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Prefazione
- La
«pensonite», la «pensosofia», la
«pensofilia» o la
«pensosità», ovvero il piacere o il
morbo del pensiero, la passione o la condanna del
pensare, insomma. Questa condizione, questa
predisposizione mentale, si percepisce nella raccolta
di poesie di Stefania Leaci, che ha voluto intitolare,
appunto, «Pensosità». L'esercizio del
far funzionare il pensiero si manifesta principalmente
nelle riflessioni che compongono la lirica che
dà il nome all'intera raccolta poetica
dell'autrice salentina. Considerazioni intime,
descritte con schietta franchezza, che affondano la
loro origine nelle paure e nelle angosce del vivere
quotidiano. Nel riuscito componimento in versi la
scrittrice, al suo primo libro, va alla ricerca della
pace interiore, che non vuol dire necessariamente
riposo arrendevole, ma meta da raggiungere tra tante
difficoltà da superare.
- Come
in una galleria di quadri Stefania Leaci, nel corso
delle composizioni, adopera una scrittura poetica
minuziosa, anche con l'ausilio di ossimori,
soffermandosi spesso sui paesaggi salentini, oggetto
di ispirazione e meditazione, ricorrendo al simbolismo
applicandolo alla madre natura. Similitudini personali
che rimandano alle immagini dei ricordi, calate nel
lungo tempo della memoria, dove si incontrano i
rimpianti per gli anni passati, per le liete e
spensierate giornate da adolescente. Non a caso, al
termine dei componimenti, ha sentito la
necessità di riproporre il brano Il fanciullino
di Giovanni Pascoli, che rammenta quel bimbo che
è in noi, noi che cresciamo mentre lui resta
piccolo, occupando un angolo dell'anima, noi che da
giovani sdegniamo la sua ricerca di conversazione, che
non amiamo più interloquire con quel lontano
Io.
- In
filigrana, nelle opere della Leaci, traspare una vena
di saggia riflessione verso l'attualità, che
è lieve pessimismo ma intento d'attesa per una
gioia sognata e sin troppo auspicata, che attraversa
le parole libere sulla pagina; sono le problematiche
sociali sulla vita, la famiglia, sul tunnel della
disperazione, sugli sfollati, sugli anziani soli, in
generale sulla disgregazione contemporanea in
contrasto tra ricchi e poveri, di tutto.
- Alcune
volte la abbagliante desolazione dei luoghi
dell'antica Terra d'Otranto, troppo spesso triste e
abbandonata dal lavoro dei contadini, fa emergere la
solitudine tra tanti volti e tante voci, senza occhi e
senza suono. Sono pennellate che evidenziano
l'ineluttabilità dello scorrere del tempo che
trascina con sé anche le più immediate
speranze, le più incantevoli illusioni del
futuro sognato e che invitano alla ricerca di una
serenità individuale, alla prospettiva di una
vita in un mondo migliore, alla certezza che non ci si
dovrà mai sentire appagati delle momentanee
luci, dai bagliori tra il buio continuo della crisi
dei valori e dei sentimenti.
- L'autrice
ricorre alla natura, agli astri, alle stelle, al cielo
ma anche alla terra abitata da uomini e da animali,
uomini molto spesso privi di bontà, di mitezza,
che si scagliano con cattiveria sul resto del creato e
pure sui propri simili, infliggendo pesanti dolori;
mentre spera che la giustizia non sia solo quella
finale, quella con la «G» maiuscola, quella
dell'ultimo giorno, ma che si possa credere in
qualcosa di più vicino agli stessi uomini alla
ricerca di una improbabile gioia terrena.
- I
sentimenti buoni, sani, puliti la cui
generosità commuove anche solo attraverso la
riflessione sugli avvenimenti quotidiani di vita
familiare e sociale, la semplicità dei piccoli
gesti di anime sempre più rare proprio
perché coraggiose, il cuore tenero che stilla
gocce di emozione, ritornano con la memoria al
passato, alla bellezza della incontaminata natura,
alla pienezza del silenzio, alla sincera
onestà, alle parole pregate col pensiero e
rivolte al Dio degli uomini.
- La
vendetta della natura che si ribella e che si abbatte
sulla violenza dell'uomo che si scontra con l'armonia
del creato, i peccati dell'oggi, l'arrivismo, il
cinismo, l'indifferenza, il personale star bene da se
stessi, le inquietudini dell'infanzia, riaffiorano
nella notte dei lontani inverni freddi; ma c'è
sempre l'alba, quella di ogni giorno, che fuga le pene
e fa sperare in un nuovo giorno, lungo quanto una
vita.
- Le
manifestazioni ambientali si interiorizzano e contro
di esse la scrittrice invoca clemenza e abbraccia la
speranza come àncora di salvezza futura,
attraverso le bellezze e la bontà classica
delle tenere carezze dei bambini in un mondo irreale,
paragonabile solo al frutto del pensiero più
alto.
- Il
ricorso a metafore, a similitudini come la nave in un
mare terso, la libertà degli uccelli, il cielo
e le nuvole, tutto confluisce nel rappresentare la
vita, non nascondendo attimi di paura, di smarrimento,
alla presenza della notte e delle ombre contro le
quali si erge dirompente la forza dell'indecisione, il
ritorno su posizioni prese, la tristezza per il
mancato raccolto, il cuore gonfio di dolore per aver
vissuto come foglia al vento, sospinta e respinta,
innalzata e poi abbattuta, infine accartocciata e
sfinita, prima del lungo riposo che darà nuova
vita.
- Lo
stile narrativo discorsivo, concede la giusta
importanza alla testimonianza come indiscusso tesoro
d'insegnamento per la vita, il racconto del passato
resta utile per affrontare il domani del futuro.
Chiaro esempio è il dolce ritorno a casa, alla
propria quiete, alla sicurezza protettiva delle
quattro mura domestiche sebbene trafitta dalle
immagini di morte, di disperazione, di distruzione e
di guerra che raggiungono la coscienza, l'animo
tranquillo che, con difficoltà,
riprenderà il corso lineare di una vita forse
insignificante se non vissuta con giuste prospettive
d'amore.
- La
musicalità di alcuni versi ripercorre con
nostalgia l'infanzia remota la cui ingenua
serenità vorrebbe conservare anche per il
futuro, mentre si affaccia anche qualche tema
religioso come quello del Natale per consegnare nelle
mani del divino, quasi fosse comune mortale, i
tormenti dei giorni che viviamo, eterni come il tempo
che è già stato.
- La
vita, come le stagioni, passa voltandosi indietro,
verso il passato delle larghe primavere in attesa dei
rari mesi della ri-nascita e della ri-fioritura. E poi
appare l'inverno, giunge luttuoso, freddo e umido, che
pur annuncia l'imminente primavera, l'annuncia come
sussurro negli orecchi, come profumo leggero;
primavera dalla quale ricomincia il ciclo delle
stagioni dell'uomo, delle periodiche scadenze,
perpetue eppure ancora così attese, come la
tragica mancanza dell'amore che si ripercuote su cose
e persone, travolgendo la vita e l'esistenza stessa
delle relazioni interpersonali e di convivenza con il
resto del creato.
- Una
filastrocca scritta per il sonno di un bimbo, una
ninnananna per agevolare il passaggio dal reale al
fantastico, dal concreto all'immaginario, dalla triste
vita vissuta alla gioia infinita dell'irreale,
dell'onirico, riporta l'attenzione sull'atteggiamento
proprio di un piccolo infante che ancora poco sa di
tutto quanto gli accadrà. Bambino che da
adolescente resterà incantato dai fiocchi
ghiacciati della neve che coprono il paese, tra la
gioia degli altri fanciulli alla vista di quel bianco
di luce forte, ai giochi, alla spensieratezza che dura
troppo poco, che non appaga la lunga attesa, quella
della speranza per l'arrivo della neve, comunque,
inaspettata.
- Che
ogni alba sia il ricordo di un giorno felice, è
un augurio, un auspicio per una data da ricordare,
perché bella e utile e migliore di tante altre,
che aiuta a vivere una vita come unica alternativa
positiva per uscire dal buio della sofferenza
interiore, dalla triste rassegnazione, per volare
più in alto delle nuvole di cenere, nei pezzi
felici del passato.
- La
pressante richiesta di sincerità, di
partecipazione emotiva e sentimentale allo scorrere
della vita, tra gioie e dolori, per alleggerirne lo
spirito, per alimentare la speranza nella lunga
attesa, giunge sino alla richiesta d'amore, al
sentimento che solo pone a freno lo spirito galoppante
e rovente, dal passo veloce, sotto il sole che
illumina la via del domani.
- L'umile
figura, la modestia della madre, mamma che rasserena
il figlio piccolo, come la prima stella della sera e
l'ultima a sparire al rifiorire dell'alba, si
contrappone alla vanità, vista come una fitta
ragnatela che ferma il volo dell'anima leggera,
un'anima con due ali, quante ne ha l'amore dei due
fidanzatini che si tengono per mano sul sentiero della
felicità futura.
Prof.
Dino Levante
Accademia di Belle Arti di Lecce
Novoli (Lecce), giugno 2007
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-
Pensosità
Ai
miei genitori
-
-
- Mare
mio
-
- Le
dune dorate e alte
ti fanno da cornice.
- Il
tramonto, in un tripudio di sfumature e
colori,
- si
veste di rosso per te.
- Mare
mio, simbolo di una terra amata e cara,
- te
ne stai lì sicuro
- col
tuo intimo segreto che nascondi negli
abissi.
- Le
antiche spumeggianti risacche con il loro
ruggito
- rispondono
alle domande mute
- di
chi ti contempla,
- assorto
nel profondo orizzonte,
- accarezzato
- dalla
docile brezza.
-
-
- Vecchi
ricordi
E guardo al ricordo del mio passato
- che
trema come l'acqua del pozzo,
- profonda
- da
non poterla oramai toccare,
- tremula
- come
le tenere campanule
- che
chinano il dolce capo al venticello di
marzo.
- E
più mi espongo per meglio osservare
- e
lì ritrovo un pianto di bambina
- e
poi un sorriso di ragazzina.
- Ma
come uno specchio infranto
- da
un veloce sasso
- si
deforma in breve lasso
- e
scorre via.
-
-
- Gioire?
Come possiamo noi gioire
- se
ci pieghiamo
- per
uno spillo in mezzo al cuore
- confitto
dalla freddezza e dalla sofferenza
- che
fanno amaro il giorno.
- Come
possiamo noi danzare
- se
scivoliamo sulle piazze di antiche
città
- insanguinate.
- Come
possiamo noi cantare
- se
il canto è stonato dai lamenti
- dei
nostri figli ogni giorno crocifissi e
uccisi.
- Forse
tempi migliori verranno,
- attendiamo.
-
- Poesia
semplice
Potesse un canto leggiadro
- placare
le anime indomite,
- cullare
bambini mai nati alla vita
- perché
nascosti da atroci realtà.
- Bastasse
una poesia semplice
- a
far luce per chi cerca nel buio,
- a
incoraggiare chi con speranza attende...
- Potesse
un solo verso
- scaldare
l'inverno che viene
- che,
pur candido di neve,
- perseguita
chi la casa non ha.
- Bastasse
una sola poesia
- a
far compagnia
- a
due poveri vecchi
- che
dopo un'esistenza di tribolazioni
- per
gli amati figlioli,
- si
accingono a dire addio alla vita
- da
soli.
-
-
- Malinconia
E
sentirsi stranamente soli
- pur
camminando incontro ad un sole che
abbaglia,
- ascoltando
tra le affollate e strette vie della
città vecchia
- parole
senza senso
- di
persone senza volto.
- E
inspiegabilmente sereni
- osservare
assorti
- dal
finestrino di un vecchio treno del
sud-est
- le
desolate pianure
dell'adriatico
- interrotte
solo dalle secche braccia
- dei
numerosi olivi
- che
mi fanno cenno da lontano.
- Tempo
Tempo
sei
abile costruttore di castelli di sabbia
che
poi butterai giù.
Disinvolto
col tuo mantello porti via
nebbie,
angosce... dolori.
Edifichi
popoli, miti,
pensieri.
Ma
lasci in eredità
il
profumo estasiante delle rose,
la
brina pura dell'aurora,
il
ritorno delle rondini a primavera
e
la luna eburnea che tutto contempla
ma
risposte non da.
- Pensosità
Pensosa
e
a
passi svelti
fuggo
spesso il saluto delle genti.
E
vado a cercare
chi
in silenzio
accogliermi
può dentro al petto.
Testimone
muto,
fido
confidente
senza
inganno
accetta
e prende
tutte
le mie angosce e i quotidiani patimenti,
che
ogni giorno nascondo
...e
perché poi?
In
un ingannevole sorriso.
- Certezze
non ho
Certezze non ho
ma
ho provato a cercare.
So
che domani canterà l'usignolo,
volerà
la rondine,
splenderà
la luna con le sorelle stelle.
Ho
cercato nel buio e nel mistero,
nel
silenzio
quando
il giorno più si stanca,
e
lo sguardo come un felino scandaglia
e
la mente accorta indaga.
Ho
cercato nella luce con l'anima vispa e
serena,
quando
l'azzurro si mostra libero e aperto,
e
il gelo che abbiamo nel cuore si disfa
al
tepore del sole.
Certezze
non ho.
-
- Una
specie umana
Fervida
La
mano umana sa donare abissale
dolore
Oscuro,
Non
esita ad infierire su un tenero belante
agnellino
Legato
Bendato.
Gelida,
trafigge e calpesta anche ciò
che di più mite
Innocente
Rallegri
il mondo.
Oh
figli di una natura fatalmente
maligna,
Dove
il perdono?
Giustizia
farà la Falciatrice degli
uomini,
La
quale, giungendo al vostro
cospetto,
Vi
schiaccerà nel vorticoso ricordo
di quelle
Spregevoli
gesta,
Rivedute
allora, non come gloria,
Ma
Come
aborto di una vile vita
fallita,
Indegna.
-
- Anime
rare
A
tutti quelli che,
anime
rare e coraggiose,
ancora
si commuovono per una vecchia foto
restituita
dal passato.
A
tutti quelli che
riescono
ancora ad assaporare nel
silenzio
l'inizio
di un crepuscolo
dal
balcone del loro palazzo.
A
tutti quelli che
tra
frastuoni e colori
s'inginocchiano
ancora a pregare il loro
Dio.
A
tutti quelli che
senza
maschere sul volto
anche
in un italiano stentato
hanno
parole buone
per
le persone sole.
A
tutti quelli che
hanno
il coraggio di riemergere
come
goccia di rugiada di mattina
da un nero mare di petrolio.
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