LA PIÚ
GRANDE
ANTOLOGIA
VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti
contemporanei affermati, emergenti ed
esordienti
|
- Poesie
di Sara Melis
|
- Dubito
-
- Dubito
- che tu sia
un'idea di quelle
- che fuggono
lentamente
- come acque
pesanti
- di una
consistenza fatta di nebbia
-
- dubito
- che tu sia
quell'amore
- che non riesce
ad amare
- per quanto
dolore concepisce in sé stesso
-
- dubito
- che tu sia
quella libertà
- che non sa
correre
- al di
là della propria prigione
-
- dubito
- che tu sia un
frammento
- dello specchio
che mi riflette
- in un profilo
che non voglio accettare
-
- dubito
- che tu sia
tutti i dubbi
- di cui non
vorrei dubitare.
-
- Metamorfosi
quantuplicata
-
- La tensione
fulmina
- tutto
ciò
- che deve
imparare a brillare
- protezioni
nere
- possono ancora
difendere
- ciò che
resta da salvare
-
- fronti
luccicanti
- seguono
fattori moltiplicanti
- mentre sottili
membrane
- ne trattengono
i risultati
-
- borse senza
portafogli
- pagano
ugualmente il prezzo
- in quanto al
tempo
- non si
può dire
- che abbia il
suo valore
-
- è
trasparente lo spazio allargato
- si tuffa dalla
luce più accesa
- e affonda nel
buio più cupo
-
- la risalita
picchetta
- strati di
colore addensati
- crepe negli
azzurri delle vette
-
- troppa polvere
si è respirata
- per arrivare
quassù.
-
- Devoniano
-
- Il bimbo si
spinse in avanti
- volando
nell'acqua nera
- strada lineare
e cilindrica
- la direzione
fu quella
- di un
ventaglio capovolto
- e quando
l'acqua divenne più leggera
- il mare fece
un buco bianco
- come una
pedana col recinto azzurro
- il bimbo
girò intorno a bolle piene
- che sputavano
suoni salati e lucenti
- fu allora che
crebbe pesce
- con baffi di
saggezza
- lunghi quanto
un'eternità neonata
- respirò
a lungo tutto il tempo che ci volle
- ad assorbire i
mondi sommersi
- con nuove
branchie liquide
- che gonfiarono
i suoi occhi circolari
- come palloni
che salgono leggeri
- a fermarsi su
tetti dorati
- perforati da
piogge prismatiche
- anfibio
adagiato sulla barriera della visione
- telescopio
verticale dell'altro alto
-
- Il
pungiglione
-
- La piccola ape
oggi si è punta
- facendosi
l'amore da sola
- perché
non s'è ricordata
- la sostanza di
cui è fatta
-
- disdegna tutti
i nettari
- cercandone di
migliori
- poi non riesce
più a volare
- nei giorni in
cui scansa i fiori
-
- così fa
sogni strani
- di supereroi e
motori
- di ruote che
non partono
- di carte che
non si giocano
-
- la piccola ape
non guarda più
- gli
specchi
- a cui va a
sbatter contro
- piange amori
rifiutati
- che ormai han
trovato le regine
-
- mentre lei non
ingrassa più
- forse ha poco
miele
- da offrire ai
viaggiatori
- amareggiati da
se stessi
- e dalla
vita
-
- la piccola ape
oggi si sente
- troppo
umana
- vede cose
più grandi
- ma non
più belle avanti a sé
-
- succhia uva
fermentata
- dorme a pancia
in su
- guarda un
cielo troppo azzurro
- e arbusti come
giganti gobbi
-
- cerca il rosa
della carne
- nelle dita con
le unghie
- ronzando bassa
intorno
- a un mondo
che
- vorrebbe
accarezzare
-
- ma gli uomini
sono alti
- le loro teste
troppo lontane
- da un'erba che
sanno
- soltanto
calpestare
-
- la piccola ape
fa fatica a rialzarsi
- verso l'aria
dove corre il vento
- richiama un
volto
- che la sappia
guardare
- riuscendo a
dirle dei suoi occhi
-
- e continua con
fatica la ricerca
- di qualcosa
come antidoto
- a un veleno
difensore che riesca
- a non farla
più morire.
-
- La
verità
-
- Farà
del giorno l'amante della notte
- nel sogno che
riesce ancora a ridere
- su un fascio
di erba lunga
- tenderà
passi all'equilibrio
- che non ci
sarà fondo
- in cui
saprà cadere
- si
negherà agli ipocriti
- che incollan
le vetrate
- facendosi
trovare nuda
- al di
là del muro immobile
- ricostruirà
in bacheca
- i tempi di
perline
- si
dannerà nel tendere la mano
- verso un
velluto nero e oro
- raccoglierà
pesci di legno colorato
- nuotando in
una scatola rotonda
-
- andandola a
svegliare un tale giorno
- la troveran
confusa e acciambellata
- sdraiata su di
un letto trasparente
- intenta a
muover aria fra le dita
- le chiederanno
cosa sta scuotendo
- si
volterà con sguardo divertito
- spingendo
l'altalena verso l'alto
- e quando lei
risponderà "la gente"
- pugnaleranno
in fretta il suo cuscino
- andando via
con fare indifferente
-
- Vento
-
- Vento che
caotizzando la luminosità
- compatta e
stratificata
- stravolge gli
atomi della fermezza
-
- lui libera il
nucleo da
- un'avvilupamento
arcigno e oscuro
- stingendo il
nero quando
- imprigiona i
colori
- negli spazi
più angusti
-
- vento che
punzecchia umori diplomatici
- denudandoli da
un'ipocrita
- così va
bene o male
- e pizzica le
corde
- che fan
danzare il ciclo
- vibrandone
l'inconsapevole
- ardore
universale
-
- lui fascia la
testa scomponendo
- capelli che
son suoi d'accarezzare
- e incita
pensieri e luce a volare
- assembla corpi
estranei
- in scontri
fortuiti
- accoppia
opposti fuggenti
- che non si
posson ribellare
-
- vento che
incesta madri e figli
- come la
ragione con i suoi torti
- e fa pure
combaciare il sogno
- con la propria
frustrazione
-
- lui dalle
mille facce
- che non si fan
guardare
- volto
raggelante e brivido
- quanto un
terrore assassino
- volto d'amante
al buio
- di cui senti
il tepore
-
- vento che sa
come respirar dentro
- permeando
spazio e pieno
- fino al
centro
-
- vento vento
vento
- che quando
s'acquieta
- non se
n'è andato
- si è
soltanto spostato
- e da
giustificar non riman altro
- se non tutto
ciò che s'è fermato
-
- Selezione
-
- È
arrivata la Gestapo tutta bionda
- oggi Auschwitz
è nei nostri cuori
- nelle nostre
teste
- barricate di
prima linea
- da una parte
il bianco
- dall'altra il
nero
- le lingue si
srotolano
- chimiche ci
fanno incontrare
- gli stessi
elementi
- che ci
riconosciamo negli occhi
- le età
si dileguano
- oggi nei lager
abbiam gli stessi anni
- e stringiamo
la mano all'amica di Primo
- che legge
sulle facce
- la prigionia
di un'amore
- e la sua
denutrizione
- nei bar si
incontrano ariani
- che mangian
noccioline
- la scimmia che
mi ha rubato la scodella
- mi salta sulla
schiena
- e dalle due
alla cinque
- non ho
più fame
- i nostri letti
son stati ceduti
- le nostre fedi
rubate
- sopravvissuti
dai capelli scuri
- disertano la
propria condizione
- ai lavori
forzati
- per far finta
di niente
-
- e la Gestapo
tutta bionda
- ci dice che
vuole pulizia
- così
ora davanti agli specchi
- dalle nostre
lacrime
- noi piangiamo
tutta l'acqua
- per lavarci un
poco il nero colore
- della nostra
razza.
-
- Quanto non
basta
-
- Non sto
così bene
- nel
scontare il fio
- d'aver creduto
d'amare
- abbastanza
- da potermi
permettere
- di riderci
su
-
- sconto il
senso del peccato
- accingendo al
calice avvelenato
- che mi fa
dire
- troppa
verità
- al punto
di
- accarezzare
il falso
- dubbio
- che stride sui
sentimenti
- e gli dimostra
scissi
- metà
vellutati
- di
superficie sana
- metà
raschiati e scrostati
- da graffi
sanguinari
- leggo i salmi
che parlan d'amore
- ore
intere
- impiegate
- a
pregare
- per superare
la nausea
- di non
riuscire a capire
- da dove
nasce
- questa
violenza
- gelosa della
possibilità d'appartenere
- soltanto a se
stessi
-
- e vado avanti
cercando
- una
cura
- che riporti la
mia ombra
- nella giusta
direzione
-
- dove il sole
non rischia d'impazzire
- a
distribuire
- la
propria luce
- sulle
dimensioni che scalda
-
- pathos mi
culla in una nenia
- che non mi fa
più riposare
- dentro la
notte vissuta
- nell'abbraccio
di eros
-
- ogni tanto una
pausa
- scaturita dal
brivido
- che mi
comporta
- il
camminare
- sulle strade
della realtà
-
- ricerco la
forza nel dolore
- che
provo
- a memorizzare
un alfabeto
- che non so
decifrare
- e traduco il
mio cuore
- in mille
segni
- per spiegarlo
a chi non sa
- capirlo
-
- aBabele
- si
mormora che
- a continuar
così
- non
costruirò mai niente
-
- cerco allora
un altro luogo
- dove poter
imparare
- ad attutire
l'urlo
- quando
ciò che mi riesce
- di
intonare
- non è
affatto una
- buona
musica
- e non sto poi
così bene
- ad aver
creduto
- di sapere
- già
amare
- abbastanza.
-
- Bimbi
rinati al mondo
-
- Il
chiavistello cedette
- la calce si
sgretolò fra le dita
- ma la porta
rimane interna e aperta
- il passaggio
della casa grande
- quanto lo
spazio
- diede il suo
benvenuto
- alla gente
senza numeri
- la mano non
mosse più il cerchio
- delle formule
analitiche
- paralizzando
ogni discorso connesso
- alla distanza
legata ai cavi
- apparecchi
disfunsionali
- persero gli
ingranaggi plastici
- mentre il
cielo sostituiva
- le gradazioni
dei suoi venti
- trattenendo il
respiro polmonare stabilito
- espirando il
tempo in un luogo senza ore
- cinque gnomi
ridenti si sporsero
- all'orizzonte
della collina coperta
- da un tappeto
multiforme e ritmico
- di funghi
adolescenti
- lo sguardo
rotolava sui cappucci
- in un fluido
giocare senza male
- i cuccioli da
spore indicarono
- la fonte della
propria essenza
- dispiegando la
carne materna
- ermafrodita
forza materica
- della fusione
fra opposti
- la
realtà divenne tattile
- nell'esplicazione
vibrazionale
- la
frammentazione cancellò il senso del
segno
- non si
sentì l'esigenza di verbalizzare
- un gutturale
inesistente
- nel frangente
del balzo
- da qui al
là
- dalle calde
doglie di coscienza
- frontale
- la gente senza
numeri
- fu poi deposta
indietro
- nella
rassicurante cesta dopoparto
- d'una natura
pulsante
-
- Il
battesimo di luna mestrua
-
- Nel ventre, lo
sgabuzzino buio
- in cui
l'universo oscura
- la propria
femminilità
- i giorni in
cui essa si nasconde
-
- affinché
il sole la abbandoni un poco
- a se stessa e
alle sue meditazioni
- sul come
accettare il destino
- di non
brillare di luce propria
-
- e fa male
tenerla in grembo
- questa madre
disperata e pallida
- che ogni tanto
si concede intera
- e per altro
diventa nera
-
- palpita,
distorce e tira
- quanto a voler
partorir se stessa
- suggellando la
propria identità
- in un mare di
sangue.
-
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Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione
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Sara Melis
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