cercar suo viso!
- Quale impietoso iddio volle punir
- nell'Erebo, cotante tue soavi
- dolcezze d'armonie?
- Co' 'l scintillio della Boreal Corona,
- quando la notte egea
- disvelerà con luci eccelse
- le glorie degli Eroi,
- benigno si diffonde
- come il chiaror di luna,
- l'orfica melodia della sacrata lira.
- Come stormir di foglie
- nei boschi della Lidia
- pe' i venti della sera,
- simile a voce occulta
- qual è incantar di sogno,
- scende dal cielo e amabile
- un sentimento angelico, emotivo!
- Nel mistico brezzar di venti astrali,
- treman le fronde dei ligustri in fiore,
- e sui miosotidi della tombal dimora...
- eco lontana... sommesso è l'invocar...
- "non ti scordar di me
- o amato figlio d'Eagro!..."
- prega e sospira l'infelice sposa
- del Vate primo cui cantò sua lira.
- Il Mèlete di Sardi è ormai lontano
- e Lesbo col suo mare di smeraldo
- io sognerò soltanto... col pensiero.
- Scorpione e Sagittario
- m'indicheran la lira fra le stelle,
- e cercherò in quel tempo
- sul cielo della Grona... più vicino,
- la luminosa e bianca Vega.
- In essa sta la lira
- con gli echi melodiosi
- del vate Orfeo,
- poeta d'Euridice...
- cantore dell'Egeo.
- Espéra
- A ingentilir le brezze
- sui pergoli di rose,
- spiran cortesi i venti d'Anditilos
- e Thira e Naxos ed Ikaria e Delo
- attendono le Ninfe della sera.
- Su cupree ed alte erubescenti nubi,
- sacerdotessa ai riti della Luna
- e avvolta in ampio manto porporino,
- Espéra mi risveglia e mi ristora
- sfiorandomi sul viso e con passione,
- pudico bacio, tal d'innocente amore.
- Dai boschi della Lidia, ai verdi atolli
- di Kithnos e di Kea, rossate chiome
- dominano il cielo, e sulle ninfe
- Cicladi, scende sereno a colorar
- le spumeggianti creste dell'Egeo,
- il rosso tramontar del Sole,
- cui l'astro tinge... i flutti di Nerèo.
- Sull'onde ancora tiepide
- del giovinetto Autunno,
- le Càriti sorelle - tre divine -
- discendono le chine dell'Olimpo
- ben spoglie d'ogni velo...
- e ciò, per lor destino.
- Con Ebe giovinetta...
- il 'bel germoglio eterno della vita',
- con garbo e con amabil compitezza
- mi additano il tramonto sull'Eudèa.
- Eufrosine gioiosa mi rallegra,
- e Talia, la fiorente, m'innamora,
- mentre le azzurre luci
- de' la splendente Aglàia, fisse
- sugli orizzonti accesi della sera,
- infiammano... mia tarda primavera.
- Talia!...
- Natura rifiorente e amica!
- Per tua mercé, nell'ore del tramonto
- non serrano le rose, i profumati petali
- nell'isola del Sole!
- Per tua mercé, all'imbrunire,
- quando l'occaso incendia l'orizzonte,
- sui flutti dell'Egeo fioriscono i colori
- e le passioni, cui mente umana
- si sazia... o si dispera!
- Ma tu, Espéra!...
- fanciulla di quel bacio!...
- col tuo violento manto porporino
- trascini il tuo color sanguigno
- sovra Micene ed Argo,
- e scagli il mio pensier turbato
- a Pèlope, ad Atreo...
- cui termin pose al germogliar semenza,
- il primordiale e inesorabil Fato!
- Tu che del Sol tramonti la sua fiamma,
- or che L'eubèa tinte ha le sue sponde
- d'accecanti e tormentati amori,
- tu mi rammenti ancora e con disgrado
- qual capo dei Locresi...
- Aiace d'Oilèo,
- che sull'altar di Atena in Tèucria terra,
- volle spregiar nell'empio suo furore
- Cassandra inerme, già vinta creatura;
- ma tomba sua divenne
- per volontà di Pallade guerriera,
- e a pareggiar l'iniquo sacrilegio,
- lo stesso mar d'Eubèa.
- Si placan le passioni
- col riposar del Sole.
- Con l'apparir di Luna,
- sull'imbrunito cielo dell'Egeo
- un tiepido sciamar di brezze
- dalla Lidia, si spinge verso Skiros
- lambendo Kos e Thira.
- Oh Paradissi e Rodo!...
- Col sorgere di stelle...
- dolce penombra aurata
- dai raggi di Selène,
- mi addolcirà il riposo
- sui verdi poggi dell'isola del sole.
- Non torneran la notte sull'Olimpo
- le Càriti divine
- ed Ebe giovinetta,
- quel 'bel germoglio eterno della vita',
- ma veglieran miei sogni e il mio pensare
- dai bianchi pergoli di Paradissi in fiore.
- Sul rifiorito cielo
- del mare di Nerèo,
- sommessa ed incantevol melodia
- or mi rammenta Orfeo.
- È un canto!
- È il canto di sua lira?
- Luci... ombre... guerra di selve...
- Luci!...
- Nei tempi d'innocente fantasia
- io sorridevo ai fiori, ai monti e al sole;
- io m'esultavo a compiacer le stelle
- e il riveder la luna che spuntava
- dal retro delle cime in mia dimora,
- mi rallegrava il cuore
- e l'animo gioiva.
- Io respiravo brezze mattutine
- sature di purezza e di nitore;
- io respiravo l'aroma profumato
- dell'erba marzaiola
- e del selvaggio timo,
- mentre il sorriso casto
- della incipiente aurora,
- candido stendeva sui massi della rupe
- il bianco velo del giorno che fioriva.
- Ortensie azzurre e rosa,
- il fiore che ancor bacia giovinezza
- io ricercavo sempre sulla via
- quando dal prato, mi recavo al colle
- ove tuttora, fiorita è la mia valle.
- Sereno e incuriosito
- in genuino intento,
- immobile sostavo
- sull'erta acciottolata che portava
- ai banchi del sapere,
- e, senza timor destare
- io riguardavo lieto
- le vispe cinciallegre rumorose
- che intorno a scarsa fontanella
- svolazzando, cercavano festose
- consenso al lor ristoro.
- Ombre!...
- Come in notturna angoscia
- che aggrava il mio dormire
- io cerco ancora un segno di speranza
- che allieti sol d'un giorno
- la solitaria e amara mia costanza;
- ma scialbo e spento di colori
- è l'universo cui mia vista
- oggi, impietosa addita
- e il cielo, i colli, le mie montane gole
- ora mi sono amare come il fiele
- nel greve mio pensiero della vita.
- Guerra di selve!...
- Oggi... non è celeste
- il mio bel lago amato,
- e quel color ch'io vedo
- è simile a riflesso
- dell'ultimo tramonto
- sulle placate onde
- ch'io ben rammento a Blevio ed anco a Torno
- ove dall'acqua sorge
- in maestà solenne e grave
- sotto dirupi e boschi
- e silenziosa in solitaria quiete,
- la bianca e malinconica 'Pliniana' antica
- fonte e sorgente a illuminate Menti,
- ove da quelle pietre
- da suggestivo incanto
- nacquero note, amori e canti
- da immortalar nei secoli a venire
- il sommo Cigno etneo,
- quando 'guerra di selve' cantò di 'Norma'
- allor che risuonando in fiere note,
- volle crear nel silenzioso golfo
- la grandezza di Norma e il suo peccato.
- Ombre!...
- Velato è il mio cammino
- simile a opaca selva,
- ultimo mio tramonto cui vita mi declina.
- Ora mi trovo a riguardare un cielo
- spento, di luci avare e poco amiche
- ed una luna stanca
- che mi rivede sì,
- ma assai lontana e indifferente...
- non più splendente come allora,
- quando, fra le brughiere
- di Molgisio e Ossuccio,
- assiso sulle piode del torrente
- gioivo a contemplar le stelle,
- e il cuore mi pulsava al par di loro,
- mentre il frusciar dell'acqua
- fra i massi del bel rivo,
- mi conciliava il sonno... col respiro.
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